OCCHIOBELLO (Rovigo) – Nel 2024 IMFha raggiunto un nuovo traguardo, chiudendo l’anno con un fatturato di circa 20 milioni di euro, corrispondente a una crescita approssimativa del 25 % rispetto al 2023. Un risultato record, frutto di investimenti costanti e della coesione di un team di lavoro altamente motivato.
“Continuando a investire e coinvolgendo tutti i validi collaboratori, che costituiscono una squadra coesa integrata nel progetto di sviluppo d’impresa, non solo è aumentato il fatturato e la struttura aziendale, ma parallelamente è cresciuta anche la marginalità”, spiega Alessandro Garbin, ceo di IMF.
Progetti in produzione e macchine “eco-friendly”
Guardando al futuro, l’attenzione si sposta verso l’industrializzazione di soluzioni già sviluppate in laboratorio. Tra queste c’è un software gestionale per le curve di tostatura “intelligente”, realizzato in collaborazione con un’importante università estera, e una nuova generazione di macchine che riducono ulteriormente il consumo di combustibili fossili.
“Le innovazioni che stiamo mettendo in campo sono concrete – aggiunge l’ingegnere Lorenzo Mosca, chief technical department –: dallo sviluppo del software, progettato su misura e in piena sinergia con le caratteristiche tecniche delle tostatrici IMF, fino a una macchina a bassissimo impatto ambientale, estremamente green, che presenteremo a breve”.
Da sinistra: Giorgio Maria Mosca, Roberto Pedini, Andrea Giacomo Garbin e Alessandro Garbin (immagine concessa)
Nonostante il forte aumento dei prezzi del caffè verde e le tensioni internazionali, IMF ha mantenuto il proprio trend di crescita.
“Malgrado il notevole aumento del prezzo del caffè crudo, che ha interessato tutti gli operatori a livello mondiale, e tutte le gravi situazioni di tensione internazionale, abbiamo continuato a crescere e puntiamo a replicare lo stesso risultato anche nel 2025”, conferma Garbin.
Sostenibilità a 360 gradi
La dimensione sostenibile è un pilastro imprescindibile. Sul fronte sociale, IMF cura il benessere dei propri collaboratori, mettendoli nelle condizioni di lavorare al meglio. Sul fronte ambientale, l’offerta si arricchisce di macchine elettriche e progetti a idrogeno per eliminare del tutto l’uso di fonti fossili nel processo di tostatura.
“Stiamo sviluppando sistemi alternativi ai combustibili tradizionali – sottolinea l’ingegnere Lorenzo Mosca –: elettrificazione delle macchine a gas e utilizzo di idrogeno, con l’obiettivo di una tostatura completamente priva di fonti fossili”.
Comunicare l’innovazione
Per valorizzare il proprio impegno in ricerca e sviluppo, IMF adotta una strategia di comunicazione integrata che combina media specializzati, canali digitali e una presenza costante alle principali fiere internazionali e locali del settore.
“Promuoviamo tutte le innovazioni, grandi e piccole, attraverso strumenti mirati e coerenti con la nostra identità — afferma il dottor Giorgio Mosca, senior area sales manager —, attraverso collaborazioni con riviste specializzate di settore e una presenza specifica sulle piattaforme social ci permettono di rendere il brand IMF sempre più diffuso e riconoscibile a livello internazionale nel mondo del caffè”.
Un ruolo fondamentale è affidato anche alla comunicazione post-vendita: “La relazione con i clienti è un punto fondamentale — aggiunge il dottor Giorgio Mosca —. Raccogliamo e condividiamo le loro testimonianze per raccontare il valore del marchio attraverso il loro punto di vista”.
Impianto industriale completo presso The Roasting Club in Australia (immagine concessa)
Mercati e prospettive di crescita
IMF opera su scala globale e sa adattarsi rapidamente ai diversi mercati. L’inizio del 2025 ha visto un’intensa attività in Italia e in Europa, mentre grazie alla versatilità delle proprie soluzioni l’azienda sta trovando nuovi sbocchi nel lontano East asiatico — in particolare Indonesia e Malesia — come evidenzia Roberto Pedini, sales coordinator business development.
Verso HostMilano
HostMilano rappresenterà per IMF un momento chiave per mostrare al settore i risultati concreti del lavoro di ricerca e sviluppo svolto negli ultimi anni. “Porteremo in fiera un progetto concluso: un software evoluto per la gestione della tostatura, che rappresenta un passo avanti importante verso l’integrazione dell’intelligenza artificiale nel processo produttivo — spiega Alessandro Garbin —. A questo si affiancheranno le nuove macchine eco-friendly, progettate per ridurre drasticamente il consumo di combustibili fossili”.
Come sottolinea l’ingegnere Lorenzo Mosca, il software sarà in grado di apprendere e correggere automaticamente le curve di tostatura in funzione degli obiettivi impostati, ottimizzando tempi, risorse ed efficienza. “Grazie all’intelligenza artificiale sarà possibile semplificare e affinare il lavoro del tostatore, sia in contesti artigianali che industriali, ottenendo risultati professionali in modo più rapido e sostenibile”.
Tra le novità annunciate per HostMilano anche un nuovo modello di macchina a bassissimo impatto ambientale, espressione concreta dell’impegno di IMF verso una tostatura sempre più green, senza compromessi su qualità e prestazioni.
IMF si conferma come una delle principali realtà italiane affermata anche a livello internazionale nella progettazione, costruzione e installazione di macchine torrefattrici e impianti industriali completi, contribuendo in modo attivo e concreto all’evoluzione del settore grazie a innovazione tecnologica, sostenibilità e visione strategica.
Tutto il team in Ditta Artigianale di questa competizione (foto concessa)
FIRENZE – Ditta Artigianale, fucina di nuovi campioni. Una cifra stilistica che contraddistingue questo brand di caffetteria italiana specialty e che riflette la filosofia dell’azienda: spazio alla formazione, ai giovani, alla voglia di imparare un mestiere, mettendosi in gioco. Anche il 2025, il punto di Firenze in via Carducci 2r, ospita le selezioni per chi poi andrà a sfidarsi alle tappe di qualificazione per accedere alla finale di Sigep, come barista e brewers.
I qualificati sono 5 per barista, 2 brewers giudicati idonei alla gara nazionale.
Ditta Artigianale non molla un colpo: come mai è ancora importante investire sui campionati?
Francesco Sanapo condivide la sua opinione a gara appena conclusa:” Giunta al termine la seconda competizione interna a Ditta Artigianale, ci troviamo profondamente emozionati. Abbiamo visto un team di ragazzi che si è impegnato tantissimo. I frutti si sono visti in gara, strabiliando i nostri giudici con delle performance da livello nazionale. Sono cresciuti tantissimo e come azienda siamo estremamente soddisfatti.
Mi hanno chiesto: perché lo fai? Perché voglio instillare nei ragazzi che lavorano con noi la continua ricerca di miglioramento, dello studio e infine della vittoria. La nostra azienda deve fare questo e ha bisogno di farlo. Abbiamo visto vincere di nuovo Cesare Spinella tra i baristi, un secondo posto a Salvatore Sanapo e al terzo Cristian Dorado. Il livello era molto elevato e abbiamo deciso che tutti e tre sul podio si presenteranno alle tappe di qualificazione per accedere alla finale al Sigep 2026 per la categoria barista.
Claudio Guri e Giuseppe Morelli rappresenteranno invece Ditta per il brewers. Per me è una grande gioia vedere la loro passione messa in campo. Il fatto di averlo fatto qui in caffetteria poi e vedere i clienti avvicinarsi ad osservare, ci ha permesso di coinvolgere il pubblico nel mondo dei campionati dietro il bancone. Ho portato le gare baristi agli occhi del consumatore.”
Ditta Artigianale torna a investire sui campionati barista
Sanapo: “Per anni abbiamo un po’ lasciato stare le gare. Ci siamo ributtati sopra negli ultimi due anni accompagnando questi ragazzi che avevano voglia di eccellere. Spinti dal loro desiderio ci siamo riportati in pedana, cercando di iniziare un percorso a lungo termine, gettando le fondamenta per un progetto futuro.”
Simone Amenini, manager della Scuola del Caffè: “Una seconda edizione di gare qui che è andata molto bene. L’attenzione è cresciuta anche da parte di consumatori e dei professionisti. Chi ha gareggiato questa volta ha inteso questa esperienza ancora di più come un lavoro di squadra che porta tutti ad un miglioramento comune. Hanno condiviso la gioia della vittoria. Per rafforzare il concetto abbiamo inserito il fatto che tutti gli altri competitor potessero assaggiare i caffè in gara. Così che potessero anche calibrarsi in seguito sulle valutazioni date dai giudici.
Continueremo su questo percorso di competizione: prima quando eravamo una realtà più piccola abbiamo puntato solo su singoli campioni per poi fermarci per qualche tempo. Nel 2021, con l’apertura della Scuola del Caffè ho voluto riportare in auge il nostro spirito competitivo, che è un ottimo metodo di apprendimento per i ragazzi a livello pratico. Una sfida ti porta a superare i limiti e questo non si può imparare dai libri. Abbiamo dato voce alle persone che si stavano appassionando allo specialty e a Ditta Artigianale e che volevano fare qualcosa che andasse oltre al lavoro dietro al bancone.
Così siamo tornati a piccoli passi in un progetto pluriennale, puntando su determinati ragazzi che poi sono aumentati. È stata una naturale evoluzione interna.
Il mondo della competizione ha ancora appeal, ma il livello nazionale sta talmente aumentando che avere un team alle spalle fa abbastanza la differenza. Tra acquisto del caffè, uso di macchinari e disponibilità di allenarsi con tempi prolungati, avere alle spalle un gruppo è fondamentale. Probabilmente arriverà uno spazio di approfondimento di formazione e gara anche a Milano.”
Cesare Spinella, campione barista: “Ho scelto come prima cosa il caffè, con l’aiuto del roaster che mi ha consigliato il Colombia di Fincas Los Nodales, che restituisce complessità e flavours più distinti per il milk beverage e per la bevanda espresso un altro Colombia, di Finca El Mirador. Mi è piaciuto per la sua acidità molto fruttata. Più difficile è stato gestire l’aspetto tecnico e la definizione dei flavour, una capacità che si può migliorare solo con l’esperienza e assaggiando tanti caffè.
Mi sono trovato molto in sintonia durante gli allenamenti con i ragazzi di Ditta Artigianale. E questo mi ha restituito tanto in termini di preparazione. Darò ancora di più di quello che ho dato oggi a Sigep, con una consapevolezza maggiore. Sinceramente mi aspettavo di vincere una seconda volta, perché sono cosciente delle mie capacità.”
Claudio Guri: “La gara è andata bene. Ho scelto di gareggiare per la categoria brewing perché era un mio sogno già da tanti anni, avevo già provato l’anno scorso, senza però arrivare al primo posto. Questa volta ho cercato di sintetizzare il più possibile, concentrandomi maggiormente sull’experience dei giudici. Ho usato un Costa Rica di Finca La Ciumeca, cresciuto a 1800 metri, con una fermentazione anaerobica con note cioccolatose, mandorle, frutta rossa che ricorda l’uva e la mela.
Sicuramente saper bilanciare l’estrazione e della comunicazione, è fondamentale: quest’anno poi ho giocato con calcio, magnesio, potassio e sodio, per ricostruirmi un’acqua da abbinare con il caffè. Un rapporto tra calcio e magnesio di 2 a 1, con valori uguali di sodio e potassio per accentuare la frutta rossa.
Avevo usato già questa formula al Sigep scorso, quindi è probabile che la riproporrò anche questa edizione in gara.”
Luca Ventriglia il capo della giuria conclude questo appuntamento in Ditta Artigianale:
“Rispetto alla scorsa edizione, c’è stata una maggiore preparazione dei ragazzi che abbiamo trovato più consapevoli e hanno affrontato la gara con spirito diverso. Devo dire che questo è un fattore positivo, una conferma rispetto all’impegno dei competitor. La giuria, con Federica Parisi e Marco Pizzinato, è più o meno la stessa che si ritrova nella gara nazionale. Abbiamo usato gli stessi protocolli e quindi è stata una competizione dello stesso valore. Sono stati usati a volte gli stessi caffè anche se ciascuno poi ha personalizzato la propria gara. Qualcuno ha creato dei blend con tipologie di latte diversa, con una tecnica del freeze drying, estraendo la parte acquosa del latte.”
Il Ministro dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste, Francesco Lollobrigida (foto di Wikipedia; fonte: https://www.politicheagricole.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/172)
MILANO – Mancano poco più di 5 mesi all’entrata in applicazione dell’Eudr, il Regolamento Ue 2023/1115 adottato nel 2023 per contrastare la deforestazione e il degrado forestale a livello globale. La normativa è entrata in vigore il 29 giugno 2023 ed era inizialmente prevista per diventare applicabile il 30 dicembre 2024.
Tuttavia, il Parlamento europeo e il Consiglio hanno approvato in extremis, lo scorso dicembre, la proposta della Commissione di ritardarne l’applicazione di un anno per concedere alle imprese e alle autorità più tempo per prepararsi meglio alla sua attuazione.
Il Regolamento sarà dunque vincolante a decorrere dal 30 dicembre 2025, per i grandi operatori e i commercianti e dal 30 giugno 2026, per microimprese e piccole imprese.
Negli ultimi mesi, le autorità comunitarie hanno meglio definito campo e modalità di attuazione della norma.
Con i nuovi documenti di orientamento, la Commissione ha introdotto, il 15 aprile, una serie di misure di semplificazione dell’Eudr, in particolare:
le grandi imprese possono riutilizzare le dichiarazioni di dovuta diligenza esistenti quando le merci, precedentemente sul mercato dell’Ue, sono reimportate;
un rappresentante autorizzato può ora presentare una dichiarazione di dovuta diligenza per conto dei membri di gruppi societari;
le imprese sono autorizzate a presentare dichiarazioni di dovuta diligenza ogni anno anziché per ogni spedizione o lotto immesso sul mercato dell’Ue;
requisiti semplificati per le aziende a valle della filiera.
Il 15 aprile 2025, la Commissione Europea ha pubblicato una bozza di atto delegato per semplificare il Regolamento, aperta alla consultazione pubblica fino al 13 maggio 2025 .
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Omar Zidarich, Presidente Gruppo Italiano Torrefattori Caffè
TRIESTE – Si terrà giovedì 24 l’assemblea congressuale dei soci del Gruppo italiano torrefattori caffè e del Consorzio torrefattori delle Tre Venezie. L’evento, ricco di appuntamenti su temi caldi, si terrà in presenza a Trieste presso la sede dei Gruppi all’Urban Center, Corso Camillo Benso Conte di Cavour 2/2.
Il talk del Gruppo italiano torrefattori caffè e Consorzio torrefattori delle Tre Venezie
Il programma, lungi dall’essere solo una semplice assemblea, costituirà una vera e propria tavola rotonda: tra i vari interventi ci sarà l’apertura dei lavori del presidente GITC Omar Zidarich e della presidentessa CTTV Silvia Goppion che presenteranno la nuova sede e il nuovo organigramma con la situazione attuale delle quote soci e l’ingresso dei nuovi inserzionisti.
Silvia Goppion (immagine concessa)
Si proseguirà poi con l’intervento del dottor Massiliano Scaramelli, Ditta Pacorini, sul tema EUDR con una panoramica sulla situazione attuale.
A seguire, l’avvocato Valentina Schiavone, SLED Studio legale associato E&D, sempre sul tema EUDR.
Inoltre il presidente Omar Zidarich parlerà della futura partecipazione del Gruppo a fiere ed eventi prossimi, primi tra tutti l’anticipato HostMilano.
Alcune multinazionali hanno ritoccato i portafogli dei brand, togliendo i meno redditizi. Ad esempio, Nestlé ha deciso di separarsi dal ramo acqua che racchiude marchi come le italiane Sanpellegrino e Acqua Panna e le francesi Perrier e Vittel. Stesso discorso per l’americana Kellogg che si è scissa in due parti. Leggiamo di seguito un estratto dell’articolo di Francesco Bertolino per Il Corriere della Sera.
Lo scontro con la grande distribuzione
MILANO – Unilever vende i gelati, Nestlé le acque, Kraft Heinz i biscotti. L’offerta non si trova sugli scaffali dei supermercati, ma sul mercato finanziario: alcune fra le maggiori multinazionali produttrici di beni di largo consumo stanno infatti valutando di cedere alcuni marchi importanti ad altri investitori. O in Borsa.
“L’industria del largo consumo ha beneficiato di una robusta crescita durante il periodo della pandemia quando la stragrande maggioranza dei consumi si concentrava in casa”, spiega Alberto Vigada, partner PwC Strategy & Consumer Goods e Retail Leader.
Negli anni dei lockdown e dell’inflazione energetica, le multinazionali hanno alzato i prezzi dei loro prodotti, talvolta anche in misura superiore a quanto necessario per compensare l’incremento dei costi. I ritocchi ai listini hanno causato scontri con la grande distribuzione e ridotto i volumi di vendita complessiva di alcuni colossi dei beni di largo consumo. Che però sono così riusciti ad aumentare i loro profitti.
“Con la fine delle restrizioni alla circolazione, tuttavia, la tendenza si è invertita e le aziende di settore hanno iniziato a risentirne nei bilanci e in Borsa”, dice Vigada.
L’andamento di Borsa delle multinazionali
Nell’ultimo anno titoli dell’anglo-olandese Unilever sono rimasti sostanzialmente piatti a Londra, rimanendo indietro rispetto all’indice. Nestlé è invece scesa del 18% a Zurigo e Kraft Heinz quasi del 20% a Wall Street, al pari di PepsiCo.
“La sensazione è che, giusto o sbagliato che sia, strumentalizzata o meno anche a livello mediatico, fra i consumatori si stia diffondendo una sorta di percezione negativa delle multinazionali”, sostiene Giorgio Santambrogio, ceo del gruppo VèGè. “Dopo la pandemia, poi, le catene della grande distribuzione sono spesso riuscite a intercettare e interpretare meglio con le loro marche le esigenze di qualità e prezzo dei consumatori locali”.
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La caffeina agisce sull’adenosina, che è coinvolta nell’induzione del sonno, ma con il passare degli anni i recettori per l’adenosina calano e quindi da adulti può ridursi la difficoltà ad addormentarsi causata dal caffè. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo di Cesare Peccarisi per il quotidiano Il Corriere della Sera.
Il consumo di caffè dopo cena
MILANO – Se da giovani un caffè dopo la cena in pizzeria poteva farvi passare notti in bianco, con l’età potete (forse) anche berlo prima di andare a dormire e fare ugualmente sogni d’oro: uno studio pubblicato su Nature Communications Biology da ricercatori dell’Università di Montréal diretti da Philipp Thölke ha spiegato, come riportato sul Corriere, perché studiando l’attività cerebrale nel sonno tramite un elettroencefalogramma gestito dall’intelligenza artificiale (AI).
Adenosina
La caffeina agisce sui recettori cerebrali dell’adenosina neurotrasmettitore coinvolto nell’induzione del sonno a onde lente, le onde theta e alpha, comprese fra 4 e 7,5 hertz, che caratterizzano la fase iniziale di sonno detta non REM per differenziarla dalla fase REM che è quella dei sogni.
Il sonno non REM, importante per il consolidamento della memoria e il benessere cognitivo, ha quattro fasi crescenti di addormentamento: la prima di sonno leggero, la seconda di rilassamento della muscolatura con progressivo calo della coscienza, la terza in cui il sonno va aumentando e la quarta in cui arriva il vero sonno profondo ristoratore.
Il fatto è che, come hanno dimostrato i ricercatori canadesi, con l’età i recettori cerebrali adenosinergici calano per cui a 41-58 anni la caffeina non trova più lo stesso terreno fertile dei 20-27 anni e la sua azione di ostacolo all’induzione del sonno giocata sull’adenosina si fa sempre più blanda.
Architettura
Ma non è finita qui perché l’interpretazione dell’attività cerebrale rilevata dall’elettroencefalogramma con AI ha indicato che non è solo questione di diversa stimolazione recettoriale, ma anche di una diversa azione sull’architettura del sonno.
Dobbiamo partire dal concetto che il sonno ha una precisa sequenza di fasi che si susseguono ciclicamente con le loro tipiche onde di diversa frequenza: ogni notte si susseguono 4-6 cicli di sonno diversi della durata media di circa 90 minuti ciascuno.
Sogni
Alla fase di sonno non REM, prima leggero e poi più profondo, segue quella REM dei sogni. La sigla REM è l’acronimo di rapid eyes movements, cioè movimenti rapidi degli occhi che facciamo nel sonno seguendo le scene di ciò che stiamo sognando. Nella fase non REM mancano perché in quel periodo non sogniamo. Alla fine il ciclo torna a ripetersi fino al risveglio.
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MILANO – Sono 89.697.259 i bicchieri raccolti e avviati a riciclo in un anno considerando i dati di giugno 2025, (+22% rispetto a giugno ‘24), per un totale di 613 tonnellate di anidride carbonica risparmiate, attraverso RiVending il progetto di recupero e riciclo di bicchieri e palette in plastica (PS) e bottiglie in PET da distributori automatici voluto da Confida, Associazione italiana distribuzione automatica, Corepla e Unionplast.
Un risultato straordinario che dimostra come la sostenibilità possa essere semplice e concreta grazie all’impegno dei consumatori ai distributori automatici di pubbliche amministrazioni, aziende, scuole e università.
I numeri di RiVending sono in costante crescita: 16.051 i cestini collocati ad oggi (+15% vs giugno ’24), e quasi 3.000 le realtà coinvolte nel progetto (+16,5% rispetto a giugno ‘24).
Ad aziende ed enti virtuosi che effettuano la raccolta viene anche rilasciato un attestato ufficiale in termini di risparmio CO2, un importante strumento di riconoscimento che trova spazio anche all’interno dei bilanci di sostenibilità aziendale.
“Il nostro settore si impegna quotidianamente nel portare avanti progetti e iniziative sostenibili – commenta Massimo Trapletti, presidente di Confida – Dalla ricerca e sviluppo di tecnologie e innovazioni sostenibili per i distributori automatici, alle certificazioni di qualità, sino ai progetti sul territorio come RiVending che dimostra quanto possa essere facile fare la differenza per l’ambiente, anche durante una semplice pausa caffè al distributore automatico. Inoltre, i risultati sono potenzialmente ancora più positivi, poiché al momento siamo in grado di raccogliere i dati solo del 60% dei cestini installati in Italia”.
“Questo progetto ci dimostra come la collaborazione tra cittadini, imprese e istituzioni possa generare un valore ambientale reale e misurabile – dichiara Giovanni Cassuti, presidente di Corepla – Una filiera virtuosa e circolare, capace di trasformare un gesto quotidiano, come prendere un caffè al distributore, in un’azione sostenibile. I dati raccolti evidenziano l’efficacia del modello e rafforzano il ruolo centrale della responsabilità condivisa nelle politiche di economia circolare”
Tra le regioni italiane, la Lombardia mantiene il primato di più virtuosa con ben 1.938.839 bicchieri raccolti nel mese di giugno (+20% vs giugno 2024): si stima che entro l’anno in regione saranno raccolti oltre 21 milioni di bicchieri, circa il 24% del totale nazionale. Podio regionale invariato rispetto a giugno dell’anno scorso, con l’Emilia-Romagna che mantiene il secondo posto (1.567.452, +4,5%) e il Veneto al terzo (1.328.231, +19%).
L’Abruzzo, invece, ha quadruplicato il numero di bicchieri raccolti con un notevole incremento del 405% posizionandosi al quarto posto (998.972) scalzando il Trentino-Alto Adige, che scivola al quinto (734.421, +2%), e il Friuli-Venezia Giulia (723.178, +7%). Infine, chiudono la top ten con risultati sostanzialmente invariati rispetto al 2024, le Marche(239.005), la Sardegna (176.116), la Campania (141.208) e il Lazio (93.541).
Ma cosa succede alla plastica raccolta? Può essere riutilizzata in mille modi e in diversi ambiti: dall’edilizia ai mobili, dagli oggetti per la scuola o per gli amici a quattro zampe fino addirittura all’abbigliamento. In particolare, il polistirolo compatto dei bicchierini del caffè, è un ottimo isolante che può essere trasformato in cappotto termico per gli edifici o in nuovi prodotti per la casa come telai per cornici e tavoli da giardino.
Rivending ha anche trasformato il polistirolo dei bicchierini raccolti in una linea di ciotole per animali donandole ai canili dell’ENPA e in righelli, poi distribuiti a diverse scuole italiane. L’innovazione nel packaging, inoltre, ha permesso di utilizzare il polistirolo riciclato (R-Ps) per la produzione di nuovi bicchierini per il caffè e vasetti per lo yogurt.
Anche il PET, proveniente dalle bottigliette raccolte, è estremamente versatile al punto che è stato utilizzato per la creazione di diversi capi d’abbigliamento, oltre a dar vita a nuove bottigliette realizzate in PET riciclato (R-PET).
La scheda sintetica di Confida
Costituita il 13 luglio del 1979, Confida è, a livello nazionale, l’unica associazione di categoria che rappresenta i diversi comparti merceologici dell’intera filiera della Distribuzione automatica di alimenti e bevande. Aderisce a Confcommercio – Imprese per l’Italia e, nell’ambito UE, è partner di EVA (European Vending & Coffee Service Association).
L'Associazione cioccolato bean to bar Italia (immagine concessa)
CHIUSA (Bolzano) – Sabato 30 agosto 2025, nella suggestiva cornice della Sala Storica Walther a Chiusa (Bolzano), si terrà un evento unico dedicato al cioccolato bean to bar artigianale italiano, promosso dall’Associazione cioccolato bean to bar Italia. Sabato 30 agosto 2025, la città di Chiusa, in Alto Adige, ospiterà un evento speciale dedicato all’eccellenza del cioccolato artigianale italiano.
Nella suggestiva Sala Storica Walther, nel cuore della Città Alta, l’Associazione cioccolato bean to bar Italia (ACBI) organizza un pomeriggio di approfondimento e degustazione rivolto alla stampa e ai professionisti del settore.
Il programma si aprirà alle 13:30 con una degustazione guidata in cui ogni produttore membro dell’associazione presenterà una propria tavoletta, realizzata interamente a partire dalle fave di cacao.
Un’occasione per conoscere da vicino il lavoro artigianale di chi trasforma la materia prima in cioccolato, controllando ogni fase della produzione: dalla selezione delle fave di cacao alla tostatura, dalla raffinazione fino al temperaggio. Ogni tavoletta racchiude il sapere tecnico, la sensibilità gustativa e l’identità territoriale di chi la produce.
A seguire, intorno alle 16:00, il cioccolato incontrerà i vini bianchi della Cantina Kuenhof in un abbinamento guidato che metterà in dialogo acidità, mineralità e complessità aromatica. L’obiettivo è proporre un’esperienza sensoriale inedita, che superi la consueta idea di dolcezza e riveli le potenzialità del cacao artigianale nel confronto con grandi vini di montagna.
L’evento segna una delle prime uscite pubbliche dell’Associazione Cioccolato Bean To Bar Italia (ACBI), nata ufficialmente il 21 maggio 2024 ma frutto di un percorso avviato nell’ottobre 2023 durante Eurochocolate a Perugia.
In quell’occasione, un gruppo di artigiani e artigiane del cioccolato si è ritrovato accomunato dalle stesse passioni, difficoltà e dal desiderio comune di dare voce a una nuova generazione di produttori italiani, impegnati a lavorare il cacao in modo trasparente, etico e indipendente.
La missione di ACBI è quella di promuovere e far conoscere i cioccolatieri bean to bar in Italia, educando il pubblico sui processi produttivi e valorizzando le filiere di cacao sostenibili e tracciabili. L’associazione mira inoltre a creare una comunità di riferimento per chi lavora in questo settore, favorendo lo scambio di conoscenze, la condivisione di strumenti e la partecipazione a eventi di rilevanza nazionale e internazionale.
A Chiusa saranno presenti tutti i fondatori dell’associazione, nomi ormai noti nel panorama italiano del cioccolato artigianale. Tra questi, Armin Untersteiner e Katya Waldboth di Karuna Chocolate, Elisa Parriciatu e Juan Rafael Trigueros di VAICACAO, Dubraska Gonzalez e Johonny Spagnolo di Aroko Chocolate, Alberto Rubini di Bagai Cioccolato, Federico Dutto di LIM Chocolate, Marco Bertani di Cocoah! Chocolate, Sara Miante e Bruno Selvestrel di Nina Kakaw, Riccardo DePetris di Cioccolato del Monviso, Giacomo Banchini di Cioccolato Banchini, Paolo Riva di Riva Bean To Bar Chocolate e Sharon Terenzi, nota nel settore come The Chocolate Journalist.
L’evento è riservato alla stampa e ai professionisti del food & wine. I posti sono limitati e la partecipazione è soggetta a conferma. È possibile accreditarsi scrivendo all’indirizzo info@beantobar.it entro e non oltre giovedì 22 agosto.
Maggiori informazioni sono disponibili sul sito ufficiale dell’associazione, www.beantobar.it.
Per il mondo del cioccolato artigianale italiano, quello di Chiusa si annuncia come un momento importante: un’occasione di confronto, racconto e assaggio che vuole restituire al cacao il suo valore culturale e alla figura del cioccolatiere il suo ruolo di artigiano consapevole.
La catena orientale Luckin Coffee ha già surclassato la rivale Starbucks in Asia. Ora sbarca negli Stati Uniti lanciando proposte low cost contro il caro prezzi che dilaga nella Grande Mela. E l’intelligenza artificiale entra nel menù. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo di Valeria Robecco per La Repubblica.
Luckin Coffee a New York
NEW YORK – Dopo aver sfidato (e surclassato) Starbucks in Asia, la più grande catena del caffè cinese sfida il colosso di Seattle ‘in casa’, negli Stati Uniti, e sbarca nella Grande Mela. Luckin Coffee ha fatto in queste settimane il suo debutto americano con due aperture a Manhattan: una al 755 Broadway, nel Greenwich Village, e un’altra all’800 6th Avenue, a NoMad.
Offerte lancio, prezzi bassi e ordini solo via app sono le armi con cui l’azienda punta a conquistare i giovani Usa. A differenza dei bar tradizionali, i locali di Luckin sono progettati per un consumo veloce: per ordinare si usa il telefono, si paga principalmente in formato digitale, senza contanti, e nella maggior parte dei casi non ci sono tavoli.
La storia
Fondata nel 2017 a Xiamen, la catena si è sviluppata rapidamente proprio grazie a un modello incentrato su tecnologia e prezzi competitivi, e oggi conta oltre 22.000 negozi tra il gigante asiatico e Singapore.
L’azienda aveva già tentato di entrare nel mercato statunitense presentando una domanda di quotazione in borsa nel 2019, ma l’anno dopo è stata travolta da uno scandalo quando si è scoperto che i suoi profitti erano stati falsificati.
È stata ritirata dal Nasdaq, il suo presidente e Ceo sono stati licenziati, e ha pagato multe per oltre 350 milioni di dollari. Dopo la ristrutturazione tuttavia è tornata a crescere, tanto che nel 2023 ha raddoppiato il numero di negozi e aumentato il fatturato dell’87%.
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Localització_de_l'Alguer_respecte_de_Sardenya.svg: Ebrencderivative work: Yuma, CC BY-SA 2.5 , via Wikimedia Commons
MILANO – Milano, Roma, Firenze, le città dello specialty italiano. Qui le attività ultimamente sembrano aprire tutti i giorni e in ogni angolo. Ma anche nel Sud Italia i micro roaster e alcuni locali che hanno deciso di abbracciare la Terza onda, si fanno sentire. Rimane un po’ una zona d’ombra in un’altra parte dell’Italia che resta più isolata di tutto il resto – anche causa geografia -: come sta lo specialty in Sardegna? Esiste? Cresce? I turisti aiutano?
Giuseppe Musiu in piantagione (foto concessa)
Per poter formulare una possibile risposta, aprono le danze i due trainer Giuseppe Musiu e Davide Spinelli: entrambi hanno gettato delle basi in Sardegna, per poi lasciare l’isola. Un esempio di come molti professionisti formati si sono dovuti spostare per coltivare la propria carriera. Eppure, racconta Musiu: “Ogni settimana avevamo tantissimi corsisti che volevano formarsi come baristi. Si rivolgevano a noi perché sapevano che era un buon modo di trovare lavoro, parliamo di circa 150 corsisti all’anno. “
I baristi formati non mancano quindi, soprattutto con la richiesta di imparare la parte di caffetteria, latte art e in ultima anche nel brewing. Purtroppo però molto spesso: “Tantissimi, come noi, se ne sono andati via, alcuni invece sono diventati a loro volta dei formatori “racconta Musiu.
E la scena specialty?
Si è evoluta, ma molto lentamente. Eppure, c’è. Da Matrice con 1895 by Lavazza, nella pizzeria Framento, con lo specialty di Bugan Coffee Lab e in altre piccole realtà che acquistano questi prodotti come l’EXFABBRICA Aurora dove si può bere il caffè tostato da Gear Box, di Ditta Artigianale, di Bugan Coffee Lab e Orso Laboratorio. Poi c’è anche il ristorante Fradis Minoris, che usa lo specialty in capsule. Negli ultimi anni, qualche cosa si sta muovendo e dopo i tentativi di alcuni imprenditori, la gente inizia a chiedere, a comprendere.
Andrea Bellisai durante uno dei suoi servizi (foto concessa)
Come racconta anche il formatore Andrea Bellisai, non tutto è perduto:” In Sardegna lo specialty sta uscendo dalla nicchia: sempre più baristi e clienti si domandano che caffè stanno bevendo. Sto tenendo tanti corsi sul brewing e inserendo il filtro in diverse caffetterie che seguo da consulente: ora si semina cultura partendo dalla formazione.”
Spinelli immerso nella piantagione, foto concessa da Davide Spinelli
Tuttavia Spinelli precisa: “Non ci sono però ancora i volumi tali da sostenere questa svolta in maniera significativa”.
Ma perché in Sardegna ancora lo specialty non ha preso piede nonostante la sua forte vocazione turistica?
Una delle ragioni, spiega Spinelli, è riconducibile al fatto che i turisti non sono abbastanza per rendere sostenibile un’attività concentrata solo sullo specialty: la stagionalità del turismo e lo spostamento verso le mete balneari, allontanano questa clientela dai coffee shop in città. Non avere quindi un bacino d’utenza importante e il non poter contare su una potenza economica alle spalle per poter superare il primo periodo di rodaggio, sono fattori determinanti.
“Nei primi mesi – confessa Spinelli – bisogna quasi regalarlo lo specialty. Non tutti però possono reggere questa fase”.
I numeri non ci sono quindi. E neppure la cultura del caffè: le torrefazioni arrivano con il sistema dei finanziamenti e questa logica ancora è molto presente su tutto il territorio sardo. Musiu aggiunge: “Finché persone come me e Davide Spinelli sono rimaste, si creavano delle occasioni di incontro con le persone. Ora eventi di questo tipo, con l’obiettivo di educare il consumatore finale, sono mancati. Si sente un po’ l’assenza di un’azione più incisiva da parte delle associazioni.”
Una seconda spiegazione sul lento sviluppo di questa nicchia, arriva da Andrea Pettinari, titolare del Caffè dell’arte Specialty Coffee di Cagliari:
Andrea Pettinari alla macchina credits Gianmarco Garau
“Senza i turisti, l’attrattiva degli specialty non è altissima. Le due caffetterie presenti a Cagliari, noi ed Eva Coffee&Wine lavorano al 97% con clienti non locali. Di questa percentuale, la maggioranza non è italiana (salvo i pochi appassionati). Non vedo un vero e proprio decollo di questo prodotto.
Siamo pochi professionisti, tanti appassionati che però non consumano fuori casa, ma più a casa. Al bar si chiede ancora il classico espresso con Robusta tostato scurissimo. Il gusto dell’italiano medio è difficile da scalzare ancora. Qualche ristorante lo acquista da noi, altri locali ci provano, ma senza l’adeguata preparazione per estrarlo in maniera corretta è quasi inutile.”
E, chiamata in causa, condivide la sua esperienza anche Lucy, di Eva Coffee&Wine: “In Sardegna lavoriamo da appena due anni — ad agosto festeggeremo questo piccolo anniversario.
Lucy, di Eva Coffee&Wine (foto concessa)
Quando ho iniziato a pensare a una nuova caffetteria qui, pensavo di rivolgerci principalmente ai turisti, una clientela che già conosceva il caffè filtrato, il matcha, alternative vegetali al latte, e naturalmente lo specialty.
Ma grazie al lavoro quotidiano che portiamo avanti fianco a fianco con i nostri amici di Caffè Dell’Arte, tostatori sardi di specialty coffee, l’interesse verso questa cultura è cresciuto anche tra i locali.
Oggi tanti clienti sardi sono diventati affezionati: vengono con amici e famiglie, fanno domande, assaggiano, comprano i chicchi da portare a casa. Alcuni tornano dai loro viaggi con caffè particolari da farci provare — ed è forse questo il segnale più bello di un dialogo che cresce.
Possiamo dire con gioia che anche in Sardegna la cultura del caffè si sta evolvendo. Forse più lentamente rispetto ad altri luoghi, ma con autenticità e apertura.
Molti stanno scoprendo nuovi sapori e nuovi modi di vivere la pausa caffè. E noi siamo qui proprio per questo”.
Qualcosa però si sta aprendo negli ultimi tempi: alcuni giovani che dopo aver viaggiato e vissuto a lungo all’estero, sono voluti tornare e proporre un nuovo modo di consumare il caffè.
Gianluca Mereu (foto concessa)
Questo è l’esempio di Gianluca Mereu, Essentzia coffee Project, con 12 anni sul campo, 10 dei quali tra Dublino e l’Australia, diventato direttore esecutivo di 9 caffetterie e una torrefazione, Essentzia Coffee: “Oggi lo specialty in Sardegna è una nicchia molto ristretta, con attività che lo spingono poco. Senza dubbio ancora non c’è una rete e un punto di congregazione che faccia unione attorno a questo prodotto. Eppure questa sarebbe la chiave per ispirarsi a vicenda, stimolare la crescita del settore.
Questo per me da una parte è una sfida: intravedo il potenziale nella nostra Isola, un territorio che è legato molto alla qualità del cibo e delle bevande che proponiamo, alle realtà artigianali. “
Necessaria anche una mentalità imprenditoriale, che ponga basi chiare per capire come migliorare il proprio locale. E così che Mereu ha impostato il suo prossimo progetto, in un locale di 95 metri quadri con sede in via Santa Gilla a Cagliari. Una micro roastery aperta a tutti con annesso un centro di formazione ed un corner di rivendita di caffè in cui acquistare caffè tostato in grani o macinato sul momento. Ci sono voluti anni di studio di mercato e della clientela.
“Bene focalizzarsi sui turisti, ma non si può prescindere dall’intercettare i locals che spesso hanno viaggiato tanto e ora stanno rientrando“, conclude Mereu.
E per chi si chiedesse se lo specialty coffee sull’isola debba scontrarsi anche con la logistica, la risposta è sì. Mereu ad esempio deve considerare le spese dei trasporti che sono sostanziali (150 euro a pallet in più circa rispetto alla Penisola. Inviarlo a Milano costa sui 220 euro, mentre 360 euro a Cagliari). “In Sardegna la SCA è pressoché inesistente e se ne sente la mancanza.”
Altro tassello per completare il quadro arriva da Michela Pilia Horeca Sales Costadoro su tutto il sud Sardegna e Cagliari nello specialty
Michela Pilia (foto concessa)
La sua testimonianza pone al centro il tema del personale formato o almeno appassionato e dei pochi titolari disposti a introdurre questo tipo di proposta. Spiega Michela: “Già chi sceglie Costadoro fa un ragionamento legato ad un prodotto di qualità ed è in questi posti che abbiamo potuto riscontrare una risposta positiva da parte dei consumatori.” Da barista e da agente però, ha potuto constatare che uno dei problemi maggiori sono proprio gli operatori: una volta che l’imprenditore è d’accordo, si deve poter contare sul lavoro congiunto del barista che però spesso non vuole aggiornarsi o formarsi. Anche in contesti più virtuosi, lo specialty incontra l’ostacolo di chi deve prepararlo.”
Dall’altra parte del bancone, Michela racconta invece un cittadino cagliaritano ora più pronto a sperimentare. “Tre persone su 10 vogliono provare lo specialty. La curiosità non manca.”
I nomi di posti che hanno deciso di investire spuntano fuori anche in questo caso, a partire da La Padaria, con un locale a Cagliari e uno a Quartu, dove si punta sulla rivendita di specialty e monorigine, macinato e in grani, per filtro, per espresso. Il Good sempre a Cagliari dove si usa la chemex, e la french press. Il Coco bar di Capoterra, un paesino in cui nonostante le dimensioni ridotte, ogni mese ruota la proposta con il v60.
“Anche a Nord, ci sono dei bar che hanno introdotto lo specialty. Come La Figlia del Professore. “La chiave per Michela sarebbe innanzitutto una buona selezione di clienti.
E a proposito di Nord Sardegna, anche il trainer Francesco Masala ha da dire la sua:
Francesco Masala con la moka (foto concessa)
“La gente si sta avvicinando alle bevande alternative, fredde, alle soluzioni vegane. Lo specialty viene traghettato di conseguenza da questo trend e usato come ingrediente per diverse ricette come l’iced coffee, l’iced latte oppure la preparazione con la moka. Va tutto di pari passo. Queste tendenze stanno portando ad un ammodernamento dell’offerta e questo può aprire le porte allo specialty, ancora però non proposto come soluzione principale da servire in espresso. Oggi è un modo per parlare di caffè di qualità, di estrazioni alternative, di coffee experience estemporanee.”
Matteo Pianta si unisce alla conversazione
Matteo Pianta e il pasticcere toscano Gabriele Gianbastiani (foto concessa)
Anche lui tornato dall’estero, dopo anni a Parigi dove ha trattato soltanto specialty, a Cagliari, conferma che una piccola fiamma si è accesa. Da Matrice, Gabriele Gianbastiani’s story, si occupa del reparto caffetteria con la linea 1895 by Lavazza in una carta dove poter selezionare miscela, monorigine, filtro, espresso. Da metà febbraio, una bella novità per la città. “Anche i locali stanno dando ottimi riscontri, nonostante la diversità della tazza servita. Tutto sta in una comunicazione semplice.”
Lo spazio per inserire questo prodotto c’è. Lo dimostra il fatto che un pasticcere dalla toscana ha scelto di proporre lo specialty in un posto come Cagliari e l’idea in prospettiva è di inserire nell’offerta anche gli specialty di altri micro roasters.
Quindi, in conclusione, che dire?
Il quadro dello specialty in Sardegna non è tra i più evoluti, ma non è neppure completamente a zero come si potrebbe pensare in un primo momento. Che passi dall’evoluzione degli stessi professionisti che decidono di restare sul territorio, così com’è avvenuto con i sommelier del vino, o che avvenga tramite l’educazione del consumatore finale, ricordiamo le frasi di Musiu al termine della chiacchierata: “Bisogna fare attenzione a dove investire e probabilmente Cagliari è l’avamposto in cui iniziare con un’attività che non si basi esclusivamente sullo specialty. Secondo me, ora i tempi sono più maturi per provare a investire”.
Fin qui potrebbero essere sfuggiti dei nomi, delle realtà, delle situazioni che stanno promuovendo lo specialty sul territorio sardo, ma trattandosi di una nicchia è ancora difficile tenere traccia di tutti: ma il messaggio è che non è tutto completamente immobile e si può sempre aggiungere qualche voce alla lista qua stilata. Anzi, è possibile prendere questa possibilità, quasi come un augurio per il futuro.
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