giovedì 02 Maggio 2024
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Progetto CirCo: il riutilizzo sostenibile degli scarti del caffè per la cosmetica e le cartiere

L’Italia, quarto Paese al mondo per importazioni, tostatura e condizionamento di caffè, smaltisce in media 7.500 tonnellate all’anno di silverskin, uno scarto che può esser riutilizzato come materia prima seconda in molti altri processi produttivi, grazie alla sua ampia disponibilità e alle sua composizione chimico-fisica

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Esempio virtuoso di bioeconomia circolare, il progetto CirCo (Circular Coffee) riutilizza il silverskin, uno scarto della tostatura del caffè, per le esigenze dell’industria cosmetica e delle cartiere. Il progetto è stato attuato in collaborazione con il Dipartimento di Scienze e politiche ambientali dell’Università degli Studi di Milano, l’accademia EURAC Research di Bolzano, la multinazionale della cosmetica Intercos e la cartiera Favini. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo pubblicata su ehabitat.

L’industria del caffè e l’economia circolare

MILANO – Un semplice scarto della torrefazione del caffè, ovvero la pellicina che ricopre il chicco chiamata silverskin, è all’origine di un progetto virtuoso di economia circolare che riutilizza in modo sostenibile una materia prima seconda per le esigenze industriali. Stiamo parlando del progetto CirCo (Circular Coffee), finanziato da Fondazione Cariplo e Innovhub SSI e promosso dal Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) in collaborazione con il Dipartimento di Scienze e politiche ambientali dell’Università degli Studi di Milano, l’accademia EURAC Research di Bolzano, la multinazionale della cosmetica Intercos e la cartiera Favini.

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L’industria del caffè è tra le più importanti al mondo, tanto che ogni anno si producono e consumano globalmente milioni di tonnellate di questo prodotto.

L’Italia, quarto Paese al mondo per importazioni, tostatura e condizionamento di caffè, smaltisce in media 7.500 tonnellate all’anno di silverskin, uno scarto che può esser riutilizzato come materia prima seconda in molti altri processi produttivi, grazie alla sua ampia disponibilità e alle sua composizione chimico-fisica.

Per capire di cosa si tratta basta pensare alla pellicina che si stacca dal chicco di caffè durante il processo di tostatura quando quest’ultimo tende a gonfiarsi, uno scarto immediatamente rimosso dalla camera di torrefazione poiché facilmente infiammabile e smaltito generalmente come rifiuto solido urbano.

Per fortuna però c’é qualcuno che ha creduto in una sua seconda vita, d’altronde tra le priorità strategiche del Green Deal europeo vi è la transizione ecologica verso il modello rigenerativo dell’economia circolare, che implica la necessità di mitigare la pressione sulle risorse naturali con azioni chiave quali la prevenzione e la riduzione del ciclo dei rifiuti. In fondo basta imitare la natura, dove non esiste il concetto di rifiuto perché ogni scarto si trasforma in nuova risorsa originando un ciclo virtuoso destinato ad autoalimentarsi.

L’economia circolare si ispira proprio alla natura ed immettendo nuovamente il rifiuto nel circolo commerciale come materia prima seconda apporta numerosi vantaggi, quali “la preservazione del capitale naturale, il ripristino e la valorizzazione della biodiversità, elementi che favoriscono la crescita di una società sostenibile”, spiegano i ricercatori del progetto CirCo del Dipartimento di Scienze e politiche ambientali dell’Università degli Studi di Milano.

L’approccio del progetto è totally waste free e mira al completo utilizzo del silverskin in ogni sua parte, creando connessioni e interazioni con settori diversi, l’industria cosmetica e quella della carta, in una logica multidisciplinare che si dimostra allineata alle richieste europee di promozione dell’economia circolare.

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