venerdì 19 Aprile 2024
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A Napoli Ciarlantini e Godina parlano di #cambiamento, #sostenibilità e #qualità

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MILANO – Ecco la seconda parte della trascrizione del processo al caffè, tradizione VS innovazione che si è tenuto a Napoli sul palcoscenico del convegno Gran caffè Italia tra Dario Ciarlantini e Andrej Godina. Moderati da Ciro Cacciola.

Abbiamo diviso il lungo testo in sei parti per offrire all’analisi dei lettori i diversi temi affrontati senza confonderli e mescolarli uno con l’altro.

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Prende la parola Dario Ciarlantini. “Allora, io porto un esempio del Vietnam. Tutti sanno che questo Paese fa un certo tipo di caffè. Ma non tutti sanno che ora sta cambiando. Anche loro, hanno capito che bisogna puntare sulla qualità. Rende di più dal punto di vista commerciale.»

«Quindi, come diceva Maurizio Giuli, bisogna aumentare il valore. Lo stanno capendo in tutto il mondo. Alcuni di noi, probabilmente, ancora no.»

Pubblico napoli
Le prime file nel salone del Museo Pignatelli di Napoli per il convegno Gran caffè Italia

Rimanere ancorati alla tradizione del caffè di 50 anni fa, non è più possibile

Non si arresta Ciarlatini. «Il mondo del caffè verde si sta evolvendo. Vanno bene le miscele e i profili, ma è necessario apportare delle modifiche. Il caffè deve avere più valore per esser più competitivi. Invece qui in Italia, non sempre è un principio condiviso.»

Dario Ciarlantini
Dario Ciarlantini

Andrej Godina e la qualità

«Interessante la qualità del caffè verde, negli ultimi anni, che è estremamente cambiata. Il caffè aveva profili sensoriali organolettici diversi da quelli che sono oggi. Nuovi Paesi d’origini si offrono al mercato, come l’Honduras. Diventando a livello internazionale, degli importanti produttori.»

Godina
AndreJ Godina durante il dibattito di Napoli

Il mercato degli Specialty coffee, la cosiddetta third wave, la Sca, Specialty coffee association

Continua Andrej Godina.«Queste hanno fatto sì che, tra i caffè commerciali, si estrapolassero dei microlotti di caffè di alta qualità.»

«Gli stessi che una volta venivano mischiati con i caffè speciali. Creando di fatto due tipologie di prodotti. Ovvero quello del caffè di alta qualità e quello dei caffè commerciali.»

«Di conseguenza, il caffè di numero è quello che viene poi declinato nel cosiddetto “commerciale”. Ha ormai perso quella quota di caffè speciale che una volta aveva e oggi non più.»

Qualche rimprovero agli italiani?

“No. Non voglio rimproverare nulla. – dice Godina. – L’ alternativa, sicuramente è di ripensare. Spesso mi capita di andare in torrefazione e chiedere che caffè usano».

«La risposta è: è un segreto. Va bene, ma poi chiedo anche: com’è cambiata la miscela nel corso degli anni? E la risposta in questo caso, è sempre la stessa da 60 anni.»

«Io quindi mi faccio una domanda: qual è la filosofia del prodotto? Si vuole dare sempre la stessa qualità in tazza? Oppure si rimane ancorati alla tradizione, tradotta solamente in termini di percentuali?»

«Ora stiamo vedendo il background sulla comunità locale in Honduras. E a proposito. Per esempio: il raccolto è diminuito ma resta uno dei più importanti produttori di caffè del mondo; superando anche addirittura i sei milioni di sacchi di Etiopia. Mi piacerebbe sapere, quanti dei torrefattori italiani conoscono questa origine.

Quanti l’hanno integrata nelle loro miscele, associandola ad altre origini. Infine quanti magari sono andati anche in piantagione a confrontarsi con questo tipo di realtà?».

Riprende Andrej Godina

«Generalmente la domanda trova la risposta: non la conosco, non la uso ancora in miscela. Per quanto riguarda il caffè e la sua origine e quindi la qualità è il cosiddetto punteggio della Specialty Quality Association.»

«I caffè specialty vengono definiti su una certa qualità in tazza con un certo punteggio. Pochi degli operatori italiani, ho riscontrato, sanno di cosa stiamo parlando.»

«Raramente si assaggia il caffè col metodo di riscontro qualitativo del punteggio Sca. Questo crea tanta confusione. Mi è capitato di vedere che il listino prezzo di operatori, portano un determinato punteggio di caffè qualitativo sul listino; ma, in realtà, poi assaggiandolo non c’è un riscontro effettivo della qualità in tazzina.»

Quindi, la scala uniforme lascia il tempo che trova?

«Alcuni torrefattori, a cui do ragione, dicono questo. Perché spesso non è corrisposto dalla qualità di un punteggio all’altro. O viceversa. Magari ho visto molti operatori comprare caffè specialty, definito sopra gli ottanta punti. Significa già un caffè di altissima qualità per poi assaggiarlo senza riscontrarne la qualità. Quindi si rifiuta perché non se ne percepisce la qualità.»

“Il problema della filiera è questo. Abbiamo abbandonato e mi ci metto in primis, la Community dello Specialty Coffee a se stessa».

«E quindi loro si sono creati un loro modo non solo di valutazione del caffè, ma anche di utilizzo di questi caffè. Al mondo, il metodo più utilizzato è quello a filtro. Quindi loro si sono costruiti una valutazione di caffè verde in tazza, per il caffè filtro. Effettivamente, i caffè per la preparazione filtro, vincono le competizioni basate su questo tipo di valutazione, sono caffè buonissimi per il filtro e non per l’espresso. Quindi alla domanda: ma perché la filiera del caffè italiano non ha fatto una sezione dell’espresso?».

Chi sono i protagonisti del dibattito

Dario Ciarlantini è Master barista, Barmanager, e Authorised Trainer Sca (Speciality coffee association).

Andrej Godina, anche lui Authorised Trainer Sca, è presidente di Umami Area; oltre che Dottore di Ricerca in Scienza, Tecnologia ed Economia nell’industria del caffè.

Seconda parte di sei, continua

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