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A Rimini nel carrello c’è il caffè più caro d’Italia (ma anche a Milano…)

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MILANO – Milano capitale della convenienza. Milano capitale del caro-prezzi. Quale delle due affermazioni è vera? La risposta non è scontata: entrambe. Il risultato, in apparenza paradossale, emerge dall’elaborazione realizzata dal Sole 24 Ore del Lunedì sui dati di 60 città capoluogo di provincia estratti dall’Osservatorio Prezzi del ministero dello Sviluppo economico.

Su un paniere di 20 prodotti alimentari di prima necessità – come pane, olio, zucchero e caffè – il capoluogo meneghino colleziona due record: qui una famiglia può sborsare in un anno fino a 8.163 euro se acquista i prodotti al top di gamma (prezzi massimi), ma se è a caccia di convenienza e di offerte, può scendere invece tantissimo, fino a 2.139 euro, livello minimo su scala nazionale.

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Le ragioni sono da rintracciare nell’ampio ventaglio di negozi, ipermercati, supermercati e discount che consentono a chi ha tempo da investire di mettersi alla ricerca dell’offerta migliore. Ma non solo.

«A Milano – osserva Luigi Campiglio, docente di politica economica all’università Cattolica – più del 20% della popolazione è costituita da immigrati con contenuta capacità di acquisto, e la comunità cinese è molto forte. Il paniere minimo rispecchia anche il loro minore “potere d’acquisto”».

Rimini al top

Mettendo invece sotto la lente i prezzi medi, rilevati dall’Osservatorio del Mise tenendo conto delle diverse fasce di consumo e delle differenti aree territoriali, si osserva una cartina dell’Italia dove oltre la metà delle città ha uno scontrino del carrello della spesa superiore alla media nazionale (3.779 euro).

La più esosa è Rimini (4.475 euro), seguita a ruota da Ferrara e Ravenna. Agli antipodi troviamo Benevento (3.112 euro), tallonata da Catanzaro e Napoli. Tra i due poli opposti la differenza per l’acquisto degli stessi beni è di 1.363 euro, come dire che nel comune campano si risparmia il 30% rispetto a quello romagnolo.

«Ad appesantire il carrello di Rimini – spiega Campiglio – sono alcuni prodotti, la carne fresca su tutti, ma anche il pane e il tonno in scatola».

Per un chilo di carne di bovino, primo taglio, sulla Riviera si spendono in media 23,8 euro, mentre nella provincia campana ne bastano 12,13. Per il pane, invece, la forbice è di 2 euro (un chilo a Rimini costa circa 4 euro, a Benevento la metà).

Le differenze sul territorio

La mappa territoriale tratteggia, per l’ennesima volta, la frattura tra Nord e Sud del Paese, con il versante tirrenico in genere più conveniente rispetto a quello adriatico, mentre c’è da registrare il forte gap tra Trento e Bolzano, che pur essendo a una sessantina di chilometri di distanza, hanno una differenza di prezzo di circa il 16%, a tutto vantaggio dei trentini.

Tra le grandi città, messe in fila sempre secondo il prezzo medio, Milano, Genova, Bologna, Roma e Torino risultano più care rispetto al dato nazionale, mentre le medaglie della convenienza vanno a Napoli, Bari, Palermo e, un po’ a sorpresa, anche a Firenze dove il carrello della spesa costa il 7% in meno rispetto alla media Italia.

Il trend dal 2011

Nonostante gli ultimi tempi di deflazione – si veda Il Sole 24 Ore del 12 agosto -, allargando l’obiettivo su un orizzonte più ampio emerge che il carrello con gli stessi prodotti alimentari ha oggi un costo più salato del 6,7% rispetto a un’analoga rilevazione condotta a inizio 2011.

A crescere più della media nazionale è quasi tutto il Nord, con aumenti a due cifre in molte città a partire da Ravenna, Bolzano, Milano e Como, mentre il Mezzogiorno registra percentuali di crescita spesso inferiori rispetto alla media.

«È l’istantanea di un Paese – conclude Campiglio – dove la mancata convergenza dei prezzi tra le diverse aree è sempre di più lo specchio dell’allargamento delle distanze tra l’economia del Nord e quella del Sud, che continuano a girare su ritmi assai diversi, nonostante i timidi segnali di ripresa del Mezzogiorno».

Francesca Barbieri

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