giovedì 18 Aprile 2024
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Illy: più barriere, le aziende reagiscano così. Fatturato ’16 oltre i 500 milioni

Grandi marchi Riccardo e Andrea Illy spiegano i cambiamenti nella governance varati dalla famiglia del caffè. Nel 2016 tre fatti politici hanno cambiato le prospettive di crescita E nelle torrefazioni l' attacco di Jab modificherà il volto di questa industria.

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MILANO – Parlano, insieme, Riccardo e Andrea Illy. Lo hanno fatto sul numero di ieri del Corriere dell’Economia che ha pubblicato un’interessante analisi, a firma di Maria Silvia Sacchi, dedicata alle nuove strategie del Gruppo illy, a fronte dell’evoluzione in atto nel mercato globale del caffè e dei recenti cambiamenti intervenuti nella governance delle aziende. Ve la proponiamo di seguito.

La lunga abitudine alla politica – per quanto l’impegno attivo sia stato lasciato da tempo – ha senz’ altro aiutato.

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E, unita alla visione imprenditoriale che li ha portati fin qui, ha spinto la famiglia Illy a decidere di accelerare un processo che era già stato avviato ma che, nelle intenzioni, avrebbe dovuto avere tempi più lunghi.

Dopo aver completato il processo di managerializzazione delle aziende lo scorso anno, a ridosso di Natale, i quattro fratelli Illy, terza generazione della dinastia triestina del caffè, hanno messo mano alla governance delle proprie società e fatto fare un passo avanti alla  uscita di Riccardo (FOTO) e del fratello Francesco dal cda di Illycaffè e il contemporaneo ingresso di Daria, figlia di Riccardo, e di Licerio Degrassi, storico manager del gruppo, con la funzione di traghettatore dei giovani.

I quali giovani – i sette maggiorenni sui nove totali – parteciperanno per la prima volta alla revisione del patto di famiglia che partirà nei prossimi giorni.

Insieme Riccardo e Andrea Illy sono i due rappresentanti della famiglia. Riccardo, primo esponente della terza generazione a guidare Illycaffè insieme al padre Ernesto (scomparso nel 2008), poi sindaco di Trieste e governatore del Friuli (e spesso richiesto di un ritorno alla politica), oggi è presidente di Gruppo Illy.

Andrea, invece, che aveva sostituito Riccardo in Illycaffè quando il fratello aveva scelto l’impegno politico, da allora ha guidato la principale delle società della famiglia di cui oggi è presidente esecutivo. Dal 2016 entrambe le aziende hanno un manager esterno come amministratore delegato: Federico Marescotti, per la holding; Massimiliano Pogliani per la società operativa.

I due fratelli sono seduti uno vicino all’ altro per spiegare cosa sta cambiando a Trieste. Una notizia il fatto di vederli insieme, si sente sempre parlare di forti scontri tra di loro. Dicerie. Capitolo chiuso.

C’ è da affrontare un vento che è cambiato nel mondo. Un elemento specifico riguarda l’industria del caffè dove il gruppo Jab ha messo sul piatto 20 miliardi di dollari per conquistare le prime torrefazioni mondiali dando il via a un processo di concentrazione che procede a tappe forzate.

Ma di cui non farà parte Illy.

Noi vogliamo continuare a lavorare mantenendo la nostra unicità, non cambiamo strada – dice Andrea Illy -. Abbiamo appena concluso un lungo lavoro di analisi con Roland Berger che ci ha confermato che siamo sostenibili, abbiamo potenziale e possiamo crescere.

Da quando io e Riccardo lavoriamo insieme Illy è cresciuta di 30 volte. Dalla crisi del 2008, però, il progresso non è più stato a doppia cifra e oggi vogliamo tornare ai ritmi pre-crisi. Questo è il momento giusto.

Ma il 2016 ha visto il mondo frenare nel suo processo di globalizzazione, con il ritorno di muri, barriere, dazi.

Abbiamo avuto tre momenti politici che creano forte preoccupazione – riflette Riccardo Illy -. Le elezioni negli Stati Uniti, che tendono a destabilizzare gli equilibri globali; la Brexit, destabilizzante per l’Europa; e la bocciatura del referendum sulla riforma costituzionale italiana, dopo che la nuova Costituzione ci aveva dato la speranza di poter completare una fase di riforme importanti e di poter colmare il gap di competitività tra l’Italia e gli altri Paesi occidentali.

Ora quella speranza l’abbiamo persa e avremo un rallentamento a livello globale che chiede una maggior attenzione di governo di tutte le società.

I pesi Il gruppo triestino ha chiuso l’esercizio 2015 con 479 milioni di euro di ricavi consolidati e quasi 10 milioni di utili netti.

Le prime stime dicono che nel 2016 è stata superata la soglia dei 500 milioni di fatturato, mentre – spiega Riccardo – non è possibile fare previsioni sul reddito in quanto, tra le incognite, c’ è l’applicazione dei nuovi principi contabili che non sono ancora stati pubblicati.

La holding è controllata dai quattro fratelli Francesco, Riccardo, Anna e Andrea, che rappresentano la terza generazione, e dalla madre Anna Rossi.

Finora solo Riccardo ha provveduto ad avviare anche il passaggio societario intestando all’ unica figlia, Daria, 39 anni, la nuda proprietà dell’intero 23,10% posseduto.

Riflessioni su questo tema sono iniziate anche tra i fratelli.

Avendo, però, alcuni più di un discendente ed essendo che per statuto ciascun ramo familiare è titolare di 1 quota con diritto di voto, l’orientamento è quello di costituire holding di ramo che poi esprimano una unica decisione e un unico rappresentante, anticipa Andrea.

Cambiamenti si sono registrati di recente anche in altre controllate del gruppo.

La famiglia Illy aveva avviato all’ inizio degli anni Duemila un processo di diversificazione, investendo in società del tè (Dammann Frères), del vino (Mastrojanni, produttore di Brunello di Montalcino), della frutta e confetture (Agrimontana) e del cioccolato (Domori).

Ed è in Domori che si è avuto un avvicendamento: è uscito il presidente e fondatore Gianluca Franzoni.

Riccardo Illy ha assunto la presidenza, mentre per Franzoni, che mantiene un rapporto di collaborazione, è stata creata la carica di presidente onorario. Delle controllate, Domori è quella che ha fatto più fatica a decollare e il pareggio è previsto nel 2017 o, più facilmente, nel 2018.

Resta esclusa la Borsa, almeno per Illycaffè. Crea distrazione e non ne abbiamo bisogno, la situazione finanziaria è sotto controllo e non abbiamo in mente di fare una crescita estrema.

Quotarsi può rappresentare, invece, una opportunità per altre società del gruppo.

Che magari potrebbero anche nel tempo diventare qualcuna di più.

Maria Silvia Sacchi

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