martedì 11 Novembre 2025
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Firenze: il locale Caffè Amerini entra nella famiglia di Caffè Libertà

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Caffè Amerini (immagine presa da Facebook)

Si apre una nuova pagina per Caffè Amerini, il locale di via della Vigna Nuova, che passa sotto la proprietà del brand Caffè Libertà. L’acquisizione è stata ufficializzata nei giorni scorsi e ha visto protagonista l’imprenditore Edoardo Triarico. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo pubblicato sul portale d’informazione Firenze Today.

Il nuovo capitolo di Caffè Amerini

FIRENZE – Un nuovo capitolo per uno dei bar storici del centro città. Il Caffè Amerini è appena passato sotto la stessa proprietà del brand Caffè Libertà.

L’acquisizione è stata ufficializzata nei giorni scorsi e ha visto protagonista l’imprenditore Edoardo Triarico, il cui obiettivo è continuare a tenere alte le insegne del locale di via della Vigna Nuova – nato nei primi anni del Novecento e da sempre punto di riferimento per i frequentatori abituali e gli appassionati dei locali storici della città – ma allo stesso tempo introducendo una serie di innovazioni, in collaborazione col fratello Lorenzo.

In primis, con il cambio di proprietà il nuovo Caffè Amerini potrà contare sul know how del Caffè Libertà per quanto riguarda la produzione dolciaria e la fornitura di lievitati. Inoltre, cambieranno gli orari di apertura introducendo l’orario continuato dalle 7 alle 21, sette giorni su sette.

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Master coffee grinder championship: la seconda tappa a Vittoria, 25/05

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Il logo di Master Coffee Grinder Championship (immagine concessa)

VITTORIA (Ragusa) – Domenica 25 maggio 2025, la città di Vittoria (Ragusa) sarà nuovamente il palcoscenico della seconda tappa del Master coffee grinder championship, il campionato italiano dedicato all’arte della macinatura del caffè. Per il secondo anno consecutivo, la competizione approda in Sicilia grazie alla consolidata partnership con Brazilcafè, azienda leader nel settore della torrefazione e promotrice di iniziative legate alla cultura del caffè.

Quest’anno, l’evento si inserisce nel contesto del Scenica Festival, manifestazione multidisciplinare giunta alla sua diciassettesima edizione, che dal 10 al 25 maggio anima Vittoria con spettacoli di teatro, musica, danza e circo contemporaneo, promuovendo l’integrazione e lo scambio culturale.

Un weekend ricco di appuntamenti

Le attività specifiche sul tema caffè prenderanno il via sabato 24 maggio alle ore 16:00 presso la storica Sala delle Capriate Gianni Molè, situata al primo piano dell’ex convento dei Frati Minori in via Principe Umberto 91.

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Il convento dei Frati Minori, Vittoria, durante l’inaugurazione dopo il restauro (immagine concessa)

Il convegno, aperto al pubblico, sarà moderato dal dottor Marco Randazzo, responsabile commerciale di Brazilcafè, e affronterà temi legati al mondo del caffè:

– La dottoressa Rossella Alfè, nutrizionista, discuterà sulla salubrità del caffè e i suoi effetti sulla salute.

– Le dottoresse Giovanna De Vecchi e Carmen Stanziola porteranno testimonianze sul ruolo delle donne nella filiera del caffè.

– Il pluricampione italiano di Latte Art e caffetteria Andrea Antonelli illustrerà l’importanza della pulizia delle attrezzature.

– Il giornalista e docente Fabio Verona analizzerà l’aumento dei costi del caffè e strategie per valorizzarlo al bar.

La domenica: masterclass e competizione

Domenica 25 maggio, l’evento si sposterà in Piazza del Popolo, cuore pulsante di Vittoria, dove dalle ore 10:00 si terrà una masterclass aperta a tutti gli appassionati e ai concorrenti. Durante l’incontro, verrà presentato il nuovo format della competizione e le innovazioni tecnologiche a disposizione dei baristi.

Piazza del Popolo, Vittoria (foto di Gianluca Salvo)

Interverranno i rappresentanti delle aziende partner: DVG De Vecchi, Pulycaff, Brita, Dalla Corte, Fiorenzato, Metallurgica Motta, Bargiornale, IPA Porcellane, Bialetti, Antonelli Academy e Brazilcafè.

La competizione

Alle ore 14:00 avrà inizio la gara, che vedrà sfidarsi i migliori professionisti della macinatura. Il pubblico potrà assistere alla competizione, conoscere i partecipanti e dialogare con il campione italiano in carica, Giuseppe Fiorini. La giuria sarà composta da Luigi Pillitu, Luca Bernardoni e Alessandro Zengiaro.

Un evento all’insegna del sociale

Il Master Coffee Grinder Championship continua a promuovere valori di inclusione e responsabilità sociale. Anche quest’anno, le targhe premio saranno realizzate dall’associazione Parallelo Lab, impegnata nel supporto a persone con disabilità. Inoltre, l’evento sosterrà l’associazione Rubens, che si dedica all’assistenza di giovani con disabilità.

Il caffè utilizzato durante la competizione sarà certificato IWCA (International Women’s Coffee Alliance), testimonianza dell’impegno del campionato nel promuovere pratiche sostenibili e inclusive nella filiera del caffè.

Partecipazione

L’ingresso agli eventi è libero e gratuito. Per chi desidera partecipare alla competizione, è ancora possibile iscriversi attraverso il sito ufficiale cliccando qui.

Un’occasione imperdibile per gli amanti del caffè, i professionisti del settore e tutti coloro che desiderano vivere un’esperienza unica tra competizione, formazione e impegno sociale.

Per ulteriori informazioni:

Espresso italiano champion: la finale regionale a Sassari, 14/05

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Sassari Piazza Italia
Sassari Piazza Italia

A Sassari ci sarà la finale regionale della competizione Espresso italiano champion mercoledì 14 maggio. La finalissima mondiale, prima delle semifinali e finale, anche quest’anno si terrà invece a Milano in occasione di Host. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo pubblicato sul portale d’informazione Sassari Notizie.

Espresso italiano champion: la finale regionale a Sassari

SASSARI – Torna a Sassari, mercoledì 14 maggio, la finale regionale di Espresso italiano champion che si svolgerà nel centro di formazione di Altogusto Spa, in Z.I. Predda Niedda strada 2.

Si sfideranno, a suon di caffè, esperti baristi da tutta la Sardegna, e il vincitore parteciperà, prima alle semifinali e poi alla finale italiana, che quest’anno si terrà a Conegliano Veneto (Treviso), presso la torrefazione Dersut. La finalissima mondiale anche quest’anno si terrà a Milano durante la Fiera Internazionale Host.

La gara inizierà intorno alle 9.30 e terminerà intorno all’ora di pranzo. La giuria tecnica sarà costituita da minimo due giudici.

I giudici valuteranno ogni partecipante con apposita scheda come previsto dal regolamento tecnico, un direttore di gara nominato da Iei avrà la responsabilità del corretto svolgimento della gara, con specifica attenzione all’operato di tutti i giudici coinvolti.

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Fratelli Bonacchi e Leonardo Maggiori presentano il caffè di terroir da Tappa Bistrot a Venezia

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Leonardo Maggiori, Francisco Villeda e Sandro Bonacchi (immagine concessa)

VENEZIA – In una Venezia lontana dai sentieri battuti, nel sestiere di Cannaregio, è possibile vivere un’esperienza gastronomica che trascende la cucina veneziana per offrire un viaggio tra sapori di ispirazione mediterranea e internazionale, abbinamenti sorprendenti e prodotti locali.

Nel loro Tappa Bistrot Giovanni Torcellan e Guglielmo Zanini hanno unito alla cucina creativa una selezione accurata di vini naturali, distillati e amari artigianali, impegnandosi nella creazione di eventi e attività che promuovono una cultura del gusto più autentica e responsabile.

Un locale vivo e in continua evoluzione che mercoledì 7 maggio ha organizzato una giornata per esplorare il mondo del caffè di terroir tra degustazione, formazione e sperimentazione grazie alla guida esperta dell’ambassador Leonardo Maggiori. L’appuntamento è stato aperto a tutti, con un focus speciale per baristi, chef, operatori del settore e coffee lover.

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Tappa Bistrot a Venezia (immagine concessa)

Partner è stata la Fratelli Bonacchi che trae ispirazione da alcuni concetti chiave: approccio agricolo ecologico e socialmente responsabile, conoscenza profonda di piantagioni e farmer, organizzazione di tutte le filiere “dal seme alla tazza”. La mission è migliorare in modo costante la consapevolezza di baristi, ristoratori e consumatori attraverso proposte di caffè “buoni, puliti e giusti”.

Dalle 11 alle 15 è stato servito un menu concepito grazie alla partnership Fratelli Bonacchi per accompagnare due caffè di origine selezionata e scoprirne gli abbinamenti: espresso Guji Hambela di un microlotto etiope e il filtro a caldo Campo Hermoso Sidra della Colombia. Dalle 15.30 alle 17.30 in programma la masteclass Dal seme alla tazza per un caffè buono giusto e pulito per imparare a riconoscere le differenze sensoriali legate all’origine e al metodo di lavorazione, scoprire le tecniche di estrazione e servizio per valorizzare i caffè di alto profilo, conoscere la filiera tra sostenibilità, tracciabilità e micro produzioni consapevoli.

I caffè di terroir 100% Arabica che gli ospiti hanno potuto degustare nella versione espresso sono quelli garantiti dalla Slow Food Coffee Coalition:

Finca Rio Colorado (Honduras, Las Capucas, Finca Umami 100% Arabica Parainema, Lempira, Obatà, metodo semilavato honey e naturale); Finca Alfolì (Honduras, Las Capucas, 100% Arabica Parainema, processo naturale); Dona Elda (Honduras, Las Capucas, Finca Platanares, 100% Arabica Parainema, processo naturale); Finca El Cerro ( varietà Ana Cafè, metodo naturale, proveniente da Apaneca Ahuachapán, El Salvador) e Guji Hambela (Etiopia, Oromia, Villaggio Benti Nenka, 100% Arabica 74114, processo a fermentazione anaerobica 7-10 giorni).

Alle 17.30 è stata servita la Merenda tardiva, un momento informale con piatti dolci e salati, abbinamenti creativi e un menù dedicato al caffè in chiave aperitivo.

Domori vince il premio miglior packaging ai Dolci&Salati Consumi Awards

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La premiazione a TuttoFood (immagine concessa)

NONE (Torino) – In occasione della quattordicesima edizione dei DS – Dolci Salati & Consumi Awards, svoltasi durante la fiera TuttoFood (Milano, 5–8 maggio 2025), Domori è stata premiata nella categoria miglior packaging dolci per la nuova linea di tavolette Antologia, lanciata nel 2024. Il riconoscimento è stato assegnato da una giuria composta da 73 buyer e operatori del settore presieduta da Donatella Prampolini, Presidente FIDA (Federazione italiana dettaglianti dell’alimentazione) e Vicepresidente Confcommercio Imprese per l’Italia.

Il premio di Domori ai Dolci Salati & Consumi Awards

Il premio, consegnato nella cornice dell’evento milanese dove Domori è presente con un proprio stand, riconosce il valore e l’efficacia delle attività di marketing svolte nel corso del 2024. In particolare, il riconoscimento valorizza uno dei punti di forza storici di Domori: le tavolette, simbolo dell’identità bean to bar dell’azienda, in cui la degustazione diventa un’esperienza coinvolgente che inizia già dalla vista, in questo caso dal packaging, con cioccolato e ingredienti messi in rilievo, protagonisti assoluti.

Antologia è la nuova linea Ambassador di Domori, pensata per rappresentare il marchio sui mercati italiani e internazionali. Una collezione che celebra l’eccellenza del cacao Criollo, la varietà più rara e pregiata al mondo, coltivata nelle piantagioni di proprietà Domori in Venezuela ed Ecuador. Le ricette uniscono tradizione e innovazione, offrendo una gamma esclusiva di tavolette che racchiude l’essenza della filosofia Domori.

Il concept del packaging riflette con grande efficacia il posizionamento premium del brand: elegante, vivace, d’impatto e curato con estrema attenzione ai dettagli visivi. Il design, ispirato alla “rosa dei venti” simbolo dell’azienda, crea un pattern raffinato e distintivo che conferisce coerenza e riconoscibilità all’intera collezione.

Gli ingredienti d’eccellenza – il cioccolato e le sue varie interpretazioni – sono valorizzati con forza espressiva, coinvolgendo il consumatore fin dal primo sguardo.

Questo premio conferma la capacità di Domori di coniugare qualità superiore dei prodotti, valorizzazione del cacao pregiato e strategia di comunicazione in un’offerta unica nel panorama del cioccolato gourmet.

ChatGPT legge i fondi del caffè e svela il presunto tradimento del marito: divorzio in Grecia

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Una tazza di caffè americano (immagine: Pixabay)

Un matrimonio di 12 anni in Grecia ha avuto fine dopo l’interpretazione dei fondi di caffè proposta da ChatGPT che avrebbe rivelato un presunto tradimento da parte del marito. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo di Andrea Campana per il portale d’informazione La Scimmia Pensa.

La lettura dei fondi del caffè di ChatGPT

MILANO – Tutto è successo in Grecia: una donna si è rivolta a ChatGPT per leggere i suoi fondi di caffè, cosa che come sapete sarebbe una pratica divinatoria alla quale molti credono – anche Sibilla Cooman, personaggio di Harry Potter, lo faceva – con l’intento di sedare la propria gelosia nei confronti del marito. E ha ottenuto l’effetto opposto.

Secondo Ekathimerini e come riportato da ADNKronos, nell’interpretare la foto dei fondi di caffè suddetti il chatbot ha svelato alla donna che il marito aveva una relazione extraconiugale.

Infatti in qualche modo la I.A. è riuscita a trarne un significato chiaro che, senza dubbio, si è sovrapposto a tensioni già esistenti.

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Scarti del caffè: come riciclarli per rimuovere le incrostazioni da pentole e padelle

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I fondi di caffè (immagine: Pixabay)

Ecco come è possibile utilizzare i fondi del caffè. Secondo il portale DesignMag i fondi sono particolarmente utili per rimuovere le incrostazioni più ostinate da pentole e padelle. Permettono di rinnovare anche quelle più danneggiate senza ricorrere a costosi prodotti chimici. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo di Mary Ingrosso per DesignMag.

Gli utilizzi dei fondi del caffè

MILANO – Il caffè è una delle bevande più amate in tutto il mondo, ma in Italia è anche molto di più. Rappresenta un vero e proprio rito di gusto, che in tanti amano concedersi una o più volte nel corso della giornata. Realizzarlo in casa è molto semplice, ma ciò implica un continuo spreco di materiale organico.

I fondi di caffè vengono ritenuti inutili una volta utilizzati e finiscono in centinaia di chili l’anno direttamente nella spazzatura. Di questi tempi si è sviluppata una sensibilità sempre maggiore verso la tematica del riciclo delle risorse, che trova piena applicazione con questo prezioso ingrediente.

Una busta di caffè può costare da pochi euro a decine di euro e potrebbe rappresentare un investimento molto più ampio se solo questo prodotto venisse utilizzato al massimo del suo potenziale. I famosi rimedi della nonna stanno ottenendo grande popolarità e rivelano l’utilità dei fondi di caffè in diversi ambiti domestici. Dalle pulizie fino al giardinaggio, sono tanti i motivi per cui conservarli in un barattolo da tenere pronto per l’occorrenza.

I suoi fondi sono particolarmente utili per rimuovere le incrostazioni più ostinate da pentole e padelle. Permettono di rinnovare anche quelle più danneggiate senza ricorrere a costosi prodotti chimici, semplicemente strofinandoli direttamente sulla superficie con l’aiuto di una spugna. Tutto tornerà a splendere in un attimo.

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Lavoro: il 56% delle aziende eccellenti sceglie il modello ibrido

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Alessandro Zollo, ceo Great Place to Work Italia (immagine concessa)

MILANO – All’aumentare dei giorni di lavoro trascorsi in smart working migliora anche l’esperienza lavorativa vissuta dai collaboratori di un’organizzazione. Con una singolare eccezione, in negativo, per le realtà che adottano un modello di quasi full remote, concedendo ai dipendenti la possibilità di lavorare per 4 giorni alla settimana lontano dall’ufficio.

È questo uno dei trend principali che emergono dal “Report Smartworking 2024”, la ricerca realizzata da Great Place to Work Italia con l’obiettivo d’indagare il rapporto tra smart-working, soddisfazione lavorativa e produttività aziendale, redatta ascoltando il parere espresso da quasi 21mila collaboratori di 33 organizzazioni che hanno partecipato alla survey Great Place to Work, attive in 10 settori merceologici.

Lo smart working, in forme come telelavoro o lavoro flessibile, esisteva in Italia già prima della pandemia, ma era limitato solo a specifiche categorie. Il Covid-19 ha accelerato drasticamente l’adozione di questa modalità d’organizzazione del lavoro, spesso senza dare alle aziende il tempo di sviluppare buone pratiche.

Nel 2023, i lavoratori da remoto nel Bel Paese erano pari a 3,58 milioni, in leggera crescita rispetto ai 3,57 milioni del 2022, ma ben il +541% in più rispetto al dato pre-Covid; nel 2024, invece, si stima che saranno 3,65 milioni gli smart worker attivi in Italia.

Entrando nel dettaglio dell’indagine promossa dalla realtà mondiale leader per la cultura organizzativa, emerge come il 37% del campione non benefici dello smart working ed il modello più diffuso tra le organizzazioni risulti essere quello ibrido che offre la possibilità di lavorare da remoto per 2 (20%) o 3 giorni (18%) alla settimana; mentre solo in meno di un caso su 10 (7%) i collaboratori lavorano in full remote per l’intera settimana lavorativa.

Mettendo a confronto gli ambienti di lavoro d’eccellenza italiani con il campione nazionale che emerge dall’indagine Europe Workforce Survey 2024 si evince come le realtà più virtuose del Made in Italy sposino un modello di lavoro ibrido in più della metà dei casi (56%), con una differenza del +37% rispetto al dato della media nazionale (19%), dove a dominare è ancora il lavoro in presenza (74%).

Tra le generazioni al momento attive nel mondo del lavoro la Generazione X (tra 45 e 54 anni) e i Baby Boomer (over 55) preferiscono la collaborazione in presenza, percependo isolamento e ridotta efficacia nel lavoro completamente da remoto.

Al contrario, i più giovani gestiscono meglio la collaborazione a distanza ma soffrono la mancanza di socializzazione in ufficio, un aspetto importante per i programmi d’inserimento della Gen Z (under 25). La resistenza al cambiamento verso il lavoro ibrido può essere dunque maggiore tra Baby Boomer, Gen X e Millennial, rendendo fondamentale l’implementazione di una cultura aziendale solida che supporti lo smart working.

La survey realizzata da Great Place to Work Italia ha preso in considerazione una serie di dimensioni a partire dalle politiche organizzative con queste ultime che si devono adattare allo smart working. Le persone maggiormente positive rispetto al tema delle politiche organizzative atte a favorire lo smart working sono le persone che lavorano per 5 giorni a settimana da remoto. In seconda battuta, anche chi lavora in smart per 3 giorni riporta percezioni molto elevate.

Da notare invece come per chi lavora per 4 giorni a settimana da remoto vi sia un calo rispetto alla dimensione delle politiche organizzative, quasi a significare che nel passaggio tra lavoro ibrido e “quasi full remote” i bisogni e le percezioni delle persone rispetto al proprio lavoro cambino radicalmente.

Un trend che si conferma anche rispetto al tema delle tecnologie, degli strumenti e degli spazi di lavoro messi a disposizione dalle organizzazioni per svolgere al meglio le proprie mansioni: chi lavora 4 giorni a settimana in smart working è più negativo, trovandosi in una zona grigia tra lavoro ibrido e full remote.

Passando invece all’analisi dello stile adottato dai leader e dal management aziendale nei confronti dello smart working la ricerca mostra come chi lavora 4 giorni da remoto percepisca più negativamente la leadership, suggerendo che la transizione da ibrido a full remote comporti per il management sfide comunicative e di gestione.

Questo “limbo” tra ibrido e full remote impatta negativamente sulla leadership, poiché i responsabili, spesso meno abituati allo smart working, faticano ad adattarsi a questa nuova modalità di lavoro tanto che, secondo una ricerca condotta dall’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano, meno di un quarto degli impiegati (22%) ritiene di avere un capo smart.

Le analisi di Great Place to Work evidenziano una quinta dimensione cruciale, quella della comunicazione e della cultura aziendale. Per lo smart working e il lavoro ibrido, infatti, è essenziale mantenere una comunicazione efficace e una cultura coesa. I dati mostrano che chi lavora 4 giorni in smart working percepisce meno la possibilità di assentarsi (85%) rispetto a chi lavora da remoto per 3 o 5 giorni (90%).

Anche il bilanciamento tra lavoro e vita privata è percepito meno positivamente in chi lavora per 4 giorni in smart (77%), ma le differenze nel confronto con chi è impiegato in full remote (79%) sono minori. Passando all’orgoglio, quest’ultima è l’area tematica meno influenzata dal numero di giorni medi trascorsi in smart working. L’analisi suggerisce, infatti, che il numero di giorni trascorsi in smart working non ha impatto sulla percezione dell’orgoglio verso il proprio lavoro, sui risultati ottenuti insieme o sull’intenzione di restare in azienda a lungo termine. Questo è significativo, poiché sfida l’idea che maggiore distanza dall’azienda riduca l’orgoglio lavorativo. Inoltre, non vi è alcun impatto sulla retention, suggerendo che la volontà di rimanere in azienda dipenda più da dinamiche come relazioni, fiducia e leadership, piuttosto che dal numero di giorni di lavoro in smart working.

“L’analisi che abbiamo condotto per analizzare quello che è lo stato dell’arte in Italia sul tema dello smart working parte come sempre dall’ascolto dei collaboratori, la voce delle persone è stata molto chiara, c’è un discrimine evidente tra lavoro ibrido e quello full remote. Cambiano le logiche organizzative, le capacità manageriali, gli strumenti, le tecniche di coinvolgimento e di comunicazione. La scelta va presa quasi a livello del modello di business che si vuole mettere a terra poi organizzativamente – spiega Alessandro Zollo, ceo di Great Place to Work Italia – Il modello ibrido rimane comunque vincente, soprattutto oggi che si sentono eco di restaurazione abbastanza tipici dell’incapacità di adattamento ad un mondo che cambia, e lo fa molto velocemente”.

Spostando il focus sull’innovazione, le analisi mostrano che all’aumentare dei giorni di smartworking aumenta anche nei collaboratori la percezione delle possibilità d’innovazione, con una leggera flessione registrata sempre in chi trascorre 4 giorni alla settimana in smart working. Una via di mezzo, quest’ultima, considerata meno vantaggiosa e che offre dunque ai dipendenti minori possibilità d’innovare rispetto al modello ibrido (3 giorni in presenza e 2 in smart) e alla soluzione full remote.

Infine, rispetto alla percezione di equità del salario, i dati mostrano una crescita nella percezione positiva del compenso che va di pari passi all’aumento del numero di giorni trascorsi in smart working. La flessibilità offerta dal modello di lavoro da remoto è in grado di migliorare la soddisfazione economica dei collaboratori e il senso di equità nella distribuzione della ricchezza aziendale, garantendo un migliore equilibrio vita-lavoro, la riduzione dei costi di spostamento e una maggiore autonomia. In sintesi, l’introduzione dello smart working migliora in modo lineare la percezione del salario.

Mese della lentezza: per l’89% dei giovani fermarsi è un lusso

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Le priorità dei giovani lentezza
Le priorità dei giovani (immagine concessa)
MILANO – In un’epoca dominata dalla velocità e dalla connessione costante, i giovani riscoprono il valore del tempo, della lentezza e dei momenti autentici vissuti insieme. In occasione della Giornata mondiale della lentezza, ScuolaZoo – punto di riferimento per le nuove generazioni – e TheFork, la principale piattaforma per la prenotazione online di ristoranti e leader nei gestionali per la ristorazione con TheFork Manager, hanno realizzato un Osservatorio sullo slow living, con l’obiettivo di monitorare e raccontare come i ragazzi e le ragazze under 30 stanno cambiando il proprio stile di vita, a partire dal tempo trascorso a tavola.

In un sondaggio condotto su un campione di oltre 500 ragazzi e ragazze tra i 14 e i 26 anni, emerge un quadro chiaro: i giovani vogliono rallentare, vivere con più consapevolezza e riscoprire il valore del tempo, della natura e della convivialità.

Secondo la ricerca di ScuolaZoo e TheFork, il dato più sorprendente arriva dal rapporto con la tecnologia. L’82% dei giovani ha già fatto o vorrebbe fare un digital detox, ovvero un periodo senza social o notifiche. Un segnale di stanchezza verso l’iperconnessione e il multitasking costante. Tra chi ha già provato a disconnettersi, c’è una minoranza attiva (16%) che lo fa regolarmente, e un’ampia fascia (40%) che ci sta pensando.
Quando si tratta di staccare davvero, le scelte sono eloquenti: attività fisica e uscite con gli amici per il 35%, musica soft o una serie rilassante per il 34%, natura e silenzio per un altro 26%. Solo il 5% sceglie contenuti social. A testimoniare questo cambio culturale arrivano anche gli Offline Days, l’esperienza firmata ScuolaZoo che porta i ragazzi a vivere quattro giorni nella natura toscana senza smartphone. Dal 1 al 4 maggio, il Rocchette Village di Castiglione della Pescaia ha ospitato un gruppo di giovani immersi tra tramonti, yoga, e-bike e zero notifiche. Tutto è stato documentato con macchine fotografiche analogiche, per riscoprire l’attimo non filtrato. Il secondo turno è previsto dal 12 al 15 giugno.

I giovani riscoprono il valore della tavola

Il modo in cui si mangia racconta molto di noi. Dai dati raccolti da ScuolaZoo e TheFork emerge che oggi il pasto è un momento da vivere con lentezza e presenza: per il 54% dei giovani, mangiare con calma è una pratica che si cerca di rispettare il più possibile, mentre il 29% lo considera una parte essenziale del proprio benessere. Solo una piccola minoranza continua a mangiare “per dovere”, in fretta.
Le abitudini a tavola confermano questo trend: il 34% guarda la TV, ma un 46% preferisce conversare con familiari e amici. C’è ancora chi non riesce a staccarsi dallo smartphone (13%), ma il dato è in calo. Il pasto come esperienza solitaria e mindful resta un’abitudine di pochi (7%).

Anche la scelta dei ristoranti riflette questo cambio di paradigma. Il 41% preferisce scoprire ristoranti e cucine diverse, mentre il 37% preferisce cene a casa, con calma e convivialità. L’11% opta per locali immersi nella natura e un altro 11% ama organizzare picnic all’aperto. Il 57% degli intervistati privilegia atmosfere rilassate a prezzi accessibili, ma cresce anche l’interesse per esperienze originali, come cene a tema o degustazioni(10%).

Per rispondere a questi bisogni emergenti, TheFork organizza da due anni l’iniziativa “Sconnessi Day”, che invita le persone a mettere da parte i dispositivi per riscoprire il piacere autentico di stare a tavola, condividere un pasto e vivere appieno l’esperienza gastronomica. Un gesto simbolico, ma concreto, che riflette l’impegno della piattaforma nel promuovere un modo di vivere la ristorazione più consapevole e accessibile.

Un modo nuovo di vivere, che mette al centro il contatto umano, la qualità del tempo e la bellezza delle piccole cose. La lentezza non è più una rinuncia, ma un atto rivoluzionario. Il sondaggio mostra un chiaro interesse verso lo slow living, soprattutto nei momenti di relax e convivialità. Molti intervistati cercano consapevolezza e piacere nelle piccole cose, pur dovendo convivere con abitudini moderne (come il controllo del telefono durante i pasti). Lo slow living non è solo una tendenza, ma un desiderio sempre più sentito, specialmente tra i giovani adulti.

La scheda sintetica di ScuolaZoo

ScuolaZoo è il media network di riferimento della Generazione Z e la community di studenti più grande d’Italia, con oltre 5 milioni di follower sui social. ScuolaZoo è una testata giornalistica, un Rappresentante d’Istituto, un diario, un tour operator che porta in vacanza migliaia di studenti ogni anno, e molto altro. Fondata da Paolo de Nadai nel 2007, in 15 anni ha saputo coinvolgere e rappresentare due generazioni di adolescenti grazie a un sapiente mix di attività online e on field.

La scheda sintetica di TheFork

TheFork, brand di Tripadvisor è la principale piattaforma per le prenotazioni online di ristoranti in Europa. In prima linea nel sostenere e promuovere la cultura della ristorazione, TheFork utilizza la tecnologia per favorire le connessioni reali tra clienti e ristoratori e per avviare questi ultimi al successo.

Con una rete di circa 55.000 ristoranti partner in 11 Paesi, quasi 40 milioni di download dell’app e più di 20 milioni di recensioni verificate, TheFork è la piattaforma di riferimento per tutti gli appassionati di food che vogliono vivere esperienze indimenticabili al ristorante. Attraverso TheFork gli utenti possono facilmente selezionare un ristorante in base alle loro preferenze, consultare le recensioni verificate, controllare la disponibilità in tempo reale, prenotare immediatamente online 24 ore su 24, 7 giorni su 7, beneficiare di offerte speciali e pagare direttamente dall’app.

Per i ristoranti, TheFork fornisce un software, TheFork Manager, che consente di ottimizzare la gestione delle prenotazioni e il tasso di occupazione, aumentare le prenotazioni e la visibilità, combattere i no-show, gestire i pagamenti e semplificare le operazioni, connettendosi alla più ampia community di appassionati di ristorazione.

Andrej Godina di ritorno dal coffee campus formativo svolto in Colombia nella regione del Cauca: “Un format che è replicabile per qualsiasi torrefazione italiana”

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Giancarlo Samaritani e Andrej Godina (immagine concessa)

Andrej Godina, dottore di ricerca in scienza, tecnologia ed economia nell’industria del chicco, ha fatto ritorno da un percorso di formazione nella regione del Cauca, in Colombia, rinomata per la qualità della produzione del caffè. Il viaggio è stato parte del programma Bristot Coffee Academy, marchio di Procaffè S.p.A., rivolto ai responsabili delle accademie internazionali dell’azienda.

Godina è stato accompagnato da Giancarlo Samaritani, divulgatore scientifico del chicco, noto per la sua serie di documentari con il caffè come protagonista (ne abbiamo parlato qui). Riportiamo di seguito l’esperienza tecnica di Godina sul coffee campus per il team internazionale della Bristot Coffee Academy iniziato il 6 aprile e concluso il 13.

Coffee Campus in Cauca: un’esperienza tecnica sul campo per torrefattori e professionisti

di Andrej Godina

MILANO – Godina racconta: “Da molti anni mi dedico alla formazione degli operatori del settore caffè e una delle attività che propongo è quella del viaggio nei paesi di origine alla scoperta del lavoro agricolo e di produzione del caffè.

Il recente coffee campus svoltosi nella regione del Cauca, Colombia, organizzato assieme a Giancarlo Samaritani  per il team internazionale della Bristot Coffee Academy, è stata l’occasione per svolgere un’attività formativa di alto profilo professionale utile per approfondire ogni fase di produzione del caffè direttamente in piantagione. Il gruppo dei partecipanti era composto da 12 professionisti provenienti da Egitto, Slovacchia, Stati Uniti, Russia, Serbia e Grecia, guidato dal direttore della Academy, Simone Rubin.

Il team al completo (immagine concessa)

L’itinerario e le attività in campo sono stati coordinati con il supporto della Federación Nacional de Cafeteros de Colombia (FNC) e del Comitato dei Cafeteros del Cauca, che hanno permesso ai partecipanti di toccare con mano le varie pratiche agricole, le tecniche di lavorazione post-raccolta e gli standard qualitativi adottati dalle cooperative locali. L’intero percorso è stato strutturato per trasferire conoscenze pratiche, stimolare il confronto internazionale e rafforzare la comprensione delle variabili che influenzano la qualità finale in tazza.

Le giornate in piantagione hanno coinvolto i partecipanti innanzitutto con la raccolta manuale selettiva dei frutti maturi, una delle pratiche più importanti svolte in Colombia e che assicura gli elevati standard qualitativi delle loro produzioni.

I partecipanti hanno potuto confrontarsi con i piccoli produttori su tematiche legate alla differente maturazione che caratterizza le diverse varietà botaniche dell’Arabica, al colore ottimale delle drupe da raccogliere, alla gestione della potatura, all’uso dei fertilizzanti e delle buone pratiche per il controllo delle malattie.

Andrej Godina (immagine concessa)

Per la trattazione dei temi legati alle varietà botaniche usate in Colombia è stato importante l’incontro con l’ingegnere Carlos Rodrigo Solarte che ci ha offerto una panoramica sui temi più attuali.

In Colombia sono coltivate numerose varietà botaniche di Arabica, frutto di decenni di selezione agronomica e adattamento alle condizioni pedoclimatiche locali, ma anche delle esigenze legate alla resistenza alla ruggine del caffè e altre malattie fungine.

Tra le varietà storiche, la Typica rappresenta una delle più antiche introdotte nel paese, che si distingue per la sua sensibilità elevata al fungo della ruggine e per la bassa resistenza agli agenti patogeni in generale. Si tratta di una pianta alta, vigorosa ma poco adatta alla coltivazione intensiva, anche per via della sua scarsa produttività e dell’alto fabbisogno di nutrienti.

Un’altra varietà di origine antica è la Bourbon, da cui derivano per mutazione naturale diverse cultivar come il Caturra che è una pianta a portamento basso, quindi più adatta alle piantagioni ad alta densità. Tuttavia, nonostante la sua buona adattabilità, il Caturra è sensibile al fungo della ruggine e alla siccità e ha un fabbisogno nutrizionale relativamente elevato.

Il team Bristot (immagine concessa)

Negli anni è stata ampiamente promossa la coltivazione di varietà più resistenti come per esempio il Castillo, sviluppato dal Cenicafé come risultato dell’incrocio tra Caturra e linee derivate dall’ibrido de Timor. Castillo è stata creata appositamente per resistere alla ruggine del caffè con una buona tolleranza ai nematodi. La sua produttività è alta e il fabbisogno di fertilizzanti, pur non trascurabile, è ben gestibile con pratiche agronomiche moderne. Castillo è una varietà versatile, disponibile in più ecotipi adattati alle diverse aree produttive della Colombia.

La varietà Colombia, rilasciata nel 1985, è anch’essa frutto dell’incrocio tra Caturra e l’ibrido de Timor ed è stata una delle prime risposte strutturate al problema della ruggine, offrendo una buona resistenza alla malattia e una produttività superiore rispetto a Caturra. Tuttavia, è oggi in parte sostituita da Castillo, che ne migliora le caratteristiche agronomiche.

Un’interessante opzione per i produttori orientati alla sostenibilità e alla qualità di tazza è la varietà Tabi, un ibrido sviluppato tra Typica, Bourbon e l’ibrido de Timor. Ha un’eccellente resistenza alla ruggine e un portamento più simile alle varietà tradizionali, con un buon equilibrio tra vigore e adattabilità. Tabi richiede tecniche agronomiche puntuali ma ha dimostrato un buon comportamento in diverse condizioni climatiche e di terroir.

Relativamente più recente è la varietà Cenicafé 1, ottenuta mediante incroci tra linee dell’ibrido de Timor e varietà selezionate per la loro resistenza, è particolarmente indicata per aree altamente colpite dalla ruggine del caffè e offre una produttività alta, con buona adattabilità ambientale. Il fabbisogno di fertilizzanti è contenuto rispetto a varietà tradizionali, il che la rende adatta a contesti di coltivazione sostenibile.

Tra le varietà più ricercate nel circuito dei produttori di Specialty Coffee vi è il Gesha (o Geisha), introdotto in Colombia in tempi recenti. La sua origine genetica è etiope, ed è una pianta che necessita di altitudini elevate, un clima piuttosto freddo, ottime condizioni ambientali e una gestione agronomica molto precisa.

Il produttore di Abyssinia (immagine concessa)

Gesha è estremamente sensibile alle malattie, ha bassa produttività e richiede elevati input agronomici, motivo per cui viene coltivata in quantità limitate, solamente in microlotti. Una varietà emergente e ancora non del tutto stabilizzata geneticamente è il Pink Bourbon, un incrocio naturale tra Red e Yellow Bourbon, identificato inizialmente nella regione di Huila.

È una varietà molto apprezzata per le sue caratteristiche qualitative uniche, ma presenta una variabilità fenotipica significativa. Anche in questo caso, la resistenza alle malattie non è uniforme e il fabbisogno nutrizionale è piuttosto elevato. Un’ultima varietà che merita di essere citata è l’Abyssinia, utilizzata da Nespresso per la capsula N°20.

Le piante di abyssinia (immagine concessa)

Si tratta del risultato di un progetto di ricerca durato oltre vent’anni, finalizzato allo sviluppo di una nuova varietà di Arabica di alta qualità. Dopo diverse sperimentazioni condotte in Colombia, Nicaragua e Indonesia, questa varietà ha trovato il suo terroir ideale nei suoli delle regioni colombiane del Cauca e di Caldas, dove oggi viene coltivata da 59 agricoltori aderenti al programma di sostenibilità Nespresso AAA.

Questo programma garantisce premi legati alla qualità della produzione e al rispetto di criteri ambientali e sociali. Durante il coffee campus nel corso delle visite organizzate dalla Federación Nacional de Cafeteros de Colombia (FNC), abbiamo avuto modo di incontrare uno dei coltivatori che gestisce un ettaro piantato di Abyssinia.

La varietà Abyssinia (immagine concessa)

Fin dal primo impatto, la pianta si distingue per alcune caratteristiche morfologiche tipiche delle varietà Arabica antiche: i rami presentano numerose divisioni secondarie ma una struttura vegetativa compatta, simile a quella delle varietà moderne selezionate per la resistenza, in modo da garantire una maggiore densità di coltivazione. Colpisce in particolare la notevole densità di frutti disposti lungo i rami.

Nel progetto specifico legato alla capsula N°20, Nespresso adotta un modello produttivo in cui il coltivatore mette a disposizione il terreno e la manodopera, mentre la proprietà genetica delle piante rimane dell’azienda.

Durante l’anno sono previste numerose visite tecniche da parte dei rappresentanti di Nespresso, con lo scopo di monitorare lo stato fitosanitario delle piante, stimare la produzione e garantire un controllo accurato sul raccolto. Un aspetto distintivo di questo progetto è l’impegno da parte di Nespresso a riconoscere comunque un compenso economico al coltivatore, anche nel caso in cui eventi climatici estremi compromettano il raccolto.

In assenza di frutti maturi, l’azienda si impegna comunque a coprire i costi di gestione agronomica, offrendo così una forma di garanzia e stabilità economica ai piccoli produttori coinvolti.

Ritornando ai temi del coffee campus un ampio focus è stato dedicato alla fase di “beneficio umido (wet mill)”, in cui si sono analizzati nel dettaglio i processi di spolpaturafermentazione controllatalavaggio e essiccazione. Le discussioni tecniche si sono concentrate sulle variabili che influenzano la fermentazione (tempo, temperatura, tipo di fermentazione aerobica o anaerobica), sulla gestione dell’acqua e sulle tecnologie adottate per ridurre l’impatto ambientale.

Durante il viaggio formativo un’attenzione particolare è stata dedicata alle nuove tecniche di fermentazione del caffè per la produzione di microlotti Specialty. Una tappa significativa è stata la visita alla finca Patio Bonito, situata nel municipio di Caldono, dove abbiamo incontrato la nuova generazione della famiglia.

La piantagione, estesa su 11 ettari, è gestita da tutta la famiglia ed è nota per la coltivazione di una vasta gamma di varietà di caffè tra cui Castillo, Colombia, Bourbon Rosado, Gesha, Bourbon Aji, Bourbon Sidra, SL28, Wush Wush, Typica e Laurina. La nuova generazione della famiglia, dopo aver completato gli studi in ingegneria chimica, ha deciso di applicare le sue conoscenze scientifiche alla coltivazione del caffè, contribuendo a migliorare i processi di fermentazione e post-raccolta.

Andrej Godina al lavoro (immagine concessa)

Le diverse tecniche di fermentazione utilizzate per ottenere profili di tazza distintivi prevedono l’uso di “mosti” fermentati, preparati con lieviti selezionati, alcuni dei quali sono utilizzati nella produzione della birra, che vengono aggiunti durante la fermentazione del caffè.

Questo approccio consente di modulare le caratteristiche sensoriali del caffè, esaltando specifiche note aromatiche, creando dei veri e propri profili definiti replicabili di anno in anno.

Un’altra tecnica innovativa adottata è lo shock termico: i chicchi vengono sottoposti a un trattamento con acqua calda, che aumenta la porosità dei chicchi stessi, influenzando positivamente le reazioni chimiche e contribuendo a sviluppare profili sensoriali più complessi.

Queste pratiche, frutto di anni di sperimentazioni e migliaia di test, dimostrano l’impegno di una nuova generazione di agricoltori nel perseguire l’eccellenza nella produzione di caffè Specialty.

Il caffè in Colombia (immagine concessa)

La seconda parte del campus si è svolta nei centri di raccolta e nei dry mill, dove i partecipanti hanno potuto seguire nel dettaglio l’intero flusso operativo della lavorazione post-processo: dalla rimozione del pergamino alla selezione dei difetti, effettuata sia meccanicamente con le tavole densimetriche a vibrazione che manualmente, fino al confezionamento finale destinato all’esportazione.

Uno degli aspetti più rilevanti è stata l’osservazione dei sistemi di selezione ottica automatizzata dei chicchi, una tecnologia ormai diffusa nei paesi di produzione più avanzati. Questi impianti permettono, chicco per chicco, di eseguire una “fotografia” completa a 360 gradi e di applicare criteri di selezione estremamente precisi, basati su colore, forma e dimensione.

Grazie a questa tecnologia, è possibile ottenere lotti anche di grande volume completamente esenti da difetti visivi, con un livello di standardizzazione e coerenza qualitativa che sarebbe impossibile da garantire con la sola selezione manuale. Queste attività hanno permesso una visione completa della logistica di esportazione e dei criteri di valutazione per la formazione dei lotti commerciali e Specialty, confrontando le pratiche locali con gli standard internazionali.

Le numerose sessioni di cupping professionale condotte in laboratorio, durante le quali i partecipanti hanno valutato decine di campioni provenienti da differenti microregioni del Cauca che, grazie alla sua diversità geografica e climatica, permette di offrire numerosi profili differenti di flavore.  Regione Centrale (Popayán Plateau), comprende 11 comuni con circa 43.000 famiglie di coltivatori.

Situata a un’altitudine media di 1.700 metri, questa area è caratterizzata da suoli vulcanici e coltivazioni sia al sole che in semi-ombra, in tazza offre un aroma pronunciato, acidità media, corpo medio e note di caramello e fiori. Regione Settentrionale, include 8 comuni abitati da comunità afro-discendenti, Nasas e Mestizos. Le condizioni climatiche variano tra temperature fredde e venti caldi provenienti dalla valle del fiume Cauca, che offre un aroma intenso e dolce, acidità media, corpo medio e un gusto equilibrato e dolce. Regione Meridionale (Macizo Colombiano), comprende 12 comuni e coinvolge circa 22.000 famiglie contadine e indigene Yanaconas.

Il caffè qui prodotto si distingue per un aroma dolce e pronunciato, alta acidità, corpo medio e note di cioccolato, frutta e agrumi. Regione Orientale (Tierradentro), situata nella catena montuosa centrale, questa regione è abitata da 8.500 famiglie contadine. I suoli vulcanici e le condizioni ambientali uniche conferiscono al caffè un aroma pronunciato, dolcezza, alta acidità, corpo medio e note agrumate.

Perché il caffè colombiano è poco presente nelle miscele italiane?

Al termine di questo viaggio in Colombia sorge spontanea una domanda che riguarda il mercato italiano: come mai il caffè colombiano non è così ampiamente utilizzato dai torrefattori italiani, nonostante sia stabilmente il terzo paese produttore mondiale di caffè? La risposta non è semplice e va cercata in una serie di fattori storici, agronomici e di condizioni di mercato.

In passato, le varietà botaniche coltivate in Colombia erano esclusivamente Arabica tradizionali, spesso caratterizzate da un profilo sensoriale molto acido e fruttato – qualità più apprezzate nei mercati del nord Europa o negli Stati Uniti per la preparazione del filtro, meno in Italia e nei paesi dell’espresso dove si privilegiano caffè dolci e con bassa acidità. Oggi, però, il panorama colombiano è profondamente cambiato.

Grazie all’introduzione di varietà ibride più resistenti, come quelle incrociate con l’Ibrido de Timor, è oggi possibile trovare caffè con profili aromatici completamente diversi: più dolci, con acidità molto bassa e aromi che rientrano nella categoria “bakery” (biscotto, caramello, pane appena sfornato, cioccolato, semi a guscio tostati). In alcune zone del Cauca infatti si producono caffè che risultano sorprendentemente coerenti con il flavore italiano e adatti alle miscele per espresso.

Un altro aspetto rilevante è il prezzo, la combinazione della raccolta manuale selettiva, lavorazioni controllate e un sistema di supporto al produttore unico al mondo (garantito dalla Federación Nacional de Cafeteros – FNC), ha sempre mantenuto alto il differenziale del caffè colombiano rispetto ad altre origini. Va però riconosciuto che questo costo riflette una costanza qualitativa elevata, oltre a un impatto sociale importante considerando che la FNC acquista l’intero raccolto dei produttori ad un prezzo sostenibile, garantendo redditività e stabilità in aree rurali fragili. Infine, va considerato il metodo di lavorazione lavato con fermentazione in acqua, che esalta le note pulite e floreali/agrumate, più adatte a metodi filtro che all’espresso.

Tuttavia, con una tostatura separata e un profilo di curva dedicato, anche questi caffè possono dare risultati eccellenti in miscela, soprattutto se si punta a valorizzare la dolcezza e gli aromi di bakery.

L’invito, quindi, che rivolgo ai torrefattori italiani è quello di riscoprire l’origine Colombia con occhi nuovi concentrando l’attenzione su regioni come il Cauca e lotti di produzione con profili di flavore adatti all’espresso italiano.

Questo viaggio non è stato solo un’opportunità per apprendere e scambiare buone pratiche tra professionisti, ma un format replicabile di coffee campus che può essere personalizzato e proposto a qualsiasi torrefazione italiana interessata a coinvolgere il proprio team, la forza vendita o i clienti top in un’esperienza unica a diretto contatto con l’origine”.

                                                                                                              Andrej Godina