MILANO – Ci sono posti come la Pasticceria Rovida, vicino alla Stazione Centrale in Via Domenico Scarlatti 21, che esistono da anni a servizio degli avventori di passaggio e abituali: questa attività storica che è pasticceria, bar, gastronomia, è guidato oggi da Caterina e Maria Grazia Rovida, che raccontano le origini e le evoluzioni di un luogo milanese da visitare.
Rovida è una bottega storica, ma come si fa, rimanendo attuali e come si traduce in pasticceria?
“Per noi, essere una bottega storica significa portare avanti un’eredità e un valore profondo. Questo si traduce nel mantenere ricette tradizionali intatte, come la nostra crema e la nostra frolla, entrambe ereditate e che rappresentano la base della nostra pasticceria. Queste ricette creano una continuità con il passato, evocando ricordi d’infanzia e soddisfacendo le aspettative di chi conosce la Pasticceria Rovida dai tempi degli anni Sessanta.
Al contempo, restare attuali è cruciale. Questo significa adottare una comunicazione moderna attraverso i social media, avere un sito web che racconti chi siamo oggi e adattarci ai gusti di una clientela più ampia, inclusi i visitatori stranieri grazie alla nostra posizione strategica vicino alla Stazione Centrale. Offriamo anche una gamma di prodotti per intolleranze e diete moderne, mantenendo sempre la genuinità e l’eccellenza dei nostri sapori.”
Tutto al femminile: cosa ci raccontate dal vostro punto di vista di donne al comando di un’attività storica di Milano?
“Essere un’attività interamente al femminile ci aiuta a essere empatiche e flessibili nel cogliere i cambiamenti rapidi del mondo. Siamo Maria Grazia, che si occupa del negozio dei clienti e delle ordinazioni io, Caterina, che gestisco il laboratorio, e mamma Grazia, un pilastro in negozio. La nostra forza sta nella capacità di trovare rapidamente soluzioni, come durante periodi difficili (periodo Covid), quando abbiamo introdotto servizi online e consegne a domicilio.
Il fatto di essere donne nel nostro settore porta con sé una visione unica e un approccio innovativo. La nostra presenza femminile ci porta a guardare avanti, a perseguire nuove idee e a reinterpretare le tradizioni con creatività. Ma il nostro successo non è solo merito individuale; è frutto di un’équipe di lavoro equilibrata, che valorizza la collaborazione tra il femminile e il maschile.
Lavoriamo fianco a fianco con uomini che comprendono e sostengono le nostre molteplici richieste, partecipando attivamente alla crescita del nostro progetto. Questa sintonia crea un ambiente di lavoro dinamico, dove ci si impegna costantemente a migliorarsi. La diversità di approcci e pensieri stimola la nostra creatività e ci consente di affrontare le sfide in modo innovativo. È proprio grazie a questa sinergia tra le energie femminili e maschili che riusciamo a mantenere un obiettivo comune: offrire prodotti di alta qualità che parlano della nostra passione per la pasticceria.”
Com’è la colazione di pasticceria Rovida?
brioche semplici (foto concessa)
“La colazione da Rovida è stata un nostro punto forte sin dagli anni Sessanta, grazie alla signora Palmira Rovida, la fondatrice, che ha unito la pasticceria con il bar. Oggi, la nostra offerta si è ampliata per includere cappuccini con diverse alternative al latte e una selezione di brioche e torte che rispettano varie esigenze dietetiche. Manteniamo salda la tradizione, ma ci evolviamo per soddisfare i gusti e le richieste di ogni cliente, continuando a offrire una colazione che è un’esperienza unica e gratificante.
La nostra colazione si distingue per l’uso di lievito madre, che rappresenta la tradizione, e per ingredienti di alta qualità, come la vaniglia del Madagascar. Partiamo da basi solide e utilizziamo una lavorazione artigianale, infondendo sempre tanta fantasia nei nostri prodotti. Questo approccio ci consente di esplorare nuove tendenze, ad esempio con la creazione di brioche vegane e senza lattosio, ma senza compromettere la qualità.
Inoltre, offriamo anche colazioni salate, come bagel e tramezzini con prosciutto, e snack particolari fatti con pasta brioche sfogliata condita come una pizza con pomodoro, mozzarella e basilico, perfette per soddisfare i gusti di tutti, italiani e stranieri.”
Chi viene da voi?
Dentro la Pasticceria Rovida (foto concessa)
“Abbiamo un pubblico molto eterogeneo. Tra i nostri clienti ci sono giovani golosi, studenti che si fermano per una colazione o un aperitivo serale, professionisti che lavorano al computer e gustano un gelato mentre fanno una pausa. Ci sono anche signore che si incontrano nel pomeriggio per scambiare due chiacchiere accompagnate da una fetta di torta o arrivano con i nipotini per una merenda.
Molti impiegati e professionisti nelle vicinanze si fermano per un pranzo sano o un aperitivo, e stranieri che cercano prodotti tipici. La nostra posizione strategica vicino alla Stazione Centrale ci consente di accogliere una vasta gamma di clienti, rendendoci un punto di riferimento per tutti.”
Ci raccontate la scelta di caffè e macchinari? Quanto è importante la caffetteria in una pasticceria in un punto nevralgico come la zona di Stazione Centrale?
“Utilizziamo la migliore miscela di Musetti, composta per il 90% da arabica e per il 10% da robusta e la vendiamo a 1 euro e 30, preparato con una Cimbali M100. Questa combinazione non solo ci garantisce una stabilità nell’erogazione, ma anche un sapore ricco e avvolgente, con un retrogusto piacevole che sa di buono e mai di bruciato. È fondamentale per noi mantenere una macinatura manuale, poiché l’uso di macinatrici elettriche rallenterebbe troppo il nostro ritmo, specialmente nei momenti di maggiore affluenza.
Il caffè ha un’importanza centrale nella nostra pasticceria, non solo come bevanda, ma come vera e propria esperienza. Diverse persone arrivano alla Pasticceria Rovida esclusivamente per gustare il nostro caffè. Siamo grandi appassionati di questa bevanda e sappiamo che un caffè di qualità è quello che lascia un ricordo indelebile, invogliando i clienti a tornare.
Molti dei nostri avventori, tra cui coloro che magari seguono diete rigorose, non riescono a resistere alla tentazione di un buon caffè e tornano spesso, anche più volte al giorno. Integrare la nostra miscela Musetti nei nostri dolci è una scelta naturale: la utilizziamo per il nostro gelato al caffè, per il delizioso tiramisù e perfino nella nostra recente colomba al caffè. Inoltre, offriamo anche un caffè all’americana preparato con infusore, per chi desidera un’alternativa all’espresso italiano.
La cura con cui selezioniamo il nostro caffè si riflette in ogni cappuccino che serviamo. Ogni tazza è preparata con attenzione, capace di esaltare la cremosità e il profilo aromatico, trasformando un semplice momento di pausa in un’esperienza gustativa speciale. Crediamo fermamente che un buon caffè non sia solo una bevanda, ma un rituale che arricchisce la nostra quotidianità e quella dei nostri clienti.”
MILANO – I mercati del caffè girano al ribasso nella prima seduta della settimana: ieri, lunedì 21 luglio 2025, entrambe le borse hanno virato in territorio negativo scendendo sotto importanti soglie psicologiche. Le perdite maggiori le ha subite Londra: il contratto per scadenza settembre dell’IceRobusta ha lasciato infatti sul terreno, a fine giornata, il 4,8% terminando a 3.187 dollari, ai minimi dai primi giorni di marzo dell’anno scorso.
A New York, il contratto per scadenza settembre dell’IceArabica ha perso invece il 3,8% tornando sotto la soglia dei 3 dollari e chiudendo a 291,95 centesimi.
La settimana trascorsa aveva visto entrambi i mercati in parziale ripresa.
A New York, il contratto per scadenza luglio dell’Ice Arabica aveva chiuso, venerdì 18 luglio, in ribasso dell’1,2%, a 303,60 centesimi. Quasi il 6% in più comunque rispetto all’ultima chiusura della settimana precedente (286,50 centesimi, venerdì 11 luglio).
A Londra, il contratto per scadenza settembre aveva guadagnato l’1,1% chiudendo la settimana in ripresa del 4,1% rispetto all’ottava precedente.
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Cold Coffee Ethiopia Hambela di I.M.S (immagine concessa)
BRESCIA – Con l’estate arriva il momento del caffè freddo. In spiaggia, sotto casa in città o nelle giornate di calura, il caffè freddo è una tradizione che regione per regione ha trovato negli anni la sua storia. In Italia, il caffè freddo è una bevanda molto diffusa, disponibile in diverse varianti, tra cui il classico caffè con ghiaccio, shakerato e il “caffè leccese” con latte di mandorla.
Nelle città dei caffè la tradizione rimanda a ricette ancora più complesse, come il Bicerin torinese, o il mezzo freddo siciliano, passando per il caffè salentino e fino al Moretta nelle Marche.
L’Istituto espresso italiano (Iei) ha voluto ripercorrere la storia regionale dell’espresso in estate chiedendo alle proprie aziende sparse in tutto lo Stivale di proporre la propria versione rivisitata.
Le otto ricette della tradizione rivisitate da Iei e da rifare anche a casa. Costadoro propone l’After Eight Sabaudo, un omaggio ai sapori dell’infanzia e alle merende di una volta, reinterpretato in chiave contemporanea.
La Genovese propone la “Crema Nêa”, una rivisitazione della soluzione secolare tutta ligure: si chiama Panera, ed è una ricetta storica nata nell’Ottocento nei caffè genovesi. A metà strada tra un gelato e una crema, la panera che prende questo nome dal dialetto “panna nêa”, ovvero panna nera, è l’alternativa fredda al caffè che ci offre la tradizione Ligure. Una bevanda antica, tipicamente invernale, nata nell’800 a Milano e composta da caffè espresso, cioccolata, zucchero e panna montata: è la Barbajada riproposta da Caffè Milani in chiave moderna come dessert al bicchiere perfetto per la stagione estiva. La Cold Coffee Ethiopia Hambela è la ricetta che salta i confini proposta da I.M.S. con un caffè proveniente dalla regione di Guji, in Etiopia, coltivato da piccoli agricoltori locali a 2000 metri di altitudine e lavorato con il metodo lavato.
Questo espresso freddo racchiude tutta la freschezza e l’intensità aromatica di un caffè unico, ideale per chi cerca un’esperienza nuova e raffinata. Rancilio Group ritorna sulla traduzione del nord e propone la versione 4.0 del Caffè Shakerato alla Zesta di Limone interpretata dal loro Coffee Competence & Product Manager, Carlos González Antequera. La tradizione triestina dei caffè della città è riportata da La San Marco che propone “Capo in B freddo”, una versione estiva del celebre capo in B triestino (cappuccino in bicchiere), molto apprezzata nelle giornate più calde per la sua delicatezza e cremosità.
In un’estate dove il desiderio di bevande fresche e innovative è sempre più forte, Mokador propone una ricetta che unisce la tradizione del caffè italiano con un tocco di modernità e gusto: il caffè estivo al pistacchio. Consigliato dalla tarda mattinata al dopo cena il Caffè San Marco, la ricetta estiva proposta da Antonio Vinci, Personal Bar Trainer e formatore Essse Caffè.
Le ricette
Piemonte – After Eight Sabaudo – Costadoro
Costadoro presenta l’After Eight Sabaudo, la sua ricetta estiva estremamente fresca e super piemontese. Un omaggio ai sapori dell’infanzia e alle merende di una volta, reinterpretato in chiave contemporanea. Perfetta per le giornate calde e per una pausa ricca di gusto, è una proposta alternativa da inserire nei menù estivi di bar e caffetterie.
After Eight Sabaudo (immagine concessa)
Ingredienti (per 1 porzione)
1 cucchiaio di Iced Chocolate Costadoro
200 ml di latte fresco o bevanda vegetale
30 ml di sciroppo alla menta Fabbri
ghiaccio q.b.
1 cucchiaino di caffè solubile Costadoro 100% Arabica
2 foglioline di menta fresca come guarnizione
Liguria – Crema Nêa – La Genovese
Quando l’estate si fa sentire, il desiderio di qualcosa di fresco prende il sopravvento.
Ma per chi ama il caffè, rinunciare all’espresso è quasi un’eresia. In Liguria, la soluzione la conosciamo da oltre un secolo: si chiama Panera, ed è una ricetta storica nata nell’Ottocento nei caffè genovesi, quando il gelato era ancora un lusso e la creatività culinaria italiana sapeva già sorprendere.
Crema Nêa (immagine concessa)
A metà strada tra un gelato e una crema, la panera che prende questo nome dal dialetto “panna nêa”, ovvero panna nera, è l’alternativa fredda al caffè che ci offre la tradizione Ligure.
Oggi Matteo Borea la ripropone con i caffè espresso La Genovese, per valorizzare la tradizione del territorio a cui la torrefazione è profondamente legata e riportare in voga un’alternativa fresca ma che soprattutto sa di caffè.
Come preparare la “Panera La Genovese” rinominata da noi de La Genovese Crema Nêa.
Ingredienti
2 tazzine di miscela per espresso Oro La Genovese
250 ml di panna fresca
70 g di zucchero
1 cucchiaio raso di zucchero a velo (facoltativo)
decorazioni: chicchi di caffè o cioccolato fondente in scaglie
Preparazione
Preparare due tazze di espresso circa 60 ml e lasciarle raffreddare, in una ciotola unire la panna fresca e lo zucchero, una volta raffreddato unire anche il caffè delle due tazzine. Mescolare fino ad ottenere una crema liscia, dopodiché mettere il composto in freezer e mescolare ogni mezz’ora per 3 ore circa per evitare la formazione di cristalli e rendere la consistenza spumosa. Dopo circa 3 ore la Panera è pronta per essere servita con decorazioni a piacere.
Autore: Matteo Borea
Lombardia – Barbajada – Caffè Milani
Una bevanda antica, tipicamente invernale, nata nell’800 a Milano e composta da caffè espresso, cioccolata, zucchero e panna montata: è la barbajada.
La Barbajada (immagine concessa)
Oggi Caffè Milani vuole riproporre questa ricetta in chiave moderna come dessert al bicchiere perfetto per la stagione estiva.
Ingredienti (per 2 bicchieri)
100 ml di caffè espresso “Gran Espresso”
100 ml di cioccolata fondente a temperatura ambiente
50 ml di latte freddo
Panna montata fresca
Cubetti di ghiaccio
Cacao amaro per decorare
Zucchero (opzionale, solo se desiderato
Preparazione
In uno shaker inserire: espresso, cioccolata fredda, latte/panna
Shakerare per ottenere una bevanda schiumosa, liscia e fredda
Versare nei bicchieri freddi
Guarnire con panna montata fresca e una spolverata di cacao amaro
Servire
Autore: Andrea Piccoli – ambassador e trainer di Caffè Milani
Lombardia – Cold Coffee Ethiopia Hambela – I.M.S.
L’ambizione di I.M.S. in una panoramica di ricette legate al territorio, è quella di andare oltre la sola riscoperta delle ricette locali: vogliamo aprire la mente a nuove intuizioni e viaggi, abbracciando influenze internazionali e proponendo un espresso freddo che nasce dall’incontro tra tradizione italiana e i tesori di altre terre.
Per questo motivo proponiamo la ricetta Ethiopia Hambela, un caffè di altissima qualità proveniente dalla regione di Guji, in Etiopia, coltivato da piccoli agricoltori locali a 2000 metri di altitudine e lavorato con il metodo lavato. Questo espresso freddo racchiude tutta la freschezza e l’intensità aromatica di un caffè unico, ideale per chi cerca un’esperienza nuova e raffinata, che guarda al futuro senza dimenticare le profonde radici della tradizione del caffè espresso.
I chicchi vengono tostati con cura e maestria presso la torrefazione Hub Coffee Lab di Desenzano, un laboratorio artigianale riconosciuto per l’attenzione alla qualità e la passione per le origini distintive di ogni singolo chicco.
Per la preparazione di questa ricetta utilizziamo il filtro per macchine espresso ALL IN ONE di E&B Lab, un innovativo strumento che permette di realizzare una grande varietà di ricette con un unico filtro, grazie a un design ingegnerizzato per ottimizzare l’estrazione del caffè. Questo filtro è studiato per garantire un flusso d’acqua uniforme e una distribuzione costante, migliorando l’estrazione degli aromi e dei sapori, e permettendo così di esaltare le peculiarità di ogni miscela.
Nel nostro caso, grazie al filtro ALL IN ONE, abbiamo ottenuto un espresso dal corpo leggero ma ricco di intensità aromatica, con una spiccata acidità e una freschezza straordinaria. Queste caratteristiche rendono la bevanda perfetta per essere servita fredda, offrendo un’esperienza rinfrescante e avvolgente, ideale per l’estate e per chi ama esplorare nuovi orizzonti sensoriali attraverso il caffè.
Consiglio di degustazione:
Aggiungendo acqua tonica al nostro espresso freddo ottenuto con il filtro ALL IN ONE, si crea un delizioso Espresso Tonic, una bevanda fresca, frizzante e leggermente amara, perfetta come dopo cena d’estate.
Origine: Ethiopia, Washing station Hambela
Produttore: Smallholders farmer
Regione: Guji
Altitudine: 2000 m s.l.m.
Varietà: Heirloom
Processo: Lavato
Filtro: FILTRO B702TH28/ONE
Gr in: 20 g
Gr out: 50 g
Tempo di estrazione: 30 secondi
TDS: 7,75
% di estrazione: 19,37
Profilo sensoriale e note di degustazione
Aroma: 8
Dolcezza: 7
Acidità: 6
Amarezza: 1
Retrogusto: 8
Note di degustazione: pesca bianca, bergamotto, pompelmo rosa.
Autrice: Simona Rey HubCoffee Lab – I.M.S. brand ambassador
Lombardia – Caffè shakerato alla zesta di limone – Rancilio Group
Caffè shakerato alla zesta di limone (immagine concessa)
Condividiamo la ricetta del caffè shakerato tradizionale lombardo leggermente rivisitata da Carlos González Antequera, coffee competence & product manager:
Ingredienti
1 espresso caldo (circa 30 ml, meglio se intenso)
4-5 cubetti di ghiaccio
1-2 cucchiaini di zucchero liquido (o sciroppo di zucchero)
1 limone
Preparazione
Preparare l’espresso caldo e molto intenso (anche doppio espresso).
In uno shaker mettere il ghiaccio e lo zucchero liquido
Versare sopra il caffè caldo appena estratto.
Agitare energicamente per circa 15-20 secondi. Lo shaker deve raffreddarsi al tatto. Si formerà una schiuma densa e cremosa grazie all’emulsione tra zucchero e caffè caldo a contatto col ghiaccio.
Filtrare e versare in una coppa da cocktail (meglio se freddo) trattenendo il ghiaccio.
Servire subito, con la caratteristica schiuma in superficie.
Se apprezzato, è possibile aggiungere un tocco d’olio essenziale della scorza di limone e lasciare la scorza come decorazione.
Friuli-Venezia Giulia – Capo in B freddo – La San Marco
La scelta ricade sul “Capo in B freddo”, una versione estiva del celebre capo in B triestino (cappuccino in bicchiere), molto apprezzata nelle giornate più calde per la sua delicatezza e cremosità.
Capo in B freddo (immagine concessa)
Ingredienti (per 1 porzione)
1 espresso (circa 25 ml), preferibilmente di tostatura media
70 ml di latte freddo
3–4 cubetti di ghiaccio
Zucchero (facoltativo, ma nella tradizione triestina… è assente!)
1 bicchiere basso e trasparente
Preparazione
Preparare un espresso con macchina tradizionale (meglio ancora se una LaSanMarco).
In uno shaker o in un barattolo con tappo, versa i cubetti di ghiaccio e il latte freddo.
Aggiungi l’espresso caldo direttamente nel mix e agita energicamente per 10–15 secondi, finché si forma una leggera schiuma in superficie.
Versa il contenuto, ghiaccio incluso, in un bicchiere basso trasparente: il classico bicchiere da capo in B.
Se lo desideri, puoi aggiungere zucchero… ma per rispettare la tradizione triestina, meglio gustarlo amaro!
Emilia-Romagna – Caffè estivo al pistacchio – Mokador
In un’estate dove il desiderio di bevande fresche e innovative è sempre più forte, Mokador propone una ricetta che unisce la tradizione del caffè italiano con un tocco di modernità e gusto. Questa preparazione, ispirata alle bevande fredde a base di caffè e latte, è perfetta per stupire i tuoi ospiti o semplicemente per coccolarti con una delizia rinfrescante e dal carattere deciso, ma allo stesso tempo delicato.
Il caffè al pistacchio (immagine concessa)
Ecco come prepararla utilizzando una Mug da 320 ml.
Ingredienti (per una Mug da 320 ml)
Caffè: Un espresso, (consigliato anche un doppio espresso per una maggiore intensità aromatica)
Latte magro vaccino zero grassi, ben freddo, o bevanda vegetale sempre ben fredda (consiglio latte di avena o mandorla)
Salsa al pistacchio: 25 ml
Ghiaccio a cubetti
Preparazione
Prepara il caffè: Estrai il caffè (25 o 50 ml) in una piccola brocca e lascialo raffreddare leggermente.
Versa il caffè: Trasferisci il caffè nella Mug in cui servirai la bevanda e aggiungi 130 ml di acqua fredda e 60 gr di ghiaccio.
Prepara la base cremosa: In un mixer per frappè (o un frullatore), versa il latte ben freddo e la crema al pistacchio. Se desideri una consistenza più densa e avvolgente, Aziona il mixer per 20-25 secondi, fino a ottenere una crema liscia e vellutata.
Componi il tuo drink: Versa delicatamente il composto di latte e pistacchio sul caffè, creando uno splendido effetto visivo a strati.
Emilia-Romagna – Caffè San Luca – Essse Caffè
Caffè San Luca (immagine concessa)
Ingredienti
10 g. di Caffè Borghetti
10 g. Bayles
1 Espresso Masini lungo
3/4 cubetti di ghiaccio
Latte 0 grassi
Preparazione, in un tumbler basso versare
10g di Caffè Borghetti
10g di Baileys
1 Espresso lungo Masini
Aggiungere 3 cubetti di ghiaccio cristallino
Fare un’orange twist con scorza di arancio
Montare a freddo il latte zero grassi
Colmare il bicchiere
Aggiungere 3 chicchi di Miscela Masini
Consigliato dalla tarda mattinata al dopo cena.
Autore: Ricetta di Antonio Vinci, Personal Bar Trainer e formatore Essse Caffè
Luigi Odello, presidente dell’Istituto internazionale assaggiatori caffè e amministratore delegato dell’Istituto nazionale espresso italiano, spiega le proprietà dei principali composti azotati nel caffè, tra cui: le poliammine, gli amminoacidi, le proteine, la caffeina e la trigonellina. Leggiamo di seguito il suo intervento da un estratto del libro Espresso Italiano Roasting e pubblicato sul sito Coffee Taster.
La chimica del carbonio
di Luigi Odello
MILANO – “La chimica del carbonio, quando entra in scena l’azoto, diventa la chimica della vita: basti pensare alle proteine e al dna, la nostra memoria genetica.
Nel caffè i composti azotati sono tra i maggiori elementi caratterizzanti della bevanda, e questo non solamente perché annoverano la caffeina. Vediamo i principali.”
Poliammine
“Sono naturalmente presenti nel caffè verde in quanto fattori di crescita cellulare, anche se non hanno nomi molto appetibili. Sono infatti poliammine la spermina, la spermidina, la cadaverina e la putrescina.”
Amminoacidi
“Su un chilo di caffè privato della sua umidità, il peso degli amminoacidi è di ben 100 grammi, poco più, poco meno. Di questi il 5% circa è rappresentato da quelli liberi, ma alcuni autori riportano che nell’Arabica possiamo trovare anche 20
grammi per chilo di questa frazione.
I più importanti sono: alanina, arginina, acido aspartico, asparagina, cisteina, acido glutammico, glicina, istidina, 3-metilistidina, isoleucina, leucina, acido-γ-amminobutirrico, lisina, metionina, fenilalanina, prolina, serina, treonina, tirosina, valina, triptofano, acido pipecolico.”
Proteine
“Le proteine, formate dall’unione di più amminoacidi, rappresentano dal 9 al 13% dei costituenti del caffè verde.”
Caffeina
“La chimica la chiama con un nome più impegnativo – 1,3,7-trimetilxantina – ma comunque la si voglia denominare rimane l’alcaloide più caratterizzante del caffè e anche uno dei componenti ai quali dobbiamo una delle funzioni fisiologiche più importanti. Nel caffè è presente in percentuali che possono variare da meno di uno a oltre quattro.”
Trigonellina
“È un altro alcaloide presente nel caffè. A questo composto la scienza galenica ascrive proprietà stimolanti dell’appetito, ipoglicemiche, antispasmodiche; immuno-stimolanti, diuretiche e persino afrodisiache. È presente nel caffè verde in percentuali oscillanti tra 0,3 e 1,3%.”
Correlazioni tecnologiche e termocomportamento
“Nelle tostature piene le poliammine presenti nel caffè si degradano quasi totalmente evitando che il prodotto possa risentire sensorialmente della loro presenza e del carattere sensoriale poco gradevole di cui sono portatrici.
Per quanto riguarda gli amminoacidi, pare che alcuni siano addirittura correlati con la varietà (arginina, alanina e acido pipecolico), e di sicuro c’è una correlazione diretta tra il contenuto di queste sostanze e l’indice di maturità.
In tostatura alcuni amminoacidi sono stabili, mentre altri (in particolare arginina, cisteina, lisina, serina e treonina) sono ridotti ad aldeidi in quella che viene comunemente chiamata degradazione di Strecker (la troviamo anche per quanto riguarda l’imbrunimento degli zuccheri). Anche la reazione di Maillard li coinvolge a fondo. Fatto sta che nel caffè tostato gli amminoacidi liberi sono presenti solo in tracce.
Le proteine registrano variazioni moderate, in termini quantitativi e qualitativi, dovute alla specie, mentre subiscono decise degradazioni in cottura: dal 20 al 40% in caso di tostatura media, oltre il 50% quando si eseguono tostature spinte.
Il contenuto in caffeina è invece fortemente dipendente dalla specie (la Coffea Canephora può avere un contenuto di questo alcaloide anche di quattro volte superiore all’Arabica) e dall’ecosistema di produzione, mentre è sostanzialmente termostabile: durante la tostatura se ne perdono solo piccole frazioni per sublimazione.
La trigonellina varia molto tra le due specie principali di caffè: da 0,3 a 0,9 nella Robusta a 0,6 a 1,3% nell’Arabica. Durante la tostatura si degrada: a 180 °C si ha una perdita del 60%, mentre a 230°C si raggiunge l’85%.
I principali composti che ne derivano sono rappresentati dall’acido nicotinico (niacina) e dal suo estere, la N nicotinammide.
In 100 grammi di caffè tostato per espresso (tostatura piena) la presenza del primo componente può raggiungere i 40 milligrammi equivalenti a circa 3 milligrammi per tazzina. In poche parole, con 5 espresso al giorno soddisfi amo quasi il nostro fabbisogno di acido nicotinico che è di 18 milligrammi.”
Effetti sensoriali
“Le poliammine presenti nel caffè hanno un carattere sensoriale decisamente negativo e quindi è buona cosa non stare sotto certi livelli di tostatura. Possono comunque essere precursori di sostanze odorose come la pirrolidina.
Gli amminoacidi sono tra gli elementi che maggiormente caratterizzano l’aroma del caffè, sia per la reattività a caldo che hanno quelli solforati, sia per la riduzione ad aldeidi che, come ben si sa, sono nella maggior parte dei casi olfattivamente molto attive. Non occorre infine dimenticare la capacità che hanno di legarsi ad altri elementi originando nuove molecole di notevole impatto sensoriale.
Un discorso particolare lo meritano, per l’appunto, i solforati: non solo da cisteina, cistina e metionina si originano sostanze attive in bassissima concentrazione come i mercaptani (tra cui il 2-furilmercaptano che è sostanza emblema dell’aroma del caffè), ma si origina anche tiofene (pregevole a basse concentrazioni, poi sa di cipolla) e tiazoli.
Insomma, complessivamente i composti azotati intervengono sulle caratteristiche sensoriali:
nell’ambito della reazione di Maillard con formazione di molti elementi volatili e pigmenti coloranti;
nell’ambito della reazione di Strecker con formazione di pirazine, ossazoli e composti eterociclici azotati;
in particolare nella degradazione di aminoacidi solforati: formazione di mercaptani, tiofeni o tiazoli;
nella degradazione di aminoacidi idrossilici: formazione di composti eterociclici volatili tra cui le alchilpirazine;
nella degradazione di prolina e idrossiprolina: formazione di pirroli e piridine;
nella combinazione con polifenoli per la formazione di composti che danno corpo e riducono l’astringenza;
nella formazione di macroproteidi tanto utili per la formazione della crema quanto della sciropposità della bevanda.
Per quanto riguarda la caffeina, tanto amara da costituire uno degli standard Iso del sapore, nel contesto caffè evidenzia ancora questa sua caratteristica, ma la sua partecipazione al conferimento dell’amaro è relativa, essendo esplicata maggiormente da altri componenti.
La trigonellina è amara e contribuisce all’intensità di questo sapore in relazione a quanta ne rimane dopo la tostatura.”
MILANO – Gli italiani vogliono mangiare e divertirsi. In questo modo si può riassumere l’analisi sulle principali categorie di transazione in Italia, da gennaio a giugno 2025, condotta da myPOS, fintech innovativa impegnata nel supporto delle PMI in tutta Europa. Nel primo semestre del 2025, il panorama dei pagamenti digitali ha confermato la centralità di alcuni settori chiave per il commercio italiano.
myPOS ha esaminato i dati relativi alle transazioni effettuate con i POS proprietari, facendo emergere tendenze significative che riflettono sia le abitudini di consumo degli italiani sia le opportunità per soluzioni di pagamento innovative per far crescere aziende e merchant.
Il gusto del digitale: ristoranti e locali al top per numero di transazioni
In Italia, la categoria “Eating places and restaurants” si posiziona al vertice con quasi 4,8 milioni di transazioni. Questo dato sottolinea quanto il settore della ristorazione sia un pilastro dell’economia italiana e quanto sia fondamentale per gli esercenti poter contare su sistemi di pagamento efficienti, rapidi e sicuri.
Subito dopo, con 4,6 milioni di transazioni, troviamo bar, lounge e discoteche: luoghi simbolo della socialità italiana, dove la velocità e la semplicità del pagamento sono elementi imprescindibili per offrire la miglior customer experience.
Negozi di prossimità e market specializzati sostenuti dai local
Al terzo posto di questa speciale classifica, con 3,8 milioni di operazioni commerciali in Italia, si collocano i cosiddetti “Convenience stores and specialty markets”. Esercizi, spesso a gestione familiare o indipendente, che rappresentano il cuore pulsante delle comunità locali che necessitano di soluzioni comode e flessibili per garantire un servizio al passo coi tempi.
Oltre il podio, il mondo dei fast food e dei supermercati si attestano entrambi attorno ai 2,3 milioni di transazioni, a conferma di una domanda crescente di praticità e immediatezza anche nei pagamenti quotidiani. Subito dopo, il settore dei trasporti rappresentato in questa classifica da limousine e taxi, con 2 milioni di operazioni, evidenzia come la mobilità urbana richieda strumenti di pagamento contactless e portatili per supportare ogni tipologia di viaggio e utente.
A conferma dell’uso quotidiano dei pagamenti digitali, ma anche della varietà e della vivacità del tessuto commerciale italiano, chiudono la top 10:
Le panetterie con 1,3 milioni di operazioni commerciali
I saloni di bellezza e i parrucchieri (1,1 milioni)
I negozi di accessori e abbigliamento con circa 800 mila transazioni
Le tabaccherie con poco più di mezzo milione di operazioni (534 mila)
“Il mercato italiano si conferma estremamente vivace e diversificato, mostrando una forte propensione verso la digitalizzazione dei pagamenti nei settori chiave come ristorazione, intrattenimento, retail e servizi”, ha dichiarato Alessandro Bocca, country manager di myPOS Italy. “In questo contesto, myPOS si propone come alleato strategico per tutte le attività che desiderano offrire ai propri clienti un’esperienza di pagamento fluida, efficiente e sicura, supportando merchant, PMI e professionisti con servizi a valore aggiunto e un ecosistema di soluzioni flessibile.”
La scheda sintetica di myPOS
myPOS è una fintech innovativa che supporta piccole e medie imprese in tutta l’Area Economica Europea, Svizzera e Regno Unito, offrendo soluzioni di pagamento semplici e convenienti per il commercio in negozio, online e in mobilità. Con oltre 250.000 clienti in più di 35 Paesi europei.
La piattaforma myPOS offre alle microimprese e alle PMI tutto ciò di cui hanno bisogno per accettare pagamenti e gestire vari aspetti della loro attività, tra cui la vendita a distanza, l’accelerazione cashflow e l’attivazione dell’e-commerce. Gli imprenditori ricevono un conto commerciante multivaluta gratuito con IBAN dedicati, una carta di debito aziendale, strumenti digitali per la gestione dell’attività e una potente piattaforma per vendere ovunque.
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Icam, azienda italiana specializzata nella produzione di cioccolato, presenta il bilancio di sostenibilità tra tracciabilità, adattamento climatico, parità di genere e supporto alle comunità del cacao. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo di Jessica Castagliuolo per il portale La Repubblica.
Icam presenta il bilancio di sostenibilità
ORSENIGO (Como) – Per capire come nasce il “cioccolato green” bisogna andare lontano. Quasi 32 mila tonnellate di cacao lavorate, proveniente da oltre 20 filiere di approvvigionamento nel mondo e, in particolare, da Uganda e Perù. È qualche numero dietro a Icam, azienda italiana specializzata nella produzione di cioccolato nata in provincia di Lecco nel 1946 e guidata dalla famiglia Agostoni-Vanoni. La parola “sostenibilità” è entrata da tempo tra gli obiettivi dell’azienda, che punta innanzitutto al primo tassello della filiera: i paesi di origine e le comunità locali.
È quello che emerge dalla presentazione del settimo bilancio di sostenibilità. Ancora qualche numero: nel 2024, il 62% del cacao è stato certificato biologico, Fairtrade o Rainforest Alliance.
Il 74% del cacao viene acquistato da filiere dirette o integrate. Sono oltre 27 mila gli appezzamenti mappati nei Paesi d’Origine, in linea con il nuovo Regolamento europeo contro la deforestazione (EUDR).
Le emissioni di Scope 1 e Scope 2 sono diminuite del 30% rispetto al 2020, grazie agli investimenti in efficienza energetica e in produzione di energia rinnovabile. Infine, per quanto riguarda il packaging, il 93% è riciclabile e compostabile.
Dal 2022, sono 600 le famiglie ugandesi coinvolte in “Sustainable Farming”. Si tratta di un progetto pilota che ha lo scopo di migliorare l’impatto ambientale delle aziende agricole del territorio. L’area interessata coinvolge 310 ettari di piantagioni di cacao distribuite in 31 villaggi del distretto di Bundibugyo. L’obiettivo è permettere la transizione verso modello “agroecologici”, piantando alberi da ombra, colture complementari al cacao e vegetazione autoctono. Un sistema che permette di proteggere i suoli, migliorare la fertilità naturale e, non da ultimo, regolare la temperatura e incrementare la biodiversità.
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Le persone che sono solite concedersi un espresso al giorno tendono, in media, ad essere più attive fisicamente e a dormire leggermente di meno. Questi sono i risultati venuti alla luce sul New England Journal of Medicine. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo pubblicato sul portale dell’Ansa.
Lo studio sui benefici e gli svantaggi del caffè
MILANO – Gli amanti dell’espresso, che bevono almeno un caffè al giorno, si muovono di più ma dormono un pochino meno. Lo suggerisce uno studio pubblicato sul New England Journal of Medicine e condotto presso l’università di San Francisco secondo cui le persone che bevevano abitualmente caffè fanno in media più passi al giorno (1000 in più in media al dì), ma dormono leggermente meno rispetto a coloro che non bevevano caffè (mezz’ora in meno a notte).
La ricerca suggerisce anche che il consumo di espresso potrebbe aumentare il rischio di palpitazioni cardiache.
“La stragrande maggioranza delle ricerche sull’argomento è stata di tipo osservazionale, cioè ci si limita a vedere cosa succede alle persone che bevono e non bevono caffè “, ha affermato l’autore principale dello studio, Gregory Marcus, cardiologo e professore di medicina presso l’Università della California, San Francisco, ma questi dati osservazionali non sono sufficienti a stabilire che sia proprio il caffè a causare determinate condizioni.
Per questo gli esperti hanno condotto un vero studio clinico coinvolgendo 100 adulti di età media 39 anni. Hanno dotato i partecipanti di Fitbit per tracciare i loro passi e il sonno, di monitor continui per la glicemia e di dispositivi per l’elettrocardiogramma che tracciavano i loro ritmi cardiaci.
Ogni partecipante doveva bere tutto il caffè che voleva per due giorni, poi ad astenersi per due giorni, ripetendo il ciclo per un periodo di due settimane. Gli sperimentatori non sapevano quando il volontario bevendo il caffè e quando, invece, si stava astenendo dal consumo. Ebbene, è emerso che nei giorni di consumo di caffè, i partecipanti hanno fatto in media 1.058 passi in più rispetto ai giorni di astensione.
Ma in quei giorni il sonno ha subito un contraccolpo, con 36 minuti di sonno in meno per i partecipanti. Più caffè si beveva, più attività fisica e meno sonno si facevano.
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MILANO – Un gusto che riporta indietro nel tempo, un’esperienza che avvicina. Per molti italiani, il gelato è un richiamo autentico all’infanzia e, insieme al cinema, rappresenta oggi uno dei rituali più forti condivisi tra generazioni diverse. È quanto emerge da una nuova indagine commissionata da Grom con metodologia SWOA (Social Web Opinion Analysis)[1], in occasione dell’uscita del film Marvel Studios I Fantastici 4: gli inizi, nelle sale italiane dal 23 luglio.
Il gelato come simbolo emotivo
La ricerca mostra che la nostalgia dell’infanzia è un sentimento ancora vivo: oltre il 60% ammette di provarla frequentemente. A mancare sono soprattutto la sensazione di avere meno responsabilità (67%), il maggiore tempo libero (61%) e la leggerezza di allora (56%).
Tra i simboli che meglio rappresentano quel periodo, il 53% degli italiani cita il gelato, accanto ai giocattoli (66%), ai supereroi (62%) e allo zaino di scuola (59%). Anche i luoghi della memoria come la gelateria di quartiere (51%), la casa dei nonni (59%) e il cinema dell’infanzia (45%) emergono come scenografie affettive capaci di rievocare emozioni profonde.
E se il passato riaffiora, è perché il gelato oggi continua ad avere la stessa forza evocativa. L’indagine rivela che per il 64% è uno dei pochi riti capaci di unire grandi e piccoli, mentre il 59% lo associa alla sensazione di tornare bambino.
Un legame emotivo che si rinnova ogni volta che si gusta un cono o una coppetta: il 62% lo collega alla felicità delle uscite in gelateria con genitori o nonni, il 49% ai pomeriggi estivi trascorsi con gli amici, e il 44% alla gioia di scegliere tra i gusti esposti.
“Nel mio lavoro di psicologa clinica accade spesso di osservare come siano le esperienze semplici a portare con sé significati emotivi profondi. ll gelato, ad esempio, é un vero e proprio attivatore di memoria delle emozioni: grazie ai colori, al sapore ed alla consistenza, come una “petite madaleine” di Proust ci permette di tornare indietro a quella persona per noi importante, a quel periodo di vita significativo, oppure ad un semplice momento di pausa e piacere, lontano dal dovere quotidiano” ha spiegato Lara Pelagotti, psicologa e psicoterapeuta, commentando la ricerca.
Pelagotti: “Basta un sapore, come il “gelato all’ amarena” che comprava mia nonna, per farci vivere la possibilità di essere catapultato indietro nel tempo a quella precisa memoria e alle emozioni collegate, una porta di accesso al tempo preziosa”.
Pelagotti aggiunge: “Attraverso questi ricordi il gelato può essere una coccola che ci fa pensare al nostro passato con tenerezza, ma che possiamo ripetere, allora, come oggi. Infatti, il gelato non ha età, posso essere un bambino, un adulto, un anziano, posso prendermela come pausa personale o come gesto di condivisione con amici, colleghi o famiglia. Resta non solo elemento che guarda al ricordo, ma anche elemento che fa parte del mio presente e del mio futuro, tracciando un filo nella mia storia di vita”.
Cinema e gelato, la coppia che non si scioglie
L’esperienza cinematografica ha un impatto simile. Il 63% degli intervistati afferma che andare al cinema con la famiglia o gli amici li riporta immediatamente alla tenera età. Per molti, quel momento si accompagna al gelato: quasi un terzo (27%) lo consuma spesso durante un film, soprattutto d’estate (32%). Ma soprattutto, per oltre la metà del campione un buon film e un buon gelato – oltre a evocare l’infanzia (64%) – riescono a far emozionare (52%). Proprio come un tempo.
“Nel suo significato di condivisione anche il rito del cinema, come quello del gelato, ci permette di vivere emozioni di gruppo nello stesso spazio, un po’ come se entrassimo tutti insieme in un racconto, da cui usciremo con riflessioni diverse – continua la dottoressa Pelagotti – Gelato e cinema, in modi diversi, ci offrono spazi di incontro: luoghi fisici, della memoria e delle sensazioni, dove ci possiamo ritrovare, immedesimare e raccontare la nostra storia attuale”.
Esperienze universali e territori d’incontro
Dall’indagine emerge anche che il gelato è uno dei pochi piaceri che mettono d’accordo tutti, indipendentemente dall’età. Non solo perché fa sentire bambini, ma perché diventa anche uno spazio di relazione: uno su due lo vede – insieme al cinema – come esperienza da vivere in compagnia, nel segno della condivisione.
Infatti, il 66% vorrebbe gustare un gelato davanti a un film con il proprio figlio o la propria figlia, oltre il 6o% tra coniugi o fidanzati, il 59% con i genitori, il 55% con gli amici, il 51% con i nonni.
Un piacere semplice, popolare e potente: il gelato, come il cinema, è un territorio comune, capace di unire persone diverse per età, ma affini nel desiderio di ritrovarsi: un luogo d’incontro dove generazioni diverse si riconoscono e si raccontano.
“Personalmente, credo che i simboli ed i momenti di connessione, oggi più che mai, siano essenziali. Infatti, viviamo in un contesto socio-culturale in cui ciascuno sperimenta la propria singolarità anche attraverso lo schermo del proprio smartphone: uno strumento che ci rende al tempo stesso iperconnessi e disconnessi. Per questo, avere occasioni in cui condividere dal vivo dei piaceri rappresenta un’opportunità preziosa per evitare l’isolamento, ritrovare legami e uscire dalle proprie bolle di individualità – conclude la psicoterapeuta Pelagotti – In tal senso, la connessione tra persone è un fattore protettivo nella gestione delle difficoltà quotidiane e nella cura della salute mentale: tutto ciò che la favorisce è una risorsa da custodire”.
[1] Analisi condotta tra giugno e luglio 2025 su un campione di 1.200 utenti italiani tra i 20 e i 60 anni, attraverso il monitoraggio e l’analisi in rete di circa 10.000 tra post, commenti e recensioni sui principali canali social, blog e forum.
La scheda sintetica di Grom
La storia di Grom inizia nel 2003 quando Guido Martinetti e Federico Grom inaugurano la prima gelateria nel centro di Torino, con il sogno di portare a più persone, in tutto il mondo, il puro e autentico gelato italiano.
Oggi Grom è presente in oltre dieci paesi e il suo gelato, realizzato con ingredienti di origine naturale e senza coloranti o aromi, si può trovare nelle gelaterie del brand, nella grande distribuzione, sulle principali piattaforme di consegna a domicilio e in chioschi e corner in alcune delle località più iconiche del Paese.
Da oltre venti anni ogni cosa in Grom è fatta per amore del gusto, per catturarne la parte più pura che la natura ci offre e sorprendere con la sua intensità tutti coloro che assaggiano un cono, una coppetta o una delle golosità preparate con la stessa filosofia.
La scheda sintetica del film
Sullo sfondo di un vivace mondo retro-futuristico ispirato agli anni ’60, il film Marvel Studios I Fantastici 4: Gli Inizi introduce la Prima Famiglia Marvel composta da Reed Richards/Mister Fantastic (Pedro Pascal), Sue Storm/Donna Invisibile (Vanessa Kirby), Johnny Storm/Torcia Umana (Joseph Quinn) e Ben Grimm/la Cosa (Ebon Moss-Bachrach) alle prese con la sfida più difficile mai affrontata. Costretti a bilanciare il loro ruolo di eroi con la forza del loro legame familiare, i protagonisti devono difendere la Terra da una vorace divinità spaziale chiamata Galactus (Ralph Ineson) e dal suo enigmatico Araldo, Silver Surfer (Julia Garner). E se il piano di Galactus di divorare l’intero pianeta e tutti i suoi abitanti non fosse già abbastanza terribile, la situazione diventa all’improvviso una questione molto personale.
Il film è interpretato anche da Paul Walter Hauser, Natasha Lyonne e Sarah Niles. I Fantastici 4: Gli Inizi è diretto da Matt Shakman e prodotto da Kevin Feige, mentre Louis D’Esposito, Grant Curtis e Tim Lewis sono gli executive producer.
Il film Marvel Studios I Fantastici 4: Gli Inizi arriverà nelle sale italiane il 23 luglio 2025.
Fabrizio Polojaz, Massimo Chenda e Andrej Godina (immagine concessa)
Andrej Godina, Fabrizio Polojaz e Massimo Chenda raccontano la genesi del progetto Tablì che ha portato alla realizzazione della prima compressa di caffè priva di involucro, 100% green. Durante la Milano Design Week, Lavazza ha presentato ufficialmente il prodotto (ne abbiamo parlato qui). Di seguito leggiamo l’esperienza dei tre esperti.
La storia di Tablì
di Andrej Godina, Fabrizio Polojaz e Massimo Chenda
MILANO – La recente presentazione ufficiale di Tablì da parte del Gruppo Lavazza, durante la Milano Design Week 2025, ha catalizzato l’attenzione del settore caffè, nazionale e internazionale. Una compressa di caffè al 100%, senza alcun involucro, adatta oggi all’estrazione in espresso e un domani potenzialmente anche in moka: un’innovazione che sembra proiettare il consumo domestico e professionale verso un futuro più sostenibile e consapevole.
Ma pochi sanno che questa tecnologia non nasce oggi. Tablì è il frutto di un’idea concepita più di dieci anni fa da tre professionisti del caffè: Andrej Godina, Fabrizio Polojaz e Massimo Chenda. Spinti da un’intuizione semplice ma rivoluzionaria – racchiudere un buon caffè in una compressa priva di involucro e additivi – hanno intrapreso un percorso pionieristico di ricerca, sviluppo, test, e infine industrializzazione.
Questo articolo scritto da Godina, Polojaz e Chenda vuole raccontare, per la prima volta, la genesi del progetto che ha portato alla realizzazione della prima compressa di caffè priva di involucro, 100% green, una storia che intreccia competenza tecnica, visione industriale, sostenibilità ambientale e passione autentica per il caffè di qualità.
Andrej Godina alla presentazione di Tablì nel 2015 (immagine concessa)
Raccontare questa storia oggi significa non solo restituire il giusto merito alle sue origini, ma anche valorizzare l’importanza dell’innovazione indipendente nel settore del caffè e di un centro caffeicolo, Trieste, che sa coniugare tradizione ed innovazione.
Tablì, prima di diventare un progetto commerciale, è stata una visione in cui la praticità del porzionato non deve compromettere né la qualità né l’ambiente.
La storia di Tablì
Alla base del progetto Tablì c’è una sinergia tra tre professionisti triestini con esperienze complementari ma una visione comune: Andrej Godina, con una formazione accademica e tecnica nel settore caffè e un percorso da coffee scientist e formatore internazionale; Fabrizio Polojaz, con una lunga esperienza nel commercio e nella torrefazione del caffè, già presidente dell’Associazione Caffè Trieste, e Massimo Chenda, con esperienza da manager e imprenditore in diverse realtà industriali, piccoli e grandi, specializzate nella produzione di componentistica, macchine da caffè uso famiglia e assistenza post vendita.
L’inizio è rappresentato dalla costituzione di Caffemotive Srl che contava tra i soci fondatori anche Giacomo Ghidinelli, imprenditore di lunga data nel campo della produzione e commercializzazione di componenti per le macchine caffè espresso, nonché nel passato socio di Saeco.
Il progetto ambizioso di creare un nuovo format green per il mono porzionato è passato attraverso tante idee iniziali e numerosi fallimenti: per esempio la prototipazione di una capsula in legno, le prime compresse realizzate con una tecnologia già esistente, fino ad arrivare alla genesi della futura Tablì, il tutto non sarebbe stato realizzato senza una solida base di ricerca scientifica e tecnica, prove pratiche e test sensoriali.
Fabrizio Polojaz (immagine concessa)
Le sfide del progetto sono state portate avanti con tenacia studiando approfonditamente la chimica e le caratteristiche fisiche del caffè tostato, lavorando a lungo sulla granulometria e sull’umidità del caffè, analizzando nel dettaglio le curve di estrazione e i parametri di estrazione e immaginando un sistema che potesse funzionare con l’hardware già disponibile – dalla moka 3 tazze alle macchine espresso a uso domestico a braccetto e superautomatiche – senza utilizzare in alcun modo capsule, in plastica, alluminio o altri materiali.
Massimo Chenda: “Tutto è iniziato con un finanziamento regionale FVG, ottenuto per un progetto che allora sembrava avveniristico: eliminare i rifiuti indifferenziati residuali delle capsule di caffè. Abbiamo capito fin da subito che la vera sfida non era migliorare i sistemi esistenti, ma ripensare tutto da zero, eliminando del tutto l’imballaggio tecnico. Dopo aver intercettato una tecnologia di compattazione interessante, abbiamo depositato un primo brevetto a San Marino e avviato collaborazioni con partner industriali per costruire il nostro primo stampo artigianale”.
Chenda aggiunge: “Da lì, passo dopo passo, abbiamo sviluppato una macchina automatica a testa rotante capace di produrre le compresse Tablì sia in versione moka che espresso, presentata per la prima volta alla Trieste Espresso Expo. Abbiamo anche ottenuto importanti estensioni internazionali del brevetto – in Europa, USA e Sud Corea – grazie a uno studio brevettuale molto preparato. La stabilità qualitativa della compressa è stata validata anche dall’Università di Udine, e a quel punto eravamo pronti a partire con la produzione. L’arrivo di Lavazza è stato il naturale riconoscimento di un lavoro costruito con anni di test, errori, intuizioni e visione: sapevamo che prima o poi qualcuno avrebbe capito il potenziale di Tablì. E così è stato.”
Massimo Chenda (immagine concessa)
Non si è trattato solo di inventare una compressa, ma di progettare un nuovo linguaggio di consumo del caffè, in cui tecnologia e semplicità si fondono, e dove ogni scelta – dalla compattazione al formato – è guidata da competenze concrete e da una visione condivisa.
Alla base di Tablì c’era un obiettivo chiaro: ottenere una qualità in tazza almeno pari a quella offerta dai sistemi monoporzionati in capsula, ma senza generare alcun tipo di rifiuto.
La sfida era dunque rivoluzionaria e non si trattava solamente del tema ambientale, ma anche di quello sensoriale: creare una compressa di solo caffè, compatta, stabile e pronta all’uso, in grado di restituire un’estrazione all’altezza delle aspettative di un consumatore esigente.
Il lavoro di sperimentazione è stato molto lungo, fatto di analisi delle granulometrie, bilanciamento dell’umidità residua, forza di pressatura, stabilità del formato. Ogni parametro incideva direttamente sul risultato in tazza – dal corpo alla crema, dall’aroma alla persistenza. Volevamo che Tablì fosse estratta perfettamente sia con la macchina espresso tradizionale sia con la moka, senza necessità di altri materiali.
Dopo migliaia di test sensoriali, siamo riusciti a definire un equilibrio tra compattazione e resa di flavore, e a realizzare il primo prototipo industriale per la produzione delle compresse. A quel punto è iniziato il lavoro sul fronte impiantistico: grazie al coordinamento di Massimo Chenda, è stato progettato e costruito un primo comprimitore automatico a testa rotante, interamente comandato da PLC, capace di produrre sia le compresse monodose per espresso che quelle tridose per moka.
Questo macchinario, sviluppato con il contributo di aziende italiane specializzate in automazione industriale, è stato presentato in anteprima alla Trieste Espresso Expo, segnando un punto di svolta: dimostrare che il processo era tecnicamente scalabile e pronto per la produzione industriale.
Parallelamente, abbiamo avviato la progettazione della linea completa di produzione e confezionamento automatizzato, culminata nella realizzazione di un impianto operativo installato presso la nostra sede di via Caboto a Trieste. Una struttura compatta, ma dotata di tutte le tecnologie necessarie per dare vita a Tablì su scala reale, con la stessa attenzione artigianale che aveva guidato i primi prototipi manuali.
Andrej Godina: “Fin dall’inizio del progetto, il mio ruolo è stato quello di garante della qualità finale del flavore in tazza. Grazie al mio percorso accademico e della lunga esperienza di degustazione del caffè, mi sono occupato in particolare degli aspetti tecnici legati alla composizione chimica del caffè tostato e macinato, lavorando con grande attenzione sulle caratteristiche del caffè tostato e sull’umidità residua, sulla granulometria e sui parametri del processo di compattazione”.
Godina continua: “Con i miei soci ci siamo sempre detti che non bastava realizzare una compressa 100% green, ma era fondamentale che Tablì fosse anche all’altezza degli standard qualitativi dei migliori sistemi a capsula presenti sul mercato. Ogni scelta tecnica è stata guidata da questa convinzione: offrire al consumatore una vera esperienza di caffè, senza compromessi sulla qualità in tazza. Ma fin da subito ho dato grande importanza anche alla comunicazione del progetto, sono sempre stato convinto che era importante creare un prodotto che fosse sì sostenibile e performante dal punto di vista sensoriale, ma anche capace di raccontarsi in modo accattivante”.
Godina aggiunge: “Per questo abbiamo coinvolto l’agenzia di comunicazione Sesamo di Figline Valdarno, e abbiamo avviato un intenso lavoro creativo con la direttrice creativa Francesca Sali, il designer Matteo Bazzanti e sotto la supervisione di Daniele Casprini, CEO dell’agenzia. Il risultato è stato il concept e il naming di Tablì, un nome che fin da subito ha puntato sul messaggio chiave del progetto: la nudità della compressa, la sua essenza 100% caffè, priva di qualsiasi barriera, un prodotto che riporta il senso del tatto nel rituale dell’estrazione e che, grazie al suo design e alla sua narrazione, diventa un racconto coerente che parte dalla piantagione e arriva alla bevanda finale.”
Tablì (immagine concessa)
Fin dalle prime fasi di sviluppo di Tablì si è compreso quanto fosse fondamentale proteggere l’innovazione attraverso un solido percorso brevettuale. Dopo i primi test con una tecnologia di compattazione sperimentale, l’azienda si è affidata a un rinomato studio di Vicenza per l’analisi dell’anteriorità e abbiamo depositato una prima domanda di brevetto presso l’Ufficio Brevetti di San Marino, ottenendo la priorità sul processo.
In seguito, si è estesa la tutela a livello internazionale con un PCT che è stato riconosciuto in Europa, negli Stati Uniti e in Corea del Sud. Parallelamente, è stata brevettata anche la macchina comprimitrice industriale sviluppata internamente, capace di produrre le compresse Tablì in modo automatico. La strategia brevettuale si è rivelata decisiva per consolidare il valore del progetto e per proteggerlo nel tempo, garantendo la possibilità di una sua evoluzione industriale e commerciale.
Fabrizio Polojaz: “All’inizio sembrava un’impresa impossibile: convincere banche e investitori a credere in una compressa di solo caffè, senza involucro, in un mercato dominato da capsule brevettate da multinazionali. Eppure, ci siamo riusciti, grazie a una progettualità solida e alla credibilità tecnica del team. Abbiamo ottenuto finanziamenti regionali, partecipato a bandi europei, e anche nei momenti più complessi, come il crack delle banche venete, siamo riusciti a rimanere in piedi”.
Polojaz: “Ricordo bene le prime fiere, quando presentavamo il progetto Tablì con passione e ancora pochi mezzi: da Trieste Espresso Expo a incontri con investitori africani e americani, ogni occasione era un’opportunità per far capire che non stavamo vendendo un’idea, ma costruendo un cambiamento reale, una vera rivoluzione del settore. Alla fine, la nostra determinazione ha pagato: Tablì è stato compreso, valorizzato e portato nel mondo da chi ha avuto la forza industriale per farlo.”
Dopo anni di sviluppo, test e ottimizzazioni tecniche, il progetto Tablì si è trovato di fronte a un bivio: avviare autonomamente la produzione industriale, con tutte le difficoltà economiche e strutturali che questo comportava, oppure cercare un partner in grado di valorizzare e portare rapidamente sul mercato la tecnologia. Dopo i primi contatti con investitori italiani e internazionali, si è concretizzato l’interesse del Gruppo Lavazza, che in seguito ad una lunga fase di sperimentazione congiunta, ha deciso di acquisire Caffemotive insieme ai brevetti e all’intero know-how sviluppato.
Il progetto Tablì (immagine concessa)
L’obiettivo di creare un’alternativa ecologica e di alta qualità ai sistemi monoporzionati ha trovato piena realizzazione in questo passaggio di testimone. Lavazza ha saputo riconoscere e potenziare il valore della prima intuizione, investendo nello sviluppo tecnologico e brevettuale e mantenendo intatto il cuore del progetto, a partire dal nome: Tablì.
Grazie alle sue risorse industriali e alla sua capacità distributiva, oggi quella che era una visione indipendente può raggiungere una platea globale e contribuire a un futuro del caffè più sostenibile.
Tuttavia, la storia di Tablì rappresenta anche un raro esempio di trasferimento tecnologico dal basso verso l’alto, partito non da un grande centro di ricerca aziendale, ma da un piccolo gruppo di professionisti del caffè mossi da un’idea rivoluzionaria. Come ha sempre affermato Fabrizio Polojaz, “non bastava presentare un Tablì creato in laboratorio: bisognava dimostrare che eravamo capaci di produrlo e venderlo, creando scompiglio nel mercato”.
E così è stato: tra prototipi artigianali, presentazioni in fiere di settore e panel di consumatori, trattative internazionali e la costruzione di una linea produttiva industriale, il progetto ha dimostrato la sua solidità ben prima dell’ingresso di un grande player industriale.
Tablì è la dimostrazione che, anche in un settore dominato da grandi gruppi, l’innovazione può germogliare dove c’è competenza tecnica, conoscenza della filiera, visione industriale e passione per il prodotto.
È fondamentale continuare a valorizzare queste esperienze nate ai margini dell’industria tradizionale: perché è lì che spesso si accende la scintilla delle trasformazioni più profonde. E oggi più che mai, il mondo del caffè ha bisogno di ascoltare, sostenere e credere in queste idee.
TRIESTE – La bella foto della locandina dell’evento “I valori di Ernesto Illy – Riflessioni a cent’anni dalla nascita” – organizzato dalla Fondazione Ernesto Illy – ritrae l’imprenditore triestino, che venerdì 18 luglio 2025 avrebbe compiuto un secolo di vita, appoggiato con una mano alla Rosa dei Venti in bronzo in punta del Molo Audace. Intento a osservare l’orizzonte, ma con l’espressione di chi, in realtà, sta soprattutto scrutando il futuro. Quel futuro che egli seppe spesso vedere prima degli altri, interpretandolo e intercettandolo in anticipo.
L’anniversario è stato celebrato con un’iniziativa al Generali Convention Center di Trieste, organizzata dalla Fondazione Ernesto Illy. A Ernesto Illy – ha ricordato il sindaco di Trieste Roberto Dipiazza in apertura- è stata intitolata – oltre alla rotonda di via Flavia, non lontano stabilimento – anche una sala del Generali Convention Center, vicino a quelle dedicate a Italo Svevo, Umberto Saba e Josef Ressel.
Nell’ordine: uno scrittore, anche lui peraltro lui imprenditore innovativo (molto più brillante dei personaggi dei suoi romanzi), uno dei più importanti poeti del Novecento italiano e l’inventore dell’elica (boemo di nascita, ma per molti anni a Trieste).
Un accostamento piuttosto impegnativo, accanto a tre giganti della storia triestina. Fra queste tre personalità, lo “scienziato umanista” Ernesto Illy – cultore ecclettico, tanto delle scienze, quanto delle arti – trova però ampiamente il suo posto. Nelle interviste, il dottor Illy – come lo chiamavano tutti – non parlava mai di bilanci e fatturati della sua azienda, che peraltro trasformò, nel corso dei decenni, in una realtà mondialmente nota.
Ma piuttosto di fisica, chimica, storia, antropologia culturale, fisiologia del gusto … in quelle che diventavano delle vere e proprie lectiones magistrales di scienza del caffè.
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