lunedì 10 Novembre 2025
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Pagamenti digitali: ristorazione in vetta alla classifica con 4,8 milioni di transazioni

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La ricerca sui pagamenti digitali

MILANO – Gli italiani vogliono mangiare e divertirsi. In questo modo si può riassumere l’analisi sulle principali categorie di transazione in Italia, da gennaio a giugno 2025, condotta da myPOS, fintech innovativa impegnata nel supporto delle PMI in tutta Europa. Nel primo semestre del 2025, il panorama dei pagamenti digitali ha confermato la centralità di alcuni settori chiave per il commercio italiano.

myPOS ha esaminato i dati relativi alle transazioni effettuate con i POS proprietari, facendo emergere tendenze significative che riflettono sia le abitudini di consumo degli italiani sia le opportunità per soluzioni di pagamento innovative per far crescere aziende e merchant.

Il gusto del digitale: ristoranti e locali al top per numero di transazioni

In Italia, la categoria “Eating places and restaurants” si posiziona al vertice con quasi 4,8 milioni di transazioni. Questo dato sottolinea quanto il settore della ristorazione sia un pilastro dell’economia italiana e quanto sia fondamentale per gli esercenti poter contare su sistemi di pagamento efficienti, rapidi e sicuri.

Subito dopo, con 4,6 milioni di transazioni, troviamo bar, lounge e discoteche: luoghi simbolo della socialità italiana, dove la velocità e la semplicità del pagamento sono elementi imprescindibili per offrire la miglior customer experience.

Negozi di prossimità e market specializzati sostenuti dai local

Al terzo posto di questa speciale classifica, con 3,8 milioni di operazioni commerciali in Italia, si collocano i cosiddetti “Convenience stores and specialty markets”. Esercizi, spesso a gestione familiare o indipendente, che rappresentano il cuore pulsante delle comunità locali che necessitano di soluzioni comode e flessibili per garantire un servizio al passo coi tempi.

Oltre il podio, il mondo dei fast food e dei supermercati si attestano entrambi attorno ai 2,3 milioni di transazioni, a conferma di una domanda crescente di praticità e immediatezza anche nei pagamenti quotidiani. Subito dopo, il settore dei trasporti rappresentato in questa classifica da limousine e taxi, con 2 milioni di operazioni, evidenzia come la mobilità urbana richieda strumenti di pagamento contactless e portatili per supportare ogni tipologia di viaggio e utente.

A conferma dell’uso quotidiano dei pagamenti digitali, ma anche della varietà e della vivacità del tessuto commerciale italiano, chiudono la top 10:

  • Le panetterie con 1,3 milioni di operazioni commerciali
  • I saloni di bellezza e i parrucchieri (1,1 milioni)
  • I negozi di accessori e abbigliamento con circa 800 mila transazioni
  • Le tabaccherie con poco più di mezzo milione di operazioni (534 mila)

“Il mercato italiano si conferma estremamente vivace e diversificato, mostrando una forte propensione verso la digitalizzazione dei pagamenti nei settori chiave come ristorazione, intrattenimento, retail e servizi”, ha dichiarato Alessandro Bocca, country manager di myPOS Italy. “In questo contesto, myPOS si propone come alleato strategico per tutte le attività che desiderano offrire ai propri clienti un’esperienza di pagamento fluida, efficiente e sicura, supportando merchant, PMI e professionisti con servizi a valore aggiunto e un ecosistema di soluzioni flessibile.”

La scheda sintetica di myPOS

myPOS è una fintech innovativa che supporta piccole e medie imprese in tutta l’Area Economica Europea, Svizzera e Regno Unito, offrendo soluzioni di pagamento semplici e convenienti per il commercio in negozio, online e in mobilità. Con oltre 250.000 clienti in più di 35 Paesi europei.

La piattaforma myPOS offre alle microimprese e alle PMI tutto ciò di cui hanno bisogno per accettare pagamenti e gestire vari aspetti della loro attività, tra cui la vendita a distanza, l’accelerazione cashflow e l’attivazione dell’e-commerce. Gli imprenditori ricevono un conto commerciante multivaluta gratuito con IBAN dedicati, una carta di debito aziendale, strumenti digitali per la gestione dell’attività e una potente piattaforma per vendere ovunque.

Grazie alla continua innovazione nel settore dei pagamenti, myPOS ha ricevuto numerosi riconoscimenti prestigiosi, tra cui il premio Best Business Payments System ai PayTech Awards 2024 e il premio Point of Sale Innovation ai FinTech Breakthrough Awards 2024 e il Best B2B Tech ai Business Awards UK nel 2025. Per maggiori informazioni, visita www.mypos.com.

Icam: nel 2024 il 62% del cacao è stato certificato biologico, Fairtrade o Rainforest Alliance

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Il logo di Icam

Icam, azienda italiana specializzata nella produzione di cioccolato, presenta il bilancio di sostenibilità tra tracciabilità, adattamento climatico, parità di genere e supporto alle comunità del cacao. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo di Jessica Castagliuolo per il portale La Repubblica.

Icam presenta il bilancio di sostenibilità

ORSENIGO (Como) – Per capire come nasce il “cioccolato green” bisogna andare lontano. Quasi 32 mila tonnellate di cacao lavorate, proveniente da oltre 20 filiere di approvvigionamento nel mondo e, in particolare, da Uganda e Perù. È qualche numero dietro a Icam, azienda italiana specializzata nella produzione di cioccolato nata in provincia di Lecco nel 1946 e guidata dalla famiglia Agostoni-Vanoni. La parola “sostenibilità” è entrata da tempo tra gli obiettivi dell’azienda, che punta innanzitutto al primo tassello della filiera: i paesi di origine e le comunità locali.

È quello che emerge dalla presentazione del settimo bilancio di sostenibilità. Ancora qualche numero: nel 2024, il 62% del cacao è stato certificato biologico, Fairtrade o Rainforest Alliance.

Il 74% del cacao viene acquistato da filiere dirette o integrate. Sono oltre 27 mila gli appezzamenti mappati nei Paesi d’Origine, in linea con il nuovo Regolamento europeo contro la deforestazione (EUDR).

Le emissioni di Scope 1 e Scope 2 sono diminuite del 30% rispetto al 2020, grazie agli investimenti in efficienza energetica e in produzione di energia rinnovabile. Infine, per quanto riguarda il packaging, il 93% è riciclabile e compostabile.

Dal 2022, sono 600 le famiglie ugandesi coinvolte in “Sustainable Farming”. Si tratta di un progetto pilota che ha lo scopo di migliorare l’impatto ambientale delle aziende agricole del territorio. L’area interessata coinvolge 310 ettari di piantagioni di cacao distribuite in 31 villaggi del distretto di Bundibugyo. L’obiettivo è permettere la transizione verso modello “agroecologici”, piantando alberi da ombra, colture complementari al cacao e vegetazione autoctono. Un sistema che permette di proteggere i suoli, migliorare la fertilità naturale e, non da ultimo, regolare la temperatura e incrementare la biodiversità.

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Chi beve caffè si muove di più ma dorme mezz’ora di meno: ecco lo studio

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Le persone che sono solite concedersi un espresso al giorno tendono, in media, ad essere più attive fisicamente e a dormire leggermente di meno. Questi sono i risultati venuti alla luce sul New England Journal of Medicine. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo pubblicato sul portale dell’Ansa.

Lo studio sui benefici e gli svantaggi del caffè

MILANO – Gli amanti dell’espresso, che bevono almeno un caffè al giorno, si muovono di più ma dormono un pochino meno. Lo suggerisce uno studio pubblicato sul New England Journal of Medicine e condotto presso l’università di San Francisco secondo cui le persone che bevevano abitualmente caffè fanno in media più passi al giorno (1000 in più in media al dì), ma dormono leggermente meno rispetto a coloro che non bevevano caffè (mezz’ora in meno a notte).

La ricerca suggerisce anche che il consumo di espresso potrebbe aumentare il rischio di palpitazioni cardiache.

“La stragrande maggioranza delle ricerche sull’argomento è stata di tipo osservazionale, cioè ci si limita a vedere cosa succede alle persone che bevono e non bevono caffè “, ha affermato l’autore principale dello studio, Gregory Marcus, cardiologo e professore di medicina presso l’Università della California, San Francisco, ma questi dati osservazionali non sono sufficienti a stabilire che sia proprio il caffè a causare determinate condizioni.

Per questo gli esperti hanno condotto un vero studio clinico coinvolgendo 100 adulti di età media 39 anni. Hanno dotato i partecipanti di Fitbit per tracciare i loro passi e il sonno, di monitor continui per la glicemia e di dispositivi per l’elettrocardiogramma che tracciavano i loro ritmi cardiaci.

Ogni partecipante doveva bere tutto il caffè che voleva per due giorni, poi ad astenersi per due giorni, ripetendo il ciclo per un periodo di due settimane. Gli sperimentatori non sapevano quando il volontario bevendo il caffè e quando, invece, si stava astenendo dal consumo. Ebbene, è emerso che nei giorni di consumo di caffè, i partecipanti hanno fatto in media 1.058 passi in più rispetto ai giorni di astensione.

Ma in quei giorni il sonno ha subito un contraccolpo, con 36 minuti di sonno in meno per i partecipanti. Più caffè si beveva, più attività fisica e meno sonno si facevano.

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Grom presenta la nuova indagine che esplora gelato e ricordi per l’uscita del film I Fantastici 4: gli inizi

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Il logo Grom

MILANO – Un gusto che riporta indietro nel tempo, un’esperienza che avvicina. Per molti italiani, il gelato è un richiamo autentico all’infanzia e, insieme al cinema, rappresenta oggi uno dei rituali più forti condivisi tra generazioni diverse. È quanto emerge da una nuova indagine commissionata da Grom con metodologia SWOA (Social Web Opinion Analysis)[1], in occasione dell’uscita del film Marvel Studios I Fantastici 4: gli inizi, nelle sale italiane dal 23 luglio.

Il gelato come simbolo emotivo

La ricerca mostra che la nostalgia dell’infanzia è un sentimento ancora vivo: oltre il 60% ammette di provarla frequentemente. A mancare sono soprattutto la sensazione di avere meno responsabilità (67%), il maggiore tempo libero (61%) e la leggerezza di allora (56%).

Tra i simboli che meglio rappresentano quel periodo, il 53% degli italiani cita il gelato, accanto ai giocattoli (66%), ai supereroi (62%) e allo zaino di scuola (59%). Anche i luoghi della memoria come la gelateria di quartiere (51%), la casa dei nonni (59%) e il cinema dell’infanzia (45%) emergono come scenografie affettive capaci di rievocare emozioni profonde.

E se il passato riaffiora, è perché il gelato oggi continua ad avere la stessa forza evocativa. L’indagine rivela che per il 64% è uno dei pochi riti capaci di unire grandi e piccoli, mentre il 59% lo associa alla sensazione di tornare bambino.

Un legame emotivo che si rinnova ogni volta che si gusta un cono o una coppetta: il 62% lo collega alla felicità delle uscite in gelateria con genitori o nonni, il 49% ai pomeriggi estivi trascorsi con gli amici, e il 44% alla gioia di scegliere tra i gusti esposti.

“Nel mio lavoro di psicologa clinica accade spesso di osservare come siano le esperienze semplici a portare con sé significati emotivi profondi. ll gelato, ad esempio, é un vero e proprio attivatore di memoria delle emozioni: grazie ai colori, al sapore ed alla consistenza, come una “petite madaleine” di Proust ci permette di tornare indietro a quella persona per noi importante, a quel periodo di vita significativo, oppure ad un semplice momento di pausa e piacere, lontano dal dovere quotidiano” ha spiegato Lara Pelagotti, psicologa e psicoterapeuta, commentando la ricerca.

Pelagotti: “Basta un sapore, come il “gelato all’ amarena” che comprava mia nonna, per farci vivere la possibilità di essere catapultato indietro nel tempo a quella precisa memoria e alle emozioni collegate, una porta di accesso al tempo preziosa”.

Pelagotti aggiunge: “Attraverso questi ricordi il gelato può essere una coccola che ci fa pensare al nostro passato con tenerezza, ma che possiamo ripetere, allora, come oggi. Infatti, il gelato non ha età, posso essere un bambino, un adulto, un anziano, posso prendermela come pausa personale o come gesto di condivisione con amici, colleghi o famiglia. Resta non solo elemento che guarda al ricordo, ma anche elemento che fa parte del mio presente e del mio futuro, tracciando un filo nella mia storia di vita”.

Cinema e gelato, la coppia che non si scioglie

L’esperienza cinematografica ha un impatto simile. Il 63% degli intervistati afferma che andare al cinema con la famiglia o gli amici li riporta immediatamente alla tenera età. Per molti, quel momento si accompagna al gelato: quasi un terzo (27%) lo consuma spesso durante un film, soprattutto d’estate (32%). Ma soprattutto, per oltre la metà del campione un buon film e un buon gelato – oltre a evocare l’infanzia (64%) – riescono a far emozionare (52%). Proprio come un tempo.

“Nel suo significato di condivisione anche il rito del cinema, come quello del gelato, ci permette di vivere emozioni di gruppo nello stesso spazio, un po’ come se entrassimo tutti insieme in un racconto, da cui usciremo con riflessioni diverse – continua la dottoressa Pelagotti – Gelato e cinema, in modi diversi, ci offrono spazi di incontro: luoghi fisici, della memoria e delle sensazioni, dove ci possiamo ritrovare, immedesimare e raccontare la nostra storia attuale”.

Esperienze universali e territori d’incontro

Dall’indagine emerge anche che il gelato è uno dei pochi piaceri che mettono d’accordo tutti, indipendentemente dall’età. Non solo perché fa sentire bambini, ma perché diventa anche uno spazio di relazione: uno su due lo vede – insieme al cinema – come esperienza da vivere in compagnia, nel segno della condivisione.

Infatti, il 66% vorrebbe gustare un gelato davanti a un film con il proprio figlio o la propria figlia, oltre il 6o% tra coniugi o fidanzati, il 59% con i genitori, il 55% con gli amici, il 51% con i nonni.

Un piacere semplice, popolare e potente: il gelato, come il cinema, è un territorio comune, capace di unire persone diverse per età, ma affini nel desiderio di ritrovarsi: un luogo d’incontro dove generazioni diverse si riconoscono e si raccontano.

“Personalmente, credo che i simboli ed i momenti di connessione, oggi più che mai, siano essenziali. Infatti, viviamo in un contesto socio-culturale in cui ciascuno sperimenta la propria singolarità anche attraverso lo schermo del proprio smartphone: uno strumento che ci rende al tempo stesso iperconnessi e disconnessi. Per questo, avere occasioni in cui condividere dal vivo dei piaceri rappresenta un’opportunità preziosa per evitare l’isolamento, ritrovare legami e uscire dalle proprie bolle di individualità – conclude la psicoterapeuta Pelagotti – In tal senso, la connessione tra persone è un fattore protettivo nella gestione delle difficoltà quotidiane e nella cura della salute mentale: tutto ciò che la favorisce è una risorsa da custodire”.

[1] Analisi condotta tra giugno e luglio 2025 su un campione di 1.200 utenti italiani tra i 20 e i 60 anni, attraverso il monitoraggio e l’analisi in rete di circa 10.000 tra post, commenti e recensioni sui principali canali social, blog e forum.

La scheda sintetica di Grom

La storia di Grom inizia nel 2003 quando Guido Martinetti e Federico Grom inaugurano la prima gelateria nel centro di Torino, con il sogno di portare a più persone, in tutto il mondo, il puro e autentico gelato italiano.

Oggi Grom è presente in oltre dieci paesi e il suo gelato, realizzato con ingredienti di origine naturale e senza coloranti o aromi, si può trovare nelle gelaterie del brand, nella grande distribuzione, sulle principali piattaforme di consegna a domicilio e in chioschi e corner in alcune delle località più iconiche del Paese.

Da oltre venti anni ogni cosa in Grom è fatta per amore del gusto, per catturarne la parte più pura che la natura ci offre e sorprendere con la sua intensità tutti coloro che assaggiano un cono, una coppetta o una delle golosità preparate con la stessa filosofia.

La scheda sintetica del film

Sullo sfondo di un vivace mondo retro-futuristico ispirato agli anni ’60, il film Marvel Studios I Fantastici 4: Gli Inizi introduce la Prima Famiglia Marvel composta da Reed Richards/Mister Fantastic (Pedro Pascal), Sue Storm/Donna Invisibile (Vanessa Kirby), Johnny Storm/Torcia Umana (Joseph Quinn) e Ben Grimm/la Cosa (Ebon Moss-Bachrach) alle prese con la sfida più difficile mai affrontata. Costretti a bilanciare il loro ruolo di eroi con la forza del loro legame familiare, i protagonisti devono difendere la Terra da una vorace divinità spaziale chiamata Galactus (Ralph Ineson) e dal suo enigmatico Araldo, Silver Surfer (Julia Garner). E se il piano di Galactus di divorare l’intero pianeta e tutti i suoi abitanti non fosse già abbastanza terribile, la situazione diventa all’improvviso una questione molto personale.

Il film è interpretato anche da Paul Walter Hauser, Natasha Lyonne e Sarah Niles. I Fantastici 4: Gli Inizi è diretto da Matt Shakman e prodotto da Kevin Feige, mentre Louis D’Esposito, Grant Curtis e Tim Lewis sono gli executive producer.

Il film Marvel Studios I Fantastici 4: Gli Inizi arriverà nelle sale italiane il 23 luglio 2025.

Tablì: Andrej Godina e Fabrizio Polojaz insieme a Massimo Chenda raccontano la storia della compressa di caffè al 100%

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Fabrizio Polojaz, Massimo Chenda e Andrej Godina (immagine concessa)

Andrej Godina, Fabrizio Polojaz e Massimo Chenda raccontano la genesi del progetto Tablì che ha portato alla realizzazione della prima compressa di caffè priva di involucro, 100% green. Durante la Milano Design Week, Lavazza ha presentato ufficialmente il prodotto (ne abbiamo parlato qui). Di seguito leggiamo l’esperienza dei tre esperti.

La storia di Tablì

di Andrej Godina, Fabrizio Polojaz e Massimo Chenda

MILANO – La recente presentazione ufficiale di Tablì da parte del Gruppo Lavazza, durante la Milano Design Week 2025, ha catalizzato l’attenzione del settore caffè, nazionale e internazionale. Una compressa di caffè al 100%, senza alcun involucro, adatta oggi all’estrazione in espresso e un domani potenzialmente anche in moka: un’innovazione che sembra proiettare il consumo domestico e professionale verso un futuro più sostenibile e consapevole.

Ma pochi sanno che questa tecnologia non nasce oggi. Tablì è il frutto di un’idea concepita più di dieci anni fa da tre professionisti del caffè: Andrej GodinaFabrizio Polojaz e Massimo Chenda. Spinti da un’intuizione semplice ma rivoluzionaria – racchiudere un buon caffè in una compressa priva di involucro e additivi – hanno intrapreso un percorso pionieristico di ricerca, sviluppo, test, e infine industrializzazione.

Questo articolo scritto da Godina, Polojaz e Chenda vuole raccontare, per la prima volta, la genesi del progetto che ha portato alla realizzazione della prima compressa di caffè priva di involucro, 100% green, una storia che intreccia competenza tecnica, visione industriale, sostenibilità ambientale e passione autentica per il caffè di qualità.

Andrej Godina alla presentazione di Tablì nel 2015 (immagine concessa)

Raccontare questa storia oggi significa non solo restituire il giusto merito alle sue origini, ma anche valorizzare l’importanza dell’innovazione indipendente nel settore del caffè e di un centro caffeicolo, Trieste, che sa coniugare tradizione ed innovazione.

Tablì, prima di diventare un progetto commerciale, è stata una visione in cui la praticità del porzionato non deve compromettere né la qualità né l’ambiente.

La storia di Tablì

Alla base del progetto Tablì c’è una sinergia tra tre professionisti triestini con esperienze complementari ma una visione comune: Andrej Godina, con una formazione accademica e tecnica nel settore caffè e un percorso da coffee scientist e formatore internazionale; Fabrizio Polojaz, con una lunga esperienza nel commercio e nella torrefazione del caffè, già presidente dell’Associazione Caffè Trieste, e Massimo Chenda, con esperienza da manager e imprenditore in diverse realtà industriali, piccoli e grandi, specializzate nella produzione di componentistica, macchine da caffè uso famiglia e assistenza post vendita.

L’inizio è rappresentato dalla costituzione di Caffemotive Srl che contava tra i soci fondatori anche Giacomo Ghidinelli, imprenditore di lunga data nel campo della produzione e commercializzazione di componenti per le macchine caffè espresso, nonché nel passato socio di Saeco.

Il progetto ambizioso di creare un nuovo format green per il mono porzionato è passato attraverso tante idee iniziali e numerosi fallimenti: per esempio la prototipazione di una capsula in legno, le prime compresse realizzate con una tecnologia già esistente, fino ad arrivare alla genesi della futura Tablì, il tutto non sarebbe stato realizzato senza una solida base di ricerca scientifica e tecnica, prove pratiche e test sensoriali.

Fabrizio Polojaz (immagine concessa)

Le sfide del progetto sono state portate avanti con tenacia studiando approfonditamente la chimica e le caratteristiche fisiche del caffè tostato, lavorando a lungo sulla granulometria e sull’umidità del caffè, analizzando nel dettaglio le curve di estrazione e i parametri di estrazione e immaginando un sistema che potesse funzionare con l’hardware già disponibile – dalla moka 3 tazze alle macchine espresso a uso domestico a braccetto e superautomatiche – senza utilizzare in alcun modo capsule, in plastica, alluminio o altri materiali.

Massimo Chenda: “Tutto è iniziato con un finanziamento regionale FVG, ottenuto per un progetto che allora sembrava avveniristico: eliminare i rifiuti indifferenziati residuali delle capsule di caffè. Abbiamo capito fin da subito che la vera sfida non era migliorare i sistemi esistenti, ma ripensare tutto da zero, eliminando del tutto l’imballaggio tecnico. Dopo aver intercettato una tecnologia di compattazione interessante, abbiamo depositato un primo brevetto a San Marino e avviato collaborazioni con partner industriali per costruire il nostro primo stampo artigianale”.

Chenda aggiunge: “Da lì, passo dopo passo, abbiamo sviluppato una macchina automatica a testa rotante capace di produrre le compresse Tablì sia in versione moka che espresso, presentata per la prima volta alla Trieste Espresso Expo. Abbiamo anche ottenuto importanti estensioni internazionali del brevetto – in Europa, USA e Sud Corea – grazie a uno studio brevettuale molto preparato. La stabilità qualitativa della compressa è stata validata anche dall’Università di Udine, e a quel punto eravamo pronti a partire con la produzione. L’arrivo di Lavazza è stato il naturale riconoscimento di un lavoro costruito con anni di test, errori, intuizioni e visione: sapevamo che prima o poi qualcuno avrebbe capito il potenziale di Tablì. E così è stato.”

Massimo Chenda (immagine concessa)

Non si è trattato solo di inventare una compressa, ma di progettare un nuovo linguaggio di consumo del caffè, in cui tecnologia e semplicità si fondono, e dove ogni scelta – dalla compattazione al formato – è guidata da competenze concrete e da una visione condivisa.

Alla base di Tablì c’era un obiettivo chiaro: ottenere una qualità in tazza almeno pari a quella offerta dai sistemi monoporzionati in capsula, ma senza generare alcun tipo di rifiuto.

La sfida era dunque rivoluzionaria e non si trattava solamente del tema ambientale, ma anche di quello sensoriale: creare una compressa di solo caffè, compatta, stabile e pronta all’uso, in grado di restituire un’estrazione all’altezza delle aspettative di un consumatore esigente.

Il lavoro di sperimentazione è stato molto lungo, fatto di analisi delle granulometrie, bilanciamento dell’umidità residua, forza di pressatura, stabilità del formato. Ogni parametro incideva direttamente sul risultato in tazza – dal corpo alla crema, dall’aroma alla persistenza. Volevamo che Tablì fosse estratta perfettamente sia con la macchina espresso tradizionale sia con la moka, senza necessità di altri materiali.

Dopo migliaia di test sensoriali, siamo riusciti a definire un equilibrio tra compattazione e resa di flavore, e a realizzare il primo prototipo industriale per la produzione delle compresse. A quel punto è iniziato il lavoro sul fronte impiantistico: grazie al coordinamento di Massimo Chenda, è stato progettato e costruito un primo comprimitore automatico a testa rotante, interamente comandato da PLC, capace di produrre sia le compresse monodose per espresso che quelle tridose per moka.

Questo macchinario, sviluppato con il contributo di aziende italiane specializzate in automazione industriale, è stato presentato in anteprima alla Trieste Espresso Expo, segnando un punto di svolta: dimostrare che il processo era tecnicamente scalabile e pronto per la produzione industriale.

Parallelamente, abbiamo avviato la progettazione della linea completa di produzione e confezionamento automatizzato, culminata nella realizzazione di un impianto operativo installato presso la nostra sede di via Caboto a Trieste. Una struttura compatta, ma dotata di tutte le tecnologie necessarie per dare vita a Tablì su scala reale, con la stessa attenzione artigianale che aveva guidato i primi prototipi manuali.

Andrej Godina: “Fin dall’inizio del progetto, il mio ruolo è stato quello di garante della qualità finale del flavore in tazza. Grazie al mio percorso accademico e della lunga esperienza di degustazione del caffè, mi sono occupato in particolare degli aspetti tecnici legati alla composizione chimica del caffè tostato e macinato, lavorando con grande attenzione sulle caratteristiche del caffè tostato e sull’umidità residua, sulla granulometria e sui parametri del processo di compattazione”.

Godina continua: “Con i miei soci ci siamo sempre detti che non bastava realizzare una compressa 100% green, ma era fondamentale che Tablì fosse anche all’altezza degli standard qualitativi dei migliori sistemi a capsula presenti sul mercato. Ogni scelta tecnica è stata guidata da questa convinzione: offrire al consumatore una vera esperienza di caffè, senza compromessi sulla qualità in tazza. Ma fin da subito ho dato grande importanza anche alla comunicazione del progetto, sono sempre stato convinto che era importante creare un prodotto che fosse sì sostenibile e performante dal punto di vista sensoriale, ma anche capace di raccontarsi in modo accattivante”.

Godina aggiunge: “Per questo abbiamo coinvolto l’agenzia di comunicazione Sesamo di Figline Valdarno, e abbiamo avviato un intenso lavoro creativo con la direttrice creativa Francesca Sali, il designer Matteo Bazzanti e sotto la supervisione di Daniele Casprini, CEO dell’agenzia. Il risultato è stato il concept e il naming di Tablì, un nome che fin da subito ha puntato sul messaggio chiave del progetto: la nudità della compressa, la sua essenza 100% caffè, priva di qualsiasi barriera, un prodotto che riporta il senso del tatto nel rituale dell’estrazione e che, grazie al suo design e alla sua narrazione, diventa un racconto coerente che parte dalla piantagione e arriva alla bevanda finale.”

Tablì (immagine concessa)

Fin dalle prime fasi di sviluppo di Tablì si è compreso quanto fosse fondamentale proteggere l’innovazione attraverso un solido percorso brevettuale. Dopo i primi test con una tecnologia di compattazione sperimentale, l’azienda si è affidata a un rinomato studio di Vicenza per l’analisi dell’anteriorità e abbiamo depositato una prima domanda di brevetto presso l’Ufficio Brevetti di San Marino, ottenendo la priorità sul processo.

In seguito, si è estesa la tutela a livello internazionale con un PCT che è stato riconosciuto in Europa, negli Stati Uniti e in Corea del Sud. Parallelamente, è stata brevettata anche la macchina comprimitrice industriale sviluppata internamente, capace di produrre le compresse Tablì in modo automatico. La strategia brevettuale si è rivelata decisiva per consolidare il valore del progetto e per proteggerlo nel tempo, garantendo la possibilità di una sua evoluzione industriale e commerciale.

Fabrizio Polojaz: “All’inizio sembrava un’impresa impossibile: convincere banche e investitori a credere in una compressa di solo caffè, senza involucro, in un mercato dominato da capsule brevettate da multinazionali. Eppure, ci siamo riusciti, grazie a una progettualità solida e alla credibilità tecnica del team. Abbiamo ottenuto finanziamenti regionali, partecipato a bandi europei, e anche nei momenti più complessi, come il crack delle banche venete, siamo riusciti a rimanere in piedi”.

Polojaz: “Ricordo bene le prime fiere, quando presentavamo il progetto Tablì con passione e ancora pochi mezzi: da Trieste Espresso Expo a incontri con investitori africani e americani, ogni occasione era un’opportunità per far capire che non stavamo vendendo un’idea, ma costruendo un cambiamento reale, una vera rivoluzione del settore. Alla fine, la nostra determinazione ha pagato: Tablì è stato compreso, valorizzato e portato nel mondo da chi ha avuto la forza industriale per farlo.”

Dopo anni di sviluppo, test e ottimizzazioni tecniche, il progetto Tablì si è trovato di fronte a un bivio: avviare autonomamente la produzione industriale, con tutte le difficoltà economiche e strutturali che questo comportava, oppure cercare un partner in grado di valorizzare e portare rapidamente sul mercato la tecnologia. Dopo i primi contatti con investitori italiani e internazionali, si è concretizzato l’interesse del Gruppo Lavazza, che in seguito ad una lunga fase di sperimentazione congiunta, ha deciso di acquisire Caffemotive insieme ai brevetti e all’intero know-how sviluppato.

Il progetto Tablì (immagine concessa)

L’obiettivo di creare un’alternativa ecologica e di alta qualità ai sistemi monoporzionati ha trovato piena realizzazione in questo passaggio di testimone. Lavazza ha saputo riconoscere e potenziare il valore della prima intuizione, investendo nello sviluppo tecnologico e brevettuale e mantenendo intatto il cuore del progetto, a partire dal nome: Tablì.

Grazie alle sue risorse industriali e alla sua capacità distributiva, oggi quella che era una visione indipendente può raggiungere una platea globale e contribuire a un futuro del caffè più sostenibile.

Tuttavia, la storia di Tablì rappresenta anche un raro esempio di trasferimento tecnologico dal basso verso l’alto, partito non da un grande centro di ricerca aziendale, ma da un piccolo gruppo di professionisti del caffè mossi da un’idea rivoluzionaria. Come ha sempre affermato Fabrizio Polojaz, “non bastava presentare un Tablì creato in laboratorio: bisognava dimostrare che eravamo capaci di produrlo e venderlo, creando scompiglio nel mercato”.

E così è stato: tra prototipi artigianali, presentazioni in fiere di settore e panel di consumatori, trattative internazionali e la costruzione di una linea produttiva industriale, il progetto ha dimostrato la sua solidità ben prima dell’ingresso di un grande player industriale.

Tablì è la dimostrazione che, anche in un settore dominato da grandi gruppi, l’innovazione può germogliare dove c’è competenza tecnica, conoscenza della filiera, visione industriale e passione per il prodotto.

È fondamentale continuare a valorizzare queste esperienze nate ai margini dell’industria tradizionale: perché è lì che spesso si accende la scintilla delle trasformazioni più profonde. E oggi più che mai, il mondo del caffè ha bisogno di ascoltare, sostenere e credere in queste idee.

                                                   Andrej Godina, Fabrizio Polojaz e Massimo Chenda

Trieste celebra, a 100 anni dalla nascita, Ernesto Illy, lo scienziato ecclettico del caffè, visionario e precursore

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La locandina dell'evento

TRIESTE – La bella foto della locandina dell’evento “I valori di Ernesto Illy – Riflessioni a cent’anni dalla nascita” – organizzato dalla Fondazione Ernesto Illy – ritrae l’imprenditore triestino, che venerdì 18 luglio 2025 avrebbe compiuto un secolo di vita, appoggiato con una mano alla Rosa dei Venti in bronzo in punta del Molo Audace. Intento a osservare l’orizzonte, ma con l’espressione di chi, in realtà, sta soprattutto scrutando il futuro. Quel futuro che egli seppe spesso vedere prima degli altri, interpretandolo e intercettandolo in anticipo.

L’anniversario è stato celebrato con un’iniziativa al Generali Convention Center di Trieste, organizzata dalla Fondazione Ernesto Illy. A Ernesto Illy – ha ricordato il sindaco di Trieste Roberto Dipiazza in apertura- è stata intitolata – oltre alla rotonda di via Flavia, non lontano stabilimento – anche una sala del Generali Convention Center, vicino a quelle dedicate a Italo Svevo, Umberto Saba e Josef Ressel.

Nell’ordine: uno scrittore, anche lui peraltro lui imprenditore innovativo (molto più brillante dei personaggi dei suoi romanzi), uno dei più importanti poeti del Novecento italiano e l’inventore dell’elica (boemo di nascita, ma per molti anni a Trieste).

Un accostamento piuttosto impegnativo, accanto a tre giganti della storia triestina. Fra queste tre personalità, lo “scienziato umanista” Ernesto Illy – cultore ecclettico, tanto delle scienze, quanto delle arti – trova però ampiamente il suo posto. Nelle interviste, il dottor Illy – come lo chiamavano tutti – non parlava mai di bilanci e fatturati della sua azienda, che peraltro trasformò, nel corso dei decenni, in una realtà mondialmente nota.

Ma piuttosto di fisica, chimica, storia, antropologia culturale, fisiologia del gusto … in quelle che diventavano delle vere e proprie lectiones magistrales di scienza del caffè.

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A Torino apre il Choco-Story, il museo del cioccolato, la direttrice Beatrice Cagliero: “Accolti 60mila visitatori nel primo anno”

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La sala macchine di Choco Story a Torino (immagine: Federico Gorgoglione)

TORINO – Choco-Story è una rinomata catena di musei del cioccolato con un totale di 12 sedi in tutto il mondo. L’ultima aggiunta al gruppo è Choco-Story Torino, sorta lo scorso anno nella città simbolo d’eccellenza del cioccolato italiano. Solo nel primo anno dall’apertura, il museo ha registrato 60mila visitatori. Per saperne di più sul progetto, abbiamo parlato con Beatrice Cagliero, direttrice del museo.

Il museo Choco-Story di Torino

Cagliero: “Abbiamo inaugurato il museo il 26 giugno del 2024 con l’obiettivo di raccontare la storia del cacao e del cioccolato, una tradizione dolciaria di grande importanza per Torino che affonda le radici nei secoli. Ancora non esisteva un luogo fisico dove poter raccontare tutta la storia del cacao, dalle origini fino alla fabbrica vera e propria: il nostro progetto è il primo a farlo. Il museo sorge sotto la storica pasticceria Pfatisch, in cui all’interno delle cantine erano presenti ancora tutti i macchinari della fabbrica in ottime condizioni. Il percorso culmina proprio con la visita della fabbrica di cioccolato che riforniva la pasticceria Pfatisch”.

Gli stampi di cioccolato (immagine: Federico Gorgoglione)

Si parte perciò dalle origini e dalla storia del cacao presso le popolazioni maya e azteche, si segue un percorso cronologico fino all’arrivo del cioccolato a Torino e si finisce con lo sviluppo del dolce nel Piemonte con un focus di riguardo alle varie attività storiche della regione, arrivando infine alla fabbrica di cioccolato.

Cagliero aggiunge: “Siamo rimasti estremamente soddisfatti del riscontro del pubblico. Quest’anno le visite hanno superato le nostre aspettative. Durante il primo anno abbiamo accolti 60mila visitatori”.

Le uova decorate (immagine: Federico Gorgoglione)

Tra le varie iniziative del museo spicca il Choco-Tram, un tour guidato sul tram tra le vie storiche di Torino, degustazioni e, ovviamente, aneddoti sul cioccolato.

Cagliero spiega: “Questo progetto è nato da una collaborazione del nostro museo con ATTS (Associazione torinese tram storici) e con l’Associazione di rievocazioni storiche Le vie del tempo. Ogni mese rimettiamo su strada, grazie agli esperti di ATTS, una vettura che ha la stessa età della fabbrica di cioccolato della pasticceria Pfatisch. Inoltre ci sono i rievocatori che si vestono in base all’epoca di riferimento e accompagnano i visitatori a borda della tram per fare un breve tour della città di 25 minuti in cui si raccontano varie storie su Torino e il legame con il cioccolato con la possibilità di assaggiare i gianduiotti”.

Dal set di Alessandro Rota (immagine: Federico Gorgoglione)

Inoltre, il museo ha pianificato per il futuro attività di workshop per approfondire il mondo del cacao e del cioccolato a 360°. Le attività non sono ancora disponibili per la prenotazione poiché il laboratorio è in fase di allestimento.

Beatrice Cagliero aggiunge: “Stiamo allestendo la sala dedicata ai workshop. Le attività in questione sono pianificate dopo la visita principale. L’idea è quella di far mettere in gioco i visitatori creando i propri dolci a base di cioccolato”.

Fave di cacao (immagine: Federico Gorgolione)

In conclusione: “Spero di poter offrire sempre più esperienze ai futuri ospiti. La nostra proposta in sé è un piccolo tesoro che porta alla scoperta di un angolo di storia che non è molto conosciuto ma è prezioso per la città di Torino”.

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Carolina Vergnano: “Saremo il caffè ufficiale delle Olimpiadi, c’è un’emozione più forte che entrare nella storia?”

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Carolina Vergnano, amministratore delegato di Caffè Vergnano (immagine concessa)

Carolina Vergnano ha ereditato lo stabilimento di Santena, Torino, dal bisnonno Domenico, che nel 1882 aprì il primo negozio della storica torrefazione omonima. L’imprenditrice, prima donna dopo quattro generazioni, è ora alla guida dell’attività di famiglia e rivela alcuni retroscena del marchio nell’intervista di Luca Iaccarino per il quotidiano Il Corriere della Sera, di cui riportiamo un estratto.

Carolina Vergnano e il caffè ufficiale di Milano Cortina 2026

SANTENA (Torino) – “Le Olimpiadi non sono un evento, sono la storia. C’è un’emozione più forte che entrare nella storia? A me fa piangere ogni notte”. Si commuove sul Corriere della Sera la quarantatreenne Carolina Vergnano, che non è un’atleta, ma la prima donna in quattro generazioni a guidare la torrefazione di famiglia, dopo la firma che ne fa l’”Official Coffee of Milano Cortina 2026″.

È nello stabilimento di Santena, a un passo da Chieri, nella provincia di Torino, dove il suo bisnonno Domenico nel 1882 aprì un piccolo negozio. Nel 2024 il fatturato dell’azienda è stato di 124,7 milioni di euro.

Dal 2021 è amministratrice delegata, la prima donna in quattro generazioni a guidare l’impresa di famiglia

Carolina Vergnano al Corriere della Sera: “In azienda non è cambiato niente: decidiamo sempre tutto assieme. Ma nella mia testa è cambiato tutto: sono diventata Ceo contestualmente all’ingresso di Coca Cola Hbc nel nostro capitale, con il 30%”.

È diventata il riferimento per altre donne.

“Già nel 2018 avevo avviato il progetto Women in Coffee, in collaborazione con l’International Women in Coffee Alliance, per sostenere le piccole imprenditrici nella produzione del caffè in giro per il mondo. C’è stata un’adesione incredibile, s’è creata una comunità. Così come capita per il vostro Women in Food di Cook, di cui sono stata ospite assieme a donne eccezionali, una su tutte Woopy Goldberg”.

Avete avuto per testimonial Federica Pellegrini

“E tutt’ora collaboriamo con la Fede Academy, la sua scuola di nuoto. Sono una fan sfegatata di Federica, essere campionesse in uno sport è la cosa più difficile: superare gli ostacoli, gestire lo stress, il talento, la notorietà…”

Parlando di sci, sarete l’Official Coffee of Milano Cortina 2026, il caffè ufficiale delle Olimpiadi?

Vergnano rivela al Corriere: “Sì, grazie all’accordo di distribuzione con Coca-Cola Hbc e il supporto di Coca-Cola, partner ufficiale per tutto il beverage. Sento una responsabilità nel diffondere la cultura del caffè e dei bar, che è così in difficoltà”.

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Il Polo del Gusto chiude il 2024 in perdita di 3,67 milioni, Domori e Achillea frenano i risultati a causa dei rincari del cacao

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Il logo di Polo del Gusto

Il Polo del Gusto ha chiuso il 2024 in perdita di 3,67 milioni di euro, dopo l’utile di 1,7 milioni dello scorso anno. Ad anticiparlo è Milano Finanza, che svela i retroscena del Polo. I conti in passivo sarebbero dovuti all’andamento negativo di Domori e Achillea. Leggiamo di seguito un estratto dell’articolo di Andrea Deugeni per Milano Finanza.

Il bilancio del Polo del Gusto

MILANO – I rossi di Domori e Achillea frenano anche i risultati economici del Polo del Gusto di Riccardo Illy. Secondo quanto MF-Milano Finanza è in grado di anticipare, il gruppo alimentare dell’imprenditore triestino che ha preso in mano il business extracaffè della dinastia giuliana della torrefazione ha chiuso il 2024 in perdita di 3,67 milioni di euro, dopo l’utile di 1,7 milioni dello scorso anno.

Nel portafoglio del Polo del Gusto (PdG) – controllato dall’ex presidente della Regione Friuli Venezia Giulia (il restante 5% è in mano, in maniera paritetica, a Gruppo Illy e Ponti Holding) e che nelle previsioni dovrà chiamarsi Incantalia Group – ci sono il cioccolato di Domori e le praline di Prestat, il tè di Dammann Freres, i prodotti da forno di Pintaudi, le confetture di Agrimontana e i succhi di frutta biologici di Achillea.

I rincari di quasi il 300% del prezzo del cacao in 12 mesi e gli extracosti per il nuovo stabilimento a Streglio hanno costretto Domori a due ricapitalizzazioni (una nel 2024 e una ad aprile 2025) dopo una chiusura in perdita di 5,7 milioni di euro, come rivela Milano Finanza.

Risultato negativo che sommato al leggero rosso di Achillea (150 mila euro) hanno condizionato il risultato aggregato del polo food and beverage.

Non sono bastati i profitti di 4,4 milioni di Dammann e 0,7 milioni di Pintaudi per compensare l’anno sfavorevole del business del cioccolato di casa Illy.

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Altroconsumo svela i cinque gelati meno calorici in commercio

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Un gelato confezionato (immagine: Pixabay)

Altroconsumo ha stilato una classifica dei cinque tipi di gelato con il minor apporto calorico, analizzando attentamente le etichette e i valori nutrizionali di oltre 200 prodotti confezionati (tra coni, coppette, biscotti, stecchi e ghiaccioli) per offrire una guida utile a chi desidera concedersi uno sfizio senza eccessi. Leggiamo di seguito l’analisi.

La classifica di Altroconsumo

MILANO – Con l’arrivo dell’estate e il caldo che si fa sentire, il gelato rimane uno dei piaceri irrinunciabili. Ma quanto incidono davvero le calorie nel toglierti questo piacere fresco? Altroconsumo ha analizzato attentamente le etichette e i valori nutrizionali di oltre 200 gelati confezionati (tra coni, coppette, biscotti, ghiaccioli e stecchi) per andare a vedere quali sono le scelte più leggere da gustare senza troppe preoccupazioni.

Il risultato? Se nei primi due posti troviamo un podio un po’ scontato, negli altri tre si trovano tipologie che non ti aspetti, anche se con un piccolo trucco.

Più di metà supera le 200 kcal

Prima di passare alla classifica dei top cinque gelati meno calorici, però, è bene fare una doverosa premessa: i gelati rimangono dolci, e come tali vanno consumati con moderazione, una o due volte a settimana.

Però, una fetta importante di gelati industriali supera facilmente le 200 calorie per porzione, una quota da considerare soprattutto se il gelato è consumato a fine pasto. Fortunatamente, però, non tutti i gelati sono così “pesanti” da un punto di vista calorico. Esistono alternative decisamente più leggere, che ti permettono di toglierti uno sfizio senza sovraccaricare la bilancia.

  1. Ghiaccioli: tra 35 e 50 kcal

ghiaccioli si confermano i gelati meno calorici in assoluto, merito della loro composizione semplice, fatta prevalentemente da acqua e zucchero, senza grassi. Nel confronto, le calorie si aggirano tra le 35 e 50 per porzione. Il vincitore in questa categoria è il ghiacciolo Coop, che con i suoi 70 grammi apporta appena 37 calorie.

  1. Ghiacciolo alla fragola e gelato alla vaniglia: circa 60 kcal

Secondo posto per un incrocio tra ghiacciolo e gelato: lo stecco con ghiacciolo alla fragola e gelato alla vaniglia, particolarmente gradito ai bambini. È proposto da varie marche ma è il famoso Fior di fragola Algida, dopo i ghiaccioli, il gelato meno calorico. Uno stecco pesa 51 g e fornisce 60 kcal.

  1. Mini coni: 62 kcal

Se ami il cono, è interessante sapere che esistono anche versioni extra piccole con poche calorie. I mini coni Dolciando di Eurospin sono i più leggeri, con 62 kcal per il gusto vaniglia e 63 kcal per il cioccolato, su soli 19 grammi. Poco sopra, in termini di calorie, i mini coni Algida. Per rendere l’idea, uno di questi mini gelati vale meno di un classico cioccolatino, come un Bacio Perugina (70 kcal) o un Ferrero Rocher (75 kcal). Una buona soluzione per uno sfizio estivo che però non appesantisce.

  1. Mini biscotti: 88 kcal

Non tutti i biscotti-gelato sono calorie in eccesso: mentre i formati grandi da 80-100 grammi, superano spesso le 300 kcal, esistono anche biscotti decisamente più leggeri e dai gusti più semplici che permettono di togliersi uno sfizio senza esagerare. Il biscotto mini alla panna dell’Esselunga pesa solo 30 g e fornisce 88 kcal; tra i biscotti del nostro comparatore è quello meno calorico.

  1. Coppetta panna e cioccolato: meno di 100 kcal

Tra le coppette, le più grandi (da 70 o 90 grammi) possono arrivare a 140-200 kcal, ma quelle più leggere permettono di risparmiare un po’ di calorie. La coppetta panna e cioccolato della Lidl, con il marchio Gelatelli, è quella meno calorica: 92,5 kcal per una porzione da 50 g. È più leggera di una merendina (tipo plum cake o trancino al pan di Spagna: qui si può mettere a confronto), ma non deve essere la scusa per mangiarne di più.

Scegli il gelato e scopri le calorie

Le calorie di ghiaccioli e gelati variano sensibilmente in base alla ricetta e al formato, così come l’occasione d’uso: dal divertente spuntino pomeridiano al fresco e leggero finale di pasto.

Ma se vuoi sapere esattamente quante calorie (e non solo) contengono i tuoi gelati preferiti, è possibile utilizzare il comparatore online di gelati confezionati di Altroconsumo: un database con oltre 200 prodotti analizzati, per ognuno dei quali trovi tutte le informazioni sulle etichette nutrizionali.

Per confrontare le calorie dei gelati basta cliccare qui