giovedì 11 Aprile 2024
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Un fotoprogetto racconta i bar di Milano, inesauribili fabbriche di storie

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MILANO – Osservare i bar è un mestiere, un lungo lavoro in corso destinato all’eternità. Perché i bar sono una inesauribile fabbrica di storie, somigliano ciascuno all’infinito cantiere che rifinisce e tiene in piedi il Duomo.

Ma mentre le vicende dell’opera del Duomo, anche a tirarle lunghe, rimangono sempre una prevedibile questione di marmo, i bar offrono umani colpi di scena.

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Ogni cocktail ha il sapore di un romanzo breve, ogni cliente è una complessa cattedrale umana. Chiese che solo nei bar parlano tra loro.

Milano non ha sempre vantato il primato di locali che oggi ne fa forse la capitale italiana della ristorazione e dell’intrattenimento, diurno e serale, alcolico e non.

La famigerata Milano da bere definiva più uno stato euforico circoscritto, per esempio ci si vede a Brera. Milano oggi è invece tutta un bar.

“L’enorme conglomerato di eremiti”

Ma non da oggi il bar a Milano è il salotto diffuso dove “l’enorme conglomerato di eremiti” (cit. Montale) si sente meno solo.

Può capitare che una signora legga la mattina un giornale al Mag, locale che in Ripa Ticinese con vista Naviglio Grande sarebbe per la verità una potenza del drink notturno.

A una coppia succede al contrario di sedersi al Lux Bar per l’aperitivo del dopo tramonto a ridosso della Stazione Centrale su dozzinali tavolini, unici clienti e nemmeno hanno una valigia per andarsene.

Al Morna, bel bancone che in via Tortona affaccia sul campo di una bocciofila, si fa la coda nelle tenebre, niente vecchietti, son tutti giovani.

Inquadra i bar di Milano nelle sue foto Marianna Quartuccio, 37 anni, napoletana trapiantata, che già aveva dedicato un lavoro e poi una mostra ai milanesi sui tram.

Aveva colto con misericordioso sguardo partenopeo la trafila degli spostamenti via rotaia, fa lo stesso adesso con chi staziona ai tavoli o al bancone.

È appunto un lavoro di documentazione ancora in corso ma pare che a Milano, solo al bar, in pochi restino soli al cellulare.

Simone Mosca

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