sabato 22 Novembre 2025
Home Blog Pagina 361

Lavazza, nella serie tv Netflix Emily in Paris, il marchio diventa Bavazza: la risposta ironica dell’azienda di Torino

0
IVS Lavazza Group logo convendum yak emilia coffee
Il logo di Lavazza Group

Nella nuova, quarta stagione di una delle serie più viste su Netflix, il marchio Lavazza compare in evidenza, ma modificato. Polemiche sui social, mentre l’azienda (che ha scelto di non concedere il brand) risponde con un video ironico. Leggiamo di seguito un estratto di un articolo di Chiara Sandrucci per Il Corriere della Sera.

Lavazza diventa Bavazza nella serie Netflix

TORINO – La scena inizia con il collega di Emily che propone il lancio di una campagna pubblicitaria per il caffè “Bavazza”. Proprio così. Non Lavazza, ma Bavazza. Nella seconda parte della quarta, attesissima stagione di Emily in Paris, appena uscita su Netflix, compare il marchio torinese. Modificato.

“Bavazza è sinonimo del lusso italiano e siamo molto entusiasti di presentarlo al mercato francese – dice Luc -. Di sicuro siamo a conoscenza della lunga rivalità che esiste da tempo tra i francesi e gli italiani su chi abbia il vino più buono, la miglior squadra di calcio, ma c’è un fatto innegabile: gli italiani hanno il caffè migliore, forte, intenso e meravigliosamente complesso, proprio come le loro donne”.

Nei commenti sui social il nome modificato è definito “imbarazzante”, “un marchio da Topolinia”. C’è chi suggerisce “La Tazza anziché l’orrido Bavazza” che secondo altri “sa di “bava” per nulla appetibile”. L’azienda torinese ha deciso giocarci su e di rispondere via social con un video ironico in stile Lavazza.

Per leggere la notizia completa basta cliccare qui

Nestlé Italia e Malta: Barbara Vita nuova responsabile marketing e Anna Belardi è IT business relationship manager and digital officer

0
Nestlé Nespresso
Il logo Nestlé

Barbara Vita è stata nominata responsabile marketing Italia e Malta e Anna Belardi come IT business relationship manager and digital officer. Intanto l’azienda Nestlè nel Regno Unito stanzia oltre 150 milioni di sterline per il miglioramento del suo stabilimento Nestlé Purina PetCare a Wisbech. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo di Maria Vincenza D’Egidio per Business24.

Le nuove nomine di Nestlé Italia e Malta

MILANO – Nestlé in Italia ha nominato Barbara Vita responsabile marketing Italia e Malta e Anna Belardi come IT business relationship manager and digital officer Italia e Malta. Entrambe hanno assunto il nuovo incarico a partire dal mese di luglio ed entreranno a far parte del Leadership board del gruppo. Grazie a queste due nomine, il gruppo Nestlé in Italia raggiunge il 45% di donne nel Functional leadership board.

Barbara Vita ha la responsabilità delle aree media, insights&analytics, consumer experience, marketing excellence, innovation acceleration e nutrition health wellness a supporto di tutte le categorie di Nestlé. In Nestlé dal 1996, ha alle spalle una ventennale carriera all’interno del gruppo, arricchita anche da un’esperienza internazionale presso il quartier generale di Vevey.

Con il nuovo incarico, Vita dirige un team di circa 25 professionisti con l’obiettivo di guidare la trasformazione di queste aree verso un marketing più evoluto, al fine di rafforzare il legame con il consumatore. In questa nuova organizzazione Barbara guiderà non solo le expertise verticali ma anche lo sviluppo delle capabilities per i giovani talenti di marketing di Nestlé. Barbara Vita è laureata in economia presso l’Università Cattolica di Milano, ha un master in management distributivo e ha due figli.

Anna Belardi, invece, è in Nestlé dal 1998, ha sviluppato competenze significative in diverse aree come marketing, trade marketing, sales e project management, oltre che nell’ambito IT, che le hanno permesso di acquisire una solida e ampia conoscenza dell’azienda e dei suoi processi.

Per leggere la notizia completa basta cliccare qui

Pubblici esercizi: 95.870 le imprese a conduzione femminile, Picca Bianchi, Fipe: “Si può e si deve fare di più”

0
pubblici esercizi fipe
Valle d’Aosta, Friuli Venezia Giulia e Umbria le regioni dove cresce maggiormente l’imprenditoria femminile nel settore (immagine concessa)

ROMA – L’imprenditoria femminile è una realtà sempre più consolidata nel settore della ristorazione e dei pubblici esercizi: sono infatti 95.870 le imprese condotte da donne, pari al 28.9% sul totale delle imprese attive. È quanto emerge dall’elaborazione del Centro Studi di Fipe-Confcommercio sui dati di Infocamere, che mostra inoltre l’incidenza delle imprese femminili per tipologia di attività: in testa si trovano bar e caffè (33.1%), seguite dalle attività di fornitura di pasti preparati (27.1%) e da ristoranti e attività di ristorazione mobile (26.2%).

La conduzione femminile nei pubblici esercizi

Approfondendo lo sguardo sul territorio, le regioni che registrano la crescita più marcata in questo senso sono la Valle d’Aosta, con il 36.3% sul totale nazionale, il Friuli Venezia Giulia (34.8%) e l’Umbria (33.4%).

“La fotografia scattata dai dati Fipe sui pubblici esercizi mostra come l’imprenditoria femminile costituisca un perno cruciale per il settore e il suo sviluppo” commenta Valentina Picca Bianchi, presidente del Gruppo Donne Imprenditrici di Fipe-Confcommercio. “Tuttavia, si può e si deve fare di più: in un comparto che impiega più donne che uomini, la presenza femminile nei ruoli di gestione e di responsabilità è ancora troppo limitata. È necessario lavorare per diffondere una vera cultura di genere al fine di favorire l’intraprendenza imprenditoriale femminile, obiettivo su cui il Gruppo Donne Imprenditrici è ogni giorno in prima linea”.

Fipe: “Apprezzamento per l’iter legislativo sulla Giornata della ristorazione”

0
fipe
Fipe si esprime sull'iter per la Giornata della ristorazione (immagine concessa)

ROMA – Fipe, la Federazione italiana pubblici esercizi, si è espressa in merito alla Proposta di legge n. 1672 “Istituzione della Giornata della ristorazione” discussa giovedì 19 settembre alla X Commissione Attività produttive, commercio e turismo della Camera dei Deputati.

Fipe sulla Giornata della ristorazione

Fipe: “Come Fipe esprimiamo il nostro apprezzamento per il proseguimento dei lavori parlamentari in merito alla proposta di legge sull’istituzione della Giornata della Ristorazione presentata il 29 gennaio alla Camera dei Deputati, primo firmatario l’onorevole Luca Squeri”.

“Il grande interesse riscosso dall’iniziativa, come è emerso ieri dal confronto presso la X Commissione Attività produttive, commercio e turismo della Camera, testimonia il valore della proposta nel riconoscere la Giornata della ristorazione quale manifestazione di interesse nazionale mirata alla valorizzazione del ruolo economico e sociale della ristorazione”.

Fipe conclude: “Auspichiamo che nella prosecuzione del dibattito parlamentare venga portata a termine con successo la proposta legislativa”.

Caffè Cagliari compie 115 anni e inaugura la nuova sede direzionale

0
caffè cagliari
Il taglio del nastro (immagine concessa)

MODENA – In occasione del 115° anniversario dalla sua fondazione, Caffè Cagliari S.p.A. ha inaugurato la nuova sede direzionale in presenza delle autorità locali, dei propri clienti e collaboratori. Prendendo spunto dall’anno di fondazione 1909, è stata scelta come data del compleanno aziendale il 19/09.

Il 115° anniversario di Caffè Cagliari

La storica torrefazione modenese è stata quindi aperta giovedì 19 settembre, per un grande evento di festeggiamenti all’interno della moderna e accogliente sede.

Durante l’evento sono state organizzate visite guidate dello stabilimento produttivo e del nuovo museo “Le macchine da caffè”, allestito temporaneamente per l’occasione in attesa di essere completato con altri esemplari della collezione di cimeli legati al caffè.

Il nuovo museo (immagine concessa)

I visitatori hanno potuto scoprire come viene lavorato il caffè, dal laboratorio, alla tostatura fino al confezionamento, e hanno assistito a dimostrazioni di preparazioni alternative di caffè, con i trainers del centro di Formazione.

Un racconto appassionante e coinvolgente che ruota attorno ad una realtà storica fatta di profumi, sensazioni e aromi di caffè.

Nel tardo pomeriggio è stata inaugurata la nuova sede direzionale, con il taglio del nastro in presenza delle autorità locali.

Ferrero: ai dipendenti un premio di produzione fino a 2450 euro lordi

0
Ferrero salmonella Wells kinder bueno
Il logo della Ferrero

ALBA (Cuneo) – Il giorno 19 settembre 2024 la direzione aziendale Ferrero si è incontrata con le organizzazioni sindacali nazionali e territoriali di Fai-Cisl, Flai-Cgil, Uila-Uil e con il Coordinamento sindacale Ferrero delle RSU e delle Rappresentanze Sindacali della Rete Commerciale.

L’incontro, previsto dal contratto collettivo nazionale di lavoro, ha consentito alle Parti di analizzare gli andamenti di mercato, le prospettive produttive aziendali, i programmi di investimento e le tendenze occupazionali nonché lo stato di applicazione del vigente Accordo Integrativo Aziendale.

Con riferimento al PLO che, per l’esercizio 2023/2024, prevede un importo massimo di euro 2.450,00 lordi, le parti hanno preso in esame i fattori che concorrono a determinarlo: il risultato economico (30% del premio), unico per tutta l’azienda, e il risultato gestionale (70% del premio) legato all’andamento specifico di ogni stabilimento/area.

I premi dell’azienda risultano quindi differenti nelle varie sedi e precisamente:

  • Alba euro 2.387,85 lordi
  • Aree e depositi euro 2.207,78 lordi
  • Balvano euro 2.379,28 lordi
  • Pozzuolo euro 2.416,44 lordi
  • Angelo euro 2.382,14 lordi
  • Staff euro 2.372,72 lordi

Le somme sopra riportate saranno erogate con le competenze del mese di ottobre 2024, come stabilito dall’Accordo Integrativo Aziendale attualmente in vigore.

Inoltre sarà possibile convertire una parte del Premio Legato agli Obiettivi in servizi alle persone (flexible benefits) tramite apposita piattaforma on-line già operativa. In particolare, i dipendenti potranno volontariamente convertire una somma a scelta tra 300, 500, 750, 1000, 1250 o 1500 euro del PLO.

Il paniere dei flexible benefits conferma molteplici agevolazioni che possono essere catalogate negli ambiti famiglia (es. istruzione, formazione, cura dei figli, assistenza anziani e disabili), servizi vari (es. abbonamenti trasporti, pagamento rata passiva dei mutui, buoni benzina, buoni spesa, rimborso per bollette di acqua, luce e gas), tempo libero (sport, viaggi, cultura), assistenza sanitaria (visite specialistiche, esami di laboratorio, check up, cure dentali e odontoiatriche, alimentazione e benessere, fisioterapia e riabilitazione, attività sportive, terme e centri benessere) e previdenza complementare.

L’azienda e le organizzazioni sindacali esprimono congiuntamente piena soddisfazione per i risultati raggiunti, sottolineando i percorsi sviluppati in questi anni di valorizzazione delle persone e del loro benessere in azienda, resi possibili anche grazie a solide e positive relazioni industriali.

Fairtrade, studio sulle foreste e la prevenzione della deforestazione per cacao e caffè

0
Fairtrade Premium Impact (foto concessa)
Fairtrade Premium Impact (foto concessa)

PADOVA – Un nuovo studio commissionato da Fairtrade mostra come le cooperative di cacao e caffè certificate siano incentivate alla protezione delle foreste e così al rispetto del Regolamento dell’UE sulla deforestazione (EUDR), che entrerà in vigore alla fine di quest’anno.

Lo studio è intitolato “L’effetto di Fairtrade sulla protezione delle foreste e sulla prevenzione
della deforestazione” e ha rilevato i diversi fattori che le favoriscono. Anzitutto, il fatto di dover rispettare gli standard previsti dalla certificazione, allineati con i requisiti dell’EUDR, è una guida nell’implementazione di misure chiave per la protezione delle foreste.

In alcuni casi, gli agricoltori Fairtrade intervistati nello studio hanno affermato che agricoltori non certificati si sono rivolti a loro per consigli sulla deforestazione, a dimostrazione della ricaduta positiva della certificazione sulle comunità.

“Lo studio arriva al momento giusto, mentre tutti stanno discutendo su come affrontare l’EUDR.

Questi risultati ci aiuteranno a comprendere meglio il nostro lavoro e a innovare il nostro
approccio programmatico”, ha detto Juan-Pablo Solis, Consulente Senior per il Clima e
l’Ambiente presso Fairtrade International. L’EUDR prevede che le aziende conducano le proprie verifiche e che Fairtrade – in qualità di certificazione volontaria –sia di supporto nella fase di valutazione e mitigazione del rischio.

Le certificazioni possono contribuire agli sforzi di due diligence delle aziende in diversi
passaggi, e lo studio in particolare evidenzia come nelle aree legate alla mitigazione del
rischio di deforestazione.

Lo studio comprende interviste con otto cooperative di caffè Fairtrade e non Fairtrade in Colombia, Honduras e Costa d’Avorio

Ha anche evidenziato gli effetti positivi del Prezzo Minimo e del Premio Fairtrade, che forniscono fondi alle cooperative e agli agricoltori per investire in misure di conservazione forestale necessarie per una produzione di caffè e cacao più resilienti al clima. Ad esempio, i membri della cooperativa COOBADI in Costa d’Avorio hanno dichiarato che il Premio Fairtrade ha permesso loro di investire nella protezione delle foreste.

Secondo i risultati dello studio, alcune cooperative e agricoltori stanno utilizzando le loro
risorse aggiuntive per investire in alcuni requisiti dell’EUDR, tra cui la geolocalizzazione per
punti o poligoni.

Inoltre, lo studio ha rilevato che le cooperative di cacao e caffè beneficiano dei programmi e della formazione offerti dalle reti dei produttori Fairtrade, in particolare riguardo all’agroecologia e all’agroforestazione.

I membri della cooperativa ECAMOM, anch’essa in Costa d’Avorio, hanno osservato che la “lotta contro la deforestazione nella loro regione è stata avviata da Fairtrade Africa” e che attualmente stanno sperimentando l’agroforestazione e altre pratiche grazie alla formazione ricevuta dalla loro rete di produttori.”

Le cooperative Fairtrade considerano preziosi questi programmi e hanno chiesto che questo tipo di supporto pratico continui.

Hanno affermato che la certificazione le ha aiutate a costruire partnership multi-stakeholder sia nel settore pubblico che in quello privato e i ricercatori hanno confermato che le cooperative Fairtrade sono “molto più collegate a iniziative esterne rispetto alle cooperative non Fairtrade.”

Inoltre, lo studio ha rilevato che gli agricoltori Fairtrade stanno vedendo i vantaggi della
protezione delle foreste, tra cui microclimi migliori, protezione delle fonti d’acqua, maggiore
biodiversità e protezione degli animali. Ad esempio in Honduras, i produttori hanno evidenziato la protezione delle risorse idriche come il vantaggio più importante delle attività di conservazione.

Lo studio ha anche sottolineato la necessità di maggiori incentivi per compensare le
cooperative per i loro sforzi di conformità alle leggi. Questo aiuterà anche a salvaguardare la catena di approvvigionamento – e i mezzi di sussistenza degli agricoltori – contro le conseguenze del cambiamento climatico in futuro.

Lo studio è stato condotto da KIT – Royal Tropical Institute, The Chain Collaborative e Expressing Origin

Da aprile 2023 a maggio 2024, ed è stato organizzato in quattro fasi. La prima fase ha
incluso l’analisi di oltre 60 documenti interni ed esterni sulla deforestazione. La seconda fase ha incluso interviste approfondite con una gamma di stakeholder Fairtrade, compresi i
rappresentanti delle reti di produttori, organizzazioni nazionali Fairtrade, nonché consulenti
senior e manager di prodotto senior.

La terza fase ha previsto un ampio lavoro sul campo in Colombia, Costa d’Avorio e Honduras con cooperative Fairtrade e non Fairtrade, importante per un confronto controfattuale. Nella quarta fase sono stati intervistati anche i buyer delle aziende.

“Questo studio dimostra, ancora una volta, come le organizzazioni di agricoltori forti e
democratiche siano le meglio attrezzate per affrontare le sfide della sostenibilità. Ridurre la
deforestazione è possibile, in particolare in quei luoghi in cui le organizzazioni di produttori
servono i loro membri e affrontano le cause profonde. I produttori e le loro organizzazioni sono i leader locali di cui abbiamo bisogno per ripristinare i nostri ecosistemi”, ha aggiunto Solis.

Ritter Sport lancia la nuova tavoletta di cioccolato Fondente Extra 70%

0
ritter sport
La tavoletta di cioccolato Fondente Extra 70% (immagine concessa)

MILANO – Ritter Sport presenta una nuova esperienza di gusto: la tavoletta Fondente Extra 70%, regalando sia agli amanti del cioccolato fondente che ai neofiti, un momento di piacere extra fondente, grazie ad una tavoletta realizzata con pregiato cacao e i suoi pezzetti dalla forma unica e innovativa.

Ritter Sport presenta Fondente Extra 70%

Ritter Sport, offrendo da oltre un secolo tavolette pensate per tutti grazie a varietà golose e sorprendenti, lancia il nuovo Fondente Extra 70%, presentando il vero gusto intenso del cacao racchiuso in trentasei pezzetti perfetti di puro piacere. Ogni quadratino, rivisto in formato più piccolo rispetto al taglio tradizionale di Ritter Sport, offre un’esperienza unica: la perfetta consistenza palatale in grado di sprigionare tutte le note aromatiche di un fondente inebriante.

La qualità delle materie prime utilizzate, abbinata alla semplicità e all’essenzialità della ricetta, uniti ad un nuovo packaging elegantemente ed inaspettatamente nero, rendono Fondente Extra 70% una nuova esperienza di gusto, un vero e proprio momento di relax da vivere in ogni quadratino.

Sostenibile è buono per tutti

“Fare la cosa giusta per produrre un cioccolato davvero buono” è il purpose di Ritter Sport, che si traduce non solo nel voler utilizzare ingredienti di qualità, ma anche nell’operare nel rispetto delle persone e dell’ambiente.

Per fare questo, dal 2018 l’azienda approvvigiona solo Cacao 100% Certificato sostenibile per l’intera gamma di prodotti. Collabora inoltre con i coltivatori di cacao e le loro organizzazioni di produttori, attuando programmi specifici di sostegno per il miglioramento delle loro condizioni di vita e lavoro.

In aggiunta, con l’ambizione di dettare nuovi standard sociali ed ecologici nella coltivazione del cacao, nel 2012 nasce El Cacao, la piantagione di Ritter Sport in Nicaragua.

El Cacao è un luogo che fa bene al cacao, alle persone e all’ambiente, dove il cacao viene coltivato seguendo i principi dell’agricoltura integrata e con un sistema agroforestale. Ed è anche da El cacao che proviene il cacao utilizzato per produrre la nuova tavoletta Fondente Extra 70%.

La tavoletta Fondente Extra 70% sarà disponibile in GDO in tavolette da 100g, con un prezzo al pubblico consigliato di € 2,09cad.

La scheda sintetica di Ritter Sport

Azienda familiare indipendente fondata nel 1912 da Alfred Ritter e da sua moglie Clara. Ritter Sport, dal 2018 è stato il primo grande produttore di tavolette di cioccolato ad approvvigionare cacao 100% certificato sostenibile per la sua intera gamma di prodotti.

Caratterizzati dalla peculiare forma quadrata e dai pack vivaci e colorati, i prodotti a marchio Ritter Sport sono venduti in oltre 100 paesi al mondo. L’azienda impiega attualmente circa 1.900 persone e ha raggiunto un fatturato di 565 milioni di euro nel 2023.

Aroko Chocolate, il super cacao specialty del Venezuela arriva in Italia: “Di base costa da 7 a 17 €”

0
aroko
Johonny Spagnolo e Dubraska Gonzalez (foto concessa)

MILANO – Chi pensa che l’Italia del cioccolato sia per lo più legata ai grandi nomi che si vedono nei supermercati e nelle pubblicità, sarà felice di conoscere una realtà più artigianale: si parla della trevisana Aroko Chocolate, fondata da Dubraska Gonzalez e Johonny Spagnolo, che da un’esperienza lavorativa totalmente diversa da questo settore, sono stati trainati dalla passione per la materia prima e la sua lavorazione.

Aroko parte dal Venezuela e finisce in Italia seguendo il file rouge del cioccolato: siete un esempio di bean to bar concreto, com’è nato tutto e come si è sviluppato?

“Johonny innanzitutto ha genitori italiani e noi ci siamo conosciuti in Venezuela dove entrambi siamo nati.

Dopo esserci sposati nel 2012, nel 2014 abbiamo preso la decisione di partire in Italia. Siamo entrambi ingegneri informatici e quando siamo arrivati in Italia ci siamo voluti mettere in proprio provando a mantenere allo stesso tempo ben salde le nostre identità”.

Dubraska confessa subito di essere un’appassionata di cioccolato sin da piccola: “Per questo il cacao del Venezuela ci è sembrato da subito il prodotto giusto su cui puntare per restare collegati alle nostre origini.”

Così insieme aprono una cioccolateria, si formano nell’Accademia di cioccolatieri italiani a Belluno.

Seguendo la domanda “che tipo di cacao possiamo usare per le nostre praline?”, è partita la ricerca per approfondire quello venezuelano che in Italia è molto difficile da trovare in commercio e questo, spiegano i due professionisti, perché: “E’ talmente pregiato – la sua produzione è già ridotta in Venezuela ed è quindi destinata ad una nicchia – che ci siamo dovuti operare per creare una rete nostra di approvvigionamento.”

Johonny Spagnolo e Dubraska Gonzalez nel loro laboratorio (foto concessa)

Durante la pandemia si sono diplomati da remoto presso l’Università centrale del Venezuela, in Scienze e tecnologie del cacao e del cioccolato, un corso che era fortemente orientato sulla materia prima e la sua produzione: è stata questa l’occasione di formare un network tra farmers, grazie anche al supporto dei docenti.

Così i fondatori di Aroko sono riusciti a trovare il cacao più famoso e pregiato per portarlo in Italia.

Raccontano: “I distributori in Europa di queste tipologie così rare di cacao sono pochissimi e i volumi sono altrettanto limitati: il 96% del cacao mondiale deriva dal Ghana e dalla Costa d’Avorio, mentre dal Venezuela arriva appena l’1-1 e mezzo% della produzione totale, e all’interno di questa stessa percentuale già esigua, la monovarietà Porcellana (che ha sentori di frutta secca, panna, burro, pan tostato) rappresenta meno dello 0,01% sul mercato globale (circa 25-30mila delle quasi 4millioni di tonnellate di cacao che vengono prodotti globalmente.).

L’altro cacao di cui ci occupiamo, il Chuao, è il più pregiato al mondo con il suo profilo aromatico più fruttato (ciliegia, fragole) e mieloso. Abbiamo dovuto richiedere i primi lotti sperando che ci arrivasse esattamente ciò che volevamo: già solo 5 chili li abbiamo utilizzati per fare la verifica che ci fosse una corrispondenza effettiva e per fortuna spesso ci
è andata bene.

In un primo periodo abbiamo assaggiato tante origini anche per mettere alla prova il nostro palato.

Il Chuao è venuto bene dall’inizio, il Porcellana – sebbene non tanti si fidassero della sua autenticità – è riuscito anche ad entrare nelle competizioni: entrambi hanno vinto il primo una medaglia d’argento europeo e il secondo, l’oro in Italia.”

Una nota a margine doverosa, per tentare di fare un po’ di chiarezza attorno alla definizione del Criollo (insieme a quella di Trinitario e Forastero), di cui molti magari hanno sentito parlare senza però conoscerne l’origine: il Venezuela è la culla dei cacao Criollo, in particolare la zona degli Stati Zulia, Merida e Trujillo conosciuta come “Sur del Lago”: è qui che si trovano i cacao criollo ancestrali più antichi e puri geneticamente che sono il Porcelana e il Guasare.

Detto questo il cacao si ibridizza molto facilmente e questo ha fatto sì che quelli che si sono diffusi verso la costa del Paese (anche grazie all’intervento dell’uomo) prendessero caratteristiche (come i sentori di frutta secca e panna) dei cacao antichi e combinandosi poi con le varietà selvatiche di quelle aree costiere, sono nate delle particolarità come il Chuao che non si considera proprio “un Criollo” ma un “Acriollado” o “Criollo Moderno”.

Johonny Spagnolo con le fave di cacao (foto concessa)

Spiega Johonny: “La definizione di Criollo, Trinitario e Forastero quindi semplifica troppo un’infinità di combinazioni e un mondo di gusti e aromi unici per ciascuna piantagione: certamente serve come punto di partenza ma ci sono troppe sfumature che restano escluse da questa categorizzazione. Portandoci al vino (che sempre aiuta) è come dire che esiste soltanto l’uva rossa e quella bianca.”

Avete risentito dell’aumento dei prezzi di questa materia prima? Come avete reagito e qual è la vostra opinione a riguardo?

Usiamo cacao specialty, che quindi era già molto più caro in partenza. Quello che è aumentato in maniera spropositata è la commodity: il nostro cacao di base costa da 7 a 17 euro, mentre quello più commerciale si pagava a 2 e adesso è salito a 10.

Lo specialty non riesce a quadruplicarsi, perché la produzione in Venezuela non è aumentata e i problemi legati al clima non ne hanno influenzato la coltivazione.

Il rischio piuttosto per noi che trattiamo questi prodotti, deriva dal calo di qualità: il contadino potrebbe preferire spostarsi sulla produzione della commodity o di consegnarci qualcosa che non è perfetto. Per loro la cura  dei dettagli rappresenta ovviamente un lavoro e un costo in più, per cui la tentazione per i farmers sarebbe quella di fare meno sforzi abbassando il livello della materia prima.

Per evitare di ritrovarci in questa situazione, almeno una volta all’anno torniamo dai produttori così da controllare e toccare con mano che il prodotto sia specialty. I nostri rifornitori per fortuna hanno mantenuta integra la loro filiera che esporta al 60% direttamente in Giappone e al 40% in Europa e negli Stati uniti.

Con il Porcellana abbiamo dovuto cambiare, rivolgendoci ad un professionista che ci dà maggiori garanzie sull’origine e la qualità venduta: un’ingegnera agronoma Iraima Chacon, chiamata da tutti “Regina del Porcellana” si occupa di tutelare i cacao ancestrali, andando in giro per tutta la regione, supportando nella semina e nella coltivazione del Porcellana.

Per la varietà Ocumare abbiamo stabilito un contatto diretto con il produttore, piantagione sperimentale negli anni ‘90 con una selezione di semi con una genetica molto particolare.

Il problema spesso è che i coltivatori sono abituati a trattare per l’acquisto dell’intera piantagione con le grandi aziende europee. Aroko invece punta all’acquisto di qualche sacco per tipo di cacao e fa una richiesta specifica ai produttori per trovare il modo migliore di portarlo in Italia.

Acquistiamo un pallet o due all’anno e per questo motivo con i coltivatori del Chuao che avevano un magazzino in Belgio e in Spagna, siamo riusciti ad acquistarlo direttamente da loro senza passare da rivenditori.”

Quanto cacao riuscite a importare con Aroko e poi a distribuire in media all’anno?

“Da le macchine da banco di due chili, siamo riusciti a passare all’utilizzo di macchine più capienti. Attualmente acquistiamo circa 8 sacchi, che sono mezza tonnellata all’anno tra tutte le varietà che importiamo. Tre o quattro per tipo che poi stocchiamo. Abbiamo reinvestito quello che abbiamo guadagnato dalle vendite nell’acquisto del cacao e questo ci ha protetto anche dagli aumenti che ci sono in questo momento.

Per quanto alla distribuzione del cioccolato che facciamo siamo in piena tappa di sviluppo aprendoci ogni giorno a più rivenditori in tutto il mondo, dal Canada a Taiwan”.

Qual è il vostro target di riferimento e quali sono i vostri prezzi?

I veri appassionati di cioccolato. Un pubblico che apprezza il cacao. Di fronte al nostro laboratorio è aperto il nostro spaccio aziendale, ma siamo rivolti anche ad altri negozi specializzati, in Italia e all’estero.

Decisamente siamo più concentrati sul mercato fuori dal nostro Paese, dove abbondano altri tipi di prodotti con la nocciola: in Italia vendiamo di più il Porcellana ad esempio, proprio perché il cacao risulta più amabile, con il gusto che si avvicina di più al gianduia.
Vendiamo tutte le tavolette a 10 euro e pensiamo che ci sarà un adeguamento per l’aumento in costo anche per quanto riguarda il packaging.

Durante gli eventi, spiegandolo al pubblico, si capisce subito che parliamo di un prodotto differente. Purtroppo ancora si pensa che il cioccolato abbia un determinato gusto, costante sempre, ma non è così: basta assaggiare per capire che non esiste sempre un sapore sempre uguale a sé stesso ed è questo che vogliamo trasmettere come messaggio. Esiste il cioccolato specialty, e va trattato diversamente da quello del supermercato.

Oltre a questo, insieme a degli artigiani stiamo sviluppando una linea dedicata ai professionisti. Il nostro metodo bean to bar fa sì che i nostri cioccolati – senza fluidificanti come la lecitina – avendo solo i grassi naturali di ogni tipo di cacao crea una maggiore difficoltà per lavorazione come praline e uova di Pasqua.

Il cioccolato dal cacao specialty Aroko (foto concessa)

Per questo motivo ora stiamo creando soluzioni più semplici da manipolare: saranno tre novità con la stessa quantità di grasso, per garantire una maggiore standardizzazione agli artigiani. Un fondente, un latte e un bianco, per poterlo trasformare nello stesso modo.”

Quali sono le condizioni dei farmer di cacao in Venezuela e trovano un mercato equo che li tutela nei prezzi o c’è ancora tanta strada da fare?

“Logicamente ci sono tante realtà diverse. Si trovano piantagioni più organizzate con alle spalle più di 100 anni di produzione, dove i contadini vengono pagati anche 12 volte il salario minimo standard. Queste sono quelle che garantiscono maggiormente la qualità.

Poi ci sono farms molto più piccole in cui il contadino non riesce a fare tutto da solo e il cacao viene venduto “in bava”: aprono la cabossa, la sgranano, e prendono le fave con la sua mucillagine (un fluido ricco di zuccheri) per inviarlo ad altre piantagioni o a centri che si
dedicano alla fermentazione.

Questi produttori vendono a molto meno il loro prodotto, perché il lavoro più grosso viene sviluppato non nella genetica ma nel post raccolta.

Per avviare una fermentazione in modo corretto, ricordiamo che c’è bisogno di circa 600 chili di cacao: se i farmers non hanno questi volumi spesso non possono contare neppure sullo spazio fisico idoneo per gestire l’intero processo. Per questo rischiano di buttare la materia prima e allora preferiscono venderla a terzi.

Sicuramente i più piccoli sono di numero maggiore e si accorpano in delle cooperative.”

Il Venezuela come sta gestendo il problema della deforestazione in origine?

“Nel caso del Venezuela, il nuovo regolamento EUDR ha già trovato una sua applicazione: nella zona da cui ci approvvigioniamo per Aroko ad esempio, le zone sono già protette per legge e quindi non avviene la deforestazione. I tipi di cacao del Venezuela sono molto delicati e quindi la pianta del cacao ha bisogno di ombra: la biodiversità è un must al fine di mantenere salubre il terreno e proteggere la coltivazione.

Inoltre al di fuori dei parchi nazionali, il cacao cresce anche in maniera selvatica in molte aree isolate che risultano ancora quasi embrionali e qui non è praticamente possibile parlare di deforestazione.

A questo si aggiunga il fatto che il clima non è troppo caldo, le temperature non sono mai così elevate (la massima è tra i 31-32 gradi) e permettono al cacao venezuelano di crescere in buono stato e con delle sue caratteristiche distintive: oltre che per il suo gusto particolare, è riconoscibile dall’aspetto delle fave prima di fermentare, che sono bianche come tutti i Criollo.

Un’estetica che secondo me dipende proprio dalle condizioni climatiche e genetiche di questi territori.”

Come lavorate ad Aroko?

“Innanzitutto selezioniamo manualmente le fave di cacao così da eliminare quelle difettose. Le tostiamo a basse temperature per poco tempo e poi le passiamo nella macchina per togliere la pellicina e ottenere la granella di cacao. Con questa facciamo il cioccolato a seconda della ricetta che desideriamo dentro a delle macine a pietra.

Tendenzialmente inseriamo al massimo un 30% di zucchero anche per quello bianco. Ci siamo accorti che tra il 70 e il 75% generalmente si comprendono meglio le caratteristiche proprie del cacao: andare oltre questo valore restituisce un risultato finale troppo aggressivo al palato dei degustatori meno esperti.

Anche se con le tipologie di cacao che abbiamo è completamente fattibile mangiare anche un 100% e che non sia per niente amaro”.

Brasile, Conab taglia la stima di 4 mln di sacchi: produzione 2024/25 a 54,79 mln, meno del raccolto dell’anno scorso

0
Conab produzione Brasile
Il logo di Conab

MILANO – Conab rifà i conti e – come ampiamente previsto – rivede al ribasso le cifre sul raccolto 2024/25 del Brasile nella sua terza stima, diffusa nel pomeriggio di ieri, giovedì 19 settembre. L’agenzia specializzata del governo brasiliano vede ora la produzione a 54,79 milioni di sacchi: circa 4 milioni di sacchi in meno rispetto alla seconda stima, che risale allo scorso mese di maggio.

L’indagine sul campo è stata effettuata a fine agosto, a operazioni di raccolta pressoché concluse.

Le stime della produzione di arabica e robusta sono state tagliate rispettivamente di 2,53 e 1,5 milioni. Il nuovo dato risulta inferiore dello 0,5% a quello dell’annata trascorsa (2023/24), quando sono stati raccolti 55,072 milioni.

A inizio raccolto tutto lasciava presupporre un nuovo incremento della produzione “considerando lo stato vegetativo delle colture e il ricorrere di un’annata positiva nel ciclo biennale”, scrive Conab in una nota.

Tuttavia, le condizioni climatiche avverse – con siccità, precipitazioni sparse e mal distribuite – unitamente alle alte temperature durante le fasi decisive di sviluppo dei frutti hanno ridimensionato le prospettive per quanto riguarda la produttività, ora stimata in 28,8 sacchi/ha, in calo dell’1,9%.

La produzione di arabica risulta così pari a 39,59 milioni, in crescita dell’1,7%

Ma tale incremento è il risultato dell’espansione delle superfici produttive, che hanno raggiunto 1,52 milioni di ettari (+2,4%), poiché la produttività è in calo dello 0,6%, a 26 sacchi/ha.

Contenuto riservato agli abbonati.

Gentile utente, il contenuto completo di questo articolo è riservato ai nostri abbonati.
Per le modalità di sottoscrizione e i vantaggi riservati agli abbonati consulta la pagina abbonamenti.