Ilenia Ruggeri, direttore generale di San Pellegrino (immagine concessa)
MILANO – Ilenia Ruggeri, comasca, classe 1971, è stata nominata direttore generale di Sanpellegrino, azienda di riferimento nel settore delle acque minerali e delle bibite non alcoliche. La manager, con una ventennale esperienza all’interno del Gruppo, e una profonda conoscenza del settore beverage, applicherà le proprie competenze per far crescere l’azienda in Italia.
Ruggeri è entrata nel Gruppo Nestlé nel 2002 e ha lavorato 15 anni in Nestlé Purina, ricoprendo posizioni di crescente responsabilità nell’area Generating Demand per poi passare nel 2016 in Sanpellegrino con il ruolo di international marketing director.
Successivamente, nel 2020, è stata nominata head of marketing e innovation, posizione nella quale ha dato un contributo determinante allo sviluppo dei marchi e alla strategia di canale in un periodo molto complesso per l’Italia, come quello della pandemia. Prima di entrare in Purina ha lavorato 4 anni in Avon Cosmetics.
In qualità di direttore generale, Ilenia Ruggeri avrà il compito di definire strategie innovative, accelerare le performance dei brand internazionali S.Pellegrino, Acqua Panna e bibite Sanpellegrino e sostenere lo sviluppo del marchio locale Levissima e degli aperitivi analcolici.
Contribuirà, inoltre, a sviluppare progetti capaci di amplificare l’impatto positivo e ridurre l’impronta ecologica dell’azienda, in linea con il modello di business di Sanpellegrino che mette il valore condiviso al centro delle proprie attività.
Fortemente convinta che sia fondamentale lavorare in un ambiente positivo, inclusivo e stimolante, Ilenia Ruggeri ha sempre messo l’attenzione alle persone e la valorizzazione dei talenti al centro della sua visione aziendale.
Nella nuova posizione, Ilenia Ruggeri lavorerà al fianco dell’Amministratore Delegato Michel Beneventi che ha assunto anche il ruolo di Global Head of International Premium Business della business unit globale Nestlé Waters & Premium Beverage, e di Stefano Marini, che ha assunto la posizione di Head of Southern Europe & AOA.
Ilenia Ruggeri è laureata in economia aziendale presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano; ha una figlia.
La scheda sintetica di Sanpellegrino
Sanpellegrino è l’azienda di riferimento nel campo del beverage in Italia, con acque minerali, aperitivi analcolici e bibite. I suoi prodotti, sintesi di benessere, salute ed equilibrio, sono presenti in oltre 150 Paesi attraverso filiali e distributori sparsi nei cinque continenti.
Sanpellegrino, come produttore di acqua minerale, è da sempre impegnata per la valorizzazione di questo bene primario per il Pianeta e lavora con responsabilità e passione per garantire a questa risorsa un futuro di qualità. Un impegno che passa anche attraverso la promozione dell’importanza di una corretta idratazione: Sanpellegrino, infatti, sostiene e diffonde i principi di benessere psico-fisico legati al corretto consumo di acqua, facendosi portavoce dell’“educazione all’idratazione” attraverso un programma che promuove il consumo quotidiano della corretta quantità di acqua, a seconda delle diverse esigenze e stili di vita.
Sanpellegrino vuole, inoltre, contribuire con azioni concrete a contrastare il riscaldamento globale intervenendo su quattro aree chiave del proprio business: la produzione, il packaging, la logistica e il capitale naturale.
*Molti usano Acqua Levissima o Acqua Panna per preparare il caffè in casa.
Stelvio Endurance Espresso è la miscela prodotta dalla più piccola torrefazione dell’Alto Adige: la Kuntrawant, guidata dall’ex ciclista Josef Gander. La miscela è composta da 48% di varietà Robusta e 52% di Arabica, note di cioccolato fondente, legno di cedro e spezie. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo di Jeanne Perego per il quotidiano La Repubblica.
Lo Stelvio Endurance Espresso
MILANO – Una nuova miscela di caffè ora rende omaggio a quella che il programma televisivo Top Gear ha definito senza esitazioni “la strada più bella del mondo”. La strada è quella che porta al Passo dello Stelvio e che quest’anno festeggia il bicentenario visto che fu inaugurata il 6 luglio 1825 da Klemens von Metternich, cancelliere di Stato dell’Impero austriaco, per unire il Tirolo e la Lombardia.
Il caffè è lo Stelvio Endurance Espresso prodotto dalla più piccola torrefazione dell’Alto Adige: la Kuntrawant di Lana, pittoresca località dal clima mediterraneo a pochi chilometri da Merano.
Kuntrawant – il nome è una storia nella storia – nel dialetto della Val Venosta significa “contrabbando”, e ricorda il tempo in cui il caffè veniva contrabbandato tra la Svizzera e l’Italia attraverso rotte montane segrete e pericolose, permettendo ai contrabbandieri che trasportavano il prezioso carico sulle spalle nelle cosiddette “bricolle” di poter sopravvivere dignitosamente nelle valli più remote, pur dovendo sfidare i doganieri in ogni tragitto, in un continuo gioco al gatto e il topo.
Per leggere la notizia completa basta cliccare qui.
ROMA – A fronte del dilagarsi del dumping contrattuale, fenomeno che minaccia fortemente la qualità del lavoro e delle imprese, Fipe – Confcommercio denuncia con fermezza l’uso di contratti collettivi non rappresentativi che abbassano il costo del lavoro a scapito delle tutele dei lavoratori.
La richiesta di Fipe
La preoccupante crescita del fenomeno, sostiene la Federazione, rischia di trasformarsi in una vera piaga per il settore, che non penalizza solo i dipendenti ma creano anche una concorrenza distorta tra le imprese.
È fondamentale ricordare che tali contratti sono considerati irregolari dalle disposizioni di legge e dalle normative stabilite dall’Ispettorato del Lavoro.
Alla luce di questa situazione, Fipe invita le autorità ad intensificare la vigilanza su questo fenomeno, che rischia di compromettere la tenuta sociale del comparto e di indebolire il sistema di rappresentanza del lavoro.
La Federazione continuerà a lavorare per garantire condizioni eque di concorrenza tra le imprese del settore e per la tutela dei lavoratori, come testimoniato dalla recente firma del Contratto Collettivo Nazionale del Lavoro, presidio di legalità e di diritti per la persona.
Mattia Intorre, tostatore professionista, qualificato Q Grader, presenta il nuovo progetto Ruvido: una tavoletta di cioccolato volutamente imperfetta, mai completamente liscia, leggermente porosa al tatto e granulosa al morso realizzata solo con cacao e zucchero di canna grezzo. Leggiamo di seguito un estratto dell’articolo di Chiara Buzzi per il portale d’informazione Linkiesta.
La tavoletta di cioccolato Ruvido
MILANO – Capita di frequente di abbinare un caffè di fine pasto alla cremosità di un cioccolatino fondente. Un binomio ripetuto in pasticceria e a tavola ma che anche dal punto di vista di produzione, filiera e mercato vede molte affinità.
La storia di questo giovane e nuovissimo brand nasce grazie a Mattia Intorre, tostatore professionista, qualificato Q Grader, esperto di fermentazioni e processi aromatici legati alle piantagioni di caffè. Un percorso che nel tempo lo ha visto naturalmente avvicinarsi al cioccolato, diventando assaggiatore professionista e, da poche settimane, founder di Ruvido. Un progetto che non può essere definito estremo ma sicuramente radicale in tutti i suoi aspetti, a partire dal dna.
La scelta, infatti, di lavorare esclusivamente due ingredienti (cacao e zucchero di canna grezzo) realizzando solo cioccolato dal 75 per cento di massa di cacao, con tostature leggere e varietà monorigini, è già di per sé stesso un manifesto. Una visione che parte dalla cura e dal rispetto dell’ingrediente di produzione – la fava di cacao – al fine di una lavorazione che punta a fare dell’aromaticità e del gusto un tratto somatico.
Per leggere la notizia completa basta cliccare qui.
Il cioccolato rosa Ruby è stato creato dopo anni di ricerca e sviluppo da una delle più grandi aziende cioccolatiere nel mondo, Barry Callebaut, e nel tempo si è insediato sul mercato. Ecco di cosa sa e come si lavora il cioccolato più trendy di sempre. Leggiamo di seguito un estratto dell’articolo di Lavinia Martini per il portale d’informazione Cibo Today.
Il cioccolato Ruby di Barry Callebaut
MILANO – Ben lontana dal nuovo hype del fenomeno Barbie, grazie al film uscito nel 2023, l’azienda con sede in Svizzera Barry Callebaut (figlia della fusione di una compagnia francese, Cacao Barry, e di una belga, Callebaut), ha lanciato sul mercato qualche anno fa un cioccolato rosa.
E lo ha ribattezzato Ruby, in italiano “rubino”, come però nessuno l’ha mai chiamato. Era il 5 settembre del 2017, e le prime tavolette furono rivelate senza particolari dettagli in un evento a Shanghai. Già il setting di lancio del prodotto avrebbe raccontato l’immediato futuro, ovvero l’intenzione di far arrivare questo nuovo cioccolato sul mercato asiatico. L’allora ceo dell’azienda Peter Boone disse che il Ruby soddisfaceva le aspettative dei consumatori di una specifica fascia, i millenials, attraverso una certa “indulgenza edonistica”.
Di lì a pochi mesi, giacché Barry-Callebaut non vende direttamente ai consumatori ma ai professionisti e alle aziende dolciarie, il prodotto sarebbe arrivato sul mercato grazie a un’importante partnership.
Di fatto a gennaio del 2018 cominciò una campagna di vendita in esclusiva per sei mesi del Kit Kat rosa realizzato con cioccolato Ruby in Giappone e Sud Corea, dove riscosse un discreto successo e si fece conoscere da un ampio pubblico. A portarlo sul mercato fu Nestlè, altra famosa azienda dolciaria con sede in Svizzera. Tutti cominciarono a chiamarlo “cioccolato rosa” sebbene nelle prime note diffuse dall’azienda non ci fosse mai un riferimento diretto a questo colore.
Per leggere la notizia completa basta cliccare qui.
Il distillato Legre è stato creato grazie al rinomato caffè Panama Geisha situato sulla Misty Mountain a 1800 metri di altitudine. La prima edizione è limitata a 700 bottiglie al prezzo di 1500 euro ciascuna. Leggiamo di seguito un estratto dell’articolo di Fabrizio Rinversi per il quotidiano Il Giornale.
Il distillato Legre
MILANO – Avete presente il Caffè Borghetti allo stadio? Ecco, dimenticatelo. Pensate invece all’idea platonica del caffè, a una sintesi sensoriale di chicchi, frutti, fiori e delle foreste in cui cresce. Difficile, vero? Perché un prodotto così non esisteva. Finora.
Legre è esattamente questo, il distillato che coglie l’anima del caffè. Anzi, di una delle sue varietà più pregiate: il caffè Geisha che cresce in condizioni semi-selvatiche a Panama sulla nebbiosa Misty Mountain, a 1800 metri di altitudine.
Lo coltiva Justin Boudeman, fondatore di Longboard Specialty Coffee, ed è a lui che si deve l’idea di partire da questo caffè rarissimo e prezioso (10mila dollari al chilo, 70 a espresso) per creare un distillato. Per maggiori informazioni basta cliccare qui.
Per leggere la notizia completa basta cliccare qui.
Il nuovo capitolo delle spese aziendali tra innovazione tecnologica e regolamentazione (immagine concessa)
MILANO – Martedì 18 marzo dalle 15.00 alle 17.00 dagli studi di Radio 24 si terrà il digital roundtable, “Il nuovo capitolo delle spese aziendali tra innovazione tecnologica e regolamentazione“, che sarà condotta da Enrico Pagliarini e Mauro Meazza, giornalisti e conduttori di Radio 24, per delineare tutte le novità normative sulla gestione delle spese aziendali e le strategie per affrontarle.
La Legge di Bilancio 2025 introduce cambiamenti significativi sulla gestione delle spese aziendali di trasferta e di rappresentanza, imponendo l’uso di strumenti tracciabili come carte aziendali, bonifici e app di pagamento per garantire la deducibilità fiscale e per contrastare l’evasione.
L’impiego di software avanzati e piattaforme integrate garantisce la conformità agli obblighi di rendicontazione, contabilizzazione e certificazione delle spese. Le nuove tecnologie permettono di pianificare le trasferte, automatizzare i rimborsi e digitalizzare ricevute tramite app, migliorando efficienza e trasparenza.
La Digital Round Table di Radio 24 è anche l’occasione per descrivere un nuovo approccio definito finanza progressiva che consente una gestione finanziaria maggiormente autonoma, decentralizzata e basata sulla fiducia nelle persone.
Durante l’evento, professionisti ed esperti del settore si confrontano sulle soluzioni più efficaci per far fronte alle nuove direttive. L’adozione di strumenti digitali diventa cruciale per rispettare le normative, migliorare il controllo finanziario e ottimizzare i processi aziendali.
Con i moderatori, Enrico Pagliarini e Mauro Meazza ne discutono con: Carlo Gualandri – ceo di Soldo; Elena Panzera – Senior HR Vice President Sas, Presidente AIDP Lombardia; Alessandro Galbarini, Group CFO di Brugola OEB Industriale SpA; Daniele Palombi, CFO Gruppo Sideralba; Claudio Rorato – Esperto di Digital Transformation, Direttore Scientifico dell’Osservatorio Professionisti e dell’Osservatorio PMI del Politecnico di Milano; Stefano Sirocchi – Partner Sirocchi SpA ed esperto Il Sole 24 Ore.
La partecipazione alla DRT è libera previa registrazione online al sito di Radio 24 nella pagina iniziative speciali.
Luca Ramoni in prima fila con i corsisti Aicaf (foto concessa)
MILANO – Siamo negli anni ’90, Luca Ramoni arriva dal settore alberghiero e si occupa di formazione, per i barman, per la Regione Lombardia. Ancora non è il Luca Ramoni che tutti conoscono oggi nel settore caffè, fondatore di Aicaf (Accademia italiana maestri caffè), che tra un anno ne compie 20.
Il cambio di passo vero e proprio avviene negli anni 2000, quando entra nelle caffetterie con dei corsi sporadici: “Nulla di approfondito, niente a che vedere con l’offerta che proponiamo oggi. Qualche torrefazione a Brescia già si interessava di erogare lezioni ai clienti.
Nel 2005, percepisco nuove esigenze arrivare dal mondo caffè: c’era bisogno di un ente diverso, dedicato proprio alla caffetteria, che era stata affrontata storicamente dalle associazioni di categoria con dei moduli di poche ore che fornivano nozioni di base senza particolare approfondimento. Era un tema vissuto come marginale – come lo è ancora per certi versi ancora oggi in alcuni ambiti -.
Ramoni: “Dal 2005 decido di sviluppare dei programmi staccati dal mondo della miscelazione”
“La caffetteria aveva bisogno di trovare una sua nuova connotazione. Sull’avvento dei primi rapporti con Altoga, ancor prima che si iniziasse della vera e propria collaborazione, ho fondato l’Accademia italiana maestri caffè (Aicaf), nel 2 giugno 2006. L’anno prossimo festeggeremo 20 anni di attività.
Una divisione della mia azienda Cefos (centro della formazione per l’ospitalità) che organizza corsi per baristi, sommelier, cuochi etc.”
“Siamo un’azienda, non un’associazione”
Specifica Ramoni: “Molti confondono le due cose, perché la struttura di Aicaf è similare a quella associativa, pur non essendo un ente senza scopo di lucro. Trasparenza, condivisione, correttezza: questi sono i nostri pilastri e su questi siamo partiti con lo scopo ben chiaro di migliorare la mano del barista, la famosa M delle 5 dietro una tazzina.
Lavorando sul professionista: originariamente non ci concentriamo solo sul prodotto, ma sull’operatore che si occupa della sua estrazione.
Il mondo della formazione Aicaf (foto concessa)
Noi vogliamo invece elevare innanzitutto la figura del barista. Nei primi tempi i programmi erano brevi (due-tre giorni di full immersion per ottenere la qualifica), poi negli anni ci siamo accorti che il titolo di Maestro necessitava di un maggior lavoro. Volevamo porci allo stesso livello di altri enti (Maestri Gelatieri, Maestri Pasticceri), e per fare ciò, abbiamo costruito un percorso nell’arco di 20 anni, che oggi richiede, per essere Maestri e Sommelier, 13 giorni di frequenza a tempo pieno con gli esami finali.
Proponiamo il corso per diventare barista Aicaf, Sommelier del caffè espresso (di 4 giorni, con lezioni specifiche su questo tipo di estrazione e non altre, un programma dedicato ai metodi alternativi e un programma sul caffè crudo e sulla torrefazione.
Tuttavia già il nostro nome, suggerisce il forte legame con lo stile italiano del caffè, dalle divise alle tazzine.”
Ramoni, cosa è cambiato in 20 anni?
“All’inizio eravamo in 4 a fare i corsi in Italia, ora siamo molti di più: i torrefattori stessi hanno iniziato a occuparsi di fare formazione. Per il resto non è cambiato molto: il target di Aicaf resta sempre il barista.
Forse c’è una maggiore consapevolezza da parte del settore rispetto alla necessità di sviluppare le proprie competenze. C’è dall’altra una forte difficoltà nel reperire nuove leve, soprattutto dopo il passaggio del Covid. Anche il consumatore forse ha una maggiore attenzione verso il bar.
Tendenzialmente arrivano da noi i giovani sino ai 30 anni e oltre, che puntano a svolgere dei corsi più evoluti: questo perché il mestiere del barista col tempo ti satura e quindi i baristi cercano nuovi stimoli, alcuni vogliono diventare trainer o tentano di aprire una propria attività, cosa che non è affatto semplice.
Il corsista di 20 anni fa però è lo stesso di oggi, con degli strumenti in più per aggiornarsi meglio anche con l’ausilio del web. C’è una maggiore connessione. Altro punto: la latte art prima si vedeva nelle fiere e ora è dappertutto.
Cambiata sicuramente è la qualità del prodotto, nella montatura del latte, senza bolle grosse e bollente. Il mercato stesso ha subito delle modifiche e anche per noi si sono aperte collaborazioni importanti con aziende come la Centrale di Brescia – con cui abbiamo sviluppato il Re Cappuccio per esempio – e diverse torrefazioni per la creazione di miscele.
Per quanto riguarda il caffè, abbiamo messo in funzione un panel di assaggiatori che arrivano dai nostri corsi di Sommelier del caffè Aicaf e si occupano di profilazione.”
Nei corsi baristi qual è il punto ancora dolente da far comprendere?
“Tutto più o meno si trova sullo stesso piano. Forse, durante i corsi, l’allievo fa fatica a comprendere la regolazione delle macine e l’uso dei macinacaffè on demand. Ma se il docente è capace, lo studente impara. Se non si viene compresi, il difetto è del formatore. La latte art lo stesso pone delle sfide di tipo tecnico, manuale, tuttavia sempre superabili.
Siamo un po’ una scuola guida: insegniamo a mettere le mani correttamente sul volante, poi fuori da Aicaf ci piace pensare che i nostri studenti lavorino con la stessa cura che abbiamo trasmesso. Abbiamo costruito uno spazio in cui gli allievi non ci dicono addio una volta concluso il percorso, ma restano legati a noi attraverso programmi per farli crescere ulteriormente, con assistenza e gare. Per esempio siamo alla nona edizione del Gran premio della caffetteria italiana.”
Ramoni: “Si è vista da questo punto una grande evoluzione del barista”
“Dalla prima edizione ad Host insieme ad Altoga– allestite tre sezioni su 900 metri quadri – si è vista una crescita importante. In vent’anni scriviamo sempre dei record – pensiamo al Guinness del cappuccino più grande del mondo -.
La sfida del Gran Premio della caffetteria inizialmente era composta dalla preparazione di due caffè, due cappuccini, due drink al caffè con un ingrediente gastronomico italiano (rigorosamente): ci sembrava però troppo poco, e così abbiamo inserito la parte discorsiva, una maggiore cura nella ricerca sulla materia prima, la latte art, i cocktail che ora vedono l’applicazione di metodi alternativi come V60 o AeroPress per ricette adatte a tutti i momenti della giornata.
Ora si è arrivati al caffè da inserire nel momento dell’aperitivo e le nostre gare ne sono un riflesso. C’è grande studio dietro da parte degli sfidanti e questo per noi è stata una conferma del nostro lavoro.
La gara di Aicaf però non è mai stata un traino per raccogliere nuovi corsisti, ma piuttosto avviene il contrario: ai nostri baristi, sommelier e Maestri chiediamo di mettersi in gioco per testare le proprie competenze in pedana. Molti sono riconosciuti sul mercato.
Lavoriamo sui baristi primitivi, poi le strade possono dividersi. Ma noi operiamo al fronte. Nel tempo i numeri non sono cambiati molto, ci siamo mantenuti costanti negli anni.
L’altra divisione che è nata 10 anni fa, è quella più legata alle competizioni, il Latte Art Grading System, partita da Cefos: parliamo di un sistema di certificazione che coinvolge oltre 40 Paesi nel mondo, strettamente legato alle competizioni. L’intuizione nasce nel 2014-2015, ispirati dalla certificazione dei baristi sulla routine dello show flair all’estero, che avveniva su più livelli e con trofei di diversi colori.
Su questa impronta ho strutturato la nostra competizione con le lattiere colorate per più livelli. Un po’ come le arti marziali, di cui sono molto appassionato.
Abbiamo creato un disciplinare e così è partito il sistema e la gara.”
Perché scegliere AICAF?
Abbiamo costruito nel tempo una comunità solida, dedicata alla crescita e alla formazione continua dei nostri allievi. Chi segue i corsi AICAF non smette mai di essere supportato: il nostro rapporto prosegue anche dopo la conclusione del corso, accompagnando gli studenti nel loro percorso professionale, dal barista al formatore.
Ci distinguiamo per un approccio strutturato e chiaro, con livelli di standardizzazione elevati. I nostri corsi sono organizzati in modo dettagliato, con modalità e tempistiche precise, e garantiscono un’esperienza formativa omogenea in ogni sede. Inoltre, i nostri formatori seguono linee guida coerenti, assicurando uniformità nella qualità dell’insegnamento su tutto il territorio.
Scegliere AICAF significa entrare a far parte di un network che valorizza il talento e supporta la crescita professionale a 360 gradi.
Quanti sono i formatori Aicaf?
“La nostra politica è sempre stata: pochi ma buoni. Fino a sei anni fa, l’ammissione era dettata da una nostra rigida selezione: se ci si dimostrava all’altezza, si otteneva la certificazione, altrimenti potevamo decidere di bocciare senza dare la possibilità di entrare successivamente.
Poi abbiamo ammorbidito questa politica, lasciando aperte le porte: si viene promossi e poi sarà il mercato stesso a trovare il suo equilibrio e a decretare se il professionista è valido o meno. A registro ora, sono circa un centinaio Maestri in tutta Italia. Ogni anno, al meeting di dicembre, confermiamo la nostra intenzione di non creare una massa caotica di Maestri e questo perché vogliamo sapere tutto, avere un rapporto quasi famigliare con chi frequenta Aicaf. Essere Maestri è un termine che deve conservare il suo valore.
Negli anni il barista si è evoluto in formatore, perché si guadagna meglio. Le torrefazioni non facevano corsi vent’anni fa, ora molte di esse contano su trainer interni o si appoggiano a noi che fornendo Formatori specializzati: c’è il bisogno di queste figure, come quelle degli ambassador e dei consulenti. Spesso Aicaf forma i torrefattori, sostenendoli nell’avvio delle loro stesse Accademie aziendali.
Questo però crea un effetto collaterale disastroso: chi è barista professionista, diventa formatore e quindi chi rimane a fare i cappuccini buoni dietro al bancone? Ormai restano soltanto gli stranieri: nella nostra divisione di barman, metà arrivano da fuori (Albania, India, Pakistan, Romania, Cina).
Il corso Maestro, è frequentato prevalentemente da italiani. È un dato di fatto. Parliamo di due mondi ormai sempre più distanti tra di loro.
Il bar italiano è questo: basta uscire di casa per entrare nelle caffetterie, un terzo gestite dagli stranieri. I giovani ora vogliono essere esperti dopo poco tempo, senza fare troppa gavetta. In sala corsi si notano delle mancanze che vanno poi colmate con l’insegnamento.”
Qual è il futuro dell’Aicaf nei prossimi vent’anni?
Luca Ramoni continua la sua attività formativa con Aicaf (foto concessa)
“Abbiamo dei progetti, anche a breve termine: quest’anno abbiamo messo in cantiere il nuovo concorso “il miglior sommelier d’Italia del caffè”, proprio perché volevamo far sviluppare la capacità d’assaggio del barista e del racconto della bevanda. Sempre di più l’analisi sensoriale troverà spazio in Aicaf.
Vogliamo muoverci anche su due grandi estremi della filiera, coinvolgendo il consumatore, spesso trascurato. La logica è quella formativa, con un taglio più mirato al cliente finale, con input che aprano gli occhi sulla filiera dietro un prodotto che consumano ogni giorno. È un target per certi versi incontaminato, che ha molta volta di recepire: bisogna trovare il modo di servirglielo correttamente sul piatto. Ci vorranno ancora dieci anni per vedere dei cambiamenti sostanziali.
Ma con Aicaf, ci saremo ancora nei prossimi dieci anni in prima linea.”
L'articolo apparso sul quotidiano Il Secolo XIX a proposito dell'iniziativa dei torrefattori del savonese
Vi parliamo qui di un’iniziativa rara: Giovannacci, La Genovese, Minuto e Pasqualini, quattro torrefazioni storicamente concorrenti della Liguria, hanno deciso di fare fronte comune e collaborare per sensibilizzare i consumatori sul prezzo del caffè. Dando un senso poco conosciuto ad una parola, concorrente, che significa “correre insieme”.
I baristi sono sempre più in difficoltà tra la pressioni degli aumenti del costo della materia prima e le lamentele dei clienti: da qui nasce la collaborazione. Riportiamo di seguito la riflessione di Borea.
Giovannacci, La Genovese, Minuto e Pasqualini: quattro torrefazioni concorrenti insieme per la prima volta
MILANO – “Il Secolo XIX parla di costi fuori controllo e della tazzina più cara, ma c’è spazio per evolvere e dare nuovo valore al caffè. Per la prima volta, quattro nomi storicamente concorrenti – Giovannacci, La Genovese, Minuto e Pasqualini – si trovano insieme, nero su bianco, sulle pagine de Il Secolo XIX. L’articolo, uscito il 14 marzo 2025 con il titolo “Caffè, costi fuori controllo: la tazzina ora sarà più cara”, mette in luce un fenomeno che sta stravolgendo il settore: l’impennata dei costi delle materie prime.
“Stiamo vivendo uno dei momenti più difficili della nostra storia, la materia prima è aumentata del 90% in un anno” – si legge tra le dichiarazioni riportate nell’articolo, firmata da Alessandro Borea di La Genovese. Un grido d’allarme condiviso anche da Giovannacci, Minuto e Torrefazione Fratelli Pasqualini, decise a fare fronte comune in un settore che raramente vede competitor così uniti.
La crisi è reale, ma potrebbe trasformarsi in un’opportunità. Nell’articolo, le quattro torrefazioni sottolineano che il caffè è molto più di una bevanda “low-cost”: dietro ogni tazzina c’è una filiera complessa, dal lavoro dei coltivatori a quello di chi trasforma i chicchi fino alla tazzina del bar. Ora più che mai, serve comunicare il reale valore di ogni passaggio.
Per la prima volta, quindi, la competizione lascia il posto alla collaborazione. Ed è questo, forse, il messaggio più importante: proteggere il caffè e sensibilizzare i consumatori sul suo prezzo non significa solo aumentare qualche centesimo la tazzina, ma riconoscere il lavoro, la qualità e la passione che tengono in vita un settore strategico del made in Italy.
Chicchi di caffè tostato (credits: Alexa from Pixabay)
MILANO – I prezzi attuali del caffè sono ai massimi nominali degli ultimi cinquant’anni. Ma se consideriamo i valori reali, corretti per inflazione, il quadro che otteniamo è piuttosto diverso. Da un recente report Fao intitolato Global coffee market and recent price developments (autori: El Mamoun Amrouk, Fabio Palmeri ed Emiliano Magrini) abbiamo ripreso il grafico che riproduciamo qui sotto, che riporta l’andamento dell’indicatore composto Ico, espresso a valori costanti del 2010 (in dollari per chilogrammo), sino a dicembre 2024.
Manca dunque l’ulteriore rivalutazione dell’indicatore di oltre il 22% avvenuta da inizio gennaio a metà febbraio, che non modifica comunque il ragionamento di fondo.
Dal grafico possiamo infatti osservare che il massimo picco degli ultimi 35 anni nei valori dell’indicatore è stato, di gran lunga, quello che si è verificato nella seconda metà del 1994: oltre trent’anni fa.
fonte: Fao
Esso è stato seguito da un ulteriore picco – su valori, però nettamente inferiori, all’iniziodel 1997.
Il forte incremento della produzione mondiale, indotto dall’impennata dei prezzi ha portato, a cavallo del millennio, a un crisi da sovrapproduzione, che ha fatto crollare l’indicatore ai minimi storici nei primi anni duemila.
Il trend si è fatto in seguito prevalentemente rialzista, intensificandosi a fine anni duemila. E portando a un nuovo picco a metà 2011.
Contenuto riservato agli abbonati.
Gentile utente, il contenuto completo di questo articolo è riservato ai nostri abbonati.
Per le modalità di sottoscrizione e i vantaggi riservati agli abbonati consulta la pagina abbonamenti.
Utilizziamo i cookie per essere sicuri che tu possa avere la migliore esperienza sul nostro sito. Se continui ad utilizzare questo sito noi assumiamo che tu ne sia felice.