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Svolta a sorpresa: illycaffè avvia la transizione, la guida passa a Pogliani

Andrea Illy lascia la carica di amministratore delegato. La nuova governance

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MILANO – Svolta a sorpresa per la illycaffé che affida il business plan operativo degli anni futuri a un manager esterno. L’assemblea del produttore di caffè made in Italy ha nominato Massimiliano Pogliani amministratore delegato del gruppo al posto di Andrea Illy. Il top manager è stato Ceo dei telefoni mobili di lusso della britannica Vertu e prima ancora ha lavorato in Saeco e Nespresso.

L’incarico affidato a Pogliani arriva nell’ambito di un’ampia riconfigurazione della governance della società triestina, che ha due punti fermi: la famiglia apre a manager esterni e separa le competenze e i profili di business dei fratelli Andrea e Riccardo Illy.

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Andrea, che fin qui ha guidato la società del caffé resterà infatti presidente e seguirà la gestione affidata a Pogliani.

Riccardo lascia invece il ruolo di vicepresidente (ma resta nel board) della illycaffé e si concentra solo sulla gruppo Illy, la capofila della dinastia. Vale a dire tutte le attività diversificate: dai vini Mastrojanni, al cioccolato Domori fino al tè Dammann.

La ricomposizione apre le porte ad altri ricambi in famiglia con l’ingresso in consiglio di amministrazione di Francesco Illy, il terzo fratello, che si occuperà della valorizzazione del marchio. Mentre la sorella Anna continua a occuparsi di funzioni corporate e mantiene la presidenza onoraria.

Marina Salamon sarà vice presidente.

Novità anche tra i consiglieri indipendenti con l’ingaggio di profili come Alberto Baldan, che guida La Rinascente, e Roberto Eggs, manager di Moncler.

Si apre così la seconda fase della illycaffé alle prese con la concorrenza e i mercati globali che già valgono il 63% dei ricavi.

La sfida è rafforzare ancora la presenza negli Usa, il mercato più importante dopo l’Italia, in un momento in cui il colosso Starbucks ha deciso lo sbarco in Italia dove investirà decine di milioni di dollari.

Il focus del caffè di Trieste è sul retail dove la società conta di replicare le 29 aperture di punti vendita del 2015, anno concluso con ricavi per 437 milioni, un ebitda di 66,4 milioni (+7%) e 16 di utile netto.

Le munizioni per la crescita verranno anche dal bond del valore di 70 milioni sottoscritto la scorsa estate proprio dall’investitore americano Pricoa Capital.

Daniela Polizzi

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