lunedì 15 Aprile 2024
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Quarta: salute e ambiente, ecco perché non voglio produrre capsule

Il torrefattore leccese rilancia i dubbi espressi dall'endocrinologo Foresta sugli ftalati. "È necessaria una legge che eviti le diciture tipo entro le dosi consentite. Molto meglio indicare la soglia di rischio"

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Il nuovo Quotidiano di Puglia ha pubblicato un’intervista ad Antonio Quarta (a destra nella FOTO sopra con i figli), titolare della Quarta caffè di Lecce, sul tema delle capsule che è sempre di grande attualità. L’intervista è firmata da Leda Cesari. Eccola.

LECCE – Sarebbe a questo punto auspicabile una legge per rendere i consumatori edotti su dove cominci il pericolo, ovvero specificare la soglia oltre la quale l’effetto accumulo di una serie di sostanze nocive diventa un problema serio per la salute.

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Antonio Quarta, imprenditore leccese di uno dei marchi di caffè tra i più amati in tutto il Sud, è alquanto allarmato dai dati del convegno “L’infertilità di coppia: dalla medicina generale al centro Pma”, tenutosi a Lecce e veicolo dell’allarme lanciato dal professor Carlo Foresta, ordinario di Endocrinologia dell’Università degli Studi di Padova.

Motivo: i risultati di un recente studio del gruppo di ricerca guidato da Foresta, in collaborazione con il CNR (Consiglio nazionale delle ricerche), circa il contenuto di ftalati in una delle bevande più diffuse al mondo – il caffè – e in particolare nei preparati commerciali predosati in capsule.

“Gli ftalati – ha affermato Foresta – sono agenti chimici aggiunti alla materie plastiche per aumentarne la flessibilità. Sono ovunque ma non ce ne accorgiamo e svolgono un’azione simil-estrogenica nel nostro organismo”.

“Secondo recenti ipotesi – ha argomentato il professor Foresta – gli ftalati aumenterebbero l’incidenza di patologie andrologiche e cancerogene, come osservato negli ultimi venti anni”.

In diverse specie animali gli ftalati modificano il funzionamento del sistema riproduttivo, ha continuato Foresta, “e sono ritenuti anche per l’uomo tra quei contaminanti che possono agire negativamente sulla fertilità”:

Sorprendentemente tutti i prodotti testati, dalle capsule in alluminio a quelle di plastica e anche materiale biodegratabile, si sono dimostrati capaci di rilasciare gli ftalati nel caffè.

“Non vogliamo demonizzare nulla – ha precisato Foresta – anche perché le concentrazioni riscontrate sono nell’ambito di range consentiti. Ma deve essere considerato che anche attraverso questa contaminazione si contribuisce al raggiungimento dei valori soglia segnalati come nocivi dalle autorità sanitarie nazionali e internazionali”:

Certi effetti, dunque, si sommano “e noi siamo la somma di queste esposizioni. Quindi sarebbe importante cercare di capire se, nell’arco della giornata, si superino i limiti dell’assunzione, il che aiuterebbe anche a decidere in che modo eventualmente limitarla”, ha concluso Foresta.

Subito seguito da Antonio Quarta: “Questi risultati si sommano allo speciale Report sui danni della plastica e con altre ricerche analoghe in corso in Francia, Spagna e in America. Spesso dimentichiamo che la plastica è un derivato soprattutto del petrolio. La migrazione delle sostanze pericolose per la salute umana, ormai è certo avviene già a freddo. Figuriamoci con gli 80-90 gradi che servono per estrarre un caffè. È come cucinare la pasta con tutta la busta”.

Della plastica meglio non abusare, anche perché inquina: “Troppo packaging”: Soprattutto quando si parla di alimentazione e di ambiente: le capsule sono un rifiuto speciale, sostiene Quarta.

“Evitare le diciture ambigue”

Che aggiunge: “A volte i miei colleghi mi dicono che non sono un bravo imprenditore perché non metto davanti a tutto le ragioni del fatturato, ma io preferisco privilegiare la qualità delle nostre miscele e, soprattutto, la salute dei nostri consumatori salentini e l’ambiente. E in ogni caso perché non fare una legge che eviti le diciture ambigue, tipo “entro dosi consentite” – che poi non si sa quali siano – e spiegare esattamente alla gente quale sia la soglia oltre la quale la plastica e l’alluminio diventano pericolosi”?

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