giovedì 11 Aprile 2024
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Carella e Verona su caffè, caffeina, capsule, consumo, acrilamide e cervello

Liberiamoci di alcuni falsi miti che girano attorno al caffè, al suo contenuto, ai suoi effetti sull'organismo e il suo consumo giornaliero in qualsiasi fascia d'età. Se volete saperne di più sulla bevanda che bevete ogni giorno, ecco l'appuntamento che fa per voi

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MILANO – Per fare cultura al giorno d’oggi basta avere una connessione e uno schermo. Lo hanno dimostrato durante l’evento online sulla pagina facebook della Torrefazione torinese Costadoro, due esperti di caffè, l’autore del blog Arabica100per100 Fabio Verona e trainer Costadoro, insieme alla food specialist e alimentarista Fabiana Carella. Insieme hanno trattato diversi temi scottanti, per scoprire davvero di che cosa si parla quando si tratta di caffeina e non soltanto.

Carella e Verona per un consumo più consapevole

Verona introduce la discussione esponendo ciò che tutti sappiamo: il caffè è consumato principalmente per sfruttare il suo effetto-sveglia. In realtà si è più attivi, non necessariamente più svegli. Ma ciò che non conosciamo è quanta della caffeina effettivamente agisce sul cervello e quanta su altri organi o il sistema circolatorio. In ogni caso chi soffre di ansia è meglio non beva caffè.

Carella entra subito nell’argomento: “Sulla caffeina le informazioni sono tante. E’ vero che dà questo effetto sveglia ma soprattutto un effetto anti stanchezza. E’ un alcaloide contenuto non solo nel caffè e ha una caratteristica distintiva nel sapore molto amaro. In natura è sempre stata intesa come elemento velenoso e così in parte è riconosciuta dal nostro organismo ed è proprio per questo che stimola la produzione di quelli che sono gli antiossidanti endogeni. Parliamo di un meccanismo di difesa contro le sostanze riconosciute come dannose.

L’organismo reagisce alla caffeina producendo antiossidanti estremamente utili contro l’invecchiamento. E questi sono elementi che sono presenti nel caffè verde come in quello tostato. Durante la tostatura ovviamente, tante sostanze possono trasformarsi, ma non gli antiossidanti.

Basta pensare ai classici polifenoli presenti come nel caffè anche nel cacao.
Tornando all’effetto-sveglia invece, è una reazione che ha degli effetti diversi a seconda delle regioni dell’organismo su cui agisce. Il caffè non è esclusivamente un vaso costrittore, anzi, agisce come vaso dilatatore.

Questo in generale perché, per il cervello, è invece un vaso costrittore ad esempio e proprio per questo può essere una sostanza utile per combattere l’emicrania. Invece di imbottirsi di farmaci, si può provare a bere un caffè ristretto, non particolarmente ricco di caffeina, ma sufficiente per contrastare il dolore.

La caffeina inoltre spegne delle sostanze come l’adenosina che è proprio quella che dà la sensazione di stanchezza. Di qui l’effetto sul recupero di energia. E quindi ci sentiamo più energici. Ricordiamoci per che questa sostanza solitamente fa effetto dopo un po’ di tempo e non ha la stessa influenza su tutti gli individui, agisce dopo circa venti minuti all’incirca e non resiste in circolo per tanto tempo: dopo tre quarti d’ora, svanisce nell’organismo. “

Come agisce sul sistema cardiocircolatorio? E’ un rischio abusarne?

Continua Carella: “Un consumo eccessivo di caffeina può diventare un rischio non tanto per la concentrazione, quanto per l’aumento dei battiti cardiaci. Poco indicato è esagerare per chi è particolarmente ansioso. Ma proprio per lo stesso principio, risulta molto utile per gli sportivi e per gli anziani. Come dimostrano le ultime ricerche sugli over 65.

Al contrario di quanto si pensa, dalle ultime ricerche è emerso che soprattutto dopo i 65 anni, è salutare continuare a bere caffè: per la produzione di antiossidanti endogeni, per l’effetto sull’adenosina, per la stimolazione dei neurotrasmettatori come la dopamina, che abbassa il rischio di sviluppare le patologie neurodegenerative, e il declino cognitivo. Non è una cura, ma può esser un valido aiuto contro queste malattie.

Verona porta a galla un altro importante tema, che è quello dell’etichetta

Bisognerebbe fare più attenzione alla tipologia del caffè che si acquista: in funzione dell’altitudine di coltivazione, della varietà, dell’esser bio o meno, può esser più ricco o meno di caffeina. Ma non sempre questo valore viene espresso con valori omogenei su tutte le etichette.

Risponde Carella: “Non c’è un modo migliore o peggiore di segnalarlo sull’etichetta, ma il più corretto probabilmente la percentuale su 100grammi di caffè tostato. Perché è un dato “certo”. Esprimerlo in milligrammi su millilitri di bevanda o su un litro di bevanda, è fuorviante: il contenuto di caffeina che alla fine è in tazza dipende da tantissimi parametri e magari il consumatore estrae la bevanda a modo suo che l’etichetta non può prevedere.

Un altro mito da sfatare è legato al caffè lungo. Sono in tanti che vanno al bar e chiedere questa preparazione credendo che sia più leggero in termini di caffeina. In realtà è esattamente il contrario: la caffeina viene estratta dell’acqua con cui prepariamo il caffè, qui di più aumenta il tempo in cui sta a contatto con la polvere di caffè e più caffeina viene estratta. Se ho un espresso ristretto, il tempo è molto ridotto di contatto. Più si allunga, più si avrà caffeina nella bevanda. “

Diverso naturalmente se il caffè lungo viene preparato aggiungendo acqua calda al normale espresso.

E Verona aggiunge: “E più a lungo si estrae, più vengono ricavate le componenti negative del caffè come gli oli e le fibre esauste. Ovviamente dipende anche dalla macinatura, che è diversa se si parla di caffè filtro e che, proprio per questo permette un contatto acqua caffè anche di 5 minuti.”

Espresso o caffè filtro?

E questo porta alla seguente domanda: se si prende la stessa quantità di caffè, dello stesso tipo e si estrae in espresso, in moka e in filtro, quale tazza avrà maggiore contenuto di caffeina?

Carella specifica: “Cambia a seconda della macinatura. Sicuramente più si aumenta il tempo più cresce la caffeina: il caffè filtro ne ha di più. Ma l’espresso si consuma più velocemente, il caffè filtro invece dura di più. E quindi probabilmente si consuma più espresso. E si bilancia la caffeina.

Carella: Il caffè non fa male o cattivo, ma lo può diventare se è difettato. E in alcune capsule c’è solubile

“Alcuni torrefattori mischiano il caffè insieme a quello solubile nelle cialde e nelle capsule e questo determina l’aumento della concentrazione di acrilammide nel caffè, una sostanza tossica ad effetto cancerogeno che viene prodotta attraverso la reazione di Maillard tra gli zuccheri riducenti nel caffè e un aminoacido che si chiama asparagina. La reazione di questi due agenti porta alla formazione di acrilammide.

L’aggiunta del caffè solubile acuisce questo processo, perché ha già subito due volte il passaggio ad alte temperature prima durante la torrefazione e poi per renderlo solubile. Di conseguenza ha prodotto due volte l’acrilammide. Per legge, trattandosi di un singolo componente, non c’è l’obbligo di dichiararlo nell’etichetta.”

Come si smaltisce l’acrilammide e in quanto tempo?

Carella risponde: “Viene metabolizzato come altri nutrienti. Il tempo di smaltimento ancora non è chiaro. In ogni caso l’acrilammide si sviluppa meno nella tostatura più scura, perché si carbonizza tutto. Quando un alimento arriva a quello stadio, l’acrilammide diventa cenere. “

Sono in tante le persone che invece di evitare il caffè cattivo, ci aggiungono lo zucchero e il latte. Cosa succede quando lo si fa?

Carella: “Molto spesso si aggiunge latte e zucchero per coprire il sapore del caffè cattivo. A parte i gusto, con il latte succede una cosa: il caffè contiene sostanze utili come i polifenoli. Quando vengono a contatto con le caseine del latte, non funzionano più. Questo perché la caffeina si lega con essi, li fa precipitare e i polifenoli non vengono più assimilati dall’organismo. Nel cappuccino capita meno, perché il latte è riscaldato e le proteine tra cui le caseine si denaturano.

Carella e Verona fanno luce: caffè bio VS convenzionale

Si conclude questo intervento con una verità: “La prima differenza: il contenuto di caffeina. In tanti si aspettano che quello bio abbia meno caffeina e sia più “leggero”, invece spesso è contrario. E’ normale che sia così. Questo perché la pianta del caffè usa la caffeina come sistema di protezione. Il caffè bio non è sottoposto all’uso di insetticidi e quindi per proteggersi, la pianta aumenta la produzione di caffeina. “

A questo link, la diretta.

 

 

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