domenica 07 Settembre 2025
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Fondi del caffè: ecco il motivo per non buttarli nel lavandino

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biodiesel fondi di caffè coop
Fondi di caffè (foto di Elias Shariff Falla Mardini da Pixabay)

Molte persone gettano i fondi di caffè nel lavandino una volta consumata la bevanda. Tuttavia, questa pratica apparentemente innocua può portare a problemi significativi, sia per l’impianto idraulico domestico che per l’ambiente. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo del portale Altaformazione musicale.

Buttare i fondi del caffè nel lavandino

MILANO – Ogni mattina, milioni di persone in tutto il mondo iniziano la giornata con una tazza di caffè fumante. Ma cosa succede ai fondi di caffè una volta che la bevanda è stata gustata? Molti hanno l’abitudine di gettarli nel lavandino della cucina, pensando ingenuamente che una piccola quantità di residui organici non possa causare alcun danno.

Tuttavia, questa pratica apparentemente innocua può portare a problemi significativi, sia per l’impianto idraulico domestico che per l’ambiente. Gettare i fondi di caffè nel lavandino non è una pratica consigliabile. I rischi possono essere elevati e, inoltre, un po’ di creatività e consapevolezza, questi residui possono essere trasformati in risorse preziose, contribuendo a un ambiente più pulito e sostenibile.

Innanzitutto, i fondi di caffè non si dissolvono facilmente in acqua. A differenza dei liquidi o di altri rifiuti che si degradano rapidamente, i fondi di caffè tendono ad accumularsi nei tubi, creando un sedimento che può portare a ostruzioni.

Per leggere la notizia completa basta cliccare qui

Venchi presenta i nuovi gusti gelato e la crema spalmabile in limited edition

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Il cono gelato al parmigiano (immagine concessa)

MILANO – L’estate mediterranea evoca la tranquillità dei giardini toscani, delle ville antiche, degli ulivi, la delicata fragranza del rosmarino e dei campi di grano. Una stagione profondamente legata alla terra e agli ingredienti autentici e senza tempo che la natura offre.

Per Venchi è l’ingrediente a fare la differenza in ogni esperienza sensoriale: ogni prodotto Venchi racconta il viaggio fatto di dedizione, maestria e artigianalità che offre esperienze gustative sorprendenti, come risultato del massimo impegno per la qualità.

In tutte le Chocogelaterie del mondo, quest’estate regnerà il gusto inaspettato delle novità in limited edition che incarnano il sapore autentico del Mediterraneo: tre nuovi gusti gelato e l’inedita crema spalmabile.

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L’inedita crema spalmabile (immagine concessa)

Olio extravergine di oliva Laudemio

Tra gli ingredienti premium che fanno la differenza l’olio extravergine di oliva Laudemio: un premiato olio d’oliva spremuto a freddo da raccolte precocemente e lavorato con cura dalla famiglia Frescobaldi.

L’incontro tra la purezza dell’olio e il savoir-faire nel cioccolato e gelato di Venchi dà vita ad una raffinata crema spalmabile con olio extravergine di oliva e “Nocciole Piemonte IGP”: un prodotto dal gusto avvolgente e dalla consistenza vellutata, che verrà confezionato direttamente al momento dell’acquisto nei punti vendita Venchi.

Come novità assoluta, per rinfrescare e regalare sorprendenti esperienze sensoriali, vediamo il gelato all’olio extravergine di oliva  Laudemio: la delicata base di fiordilatte si combina con gli intensi sentori erbacei, esaltando il perfetto equilibrio tra la dolcezza del latte fresco e le note fruttate e aromatiche dell’olio extravergine d’oliva che aggiungono una sottile piccantezza. Il magico connubio viene poi completato da un ultimo filo d’olio.

Abbinamento consigliato: Limone e Crema Venchi

Parmigiano Reggiano

Ogni gusto è un omaggio con un’attenzione particolare alle ricette semplici e pulite che permettono ai sapori naturali di brillare, evidenziando gusti inediti come quello al Parmigiano Reggiano. Il “Re dei formaggi” di eccellenza italiana, è un formaggio a pasta dura prodotto in Emilia-Romagna e in parte della Lombardia, secondo una tradizione artigianale italiana che ha mille anni di storia.

È realizzato con latte crudo, 100% naturale, senza l’aggiunta di conservanti o additivi, per garantire un sapore autentico e una qualità inconfondibile. Questo ingrediente pregiato è il protagonista del nuovo gusto di gelato e lo si può trovare sia nella base che nella copertura (scaglie). La base delicata e cremosa del Fiordilatte mette in risalto le note umami del formaggio, regalando così al gelato una consistenza armoniosa.

Abbinamento consigliato: Nocciola Piemonte IGP & Fragola

Caramello e rosmarino

Originario del Mediterraneo, il rosmarino è stato a lungo simbolo di memoria e devozione e ha caratterizzato le antiche tradizioni greche e romane. Il caramello, invece, affonda le sue origini nelle prime civiltà, dove lo zucchero incontrava il fuoco, creando una dolcezza dorata.

Partendo da queste materie prime, Venchi ha creato un gusto di gelato in cui la ricca dolcezza del caramello è perfettamente bilanciata dal sapore aromatico e leggermente amaro del rosmarino. Il topping al caramello rende la consistenza sorprendentemente croccante.

Abbinamento consigliato: Atzeco & Mango

Disponibili in edizione limitata nelle Chocogelaterie Venchi, queste nuove creazioni rappresentano un omaggio all’eccellenza artigianale e alla continua ricerca del perfetto equilibrio tra tradizione e innovazione. Un viaggio di gusto nei sapori Mediterranei siglato dall’eccellenza made in Italy.

La scheda sintetica di Venchi

Fondata nel 1878, il brand Venchi è diventata un punto di riferimento globale nel settore del cioccolato, declinandolo in tutte le sue forme, incluso il gelato. Con oltre 145 anni di storia, oggi offre più di 350 ricette di cioccolato e 90 gusti di gelato, sempre ispirandoci principi della dieta mediterranea.

Per il brand Venchi, sono gli ingredienti a fare la differenza. Ogni assaggio del  cioccolato e gelato è frutto di un impegno costante per la qualità: un percorso irreversibile fatto di dedizione e ingegno, pensato per regalare esperienze sensoriali intense. Vengono selezionati solo i frutti migliori della natura per creare ricette semplici e autentiche, interpretati con creatività, spingendo sempre un po’ oltre i confini del gusto e del benessere.

Fipe celebra 80 anni: la storia a servizio del pubblico esercizio italiano

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Fipe celebra 80 anni (immagine concessa)

ROMA – Era il 16 giugno del 1945 quando, in un’Italia segnata dalla guerra, ma determinata a ricostruire la propria democrazia e il proprio tessuto sociale, veniva fondata Fipe – la Federazione italiana pubblici esercizi. Esercenti di bar, ristoranti, caffè, trattorie e pasticcerie di tutta Italia, si riconobbero allora come una comunità di scopo e professione, contribuendo con questa scelta generosa e libera alla ricostruzione del tessuto sociale italiano, che poi ha sempre trovato nei Pubblici Esercizi strumento di coesione ed inclusione sociale, con un ruolo appunto pubblico a cui lo stesso nome fa riferimento.

Gli ottanta anni di Fipe

Nella rappresentanza di questo settore tanto essenziale per la quotidianità degli italiani si affermava, così, un segno concreto di partecipazione democratica una delle prime espressioni della nuova economia dei servizi, diventata nel tempo uno degli assi portanti del settore turistico.

In questi 80 anni la storia della ristorazione, del turismo e dell’intrattenimento, quindi la storia dei pubblici esercizi, si è intrecciata con quella dell’Italia, cambiando ed evolvendo stili di vita e modelli di consumo. Lo sviluppo delle infrastrutture, a partire dalla costruzione dell’Autostrada del Sole, accelerando e democratizzando gli spostamenti di merci e persone, dà inizio al movimento turistico e vede nascere le “aree di servizio” e la ristorazione commerciale.

Negli anni del boom economico la villeggiatura si trasforma in turismo e gli stabilimenti balneari, parte integrante della rappresentanza Fipe, diventano luoghi iconici delle estati italiane. Nello stesso periodo, per i lavoratori impiegati nella crescita dell’industria, rendono utili e necessarie le mense aziendali, che trasformano o il pasto in un diritto e il suo luogo di consumo condiviso in uno spazio di dignità sociale.

Nel frattempo, l’intrattenimento -serale e notturno- apre nuovi orizzonti al tempo libero degli italiani: discoteche, locali serali, sale da ballo, night-club sono stati il palco delle storie di vita di uomini e donne di ogni luogo ed estrazione.

I pubblici esercizi italiani sono stati protagonisti del divenire dell’Italia: intorno ai bar si sono stretti legami umani, si sono animate le città, si è consolidata l’identità delle nostre comunità, si sono coltivate passioni, relazioni, valori, si è cresciuti anche culturalmente.; nei ristoranti si sono celebrate le feste e le occasioni che hanno scandito la storia di ogni famiglia italiana.  I locali pubblici sono diventati, cioè, spazi di socialità, inclusione e identità collettiva.

E in tutto questo, Fipe ha accompagnato l’Italia, camminando con le sue imprese, le persone e le comunità. e le loro Comunità.

Oggi, Fipe dà voce alle oltre 335.000 imprese di un settore che occupa più di 1,5 milioni di lavoratori.

Una rete diffusa, qualificata e accogliente che costituisce un pilastro dell’economia nazionale e della vita sociale delle nostre comunità. Dalle grandi città ai piccoli borghi, FIPE tutela, promuove e valorizza il lavoro quotidiano dei Pubblici Esercizi italiani, rigenerando e fertilizzando valori economici, sociali, culturali, storici.

La Federazione si è fatta promotrice in questi decenni di tante iniziative per far crescere il settore e con esso il Paese, con la responsabilità di accompagnare le trasformazioni, i cambiamenti e le tante transizioni che hanno accompagnato il progresso del Paese, dal boom economico alla tragedia del COVID, dalla nascita (e al rinnovo) del più importante Contratto Collettivo Nazionale per il settore alla nascita della Giornata Nazionale della Ristorazione.

“Fipe è nata nel 1945 – ha dichiarato Lino Enrico Stoppani, presidente di Fipe-Confcommercio – per dare una comunità e una voce unitaria a un comparto imprenditoriale che, oggi come allora, fa parte integrante della vita quotidiana degli italiani. In questi 80 anni, la rappresentanza sindacale è stata la nostra missione principale, raccogliendo esigenze, aspettative e i bisogni delle imprese e trasferendoli alle istituzioni, ma anche accompagnando queste stesse imprese nella loro crescita e nella loro piena espressione sociale e culturale”

Stoppani: “Abbiamo accompagnato il settore nei passaggi cruciali della storia italiana offrendo ascolto, orientamento, strumenti operativi concreti per garantirne non solo la sopravvivenza, ma sempre anche la qualità. I Pubblici Esercizi non sono infatti solo attività economiche: sono luoghi di identità singolare e collettiva. Nei bar, nei ristoranti, nei locali, negli stabilimenti balneari si è svolta la storia materiale del Paese e grazie anche ai Pubblici Esercizi esiste oggi quel Sense of Italy, quel “brand Italia” che si concretizza nello stile di vita italiano, che il mondo chiede e desidera.  Il nostro obiettivo è continuare ad essere il punto di riferimento del settore, interpretando la responsabilità di ricordare con orgoglio il nostro passato senza smettere di guardare al futuro.

Il primo presidente della Federazione fu Bruno Decker di Napoli, affiancato dai vicepresidenti Vittorio Mazzoni di Firenze e Giovanni Palombini di Roma.

“Mio nonno Giovanni Palombini fu tra i fondatori della Federazione nel 1945– dichiara il vicepresidente Sergio Paolantoni. Celebrare oggi gli 80 anni della Fipe significa per me onorare quella visione lungimirante, che vedeva anche nelle imprese del nostro settore le protagoniste del progresso economico e sociale del Paese. Fipe ancora oggi non è solo un’entità sindacale portatrice di interessi ma una comunità di valori che accompagna da ottant’anni la vita delle imprese e delle persone.”

Caramelle: consumate da 3 su 4 della generazione Z, il candy month di giugno

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Caramelle ripiene (immagine concessa)

MILANO – Giugno si tinge di allegria con il ritorno del candy month, il mese dedicato al mondo delle caramelle in tutte le loro forme e sapori. Un’occasione perfetta per celebrare il lato pop e creativo di questi prodotti amati da adulti e bambini. Nata nel 1974 negli Stati Uniti, questa ricorrenza continua a rendere omaggio ad un evergreen del comfort food che ha saputo conquistare gli italiani e attrarre anche le giovani generazioni. Nel nostro Paese, infatti, le consumano 3 italiani su 4 della generazione Z (75%) e oltre la metà (56%) lo fa spesso[1].

Gommose e morbide, le preferite della Gen Z, tra i gusti più amati quelli agrumati

Per 4 italiani su 10 (39%) della Gen Z il gusto di caramelle preferito è quello agrumato. Per quanto riguarda le texture, tra le più apprezzate troviamo quelle gommose in prima posizione (48%), seguite dalle morbide (42%) e dalle lisce (38%). E non finisce qui: alla Gen Z, infatti, piace sperimentare.

Valicare i confini del consueto e provare nuove esperienze è un tratto peculiare delle nuove generazioni, e non sorprende quindi che i gusti internazionali, provenienti da ogni parte del mondo, vadano per la maggiore. Molto apprezzate infatti le note fresche ed esotiche dei sapori tropicali, scelte dal 35% dei giovani consumatori.

Il fascino delle caramelle conquista anche la Gen Z

Le caramelle sono considerate un prodotto intramontabile, grazie soprattutto al loro forte legame con la memoria e i ricordi d’infanzia. Questo aspetto affettivo e nostalgico rappresenta il principale motivo del loro fascino senza tempo per 4 italiani su 10 appartenenti alla Gen Z (40%), a fronte di una media nazionale del 33%[2]. Ma non è solo una questione di emozioni, anche l’occhio vuole la sua parte. Il packaging delle caramelle, da sempre curato e accattivante, gioca un ruolo importante nell’attrattiva del prodotto.

Non a caso, il 35% dei giovani della Gen Z dichiara di preferire le caramelle confezionate in busta, un formato pratico e visivamente gradevole.

Versatili e dalle diverse texture e tipologie

Le caramelle, quindi, continuano a confermarsi un caposaldo del Made in Italy alimentare, in quanto caratterizzate da tratti distintivi che non hanno eguali nel mondo. Ad oggi sono presenti sul mercato una vasta gamma di varianti con gusti e texture che si adattano a diversi stili di consumo.

Ce n’è per tutti i gusti: quelle ripiene, pensate per coloro che prediligono i prodotti nostrani, dato che sono una tipica produzione italiana. Per gli amanti del latte invece ci sono le mou, realizzate con panna o con crema di latte. Le gommose, invece, sono caratterizzate dalla loro inconfondibile morbidezza ed elasticità e hanno come ingrediente principale la gomma arabica, ottenuta dalla corteccia di un’acacia che cresce in Africa. Le gelatine alla frutta sono apprezzate per il loro gusto e per la pectina, che ne caratterizza la particolare consistenza.

Infine, non possono mancare le classiche caramelle dure, che devono la loro consistenza compatta e la superficie perfettamente liscia alla combinazione di saccarosio e glucosio, ingredienti chiave per evitare screpolature.

[1] Indagine “Italiani e gusti di caramelle”, AstraRicerche 2024

[2] Indagine “Italiani e caramelle: il lato emotivo ed iconico”, AstraRicerche 2025.

Il Gruppo Lavazza ha nel mirino la tedesca Dallmayr nota per té caffè dolci e vending: nascerebbe un colosso da oltre 5 miliardi

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Uno dei caffè specialty offerti nel flagship store Lavazza (immagine concessa)

MILANO – Il Gruppo che è di proprietà della famiglia Lavazza, sta valutando l’unione con l’azienda bavarese Dallmayr, specializzata nel ramo del caffè, del tè e nella distribuzione automatica, con un fatturato di circa 1,2 miliardi di euro. La trattativa per Lavazza, come riporta il quotidiano Corriere della Sera nell’edizione di sabato, è curata dalla banca d’affari Goldman Sachs. La notizia è stata rilanciata, sempre nella giornata di sabato, anche dall’agenzia economica internazionale Bloomberg.

Si tratterebbe di un’accordo ancora nelle prime fasi iniziali e, secondo addetti ai lavori, potrebbe anche non concretizzarsi. Per ora Lavazza non ha commentato le voci che circolavano da venerdì, tuttavia negli schemi preliminari, come sostiene il quotidiano milanese Corriere della Sera, la possibile fusione avverrebbe con uno scambio azionario che vedrebbe comunque la famiglia italiana di torrefattori mantenere una quota di maggioranza nel nuovo polo europeo del caffè. Dobbiamo dire che questa ipotesi – così come formulata dal Corriere – ci lascia onestamente un po’ perplessi, poiché non appare in linea con la filosofia tradizionale di un’azienda a proprietà familiare, gelosa della propria indipendenza, come Lavazza. Attendiamo comunque di vedere i termini esatti dell’affare, se esso si materializzerà.

La possibile unione con Lavazza: che cosa fa il Gruppo Dallmayr

La sede centrale a Monaco di Baviera (Germania) del brand Dallmayr è una vera e propria istituzione che richiama ogni anno circa 2,8 milioni di persone, sia locali sia visitatori da tutto il mondo.

Secondo il sito aziendale, fondata intorno al 1700 a partire da un negozio a Monaco di Baviera, Dallmayr è tuttora di proprietà familiare e guidata Johannes Dengler e Florian Randlkofer. L’azienda è attiva in oltre 50 Paesi, soprattutto in Germania, registra 1,2 miliardi di ricavi all’anno e conta circa 4.800 dipendenti.

Sul fronte caffè Dallmayr muove ogni anno 71 mila tonnellate di torrefatto.

 

Il logo Dallmayr

Inoltre il caffè Dallmayr è tra i principali prodotti di consumo alimentari di marca bavarese. E c’è di più: come riportato nel sito ufficiale dell’azienda, più di 80.000 tonnellate di caffè vengono tostate ogni anno in torrefazioni proprie in Germania e commercializzate attraverso le catene alimentari o vendute direttamente nell’horeca a hotel, bar e ristoranti.

Da aggiungere anche che Dallmayr Vending & Office si piazza al quinto posto tra i leader europei della distribuzione automatica con oltre 121.000 distributori automatici di caffè, bevande fredde e snack. Da notare che la flotta della società bavarese è tutta formata da macchine con telemetria ed è dotata delle soluzioni più aggiornate nel settore.

Il brand, come afferma il Corriere della Sera, è proprietario del più grande settore di specialità dolciarie in Europa visitato ogni anno da 3,5 milioni di persone.

Non c’è da stupirsi allora che, come analizza il Corriere della Sera, Lavazza sia interessata all’azienda di Monaco per creare un colosso da quasi 5 miliardi di ricavi.

Ciò porterebbe inoltre ad una presenza ancora più grande di Lavazza in Germania che potrebbe confermarsi il terzo mercato per l’azienda torinese in Europa, subito dopo Italia e Francia.

Una maggiore dimensione, come afferma il Corriere, potrebbe consentire a Lavazza una migliore posizione contrattuale in fase di rialzo dei prezzi considerando che lo scorso anno le quotazioni di robusta e arabica sono arrivate a +70%.

In margine a questa notizia si è saputo che il Gruppo Lavazza ha collocato a Filadelfia, Stati Uniti, il 50% delle produzioni destinate al mercato USA. Questo anche in vista dei dazi annunciati da Donald Trump, e sarebbe al lavoro per arrivare al 100%.

Questa non è la prima operazione straordinaria degli ultimi due anni che vede Lavazza come protagonista. Nel 2024, il Gruppo torinese che è sempre a base familiare ha presentato un’offerta pubblica d’acquisto per Ivs, il colosso della distribuzione automatica che ha la sede nel Principato del Lussemburgo ma gran parte dell’attività in Italia, con oltre 277 mila vending machine (ne abbiamo parlato qui).

Lavazza è arrivata oggi a detenere ora il 49% del capitale di Ivs contribuendo così da raggiungere un fatturato di  3,35 miliardi (+9,1% sul 2023).

Matteo Borea: “Comunicare il prezzo non solo questione di numeri, è atto di posizionamento”

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Il foglio di comunicazione per l'aumento del prezzo del caffè nel bar di un borgo italiano (foto concessa)

Matteo Borea, consulente strategico e innovatore nel settore del caffè,
comproprietario della storica torrefazione La Genovese di Albenga (Savona) e autore del blog matteoborea.it, punto di riferimento per imprenditori del chicco, espone la sua opinione sull’aumento del prezzo della tazzina e sulla corretta strategia per comunicarlo ai clienti prendendo come esempio un bar di un borgo italiano. Leggiamo di seguito la riflessione dell’esperto.

Come un semplice cartello sul prezzo del caffè fa scappare i clienti

di Matteo Borea

MILANO – Borea:”In un piccolo borgo italiano, un gruppo di esercenti ha deciso di comunicare l’aumento del prezzo del caffè tramite un semplice foglio stampato e incollato con del nastro adesivo. Un’immagine decisamente molto triste.

Il messaggio è diretto: “Gli aumenti delle materie prime e dell’energia ci portano ad aggiornare il listino della caffetteria. Caffè euro 1,40 nei locali del Borgo dal 22 marzo.”

Apparentemente neutra, questa comunicazione è in realtà un esempio perfetto di come un messaggio possa minare il valore percepito di un prodotto e, peggio ancora, quello dell’esperienza che lo circonda.

Il caffè non viene descritto per la sua qualità, per il servizio che lo accompagna o per l’identità del luogo in cui viene servito. Al contrario, l’unico elemento messo in evidenza è il rincaro dei costi, come se il barista fosse solo vittima di circostanze esterne, costretto ad alzare i prezzi suo malgrado.

Questo stile di messaggio, molto diffuso tra commercianti e piccoli imprenditori, è profondamente autolesionista. Invece di rafforzare la relazione con il cliente, genera un senso di distacco, di giustificazione forzata, di perdita di valore. In altre parole, comunica un problema invece di esprimere un posizionamento.

E nel mercato odierno, dove l’esperienza conta più del prodotto in sé, non è più sostenibile trattare la comunicazione come un semplice obbligo informativo. Perché ogni parola scelta contribuisce a definire la percezione di un brand, anche nel gesto più quotidiano: bere un buon espresso.

Quando il prezzo cresce, ma il valore percepito cala

Comunicazioni come quella del “cartello del Borgo” hanno un impatto che va oltre le parole: modificano la percezione del cliente, spesso in modo silenzioso ma profondo. Quando l’unico messaggio trasmesso riguarda un problema (l’aumento dei costi) il rischio è che il cliente associ automaticamente quel rincaro a una perdita. Non una crescita di valore, non un miglioramento dell’esperienza, ma semplicemente un prezzo più alto per lo stesso servizio di prima.

Il risultato è paradossale. Nel tentativo di “spiegarsi”, il commerciante ottiene l’effetto opposto: anziché suscitare comprensione, genera diffidenza. Anziché rafforzare il rapporto con il cliente, lo indebolisce. Il prezzo viene percepito come un peso, non come il giusto riconoscimento di un valore costruito con cura.

E così, quello che potrebbe essere un momento di condivisione, un piccolo rito quotidiano come il caffè al bar, si svuota di significato. Viene ridotto a una transazione, privata di calore, narrazione e identità. In un contesto in cui i clienti sono sempre più sensibili all’esperienza, al servizio e alla qualità, continuare a comunicare in modo reattivo e difensivo significa cedere terreno.

Non tanto alla concorrenza diretta, quanto alla percezione che le persone hanno del proprio brand.

Dalle giustificazioni al valore: cambiare il tono cambia tutto

Esiste un altro modo di comunicare, più consapevole e strategico, che non si limita a informare ma costruisce percezione e fiducia. Invece di partire dal problema, mette al centro la qualità dell’esperienza, il lavoro artigianale, la scelta delle materie prime, l’atmosfera del locale, il sorriso del personale. In altre parole, sposta il focus dal costo al valore.

Prendiamo lo stesso messaggio e proviamo a riscriverlo con un linguaggio diverso:

“Nei locali del Borgo, il caffè è più di una semplice bevanda: è un’esperienza da gustare. Per offrirti sempre la massima qualità, con materie prime selezionate e un servizio curato, dal 22 marzo il prezzo del nostro espresso sarà di €1,40. Grazie per scegliere ogni giorno il piacere di un momento speciale.”

Il contenuto pratico, l’aumento di prezzo, non cambia. Ma cambia completamente il significato che trasmette. Non si parla più di aumento, ma di scelta. Non si comunica un problema, ma una promessa. Non si chiede comprensione, si offre valore. È una differenza sottile ma decisiva, perché sposta la narrazione dalla scarsità alla cura, dal bisogno alla volontà, dalla passività alla leadership.

In un mondo in cui ogni attività commerciale è anche un canale di comunicazione, saper scegliere le parole giuste diventa una competenza chiave. Perché ogni frase racconta chi siamo, come lavoriamo, e soprattutto cosa vogliamo trasmettere a chi ci sceglie.
Il potere nascosto delle parole

Nel linguaggio quotidiano dei bar e delle botteghe si nasconde spesso la differenza tra un’attività che subisce il mercato e una che lo interpreta. Comunicare un prezzo non è mai solo una questione di numeri: è un atto di posizionamento. È l’occasione per ricordare al cliente che dietro quel caffè ci sono scelte, impegno, professionalità. È un momento di contatto, non un obbligo da sbrigare”.

Borea conclude: “Per questo le parole vanno pesate con la stessa attenzione con cui si sceglie una miscela, si imposta un’estrazione o si serve un espresso al banco. Perché possono cambiare tutto: l’atmosfera, la percezione, la relazione. In un gesto semplice come affiggere un cartello, si gioca spesso la coerenza di un’identità e la qualità di una relazione con il cliente. E allora forse vale la pena chiedersi: la prossima volta che ci sarà da “comunicare un aumento”, cosa vogliamo davvero dire?”

                                                                                                               Matteo Borea

Starbucks taglia i prezzi in Cina e cerca nuovi partner per rilanciare la crescita in un momento non facile

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Il logo di Starbucks

MILANO – Starbucks taglia i prezzi in Cina, ma non quelli del caffè. La più grande catena di caffetterie al mondo, che ha nella Cina il suo secondo mercato dopo il nord America, ha annunciato, la settimana scorsa, sconti superiori anche al 30% su una dozzina di bevande, principalmente a base tè, a partire dal 10 giugno. Il colosso americano ha presentato l’iniziativa sui social come una promozione speciale per l’estate.

Promozione che non riguarderà però le bevande a base caffè, i cui prezzi rimarranno, in buona parte, compresi fra i 30 e i 40 yuan (€3,6-€4,8), a seconda degli ingredienti e del formato.

Mentre un iced tea potrà arrivare a costare appena 14 yuan (€1,7), con uno sconto di una dozzina di yuan. Un prezzo maggiormente in linea con quelli delle catene locali (compresa Luckin Coffee), che praticano peraltro scontistiche aggressive in tutti i periodi dell’anno.

Starbucks ha dichiarato più volte di non voler ingaggiare una guerra dei prezzi con la concorrenza locale, che spesso peraltro lavora con filosofie e modelli di business molto diversi

Ma ha alla fine ceduto ad alcune formule promozionali per allargare la sua base di clienti. Tony Yang, chief growth officer di Starbucks China, ha chiarito su WeChat (una sorta di corrispettivo cinese di WhatsApp, anche se con funzionalità molto più ampie, ndr.), che la promozione ha come target la clientela della fascia pomeridiana, più legata al consumo del tè, mentre i consumi di caffè si concentrano nella fascia mattutina.

E di rosicchiare così qualche quota al ricchissimo mercato cinese del tè “new style”, il cui valore è destinato a superare i 48 miliardi di euro entro il 2028.

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Caffè Borbone al fianco di Bazzara: sarà main sponsor del Trieste Coffee Experts

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Massimo Renda, fondatore e presidente di Caffè Borbone (immagine concessa)

TRIESTE – Il 6 e 7 dicembre, in occasione dell’ottava edizione del summit Trieste Coffee Experts, Bazzara annuncia la partecipazione come main sponsor di Caffè Borbone, azienda leader nel business della torrefazione, simbolo di italianità e convivialità in tutto il mondo.

Tra i principali produttori in Italia di caffè monoporzionato in cialda e capsula, da sempre Caffè Borbone si impegna a proporre un’offerta di prodotti sostenibili, innovativi e di qualità che hanno conquistato i consumatori più attenti all’ambiente.

Andrea Bazzara ha commentato così questa nuova sinergia: “Forte di una grande passione e del legame con la tradizione del caffè, Caffè Borbone ha raggiunto in pochi anni un successo nazionale e internazionale, entrando nel cuore dei consumatori. Risultati ottenuti grazie anche al grande lavoro del presidente Massimo Renda, che abbiamo avuto la fortuna di conoscere, ospitare e ascoltare durante la passata edizione e che ritroviamo con grandissimo piacere in qualità di main sponsor e relatore in questa nuova avventura del Trieste Coffee Experts.”

La carriera di Massimo Renda, insignito nel 2023 dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella del titolo di Cavaliere del Lavoro, prende il via all’interno dell’azienda di famiglia, dove acquisisce esperienza nella produzione e nella vendita del caffè. Nel 1997 dà vita a L’Aromatika S.r.l., puntando con lungimiranza sulla torrefazione e sul confezionamento di caffè in cialde, un settore allora ancora emergente.

Da questo progetto nasce il brand Caffè Borbone. Un momento decisivo per la crescita dell’azienda come uno dei principali player del mercato arriva nel 2018, quando cede il 60% del capitale a Italmobiliare Investment Holding, una delle più importanti holding di investimento italiane, mantenendo la carica di presidente.

Massimo Renda, fondatore e presidente di Caffè Borbone, commenta la nuova partnership con i Bazzara: “Fin dalla partecipazione nel 2023, ho apprezzato il prezioso lavoro che Bazzara porta avanti: unire gli operatori della filiera e consentire loro di dialogare in una splendida occasione di scambio di idee e di convivialità. Come Caffè Borbone, è stato quindi naturale sostenere in qualità di Main sponsor questa ottava edizione del Trieste Coffee Experts. Parliamo di un summit che quest’anno si arricchisce di nuovi format come gli Stati Generali del Caffè e il Think Tank dei Torrefattori, categoria che per la prima volta avrà uno spazio interamente dedicato all’interno dell’evento”.

“Quella di dicembre sarà un’occasione unica per confrontarsi e trovare soluzioni comuni per far fronte ai cambiamenti che l’intera filiera sta pian piano assorbendo, non senza difficoltà. Quei Megatrends, da cui prende il titolo la manifestazione, e che solo facendo sistema in modo compatto possiamo affrontare e superare insieme.”

Etiopia: il futuro del caffè tra prezzi all’esportazione sempre più bassi e la scarsa redditività del verde

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La bandiera dell'Etiopia minilik
La bandiera dell'Etiopia

MILANO – L’80% della popolazione etiope lavora nel settore agricolo, per l’Etiopia il caffè rappresenta il bene di consumo più importante per volume di esportazioni e dal quale il paese ottiene la maggior parte della valuta estera. Il più grande paese del Corno d’Africa è riconosciuto come la culla del caffè, ed è rinomato per le sue varietà arabica di qualità superiore, apprezzata da esperti e consumatori in tutto il mondo.

La filiera del caffè in Etiopia è un elemento di enorme valore non solo per l’economia locale, ma anche per il mercato globale. La maggior parte della coltivazione del caffè in Etiopia è, però, su piccola scala, con circa il 95% del caffè prodotto da piccoli agricoltori. Leggiamo di seguito l’articolo completo di Roberto Capocelli, communication expert, AICS Addis Abeba, pubblicato sul portale Oltremare.

Il futuro del caffè in Etiopia

MILANO – Per la prima volta nella sua storia, l’Organizzazione Internazionale del Caffè (ICO) ha preso parte al G7 dei Ministri dello Sviluppo, tenutosi dal 22 al 24 ottobre in Italia, a Pescara. Non si tratta forse di un caso, a giudicare da quanto sta accadendo sul mercato globale di una delle materie prime più consumate al mondo che, in termini di volumi di esportazione dai Paesi in via di sviluppo, nel 2023 è stata seconda solo al petrolio[1].

Complici i processi di globalizzazione dei consumi – e dei costumi – infatti, il mercato internazionale del caffè vive una profonda fase di cambiamento, caratterizzata da una crescente domanda da parte dei consumatori a cui fa da contraltare un’attenzione sempre maggiore verso la sostenibilità e l’equità della filiera. Inoltre, come noto, il settore è estremamente sensibile alle fluttuazioni climatiche e alle politiche economiche internazionali, che influenzano il prezzo della commodity.

L’esplosione del consumo di caffè su scala mondiale è una tendenza che si riflette, naturalmente, sull’andamento dei prezzi che rappresentano una cartina al tornasole delle dinamiche della commodity: se a ottobre del 2019, poco prima della pandemia, il prezzo globale della qualità mild arabica di caffè si attestava sui 128 centesimi (USD) per libbra, (IMF[2]) nello stesso periodo del 2024 si è toccato i 278.

Secondo le stime, la domanda mondiale di caffè sperimenta un tasso di crescita annuale stimato tra l’1% e il 2%[3] , con i maggiori consumi registrati nei paesi tradizionalmente bevitori di caffè come Stati Uniti, Europa e Giappone.

A questo si aggiunge la crescita del consumo in paesi emergenti, Cina e India in primis, dove la cultura del caffè sta guadagnando sempre più popolarità, soprattutto tra le giovani generazioni. L’aumento della domanda è inoltre sostenuto anche dalla crescente popolarità delle bevande a base di caffè e dall’espansione delle catene di caffetterie[4].

Questo scenario pone delle sfide non di poco conto ai paesi produttori soprattutto perché la bevanda, amata in tutto il mondo, non è soltanto parte integrante della cultura di molti paesi, ma rappresenta anche una fonte vitale di reddito per milioni di coltivatori[5].

Le dinamiche attuali del mercato stanno infatti mettendo a dura prova la resilienza delle filiere in molti dei paesi produttori, in particolare in Africa, che si scoprono vulnerabili a causa della struttura stessa del loro sistema produttivo: in queste realtà, infatti, i piccoli produttori rappresentano spesso una parte consistente del comparto, caratterizzato da una molteplicità di attori. Questa caratteristica espone la produzione totale ad una frammentazione dei processi che si traduce, inesorabilmente, in una strutturale lentezza rispetto alla capacità di reagire ad un mercato ormai estremamente dinamico, volatile e complesso.

Non sfugge a questa problematica l’Etiopia che con la sua storia e le sue potenzialità, gioca un ruolo chiave per il futuro della commodity.

La filiera del caffè in Etiopia è, infatti, un elemento di enorme valore non solo per l’economia locale, ma anche per il mercato globale. La maggior parte della coltivazione del caffè in Etiopia è, però, su piccola scala, con circa il 95% del caffè prodotto da piccoli agricoltori.

Questi agricoltori fanno affidamento sul caffè come fonte primaria di reddito e il settore genera ulteriori posti di lavoro nei segmenti della lavorazione, dell’esportazione e della vendita al dettaglio[6].

Considerando che l’80% della popolazione etiope lavora nel settore agricolo, per l’Etiopia il caffè rappresenta il bene di consumo più importante per volume di esportazioni e dal quale il paese ottiene la maggior parte della valuta estera. Il più grande paese del Corno d’Africa è riconosciuto come la culla del caffè, ed è rinomato per le sue varietà arabica di qualità superiore, apprezzata da esperti e consumatori in tutto il mondo.

Negli ultimi cinque anni l’Etiopia ha esportato caffè, in ordine di volumi, verso l’Arabia Saudita, Germania, Stati Uniti, Belgio, Giappone, Corea del Sud[7].Il caffè contribuisce in modo significativo al PIL, all’occupazione e ai proventi delle esportazioni.

Le esportazioni di caffè rappresentano in Etiopia la quota maggiore delle esportazioni agricole, contribuendo a circa il 30% dei guadagni in valuta estera del Paese. Solo nel 2023, l’Etiopia ha esportato circa 298.500 tonnellate di caffè, generando 1,43 miliardi di dollari di entrate, segnando un aumento del 7,5% rispetto all’anno precedente. Un traguardo storico che è stato celebrato a metà dello scorso ottobre al Museo della Scienza di Addis Abeba, con l’evento “Il nostro Caffè per la nostra Prosperità”: in quell’occasione, il primo Ministro Abiy Ahmed ha riconosciuto il valore del contributo fornito dai principali stakeholder del settore, tra cui AICS e UNIDO, elogiando le riforme che hanno rivoluzionato il comparto del caffè.

“In Etiopia, il caffè non è solo parte della quotidianità, ma rappresenta un elemento centrale della cultura. E quando si parla di caffè, il pensiero corre inevitabilmente all’Italia, un paese con cui l’Etiopia condivide un legame profondo, alimentato anche dal rito comune e dalla dimensione sociale del consumo di questa preziosa bevanda. Questo legame si riflette in una collaborazione decennale che ha contribuito allo sviluppo della filiera del caffè, un prodotto che incarna un ponte tra le nostre culture e storie. Il riconoscimento del governo etiope al lavoro svolto dalla Cooperazione Italiana celebra questo legame“, ha detto Amjad Yaaqba, team leader del settore sviluppo economico dell’ufficio AICS di Addis Abeba, che ha preso parte all’evento.

I dati incoraggianti sulle esportazioni evidenziano la forte domanda internazionale di caffè etiope, in particolare per le varietà speciali che attraggono i consumatori globali alla ricerca di sapori unici[8].

In termini di occupazione, la produzione di caffè coinvolge una vasta rete che sostiene direttamente o indirettamente oltre 15 milioni di persone. Nel complesso, l’industria del caffè in Etiopia è essenziale non solo per il suo contributo al PIL e agli scambi con l’estero, ma anche per sostenere i mezzi di sussistenza delle popolazioni rurali.

“Sostenere il settore del caffè in Etiopia significa servire i milioni di persone che dipendono dal business del caffè e godere del miliardo di persone nel mondo che bevono caffè ogni giorno” sottolinea Genene Gezu, Agro-Industry Senior Expert presso la sede AICS di Addis Abeba.

Tuttavia, l’industria deve affrontare sfide come i limiti delle infrastrutture, l’accesso ai finanziamenti e gli impatti climatici che minacciano la compatibilità delle aree tradizionali di coltivazione del caffè ai mutati standard internazionali. Affrontare queste sfide sarà fondamentale per mantenere ed espandere il ruolo della commodity del settore nell’economia etiope.

In un contesto di crescente domanda e competizione internazionale, l’Etiopia sta intraprendendo numerose iniziative per migliorare la produttività, la lavorazione del prodotto (quindi il suo valore aggiunto), per aumentare i volumi di esportazione verso i paesi europei, rispondendo al regolamento dell’Unione Europea in materia di deforestazione e sostenibilità della filiera.

Questo processo è portato avanti grazie al contributo significativo dalla Cooperazione Italiana che, da tempo, ha assunto un ruolo chiave di sostegno e sviluppo.

Nonostante la lunga e ricca storia del legame tra caffè ed Etiopia, infatti, il settore del caffè etiope si trova ad affrontare delle sfide cruciali, come la scarsa resa del prodotto per assenza di lavorazione e torrefazione appropriate che porta all’abbassamento dei prezzi di esportazione con conseguenti volumi ben al di sotto delle potenzialità. A complicare il quadro, contribuisce anche la mancanza di accesso alle linee di credito per i numerosi rischi sugli investimenti. Questo insieme di concause determinano una bassa redditività del prodotto che, in una classica spirale negativa, spinge gli agricoltori ad abbassare la produzione disincentivando gli investimenti sull’aumento della qualità.

Il dott. Adugna Debela Bote, Direttore generale dell’Autorità etiope del Caffè e del Tè, sottolinea che “il caffè ha un grande significato in Etiopia, che va oltre la semplice fonte di reddito”: per Adugna la bevanda “ha profonde radici storiche ed è parte integrante della cultura etiope”, per questo “grazie alla collaborazione aperta con l’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo, siamo stati in grado di sfruttare appieno questi vantaggi e di assistere i nostri piccoli coltivatori”.

Dal 2006 la Cooperazione Italiana è impegnata in prima fila con iniziative nel settore del caffè in Etiopia considerato come un potenziale volano per lo sviluppo del Paese. Il primo intervento si è concretizzato in un progetto nella Dello Mena Forest Coffee che aveva come obiettivo quello di salvaguardare la produzione di caffè attraverso la promozione dell’ecosistema forestale.

L’Etiopia produce alcune delle varietà di caffè arabica più pregiate, come quelle provenienti dalle regioni di Sidama, Yirgacheffe, Harar, Jimma, tra le altre, note per le loro caratteristiche aromatiche uniche.

L’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo ha giocato un ruolo importante sostenendo numerose iniziative volte a migliorare la qualità del caffè, le condizioni di vita dei produttori e la sostenibilità ambientale del settore.

Il contributo italiano si è focalizzato sulla promozione di pratiche agricole sostenibili e sul rafforzamento delle cooperative locali e sul valore che il chicco può acquisire nelle fasi post-raccolta, attraverso una collaborazione diretta con il settore privato e l’industria del caffè italiana che ha saputo condividere e trasferire saperi sulla produzione, sul processamento e sulla commercializzazione del prodotto.

AICS ha, infatti, avviato programmi per lo sviluppo della filiera del caffè in Etiopia, collaborando con istituzioni locali e organizzazioni internazionali come UNIDO, appoggiando le cooperative di produttori locali attraverso l’introduzione di tecniche agricole avanzate e pratiche sostenibili, che riducono l’impatto ambientale della produzione, migliorando la qualità del prodotto finale.

Un approccio che mira anche ad aumentare la redditività dei piccoli produttori, riducendo la loro vulnerabilità economica e che migliora i processi di commercializzazione e branding del caffè, valorizzando le peculiarità delle varietà etiopi e rendendole più competitive a livello globale. Inoltre, l’Italia ha promosso la formazione per i produttori, fornendo conoscenze specifiche sulla gestione della coltivazione e sull’uso sostenibile delle risorse.

Dopo anni di interventi, culminati nella creazione, ad Addis Abeba, del Coffee Training Center il contributo del Sistema Italia, oggi, ha alzato il tiro; è stato avviato un progetto che ha creato una linea di credito per predisporre risorse ad hoc utili a finanziare piccole e medie imprese del settore caffè che dimostrino non solo solidità economica, ma anche il raggiungimento di obiettivi di impatto ambientale e sociale[9].

“La linea di credito, prevista dal progetto finanziato dalla Cooperazione Italiana, sarà uno strumento importante perché  darà l’opportunità di accesso ai finanziamenti a tutti gli attori del settore del caffè. Inoltre, questa linea di credito sosterrà l’aumento della produzione, la qualità e l’esportazione del prodotto. Questo andrà a beneficio di tutti gli attori coinvolti della catena del valore a partire dai singoli contadini”, afferma Miriam Ferraresi, Program Officer del settore Sviluppo Economico dell’ufficio AICS di Addis Abeba che segue il progetto “Minimizzazione del rischio d’investimento nel settore del caffè”.

Insomma, una risposta complessa a delle sfide complesse. L’attenzione verso la sostenibilità nella produzione di caffè sta crescendo. Organizzazioni internazionali, governi e il settore privato stanno lavorando insieme per promuovere pratiche agricole sostenibili – sia da un punto di vista ambientale che sociale. Inoltre, stanno nascendo iniziative di finanza verde, come il recente “Global Coffee Sustainability and Resilience Fund”, lanciato proprio al G7 dai ministri dello Sviluppo. Questo fondo mira a supportare i coltivatori più vulnerabili, soprattutto in Africa, aiutandoli a implementare tecniche di coltivazione resilienti e a ridurre l’impatto ambientale.

L’Italia gioca un ruolo fondamentale in questo processo, rafforzato dall’impegno messo in campo con il Piano Mattei che ha avviato un nuovo progetto multipaese per fortificare le produzioni e le catene del valore del caffè, a partire da quattro Stati dell’Africa orientale (Etiopia, Uganda, Kenya e Tanzania) ed estendibile progressivamente fino ad arrivare a coprire tutti i 25 Stati Membri dell’Organizzazione Interafricana del Caffè (IACO).

L’ambizioso programma è stato affidato alla collaborazione tra l’UNIDO e la Cooperazione italiana, l’Organizzazione Internazionale del Caffè (ICO), l’Organizzazione Interafricana del Caffè (IACO) e l’industria del caffè, sia nei Paesi produttori che consumatori, con l’obiettivo di rafforzare lo sviluppo a lungo termine del settore del caffè in Africa, migliorandone la competitività a livello globale e sostenendo al contempo l’economia, la resilienza climatica e i produttori.

Nell’ottica di promuovere uno sviluppo sostenibile e vantaggioso per tutti, l’ambizioso progetto mira a coinvolgere le comunità locali di produttori per agevolare la diffusione di innovazioni nei processi produttivi, soprattutto nell’ambito della sostenibilità ambientale, migliorando il valore aggiunto e la profittabilità del prodotto, il reddito delle imprese e l’occupazione dei lavoratori del comparto. Affermate aziende italiane del settore come Illy, Lavazza e Borbone apporteranno il loro contributo come partner tecnici delle attività.

“Credo che il Sistema Italia, insieme ad attori come UNIDO, ICO e IACO, sia il più attrezzato per affrontare questa sfida, sia da un punto di vista produttivo che culturale: l’insieme di eccellenze e competenze che caratterizzano la compagine è all’altezza del compito”, sottolinea Andrea De Marco, Project Manager per UNIDO e profondo conoscitore dell’industria del caffè etiope.

De Marco ricorda che, proprio UNIDO, sotto la guida dell’AICS, ha adottato sin dal 2015 un approccio olistico allo sviluppo del settore del caffè attraverso la promozione di partenariati Pubblico-Privati per lo sviluppo della catena del valore, istituendo – nel corso degli anni – un meccanismo di coordinamento per la cooperazione tecnica, e implementando una serie di interventi diversificati che prevedono il coinvolgimento dei partner sin dalle prime fasi di progettazione. Questi interventi includono il miglioramento delle pratiche agronomiche, il trasferimento del know-how sulle fasi post-raccolta, la mobilitazione di investimenti, la produzione resiliente ai cambiamenti climatici e la promozione di pratiche di economia circolare.

UNIDO ha inoltre facilitato la creazione di un dialogo multi-stakeholder nell’industria del caffè, offrendo un approccio personalizzato per ogni Paese di intervento (Etiopia, Kenya, Mozambico), per supportare la i piccoli produttori di caffè, che rappresentano il pilastro dell’economia rurale in molti paesi africani.

Questa strategia si è rivelata vincente grazie all’impegno congiunto di attori istituzionali, tecnici e industriali; il Sistema Italia, con il supporto di UNIDO, ICO e IACO, rappresenta un pilastro fondamentale per il futuro del caffè in Africa, promuovendo una crescita sostenibile del settore che valorizzi la resilienza climatica, le comunità locali e la competitività globale delle produzioni[10] e garantendo al contempo un impatto positivo a lungo termine sull’economia africana[11].

Note

[1] https://www.plus500.com/en-et/instruments/kc/coffee-trading-explained~1
[2] https://fred.stlouisfed.org/series/PCOFFOTMUSDM
[3] https://www.worldcoffeeportal.com/Latest/News/2022/December/ICO-lowers-coffee-consumption-forecast-to-1-2-grow
[4] https://www.worldcoffeeportal.com/Latest/News/2023/November/Nestle-identifies-India-and-China-as-key-coffee-mahttps://intelligence.coffee/2022/08/coffee-consumption-india-catch-up-china/
[5] https://foodinstitute.com/focus/coffee-consumption-surging/
[6] https://www.theigc.org/blogs/climate-priorities-developing-countries/economic-and-environmental-future-ethiopian-coffee
[7] https://www.visualcapitalist.com/cp/global-coffee-trade/
[8] https://fas.usda.gov/data/ethiopia-coffee-annual-8
[9] https://www.fondazionepolitecnico.it/en/initiatives/unido/
[10]  https://www.esteri.it/en/sala_stampa/archivionotizie/eventi/2024/02/italia-africa-unido-per-combattere-poverta-serve-industrializzazione-sostenibile/
[11] https://www.unido.org/news/unido-and-italy-highlight-significance-sustainable-african-coffee-supply-chain-rimini-meeting-2024

Victoria Arduino presente al World of Coffee Geneve con la Eagle One Special Edition

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world of coffee victoria arduino
Victoria Arduino a World of Coffee Geneva (immagine concessa)

BELFORTE DEL CHIENTI (Macerata) – Dal 26 al 28 giugno, Victoria Arduino atterra a Ginevra per il World of Coffee 2025, l’evento europeo di riferimento per lo specialty coffee. Allo stand #1739, il marchio italiano leader nella produzione di macchine professionali per caffè espresso dal design distintivo e dalle elevate performance, presenterà in anteprima nuovi prodotti, tecnologie all’avanguardia e ospiti d’eccezione.

Innovazione, design e performance in anteprima

Victoria Arduino porterà in scena due grandi novità dedicate al mondo dello specialty coffee, pensate per migliorare la qualità estrattiva e la customer experience, sempre con una grande attenzione al design e alla sostenibilità.

Tra le protagoniste dello stand #1739 anche la Eagle One Special Edition: un pezzo unico, realizzato con un tessuto sostenibile e un design iconico che ridefinisce l’estetica della macchina per espresso. Presso la stazione Eagle One, i visitatori potranno scoprire non solo l’espresso perfetto, ma anche il rivoluzionario PureBrewCoffee, grazie all’integrazione con il single brewer PureBrew+ e all’utilizzo di caffè specialty provenienti da alcuni tra i migliori torrefttori e coffee producers a livello internazionale.

Un’esperienza unica per professionisti del caffè

Oltre alle anteprime, lo stand ospiterà torrefattori partner che serviranno i loro migliori caffè e ospiti d’eccezione, tra cui Mikael Jasin, 2024 World Barista Champion e Michael Portanniers, 2025 Roasting World Champion.

Un’esperienza diversa allo stand Victoria Arduino

Dimentica il solito party: ogni pomeriggio allo stand #1739 ti aspetta The Listening Booth, un’esperienza intima e sensoriale, creata in collaborazione con Coffee Foundation, l’organizzazione che promuove la salute mentale attraverso la cultura del caffè e il potere della community.

In un contesto fieristico spesso frenetico, The Listening Booth è un invito a rallentare. Uno spazio pensato per la quiete, l’ascolto e la connessione autentica. Qui potrai assaporare cocktail a base di espresso e cold brew in un’atmosfera rilassante, accompagnata da un elegante sottofondo di musica ambient selezionata con cura, grazie a un DJ set in vinile.
Un momento di pausa consapevole, per riscoprire il piacere del caffè in una forma nuova. Qualità, non rumore.

Cosa si troverà in più allo stand #1739:

  • Eagle Tempo: la macchina per caffè che offre alta produttività in un design iconico
  • E1 Prima PRO: la professionale single group per alte prestazioni in un design minimal e personalizzabile
  • Gamma Mythos: i macinini professionali più evoluti, incluso il Mythos MY75, sponsor ufficiale del WBC

Per maggiori informazioni basta cliccare qui