lunedì 25 Agosto 2025
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Yong Jeon racconta la sua “Italian Espresso Bar 100 Challenge su Youtube: “Omaggio da un coreano che ama profondamente l’Italia”

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Yong Jeon assapora prima con il naso l'aroma del caffè (foto concessa)
Yong Jeon assapora prima con il naso l'aroma del caffè (foto concessa)

MILANO – Yong Jeon, che tutti hanno visto lavorare nei panni del Coffee Pro Dalla Corte, ora torna su queste pagine con il suo programma portato avanti su YouTube: il nome già promette bene, “Italian Espresso Bar 100 Challenge”, con la missione appunto di visitare 100 bar-caffetterie e realizzare un video finale che li potesse racchiudere tutti.

Come spiega lui stesso: “Questa è un’iniziativa che non si rivolge soltanto agli spettatori coreani appassionati di caffè, che rappresentano Il 79% degli spettatori del mio canale, ma anche ai molti che ci seguono da diversi Paesi, tra cui anche Italia e Stati Uniti.

Jeon racconta: “E’ un po’ complesso persino per me ormai contare quante caffetterie precisamente ho visitato negli ultimi 11 anni della mia vita in Italia. Ma di certo posso chiedermi se ci sia qualcuno che ne abbia visitate più di me.”

Jeon, con quali obiettivi e come ha selezionato sin qui e in base a quali criteri queste 100 attività in Italia?

Jeon in una delle sue spedizioni (foto concessa)

“Innanzitutto volevo far conoscere la cultura del caffè italiano. Per essere più specifici, bisognerebbe tornare indietro nel tempo quando ho iniziato il mio primo viaggio dedicato al caffè nel 2013, percorrendo 10.000 chilometri in motorino in giro per l’Italia e visitando più di 10 posti al giorno.

Purtroppo, dopo esser rimasto gravemente ferito in seguito ad un incidente d’auto, ho dovuto fermarmi, ma è stata un’esperienza che mi ha portato poi a fare la scelta di trasferirmi definitivamente in Italia. Si potrebbe dire che rappresento la prima generazione che si è avvicinata all’espresso in Corea e che la maggioranza delle persone ha iniziato dopo di me ad apprezzare questo rito.

Ho insegnato a molti baristi e ho allenato diversi campioni, che però avevano più a cuore entrare a far parte dei circuiti creati dalle Associazioni e gareggiare nelle competizioni organizzate dagli anglosassoni.

Questo forse è stato il punto di svolta: il mio rispetto e amore per l’Italia si sono trasformati in rabbia. Rabbia per una bevanda, una tradizione, che gli italiani stessi non riuscivano a proteggere, a valorizzare. Con questo in mente, ho creato questo programma, che sarebbe bene far proseguire in una seconda stagione”.

Che cosa ha notato, quali sono le preparazioni più curiose che ha assaggiato?

“In realtà questa mia avventura non vuole trasformarsi in una classifica né tanto meno in una competizione tra i caffè. Al contrario, l’obiettivo originale era quello di condividere le abitudini quotidiane legate alla cultura di un autentico espresso.

Chi guarderà la puntata, noterà subito ad esempio, che la prima caffetteria è gestita da dei titolari cinesi. E proprio su questo, si gioca tutto il mio progetto: il successo di un bar in Italia, resta un po’ un magico segreto. Naturalmente poi ho incluso anche ottime caffetterie che visito spesso e quelle che si trovano lungo l’autostrada, all’interno di supermercati, gelaterie e panetterie.

Ho deciso di selezionare solo quelle caffetterie degne di nota, in tutta Italia. Molte di queste sono caffetterie specializzate, ma altre sono dei veri e propri classici, dei locali storici come il Florian di Venezia e il Gilli Caffè di Firenze.”

Jeon ha acquistato un’auto nuova a settembre 2024 e a marzo 2025, aveva già percorso più di 25.000 chilometri.

“Ho viaggiato molto – conferma Jeon – Purtroppo, avevo programmato di arrivare anche in Sicilia, ma non ci sono riuscito per il momento. Mi dispiace di non aver potuto fin qui presentare i tre posti che mi sono prefissato e che si trovano in Sardegna e Calabria. Ricordo ancora la mia ultima sera, in una caffetteria specializzata a Livigno, per arrivarci ho guidato per quattro ore. In alcuni posti ho viaggiato persino per otto ore al giorno.”

Come struttura le sue incursioni?

Jeon esplora uno specialty coffee shop italiano (foto concessa)

“Solitamente visito sempre i posti con calma, senza fornire alcuna informazione in anticipo, si può dire che mi presento come un cliente qualsiasi. Inizio con la valutazione del loro servizio, della comunicazione e infine della qualità dei loro prodotti. Naturalmente ascolto la storia e assorbo la passione di questi titolari e baristi e a quel punto, se ritengo che valga la pena, chiedo loro di collaborare alle riprese. Certo, in tutte le mie analisi, la qualità del caffè è un fattore molto importante.

Attenzione però, perchè non è tutto.

Facendo un rapido riepilogo conclusivo però, non è facile scegliere quello che mi ha colpito di più, perché quasi tutti mi hanno interessato. Tuttavia, se dovessi proprio fare un nome, direi Pigafetta a Vicenza. Lì si possono bere 50 tipi di espresso e ci sono decine di bevande originali che hanno sviluppato autonomamente in 50 anni di esperienza sul campo. Quel giorno ho assaggiato il Maronglasse, la bevanda simbolo della zona, insieme all’espresso preparato con una monorigine dell’Etiopia, e il sapore era eccellente.”

Jeon, ha notato differenze sostanziale di miscele/prezzi?

“La differenza di prezzo tra un blend e un monorigine varia da caffetteria a caffetteria. Nel caso di locali che devono affrontare una clientela fortemente tradizionalista, spesso si è obbligati ad applicare un aumento di pochi centesimi. In quelle caffetterie in cui invece l’affluenza di clienti più consapevoli, curiosi, interessati e magari anche frequentati da molti turisti la differenza può raggiungere diversi euro.

In realtà, il caffè cambia parecchio anche a seconda della regione in cui si consuma. Ad esempio, la percentuale di Robusta aumenta scendendo verso la regione meridionale. Qui si preferisce una tazzina con una corposità maggiore e un’aromaticità più spiccata. A volte, si vendono miscele a basso prezzo caratterizzate da un’importante amarezza. Anche in questo caso molto viene influenzato dalla zona geografica di riferimento, e quindi anche dalle tradizioni legate al territorio.

In certe zone ci si affida molto alle torrefazioni locali, mentre in altre ci si rifornisce anche da città più distanti, come Torino, Trieste, Milano, Roma, Bologna e Firenze.

Quello che sto cercando di dire è che, in generale, il livello degli specialty coffee shops in Italia si sta sempre più alzando.

C’è una nota dolente in questo racconto, un aspetto che mi ha davvero deluso: fino a circa cinque anni fa, i miei amati baristi e torrefattori italiani si erano lasciati sedurre fortemente dallo stile di tostatura molto chiaro diffuso in Europa e in Australia, il che si traduceva poi in tazzine tipiche di un verde poco cotto, un po’ vegetale.

In quel periodo, indipendentemente dalla caffetteria, i sapori risultavano al palato tutti molto simili tra di loro, mancava un’identità forte che si distinguesse anche nello stile del locale, una serie di copie degli originali nord europei. Sulle confezioni certo si potevano leggere origini diverse, ma in realtà la maggior parte veniva appiattita da una tostatura sottosviluppata.

Inoltre, la quantità di origini presenti oggi in molte caffetterie specializzate, un po’ mi impressiona. Adesso, però, la situazione è notevolmente cambiata e penso che la qualità dello specialty coffee italiano sia molto migliorata, dato che quello gli atteggiamenti che ho raccontato prima sono via via scomparsi dopo il Coronavirus.

Parallelamente ho notato che anche la forbice sulla qualità del caffè industriale si sta allargando tra chi vende prodotti finiti di scarsissima qualità e chi invece non scende a compromessi. Un fenomeno che probabilmente è dovuto all’aumento del costo del caffè, che da una parte ha portato chi già vendeva chicchi di basso livello, ad abbassare ulteriormente il livello e rientrare così dei costi. “

Jeon: “Vorrei anche vedere migliorare la qualità della materia prima usata per preparare il caffè italiano di base, assieme alla formazione dei baristi, che è essenziale, ma ancora carente.”

Spero di assistere a breve ad un nuovo cambiamento che riscopra l’orgoglio per l’espresso, la bevanda per eccellenza degli italiani. Questo mio progetto è un omaggio, dal punto di vista di un coreano che ama profondamente l’Italia. Con questa esperienza ho potuto abbattere i miei stessi preconcetti sul caffè e aprire prospettive diverse su questo argomento. Da solo, ho potuto imparare molto di più.”

Jeon, non resta che aspettare la prossima stagione quindi?

“Sì. Il prossimo progetto vorrebbe coinvolgere circa 30 torrefazioni in Italia, mentre quello successivo sarà dedicato alle piantagioni del caffè. Naturalmente, spazierò dalle piccole-micro torrefazioni a quelle di produzione industriale. Una cosa è certa: ovunque ci sia passione e una storia di qualità, io sarò presente e pronto a raccontarla nei miei video.”

Giovanna De Vecchi: “Restiamo fedeli alla nostra identità, ma con lo sguardo avanti”

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Giovanna De Vecchi (immagine concessa)

MILANO – Ogni impresa ha una radice concreta. Per DVG De Vecchi, azienda italiana specializzata nella produzione di soluzioni e componenti per il caffè professionale, tutto ha avuto inizio da un oggetto semplice ma fondamentale: un tornio meccanico. È il primo strumento utilizzato per dare forma a un’idea, il punto di partenza di un percorso industriale costruito con rigore, passione e visione.

Quel tornio, oggi custodito come simbolo identitario, rappresenta molto più di un ricordo: è il cuore tecnico di un’intuizione imprenditoriale nata più di sessant’anni fa, in un’officina dove precisione e artigianalità si univano alla voglia di creare qualcosa di duraturo.

Una storia fatta di scelte consapevoli

La crescita di DVG si è sviluppata nel tempo attraverso investimenti mirati, una forte cultura del lavoro e relazioni costruite con serietà. L’azienda ha mantenuto una continuità valoriale, mettendo sempre al centro la qualità del prodotto, il rispetto per le persone e l’attenzione all’innovazione.

Abbiamo chiesto a Giovanna De Vecchi, amministratrice dell’azienda, di raccontare il significato simbolico e reale di quel primo tornio.

Quel tornio oggi è ancora conservato. Cosa rappresenta per voi?

Giovanna De Vecchi: È un oggetto che ci ricorda esattamente da dove veniamo. Ogni impresa ha bisogno di un fondamento, di qualcosa che resti solido nel tempo. Per noi, quel tornio è questo: la dimostrazione che anche una piccola cosa, se usata con visione e competenza, può generare valore duraturo”.

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Giovanna De Vecchi, amministratrice dell’azienda (immagine concessa)

Come si riflette oggi questo legame con le origini nel vostro modo di lavorare?

Giovanna De Vecchi: “Significa non dare nulla per scontato, non inseguire il nuovo solo per il gusto di farlo. L’innovazione, per noi, nasce dalla consapevolezza tecnica, dal dialogo con i clienti e dalla capacità di trasformare la nostra esperienza in soluzioni concrete. Restiamo fedeli alla nostra identità, ma con lo sguardo rivolto avanti”.

Oggi, una realtà internazionale nel mondo del caffè

Oggi DVG è un punto di riferimento a livello internazionale nella produzione di soluzioni e componenti per macchine da caffè professionali. Dalle valvole alle lance vapore, dai portafiltri agli accessori tecnici, l’azienda offre una gamma completa pensata per rispondere alle esigenze di costruttori e operatori del settore.

Con una rete globale di partner e clienti, DVG continua a operare con un approccio orientato alla qualità, all’affidabilità e alla costruzione di relazioni durature.

Per saperne di più sulla storia e sull’offerta dell’azienda basta cliccare qui

Il barista cinese: una rivoluzione culturale nel mondo del caffè italiano

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bar cinesi
La bandiera della Cina

MILANO – L’universo dei bar cinesi visto – per una volta – nell’ottica dei media del paese del dragone. Un articolo di PostMag – supplemento del quotidiano cinese di lingua inglese South China Morning Post, a firma di Zhaoyin Feng – offre un interessante spaccato della realtà di Venezia, dove “la maggior parte dei locali attorno a Piazza San Marco sono gestiti da cinesi”.

Gli immigrati cinesi in Italia sono circa 310 mila, scrive l’articolo citando statistiche governative. La maggior parte di essi sono originari delle province di Zhejiang e Fujian e sono arrivati in Italia tra gli anni novanta e duemila.

Tradizionalmente, i cinesi, nel nostro paese, trovano lavoro nell’industria.

Passare dietro al bancone di un bar è stato per molti un salto culturale. E, soprattutto, un modo per uscire dall’angusta vita sociale, limitata alla famiglia e all’ambiente dei propri connazionali, che caratterizza spesso la vita degli immigrati cinesi.

Ma il barista cinese è stato una rivoluzione culturale, se non uno shock, anche per gli italiani. Soprattutto a partire dall’inizio del decennio trascorso, quando il fenomeno ha preso piede.

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Fiera Milano e IEG acquisiscono il 70% di EMAC, società di organizzazione per eventi automotive d’epoca

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Vicenza Classic Car Show (immagine concessa)

MILANO/RIMINI – Una novità per il sistema fieristico nazionale. Fiera Milano e Italian Exhibition Group (IEG) acquisiscono da Andrea Martini, che tramite la società Mosaico Capital ne detiene le partecipazioni, il 70% di EMAC S.r.l., società specializzata nell’organizzazione di eventi fieristici per l’automotive d’epoca. La nuova compagine societaria vedrà, pertanto, Fiera Milano e IEG al 35% ciascuno, mentre il restante 30% resterà in capo a Andrea Martini, garantendo una gestione sinergica e strategica alle due manifestazioni di settore.

Il debutto avverrà con la quindicesima edizione di Milano AutoClassica (21-23 novembre 2025 a Fiera Milano). A seguire, in primavera la terza edizione di Vicenza Classic Car Show, alla Fiera di Vicenza dal 28 al 30 marzo 2026.

La partnership segna l’inizio della collaborazione tra Fiera Milano e IEG: è convinzione delle due società fieristiche che un percorso di lavoro congiunto fra i principali operatori fieristici del Paese possa creare sinergie concrete, sviluppare progetti condivisi e presentarsi in modo più competitivo anche sui mercati internazionali.

Forme di collaborazione si estenderanno anche al settore congressuale, dove Fiera Milano e IEG vantano poli di eccellenza internazionale come Allianz MiCo (Milano) e Palacongressi di Rimini. A questi si affiancano il Vicenza Convention Centre e il Palazzo dei Congressi di Fiuggi, gestiti da IEG e il MoMeC a Roma, di Fiera Milano. Unendo le forze, Fiera Milano e IEG avranno la possibilità di promuovere, soprattutto all’estero, l’Italia come destinazione congressuale d’eccellenza.

“Questa operazione è perfettamente coerente con il nostro Piano Strategico 2024-2027, che punta a rafforzare il portafoglio di mostre organizzate e ospitate, in Italia e all’estero. EMAC rappresenta un passo concreto nella direzione auspicata da tempo: unire le forze tra i grandi quartieri fieristici italiani”, dichiara l’amministratore delegato e direttore generale di Fiera Milano, Francesco Conci. “Solo attraverso sinergie reali possiamo affrontare con maggior forza i mercati esteri e consolidare il ruolo dell’Italia nel panorama fieristico globale. Accanto alla dimensione fieristica, EMAC è anche un banco di prova per nuovi modelli di collaborazione tra operatori italiani, in grado di generare economie di scala, attrattività internazionale e sviluppo di filiere verticali di eccellenza. I numeri lo dimostrano: secondo la più recente classifica ICCA 2024, l’Italia è prima in Europa e seconda al mondo con 635 congressi internazionali ospitati nell’ultimo anno – un risultato che evidenzia quanto possiamo ottenere quando lavoriamo insieme”.

Milano AutoClassica (immagine concessa)

“Abbiamo sempre pensato che il sistema fieristico nazionale potesse e dovesse ambire alla creazione di sinergie su singole verticali industriali e scenari internazionali”, spiega l’amministratore delegato di IEG, Corrado Peraboni. “Con Fiera Milano abbiamo trovato un partner che, per standing e postura, ha reso possibile questo primo e significativo passo. Collaborazioni di questo tipo consentiranno di creare valore per i territori e per gli azionisti delle società, oltre che la creazione di maggiori opportunità per le aziende che ospitiamo nelle nostre manifestazioni. Ove se ne presenti la possibilità, coglieremo future possibili operazioni di sistema Paese come un importante tassello, a fianco della crescita organica e per linee esterne, della strategia di espansione del nostro Gruppo”.

“Accolgo con entusiasmo l’ingresso di Fiera Milano e Italian Exhibition Group nella compagine societaria di Emac”, dichiara Andrea Martini. “Milano AutoClassica e Vicenza Classic Car Show sono manifestazioni con caratteristiche distintive ma fortemente complementari, ciascuna con propri punti di forza che ne hanno decretato il successo. Sotto una regia unificata e con il supporto di due soci del calibro di Fiera Milano e IEG potranno generare importanti sinergie e aprire nuove prospettive di crescita. Inoltre, la loro collocazione in due momenti strategici dell’anno, autunno e primavera, consentirà di presidiare l’intero arco della stagione fieristica, garantendo una presenza costante sul mercato e favorendo la fidelizzazione di espositori e pubblico”.

Attraverso l’operazione, Fiera Milano e IEG dimostrano che la partnership è la leva più efficace per consolidare la leadership fieristica, e congressuale, dell’Italia e proiettarla con ancora più forza sui mercati internazionali. EMAC gestirà due appuntamenti chiave per l’automotive heritage.
Milano AutoClassica. Nato nel 2012, il salone dedicato al mondo delle auto classiche e sportive è ospitato negli spazi di Fiera Milano. Si contraddistingue per l’alto standard qualitativo dell’offerta espositiva. Nell’edizione 2024 ha registrato oltre 82.000 visitatori, 600 media accreditati, 4.500 vetture esposte e 1.000 auto iscritte ai raduni. La quindicesima edizione si terrà a Fiera Milano dal 21 al 23 novembre 2025.

Vicenza Classic Car Show. Nato nel 2024, il salone si è affermato come appuntamento di primavera per gli appassionati di motorismo storico, colmando il vuoto di eventi del settore nella prima parte dell’anno. L’edizione 2025 ha registrato 35.000 visitatori (con un aumento del 38% rispetto al 2024), 240 media accreditati, 2.300 vetture esposte e 310 auto iscritte ai raduni. La prossima edizione è in programma a Fiera Vicenza dal 28 al 30 marzo 2026.

Puelo Coffee Roasters con Victoria Arduino tra Slow Coffee e tecnologia

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Puelo Coffee Roasters
Puelo Coffee Roasters (immagine concessa)

VITACURA – Al cuore di Puelo Coffee Roasters c’è una storia di origine, identità e scopo. Ispirato alla natura incontaminata del sud del Cile e chiamato come Río Puelo, il brand è nato per offrire qualcosa di più di un ottimo caffè: è nato per offrire un momento di pausa. Per Puelo Coffee Roasters, il caffè non è solo una bevanda. È un rituale. Un ritmo. Un’occasione per rallentare e riconnettersi con ciò che conta davvero. Questa filosofia del “Slow Coffee” guida ogni loro scelta: dalla selezione di caffè verde tracciato alla tostatura fatta con calma, senza mai sacrificare la qualità o il gusto.

Che cos’è “Slow Coffee”?

In un mondo che corre veloce, Puelo Coffee Roasters sceglie consapevolmente di rallentare. Lo Slow Coffee significa rispettare ogni fase del processo, dalla piantagione alla tazza. Significa selezione attenta, tostatura delicata, estrazione pulita e un servizio intenzionale.

È anche un’esperienza pensata per invitare il cliente a disconnettersi per un attimo e gustare davvero il proprio caffè. Come racconta Tomás Guilisasti, co-fondatore di Puelo Coffee Roasters: “Quando gusti un caffè specialty, non stai solo bevendo: ti stai concedendo del tempo. Proprio come il martin pescatore (simbolo di Puelo Coffee Roasters, ndr) che aspetta con pazienza per pescare, anche noi prendiamo il tempo per tostare, estrarre e servire con intenzione.”

Perché Victoria Arduino?

Per dare vita alla propria filosofia, Puelo Coffee Roasters aveva bisogno di una tecnologia che potesse eguagliare le prestazioni, l’attenzione ai dettagli, il design e i valori legati alla sostenibilità del brand. E qui entra in gioco Victoria Arduino.

“La macchina per caffè espresso Black Eagle Maverick offre efficienza senza fretta, precisione senza pressione. Il suo design minimalista e il basso impatto ambientale la rendono il partner ideale per l’etica dello Slow Coffee di Puelo Coffee Roasters. Le tecnologie a risparmio energetico e la stabilità di temperatura supportano i nostri baristi nel garantire risultati eccellenti con facilità e affidabilità. Il funzionamento intuitivo della Black Eagle Maverick ci permette di concentrarci meno sulla macchina e più sul cliente. Questo è lo Slow Coffee in azione,” racconta Tomás.

Altrettanto fondamentale è il macinino Mythos. “Grazie al controllo della temperatura di macinatura e alla consistenza della dose, Mythos preserva il potenziale di ogni chicco. La sua affidabilità, anche nei momenti di massimo afflusso, lo rende indispensabile—sia durante le mattinate intense al bar, che negli eventi”.

Come sottolinea ancora Tomás “Nel mondo del caffè specialty, puoi avere i chicchi migliori e la tostatura perfetta—ma se il barista non ha gli strumenti giusti, il caffè non potrà brillare. Black Eagle Maverick e Mythos ci aiutano a proteggere la storia del nostro caffè, fino alla tazza.”

Il locale (immagine concessa)

 

Più di un brand: un modo di vivere il caffè

Oggi, Puelo Coffee Roasters è presente in due location nel quartiere Vitacura di Santiago: la prima è un coffee shop e ristorante, e la seconda una torrefazione che organizza degustazioni ed esperienze educative sul caffè. Ogni spazio riflette la stessa filosofia: qualità, trasparenza e connessione con la natura.

“Il progetto dei locali di Puelo Coffee Roasters unisce il carattere naturale del sud del Cile, in particolare dell’area del fiume Puelo, con un approccio moderno focalizzato sul caffè specialty e sulla tradizione della torrefazione. Abbiamo contrapposto un’estetica industriale con linee pulite e toni neutri al calore di materiali pregiati del sud del Cile, come la quercia pellín e il mirto,” spiega Cristobal Fell, l’architetto che ha curato il design degli spazi di Puelo Coffee Roasters.

“Il design della torrefazione è pensato per favorire l’esperienza: l’area di tostatura è visivamente integrata grazie a pannelli in vetro, con la tostatrice come fulcro narrativo e ben visibile al pubblico. Un laboratorio per la degustazione del caffè completa il percorso, creando un legame tra l’aspetto sensoriale e quello architettonico. Il resto è l’esperienza stessa del caffè, che valorizza il progetto e concretizza l’esperienza disegnata.”

Puelo Coffee Roasters è più di una torrefazione o un coffee shop: è l’incarnazione vivente dello Slow Coffee. Con una community in crescita a Santiago e il lancio della loro torrefazione elettrica—la prima del suo genere in Sud America—Puelo Coffee Roasters sta ridefinendo il concetto di cultura del caffè specialty.

E con Victoria Arduino al loro fianco, lo stanno facendo con precisione, design e intenzionalità.

“Puoi avere il caffè migliore del mondo, ma senza gli strumenti giusti, rischi di perderne l’essenza – conclude Tomás. “Black Eagle Maverick e Mythos non sono solo attrezzature. Sono parte della nostra squadra”.

The Coca-Cola Company: Luisa Ortega nominata presidente per l’Europa

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Il logo della Coca-Cola

The Coca-Cola Company nomina Luisa Ortega come presidente per l’Europa, in carica a partire dal primo settembre. Prima di Coca-Cola, Ortega ha lavorato per SC Johnson per oltre 14 anni ricoprendo vari ruoli in Europa, Stati Uniti e Asia Pacifico. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo del portale Brand News.

La nuova nomina di Luisa Ortega

MILANO – Nikos Koumettis, dal 2021 presidente dell’unità operativa europea di The Coca-Cola Company, andrà in pensione dopo 25 anni in azienda, rimanendo a disposizione fino al 28 febbraio 2026 come consulente senior. Al suo posto è stata nominata presidente per l’Europa Luisa Ortega, in carica a partire dal 1° settembre.

Ortega, 55 anni, di origine spagnola, è entrata in Coca-Cola nel 2019 come vicepresidente e direttore generale dell’unità commerciale dell’area South Latin e, attualmente, ricopre il ruolo di presidente dell’unità operativa africana con responsabilità sul business in 54 mercati.

Prima di entrare in azienda, Ortega ha lavorato per SC Johnson per oltre 14 anni ricoprendo vari ruoli in Europa, Stati Uniti e Asia Pacifico. Ha ricoperto il ruolo di direttore generale per la regione dell’Europa occidentale e, prima ancora, è stata responsabile globale del business degli insetticidi. Ha anche lavorato in Endesa, società di servizi che opera principalmente in Spagna e Portogallo.

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Gelato: ecco perché può far parte di una dieta salutare

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Un cono gelato (immagine: Pixabay)

Il professor Michelangelo Giampietro, presidente dell’Istituto del gelato italiano, afferma che l’alimento è completo sotto molto aspetti: idrata grazie all’acqua, fornisce zuccheri semplici e complessi, proteine, grassi, vitamine e sali minerali. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo di Elisabetta Turra per il portale d’informazione Voce della sanità.

La dieta del gelato

MILANO – Soddisfare la voglia di gelato e mantenere una dieta sana è possibile. Lo assicura il professor Michelangelo Giampietro, presidente dell’Istituto del Gelato Italiano e medico specialista in medicina dello sport e scienze dell’alimentazione. “Il gelato – spiega l’esperto – può trovare spazio in modo intelligente e consapevole anche in un’alimentazione sana”, a patto di rispettare quantità, varietà e occasioni di consumo.

Ricorda che si tratta di “un alimento completo sotto molti aspetti”: idrata grazie all’acqua, fornisce zuccheri semplici e complessi, proteine – specialmente nei gusti alla crema –, grassi, vitamine e sali minerali. Consumandolo in porzioni adeguate, “può rappresentare uno spuntino saziante e nutriente, oppure sostituire un pasto in modo leggero e piacevole”, purché abbinato a frutta o verdura per garantire equilibrio nutrizionale.

Il gelato confezionato, secondo Giampietro, facilita scelte consapevoli, grazie a etichette nutri chiare che permettono di regolare le porzioni e preferire gusti alla frutta per un apporto calorico minore oppure creme se si cerca un alimento più completo.

È “adatto anche agli anziani o a chi ha difficoltà nella masticazione” e, sottolinea il professore, può essere consumato con serenità anche dalle donne in gravidanza “grazie ai rigorosi standard igienici”.

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Allarme danni ambientali: in Italia più del 70% sono causati dalle imprese, ecco il decalogo per tutelare il territorio

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Aziende più attente alla sostenibilità (immagine: Pixabay)

MILANO – “Credo che avere la terra e non rovinarla sia la più bella forma d’arte che si possa desiderare”: purezza e bellezza artistica, così le parole di Andy Warhol riassumono alla perfezione tutto il fascino del pianeta Terra. Purezza e bellezza artistiche che andrebbero tutelate e conservate ogni giorno, per poter permettere agli ecosistemi esistenti di essere anche funzionali.

Tuttavia queste forme d’arte potenzialmente perfette, spesso sono messe in pericolo dall’azione dell’uomo, sempre poco attento a rispettare l’ambiente e conservarlo al meglio in tutta la sua essenza. Questo non si limita solo alle azioni dei singoli, ma soprattutto alle pratiche delle imprese: le principali responsabili di buona parte dei danni all’ambiente accumulati negli anni.

Il tema più grave, però, è che solo una piccolissima percentuale delle aziende del Bel Paese è assicurata per questo genere di incidenti: secondo i dati emersi dall’ultima indagine di settore sono, infatti, solo lo 0,64% delle imprese made in Italy (microimprese, PMI e multinazionali) che si sono dotate di una polizza assicurativa per i danni alle risorse naturali.

È quanto risulta da un’elaborazione effettuata dal Pool Ambiente, consorzio di coriassicurazione e centro d’eccellenza nazionale sui rischi di responsabilità ambientale, sulla base della seconda rilevazione statistica[1] condotta da ANIA – Associazione Nazionale per le Imprese Assicuratrici, a livello nazionale, in merito alla diffusione delle polizze di responsabilità ambientale tra le aziende.

Ogni anno in Italia si verificano circa 1.000-1.500 nuovi casi di contaminazione ambientale, di questi ben 700-1.200 sono causati da imprese. Circa 500-900 sono quindi i casi dovuti a imprese regolari“, escludendo reati ambientali e condotte criminali. Eppure il numero totale dei siti potenzialmente contaminati è molto più alto: 41.000 sono i siti potenzialmente contaminati, 12.000 sono quelli già classificati come contaminati e 42 sono i Siti di Interesse Nazionale (SIN) che richiedono interventi complessi. Visto che meno dell’1% delle imprese è dotato di una copertura per i danni all’ambiente, mediamente nel 99% di questi casi non è presente una polizza a copertura delle spese di bonifica e ripristino dei danni.

Le aziende coinvolte in “incidenti ambientali” si trovano quindi ad affrontare ingenti spese, che possono arrivare anche a diversi milioni di euro e che in genere non sono state previste a budget. Un esborso imprevisto che può mettere in difficoltà la liquidità dell’azienda e minarne la solidità.

È acclarato inoltre che il fallimento dell’impresa ha pesanti ricadute sui posti di lavoro e sul tessuto economico e sociale del territorio, oltre che sulla spesa pubblica, dal momento che in tutti questi casi gli interventi necessari di ripristino e bonifica sono finanziati dallo Stato. Studi di settore indicano che tra il 5% e il 10% delle aziende fallite in settori industriali e ambientali potrebbero aver avuto la bonifica come fattore determinante.

Dal 2006 al 2023 sono fallite oltre 200.000 imprese italiane in tutti i settori, tra cui, ad esempio, industria chimica e metallurgica, costruzioni, immobiliare e gestione rifiuti. In base a questo numero potremmo quindi stimare tra 10.000 e 20.000 imprese fallite a causa dei costi di bonifica.

Roberto Ferrari, responsabile sinistri di Pool Ambiente, afferma: “Il nostro decalogo per la gestione dei rischi di responsabilità ambientale nasce dall’esigenza di creare un vademecum dedicato alle aziende con le pratiche più efficaci da portare avanti per limitare i possibili danni agli ecosistemi. La nostra speranza è che nei prossimi anni, oltre a una maggior diffusione del nostro decalogo, ci sia un notevole aumento nella diffusione delle polizze di responsabilità ambientale”.

Ferrari: “Per ottenere ciò dovrebbero essere messe in pratica misure mirate come la valorizzazione della stipula dell’assicurazione nel rating ESG, nel Report di Sostenibilità e nell’applicazione del Regolamento Tassonomia. In generale per raggiungere l’obiettivo di una maggiore diffusione di questo tipo di coperture sarebbe importante sviluppare un’azione coordinata, a livello nazionale ed europeo, per contribuire allo sviluppo di un’attenzione al rischio ambientale e a una maggiore cultura assicurativa”.

Ecco quindi il decalogo individuato dagli esperti di Pool Ambiente per una gestione efficace dei rischi di responsabilità ambientale, che riassume gli interventi prioritari da parte delle imprese per la tutela dell’ambiente e della salute delle persone:

  1. Mappatura proattiva: identificazione delle potenziali sorgenti di rischio e degli scenari di danno all’ambiente.
  2. Affidabilità tecnica: manutenzione ordinaria e straordinaria di impianti e dispositivi effettuata conformemente alle indicazioni fornite dal costruttore e secondo le best practice di riferimento.
  3. Gestione responsabile: introduzione di procedure che garantiscano il rispetto di raccomandazioni e linee guida di settore, anche rispetto alle sostanze non normate usate/prodotte.
  4. Linee Guida: adozione della PdR UNI 107/2021 «Ambiente protetto – Linee guida per la prevenzione dei danni all’ambiente – Criteri tecnici per un’efficace gestione dei rischi ambientali».
  5. Tutela assicurativa: stipula di una Polizza di Responsabilità Ambientale.
  6. Formazione specializzata: effettuare una formazione e addestramento adeguato del personale dell’impresa per un’efficace gestione dei rischi di responsabilità ambientale e gestione delle emergenze.
  7. Interventi mirati: relativamente agli elementi monoparete interrati o direttamente appoggiati al terreno prevedere la conversione/sostituzione a elemento doppia parete con controllo in continuo delle perdite. Laddove non fosse temporaneamente possibile, è importante proteggere l’elemento interrato con una protezione catodica, effettuare regolarmente verifiche strutturali e valutare anche un’eventuale vetrificazione. Rispetto alle tubazioni interrate non metalliche effettuare regolari videoispezioni e test di tenuta.
  8. Protezione strutturata: rispetto agli elementi fuori terra prevedere un bacino di contenimento adeguatamente dimensionato e impermeabilizzato.
  9. Controllo operativo: prevedere misure per evitare o contenere sversamenti durante le operazioni di carico e scarico come ad esempio valvola limitatrice di carico, etichettatura dei punti di carico, raccordi di sicurezza e segregazione delle acque meteoriche.
  10. Intervento immediato: in caso d’incendio, o comunque d’incidente con sversamento di sostanze, chiamare una società di pronto intervento per contenere la contaminazione.

La scheda sintetica del Pool Ambiente

Il Pool Ambiente è il consorzio di coriassicurazione, impegnato, fin dalla sua fondazione nel 1979, per una maggiore protezione delle risorse naturali ed a una loro riparazione in caso di danno. Questo impegno si traduce nell’offerta di coperture assicurative per i danni all’ambiente ma anche in supporto e incentivi alle imprese per una migliore gestione dei rischi e una più efficace prevenzione dei danni all’ambiente. Il Pool conta venti aderenti che rappresentano primarie compagnie del settore assicurativo e riassicurativo che operano in Italia.

I membri del Pool Ambiente sono: Assimoco, AXA MPS Ass.ni Danni, AXA Assicurazioni, Generali Italia, Groupama, Hannover RE, HDI Assicurazioni, Helvetia, Intesa Sanpaolo Protezione, Italiana Assicurazioni, Itas Mutua, Le Assicurazioni di Roma, Munich Re, New Re, Sara Assicurazioni, Scor Se, Società Reale Mutua, Swiss Re Europe, Unipol Assicurazioni, Vittoria Assicurazioni.

Dati

[1] I numeri riportati si riferiscono all’anno solare 2022, per completezza si segnala che la seconda rilevazione statistica di ANIA riporta i dati del 2021 e del 2022, così come l’elaborazione effettuata dal Pool Ambiente.

Fipe: presentato al CNEL il rapporto sul dumping contrattuale nei pubblici esercizi

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Il rapporto sul dumping contrattuale nei pubblici esercizi (immagine concessa)

ROMA – Un settore più attrattivo, competitivo e fondato sulla qualità del lavoro. Con questo obiettivo Fipe-Confcommercio ha presentato al Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (CNEL) il “Manuale sul dumping contrattuale nei pubblici esercizi”, uno strumento utile per fare chiarezza e contrastare una delle principali distorsioni del mercato del lavoro nel mondo della ristorazione.

L’incontro nel corso del quale sono intervenuti – tra gli altri – il presidente della Fipe Lino Enrico Stoppani e il presidente del CNEL Renato Brunetta, ha analizzato il fenomeno e le sue implicazioni per imprese e lavoratori, e le possibili misure normative e contrattuali per mitigarne gli effetti e limitarne la diffusione.

Ha dichiarato Lino Enrico Stoppani, sottolineando l’urgenza di un intervento istituzionale forte e coordinato per ripristinare condizioni di equità e rispetto nel mercato del lavoro dei pubblici esercizi: “Il rapporto ha evidenziato la proliferazione dei CCNL nel settore, con le conseguenti gravi differenze contrattuali e retributive che li caratterizzano. Infatti se emerge che il nostro CCNL è quello ampiamente più applicato nel settore, si registra anche il diffuso utilizzo della “teoria della sottrazione” nei contratti concorrenti, esercizio che rende questi contratti solo apparentemente più convenienti, esponendo le imprese che le adottano a pesanti sanzioni e togliendo diritti ai lavoratori, spazio alla leale concorrenza, attrattività al settore e valori al lavoro”.

Stoppani aggiunge: “Proprio i tempi difficili richiederebbero, invece, che si debba rafforzare la “teoria della somma” nei rapporti con i propri collaboratori, con addendi non necessariamente fatti solo di riconoscimenti economici, ma di valori umani e professionali, in grado di affrontare i problemi strutturali del settore, con la diminuita sua attrattività e la persistente debole produttività”.

“Il dumping contrattuale rappresenta una forma di concorrenza sleale che danneggia le imprese virtuose e i lavoratori, minando la credibilità dell’intero settore. Nonostante il CCNL di FIPE sia applicato da oltre il 92% delle aziende, la minaccia dei contratti pirata resta concreta” ha dichiarato Riccardo Orlandi, Presidente AIGRIM-FIPE e Vice Presidente Fipe. “Il nostro impegno si articola su due fronti: un’intensa attività di sensibilizzazione delle imprese sui rischi legali ed economici di queste pratiche e la richiesta di interventi più decisi da parte degli organi di controllo. Solo attraverso un’azione coordinata tra informazione e vigilanza possiamo garantire legalità e tutele adeguate per tutti i lavoratori del settore.”

Il dumping contrattuale – ovvero l’applicazione di contratti collettivi siglati da sigle prive di reale rappresentatività, con trattamenti peggiorativi rispetto a quelli previsti dal contratto di riferimento del settore – è ormai una realtà strutturale che danneggia l’intero comparto. A subirne le conseguenze non sono solo i lavoratori, spesso privati di diritti e tutele fondamentali, ma anche le imprese che operano nella legalità e si vedono penalizzate da una concorrenza sleale.

Inoltre, come è emerso nel corso della presentazione, le imprese che scelgono scorciatoie contrattuali rischiano gravi conseguenze sanzionatorie, sia in termini economici che reputazionali, come dimostrano le recenti sentenze della Corte di Cassazione e gli interventi dell’Ispettorato nazionale del lavoro.

L’Ispettorato, in particolare, ha più volte sottolineato la possibilità di contestare alle imprese una violazione del principio di buona fede nell’applicazione del contratto collettivo, con effetti anche in sede di verifica contributiva, retributiva e previdenziale e il conseguente recupero delle differenze contributive e retributive applicate.

Il Manuale, disponibile sul sito della Federazione, offre un quadro giuridico aggiornato e strumenti operativi per riconoscere e contrastare i contratti non rappresentativi, con l’ambizione di favorire un cambio di passo culturale, oltre che normativo.

La presentazione di oggi è stata anche l’occasione per rilanciare il ruolo centrale della contrattazione collettiva firmata da soggetti legittimati, per la tutela della dignità dei lavoratori e la valorizzazione delle imprese sane. FIPE continuerà a battersi per promuovere trasparenza, legalità e qualità del lavoro, con la consapevolezza che solo così sarà possibile costruire un futuro sostenibile e competitivo per il settore dell’ospitalità italiana.

Pierluigi Tosato, Massimo Zanetti Beverage Group: “Debito ridotto da 421 a 350 mln: chiusura 2025 prevista con 1,2 mld di ricavi “

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Pierluigi Tosato, CEO di Massimo Zanetti Beverage Group (immagine concessa)

MILANO – Massimo Zanetti Beverage Group, sede produttiva a Bologna con un impianto per le capsule a Treviso, possiede in tutto il mondo 40 filiali, 400 negozi in franchising, 20 stabilimenti e 3300 dipendenti: l’amministratore delegato è Pierluigi Tosato. L’azienda ha come socio di riferimento il fondo Quattro R, dall’aprile 2024.

Gli obiettivi di Massimo Zanetti Beverage Group

Tra gli obiettivi prefissati del Gruppo c’è stata una particolare attenzione alla riduzione del debito e la proposta di nuove referenze come il caffè in grani per il macinino. C’è di più: è stato riposizionato il marchio con un maggiore focus sui più giovani e un taglio netto alle sponsorizzazioni (la Virtus, valore dichiarato 13 milioni l’anno) ma anche ai costi con aggregazione di stabilimenti (due negli Usa) e riduzione delle filiali in Grecia.

Il fondo Quattro R, come riporta la sezione Economia del Corriere della Sera, è guidato dal ceo Francesco Conte e presieduto da Flavio Valeri, azionisti con Stefano Cassina, Carlo Michero, Francesco Capurro e Guido Lorenzi, per Massimo Zanetti Beverage Group, holding dove la famiglia fondatrice con il presidente Massimo Zanetti è scesa al 47,28% del capitale.

Il fondo, prosegue sempre il Corriere, ha il 52,72% insieme con la Coffee Holding, derivato di Quattro R con piccola quota; dichiara il 66,67% dei diritti di voto ed esprime tre consiglieri su cinque nel board, ceo compreso.

Pensiamo di chiudere quest’anno con ricavi a 1,2 miliardi contro gli 1,050 del 2024 e gli 1,1 miliardi del 2023” dice Tosato, ceo del Gruppo, come riporta ancora il Corriere della Sera. “Soprattutto, contiamo di arrivare a 80 milioni di margine operativo lordo dai 62 milioni dell’anno prima (l’obiettivo dichiarato per quest’anno era di 75 milioni). In quest’anno e mezzo abbiamo ridotto i debiti: la posizione finanziaria netta al 31 maggio scorso era di 350 milioni contro i 421 milioni del dicembre 2023. Inoltre con il nostro ingresso la società ha avuto un aumento di capitale da 102 milioni, fondamentale. I fondi sono ancora visti da alcune aziende come speculatori, invece possono portare sviluppo”.

Tosato aggiunge, come affermato dal Coirriere della Sera e dalla Green Economy Agency: “I dazi per ora non hanno avuto un impatto sulla nostra attività, abbiamo continuato a vendere caffè. L’unico neo può venire dall’importazione negli Usa di caffè dal Brasile, dove Trump minaccia di portare i dazi al 50% dal primo agosto. In ogni caso, il costo sarà trasferito sul consumatore. Abbiamo deciso di mettere in chiaro sulla fattura la riga tariffe, perché il costo sia esplicito. Ma per noi non è credibile che si arrivi a dazi del 50% in Brasile, o del 30% in Europa”.

Il gruppo desidera consolidarsi negli Stati Uniti con un piano mirato nel food service nonostante i dazi. Si ricorda che il 90% dei ricavi viene proprio dall’estero.

“Avere una produzione locale può essere un elemento di vantaggio sui concorrenti”, dice Tosato sempre al Corriere. Che annuncia anche di avere appena siglato un accordo per una joint venture in Arabia Saudita, al 75%, “con un operatore del food service al 25%”.