giovedì 11 Aprile 2024
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Alessandro Galtieri al talk Comunicaffè di Sigep: “Fondamentale trovare un equilibrio tra competitività dei grandi attori e tutela delle piccole imprese”

L'esperto del chicco: "Solo attraverso una riflessione approfondita e una reale volontà di farsi carico delle situazioni possiamo garantire un futuro sano e sostenibile per la bevanda che amiamo e il mondo che la circonda"

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Ecco l’intervento integrale che Alessandro Galtieri, campione di caffetteria, scrittore di apprezzatissimi manuali per baristi e coffee lover, giudice e trainer autorizzato Sca ha tenuto al convegno Sigep organizzato da Comunicaffè e Comunicaffe International a Vision Plaza sull’importante tema della sostenibilità, riflettendo su alcuni temi d’attualità come il Regolamento contro la deforestazione (EUDR).

Secondo Galtieri, nonostante questa legge miri a ridurre gli effetti negativi dell’agricoltura sull’ambiente, non prende in considerazione alcune complesse dinamiche delle catene di approvvigionamento.

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Milioni di piccoli agricoltori nei paesi in via di sviluppo, prosegue Galiteri, fanno affidamento sul caffè per il loro sostentamento e le normative prescritte dall’EUDR potrebbero essere troppo complesse per le loro capacità di attuazione. Leggiamo di seguito le sue considerazioni.

Il futuro del caffè tra sostenibilità ambientale, sociale ed economica

di Alessandro Galtieri

RIMINI – “Quando Mario Vicentini di Comunicaffè mi ha chiesto di partecipare a questa conferenza sul futuro del caffè, ho riflettuto sulla situazione attuale in merito l’andamento di un settore che sta vivendo profondi cambiamenti, e ho deciso di parlare della tendenza all’aggregazione degli attori che compongono i diversi anelli della catena di distribuzione.

Questa tendenza non è certo una novità, ma è fondamentale comprenderla per delineare uno degli aspetti importanti del futuro del caffè.

Le imprese più grandi continuano a crescere, spesso a discapito delle più piccole, che vengono assorbite o semplicemente scompaiono, lasciando che chi resta possa ampliare il proprio controllo e influenza sul mercato.

Partendo dal primo anello della catena, i Paesi produttori, da una recente esperienza divulgativa presso NKG Bero Italia, ho appreso che attualmente il 74% della produzione di caffè proviene da soli 5 Paesi: Brasile, Vietnam, India, Indonesia e Honduras.

Questi Paesi, essendo avvantaggiati nella logistica per via dei grandi volumi che spostano, diventano sempre più competitivi, mentre quelli meno produttivi stentano a mantenere la propria quota di mercato.

Ma dipendere da pochi grandi produttori comporta rischi. L’esempio della minore produzione di caffè in Vietnam dell’anno scorso rispetto alle previsioni, ha evidenziato come, nella situazione attuale, un imprevisto che colpisce un un singolo Paese possa impattare sull’intero mercato.

L’entrata in vigore del Regolamento Europeo (EUDR) nel dicembre 2024 rappresenta un’altra grande sfida, in particolare per i piccoli coltivatori.

L’Unione Europea ha infatti approvato un Regolamento contro la deforestazione (EUDR), che richiede che il commercio di alcuni prodotti agricoli “a rischio”, fra cui il caffè, avvenga solo dopo aver fugato il dubbio che abbiano causato deforestazione.

Sebbene questa legge miri a ridurre gli effetti negativi dell’agricoltura sull’ambiente, non prende in considerazione le complesse dinamiche delle catene di approvvigionamento di questi prodotti”.

Alessandro Galtieri riflette: “Milioni di piccoli agricoltori nei paesi in via di sviluppo fanno affidamento sul caffè per il loro sostentamento e le normative prescritte dall’EUDR potrebbero essere troppo complesse per le loro capacità di attuazione”.

Galtieri continua: “Questo comporterebbe un danno collaterale devastante per i piccoli produttori che dipendono dalla coltivazione del caffè per la sicurezza alimentare.

Curiosamente, il regolamento non si applica al caffè solubile, tradizionalmente prodotto da grandi multinazionali, nonostante sia ovviamente a sua volta un prodotto in grado di generare il rischio di deforestazione. Ancora non si conoscono i motivi di questa esclusione.

Passando al successivo anello della catena, la logistica, sempre durante l’esperienza in NKG Bero Italia, ho appreso che si osserva anche qui una chiara tendenza alla riduzione del numero degli operatori a favore di quelli più grandi.

Nel recente passato, la disponibilità di container era elevata e in alcuni momenti i prezzi dei noli erano divenuti talmente bassi che le piccole società non hanno potuto reggere alla concorrenza delle aziende più solide, che sono cresciute ulteriormente assorbendo le loro quote di mercato.

Durante le restrizioni legate al Covid, la situazione si è ribaltata. Con il blocco dei porti in Cina l’indisponibilità di container ha portato ad un aumento spropositato dei prezzi che ha favorito le poche grandi società superstiti.

Anche ora, con la distribuzione dei container tornata alla normalità, i prezzi rimangono mediamente alti rispetto al passato; il ristretto numero di operatori non ha infatti nessun interesse ad abbassarei prezzi visto che il mercato è sotto il loro controllo.

Per simmetria, concludo questa carrellata con l’ultimo anello della catena, quello che mi vede protagonista come titolare di una caffetteria a Bologna, Aroma”.

In Italia, le caffetterie affrontano sfide ciclopiche. L’aumento degli adempimenti e degli oneri finanziari sta erodendo la redditività, soprattutto per le microimprese familiari, che sono la spina dorsale del modello italiano, che tutti sbandierano orgogliosi come un vessillo.

Il modello di business delle caffetterie in stile italiano, però richiede personale numeroso per un servizio veloce e personalizzato, ed è quindi particolarmente vulnerabile.

Faccio un esempio: un barista professionale, da tabelle ministeriali, ha un costo orario medio di oltre 19 euro per il datore di lavoro.

Per un servizio all’italiana, un “bar che lavora”, necessita di 3-4 baristi per turno. Il costo del personale in questo scenario ammonta quindi, per difetto, a 50-60€ all’ora.

Galtieri continua: “Si dice che il costo del lavoro non dovrebbe superare il 30% del fatturato: quindi se io pago 50/60 euro per il personale, dovrei incassare nello stesso lasso di tempo almeno 150 euro di media.

Un’assetto come quello descritto gestisce circa 200 battute al giorno, che su un orario di apertura di 12 ore sono 17 battute di media. Ora, lo scontrino medio si aggira tra i 3 e i 5 euro, questo significa che gli incassi possono arrivare a 85€/ora; quindi, nella migliore delle ipotesi, il personale incide per almeno il 50%.

Solo per comprendere il dato, si pensi che da uno studio di Mediobanca risulta che il costo del personale nell’industria attualmente ammonta all’8,4%.

Se questa tendenza persisterà, il piccolo, onesto, bar italiano tradizionale potrebbe scomparire, cedendo il passo a grandi gruppi che operano su larga diffusione e margini minimi. Quando anche in questo settore ci saranno pochi grossi operatori, è facile prevedere che contrrollando il mercato, detteranno le regole, e magari non ci piaceranno”.

Galtieri: “Vorrei concludere dicendo che il futuro spaventa solo se non lavoriamo bene nel presente. Ritengo fondamentale trovare un equilibrio tra la competitività dei grandi attori e la tutela delle piccole imprese. Solo attraverso una riflessione approfondita e una reale volontà di farsi carico delle situazioni possiamo garantire un futuro sano e sostenibile per la bevanda che amiamo e il mondo che la circonda”.

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