martedì 16 Settembre 2025
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Primocrack, in provincia di Perugia lo specialty dalla roastery e pasticceria esce dai suoi confini e va al ristorante

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Luca Pelucca nel suo Primocrack (foto concessa)
Luca Pelucca nel suo Primocrack (foto concessa)

PONTE SAN GIOVANNI (Perugia) – A Ponte San Giovanni, in provincia di Perugia, il caffè di qualità di Luca Pelucca, torrefattore di Primocrack si espande uscendo dai suoi confini naturali: ecco che nasce Primocrack al Collins’ del Brufani Palace, nuovo progetto frutto della collaborazione tra il ristorante Sirma con Federico Masilla e Luca Pelucca che, tra le altre attività gestisce la Pasticceria Luca in Via Alessandro Manzoni 174.

Tre le proposte previste nell’offerta futura, ovviamente firmate Primocrack, disponibili fin da subito presso il Collins’ Bar del Brufani Palace: Colombia Rio Magdalena lavato, la miscela Perla Nera e un Brasile pergamino Sul de Minas.

Pasticceria Luca, torrefazione Primocrack e ora si entra nel ristorante al Collins’. Ci racconta l’evoluzione del vostro lavoro e come siete arrivati all’avvio di quest’ultimo progetto a dicembre?

“Nel negozio di pasticceria dove facciamo anche rivendita di caffè, in realtà lavoro da tanti anni. Prima da dipendente e poi come responsabile dei diversi punti vendita in collaborazione con La Marzocco.

Posso dire di aver dato tanto al mondo del caffè, prima da commerciante, poi da torrefattore, infine da sviluppatore di macchinari. Nel ’98, a Perugia ho acquistato il locale di Ponte San Giovanni, appoggiandomi ai torrefattori della zona e creando con loro le mie miscele. È stato così per circa 10 anni, fino all’incontro con Edie Bieker, professionista di chiaro livello che mi ha supportato come artigiano, instradandomi in questo mondo e affiancandomi ad un terzista.

Nel 2018, le mie figlie sono subentrate nell’attività e ho acquistato una Giesen da 15 chili e una Briciola Petroncini settata con una parte elettronica di sonde per permettermi di tostare meglio piccole quantità. Ho aperto quindi la micro roastery nella zona industriale di Perugia, in un locale 150 metri quadrati, dove tosto soltanto e accolgo la mia clientela per dei brevi corsi di formazione sulle varie estrazioni, facendo più che altro divulgazione sulla qualità.

Da oltre 15 anni acquisto verde, lo tosto e infine lo servo nella nostra pasticceria. Le prime prove sono avvenute nel garage di casa. A Firenze ho seguito un corso con Andrej Godina, Marco Cremonese, nella prima associazione Umami.

Mi limito a operare con quelli che mi piace definire caffè tracciabili e che qualcun altro invece fa passare per specialty: questo mondo è un po’ particolare, perché tecnicamente resta difficile stabilire cosa sia effettivamente uno specialty. Ma non c’è solo questo prodotto per proporre qualità: ci sono materie prime ottime, come appunto quelle tracciabili che sono di un certo livello e hanno anche un prezzo elevato.

Sono onesto, seguendo la filosofia di Edie Bieker e della Sandalj: anch’io preferisco parlare di monorigine più che di specialty coffee. Commercialmente capisco che la parola specialty sia più seducente, ma io credo nel mio approccio.”

Dal 2019 ho iniziato la produzione in proprio aprendo la torrefazione distaccata, pensando che fosse più facile vendere caffè a terzi

“Nonostante sia stata un’evoluzione naturale della mia passione e del mio lavoro, ho scoperto che poi effettivamente alzare l’asticella, creando una miscela di Arabica in purezza in una zona in cui ancora va molto una buona percentuale di Robusta, non poteva avvenire senza che le persone venissero guidate ed educate pari passo.

Oggi il mio cliente ormai si è abituato al mio caffè, con un’acidità leggermente più spiccata e con una tostatura che non va oltre il primo crack. Mi piace raccontare il mio prodotto, che deve innanzitutto piacere: è quello l’essenziale.

È ancora difficile però proporre quest’offerta, perché presentarsi da micro torrefattore ai nuovi bar che aprono, magari offrendo lo studio di miscele dedicate, non riesce a battere la dinamica del comodato d’uso e dei finanziamenti. I gestori sono ancora disposti a pagare di più un caffè di minor qualità, per avere l’attrezzatura in comodato, l’assistenza.

Questa è la reazione più diffusa sul territorio. Bisogna trovare l’appassionato, ma a quel punto si gioca con gli altri piccoli roasters: questi locali gestiti da degli appassionati contano su dei clienti curiosi e quindi non posso pretendere di essere l’unico fornitore a cui si rivolgono.

La buona notizia è che oggi più che mai sento parecchie lamentele da parte dei consumatori: questo è già un inizio, perché alla fine avrà delle ricadute sui gestori che dovranno capire finalmente che è necessario cambiare strategia.

Con il prezzo di caffè alle stelle, anche per materia prima scadente, ci si deve adeguare e non scendendo ulteriormente a compromessi sulla qualità.”

Collin’s: ci parli di questo passaggio

“Quando io e Federico ci siamo conosciuti prima del Covid come famiglia – siamo in 4, mia figlia tosta -, abbiamo iniziato a parlare di come poter collaborare. Si è aperto un dialogo che è andato avanti finché poi abbiamo davvero deciso di portare il caffè Primocrack nel loro ristorante.

Faccio una dovuta premessa: come torrefazione proponiamo anche un buon mono porzionato, sia in cialda che in capsula, che funziona spesso nei locali perché si presta bene al tipo di servizio di un ristorante: garantisce una maggiore qualità, con un 90% di Arabica Perla Nera e un 10% di Robusta indiana, e una bella resa in tazza.

Al Collin’s però hanno deciso diversamente: all’ingresso del ristorante c’è un bar che inizialmente lavorava maggiormente sugli aperitivi. Hanno voluto sviluppare il discorso della caffetteria, per riportare nel loro locale storico i cittadini di Perugia. Abbiamo cercato di capire cosa fare, offrendo loro la nostra consulenza per formare i ragazzi e partire insieme. Le attrezzature sono già di loro proprietà e hanno voluto scommettere da imprenditori sul nostro prodotto.

Hanno una La San Marco a leva, macchina che conosco bene e ho imparato ad usare in diverse Fiere. Abbiamo introdotto la Perla Nera, miscela di livello: le prime prove sono andate un po’ così, perché gli 8 ragazzi usciti dall’istituto alberghiero non erano abituati a questi sapori.

Poi però con il tempo, abbiamo allenato il loro palato e soprattutto abbiamo stimolato loro motivazione: si sono accesi e per me è stata una grande soddisfazione. In passato ho provato ad entrare nelle scuole a fare formazione, ma purtroppo ho capito presto che si parla proprio un linguaggio diverso.

Cerco di dare degli input ai ragazzi, invitandoli a cercare e a informarsi: devono avere fame di imparare. Lavorare con questi giovani mi ha dato nuova speranza.

Ho fornito al locale anche il Colombia Rio Magdalena come secondo caffè poiché il progetto prevede inizialmente di servire per 15 giorni un monorigine tracciabile o specialty, oltre alla miscela.”

Come sta andando il caffè Primocrack fin qui?

“Si procede gradualmente. Oltre al discorso caffè si sta portando avanti un’offerta di pasticceria che ancora va sviluppata. Siamo quindi in una fase di stand by. Mi aspettavo che funzionasse ancora meno per quello che è il locale: la miscela base sta andando, la monorigine sta facendo più fatica. Parliamo di un’attività che fa parte di un albergo, con un ingresso separato anche per i clienti esterni. È un bel progetto che abbiamo sposato e che faremo evolvere al meglio insieme.

L’espresso in miscela al ristorante si vende a due euro: è stato un problema, ma in realtà chi entra da Collin’s si aspetta dei prezzi più elevati.”

Da noi in pasticceria l’espresso è a 1.30 da più di un anno e sono intenzionato ad aumentarlo. Gli specialty e i tracciabili vanno a partire dall’euro e 50 e siamo i più cari di Perugia

“La realtà è che preferisco chiudere che svendere. Credo che la gente debba imparare a fare i conti. Ci troviamo in una zona che lavora con 3 chili e mezzo di caffè al giorno in macchina – la GT Faema, la più performante, e come macina caffè abbiamo il Malkhoenig, i micro dell’Eureka e in drogheria ho un macinino che ha 40 anni della Petroncini, trasversale, una MK3 in torrefazione -.

Proponiamo anche il filtro in V60, con Chemex e Syphon, riuscendo a far avvicinare a questo mondo anche le nuove generazioni, notando anche un aumento di vendita del caffè sfuso tostato per filtro da prepararsi a casa.

Da noi non c’è il classico sacchetto da 250gr: ho un banco aperto, con 7 miscele in vetrina, 11 monorigini tra tracciabili e specialty, tutto a vista e tostato per filtro, espresso, moka, da macinare sul momento dall’etto sino a quanto uno desidera. Personalizziamo il nostro servizio anche in questo senso e le vendite non sono calate. Vendiamo anche il mono porzionato per gli uffici: capsule e cialde con quantità di caffè variabile dai 5gr ai 7gr a seconda della tipologia di porzionato.”

“Ho ideato anche un liquore al caffè che sta andando fortissimo: Primocrack”

“Qualche anno fa, giocando con un’estrazione particolare abbinata ad ingredienti diversi, mi sono cimentato nella produzione del liquore al caffè. Grazie ad un amico che produce liquori in Umbria che mi ha aiutato nel dosaggio di alcool e zucchero, abbiamo prodotto i primi campioni, raggiungendo poi la ricetta perfetta: costante nella sua riproduzione e senza mai aver aggiunto aromi.

Si può degustare sia freddo che caldo, con una gradazione alcolica di 21°, sprigiona note di liquirizia e caramello. Collaboriamo anche con Birra Perugia nella produzione di una birra al caffè chiamata “PRIMOCRACK”, fornendo noi l’estratto di caffè.

Un’altra svolta sarà quella di implementare la torrefazione, magari entrando in nuovi mercati anche fuori dall’Italia. Chi lavora con lo specialty o caffè tracciabili, deve far quadrare i conti dell’attività o fornendo consulenza e formazione, o guardando all’estero. Altrimenti non si può parlare di realtà sostenibili economicamente. Non si vive soltanto di specialty: noi riusciamo a resistere, perché i nostri dipendenti siamo noi stessi della famiglia.

Per cui magari ampliando la clientela fuori dai confini, potremo avere un approccio più imprenditoriale.”

E La Marzocco è protagonista alla Fiera SCA Expo 2025 a Houston in Texas con tutte le attrezzature professionali

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La Marzocco alla SCA Expo di Houston (immagine concessa)

FIRENZE – La Marzocco, azienda fiorentina leader nella produzione di macchine da caffè espresso dal 1927, annuncia la sua presenza a SCA Expo 2025 a Houston, Texas. Lo stand de La Marzocco riunirà gli spazi 2031, 2131 e 2231 e grazie a questo spazio di notevoli dimensioni sarà possibile vivere un’esperienza immersiva completamente dedicata alle macchine per espresso.

La Marzocco alla SCA Expo di Houston

Su questa vasta area saranno presenti tutte le attrezzature professionali de La Marzocco, tra cui la Strada X, lo Swan Grind-by-Weight, la KB90, Modbar, e le macchine storiche che hanno fatto la storia del settore: Linea PB, GB5 e Linea Classic S.

La Marzocco Home, linea dedicata alle macchine per uso domestico avrà uno stand dedicato che esporrà Leva, Strada X, GS/3, Linea Mini e Linea Micra, oltre al macinacaffè Pico Grind-by-Weight.

La nuova app La Marzocco in azione (immagine concessa)

Tornerà anche il format True Artisan Café, con torrefattori, sia locali che da tutto il Paese, che offriranno i loro espressi grazie alla Strada S e al macinacaffè Swan.

Accademia del caffè espresso (immagine concessa)

Oltre cinquanta torrefattori saranno presenti sullo stand La Marzocco, tra cui Greenway Coffee, Three Keys Coffee, Tenfold Coffee Company, Counter Culture Coffee, Onyx Coffee Lab, George Howell Coffee e molti altri.

L’evento firmato La Marzocco (immagine concessa)

Quest’anno l’attenzione sarà concentrata sulla tecnologia connessa, già evidenziata nel keynote virtuale Connected Days che l’azienda ha tenuto a marzo.

Accademia Coffee Education (immagine concessa)

Sarà possibile conoscere e approfondire le nuove App La Marzocco, tra cui Coffee Station, Grind-by-Weight per macinini Pico e Swan, e verrà presentato il progetto ConSenso, che utilizza sensori connessi per monitorare le piante di caffè.

SCA Connectivity (immagine concessa)

La SCA Expo 2025 si svolgerà presso il George R. Brown Convention Center di Houston, Texas, il 25 e il 26 aprile dalle 10.00 alle 17.00, e il 27 aprile dalle 10.00 alle 15.00.

Omar Zidarich, Gruppo italiano torrefattori caffè, a sostegno del Trieste Coffee Experts di Bazzara

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Omar Zidarich, presidente Gruppo italiano torrefattori caffè (immagine concessa)

TRIESTE – Omar Zidarich, presidente del Gruppo italiano torrefattori caffè, è intervenuto a proposito dell’ottava edizione del Trieste Coffee Experts. La conferenza che ogni due anni riunisce interpreti fondamentali del mondo del caffè, quest’anno si presenta con una grande novità, che riguarda proprio il comparto capeggiato da Zidarich, quello dei torrefattori. Il TCE 2025, infatti, apre le porte alle torrefazioni nazionali , che potranno partecipare alla conferenza tramite lo streaming ed eventualmente contribuire come sponsor all’evento.

Di seguito il messaggio di Omar Zidarich, in vista dell’ottava edizione del Trieste Coffee Experts:

“Accogliamo con entusiasmo una grande novità per la ottava edizione del Trieste Coffee Experts, che si terrà il 6-7 dicembre presso il Savoia Excelsior Palace di Trieste: per la prima volta, l’evento sarà aperto anche al nostro importante comparto della torrefazione, permettendo ai torrefattori di assistere in streaming ai due giorni della manifestazione e, nel caso, di sponsorizzare l’evento.

Ledizione di questanno, dal titolo “Coffee Megatrends”, verterà su temi estremamente attuali come lintelligenza artificiale, lindustria 5.0 e la sostenibilità, che sono cruciali per il futuro del settore. Unopportunità unica per le aziende di essere al centro del dibattito su come il mondo del caffè stia cambiando, rispondendo alle nuove sfide e adattandosi alle dinamiche del mercato.

Oltre a queste notevoli tematiche e all’organizzazione degli Stati Generali del Caffè, richiesti a gran voce in coda alla settima edizione, reputo la conferenza una grande occasione proprio per il nostro settore, in quanto ci sarà la possibilità per l’appunto di seguire l’evento in tutta Italia (e non solo) con traduzione simultanea in italiano e inglese.”

Appuntamento quindi al 6 e 7 dicembre, presso l’hotel Savoia Excelsior Palace e in diretta streaming, per un’edizione che si prevede sempre più attenta e aperta alle categorie che compongono la filiera del caffè a livello nazionale, con l’obiettivo di trovare soluzioni condivise.

Barry Callebaut: secondo sopralluogo del probabile acquirente della fabbrica di Verbania Intra

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Barry callebaut cioccolato unilever
Il logo di Barry Callebaut

Nei giorni scorsi è avvenuta la seconda visita di un’azienda interessata a rilevare la fabbrica di cioccolato Barry Callebaut di Verbania Intra, la cui chiusura è annunciata entro il 30 giugno. Al momento non è noto di quale azienda si tratti ma potrebbe essere una realtà che opera nello stesso settore.

Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo pubblicato sul portale d’informazione Rai News Tgr Piemonte.

La seconda visita del possibile acquirente per la fabbrica di cioccolato di Verbania Intra di Barry Callebaut

INTRA (Verbanio, Cusio, Ossola) – Nuovo sopralluogo, nei giorni scorsi, da parte del possibile acquirente dello stabilimento di Barry Callebaut di Verbania Intra.

I rappresentanti della stessa azienda che avevano già fatto una prima visita a metà febbraio sono tornati nella fabbrica piemontese della multinazionale svizzera del cioccolato, che ne ha annunciato la chiusura entro il 30 giugno.

Non è al momento noto di quale azienda si tratti.

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Cacao: boom del prezzo della materia prima, ecco come resistono le cioccolaterie artigianali di Milano

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fave cacao ghana africa america Emily Urías cioccolato virus modica svizzera
Le fave di cacao (Pixabay licensed)

Oggi la materia prima del cacao costa tre volte più di due anni fa. Il Foglio descrive il viaggio inchiesta fra boutique e laboratori di Milano, per capire come la nicchia del cioccolato fatto a mano ha reagito all’aumento. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo di Francesco Cocco per il quotidiano Il Foglio.

Il rincaro del cacao e la risposta dei laboratori di Milano

MILANO –  Se ne parla da tempo, anche fra i non addetti ai lavori. Due anni fa, il cacao costava meno di 3 dollari al chilo, oggi più di 8, dopo aver toccato i 12 dollari al chilo a fine 2024. La crisi ha origine principalmente in Ghana e Costa d’Avorio, che ne sono i maggiori esportatori.

Siccità alternata a piogge torrenziali, malattie delle piante e, in Ghana, la sostituzione della coltura del cacao con una devastante caccia all’oro (inteso proprio come il metallo giallo), hanno determinato una situazione problematica per tutta la filiera del cioccolato.

Ma se questo è vero per i grossi produttori industriali, che ricadute può aver avuto un simile cataclisma su una nicchia come quella delle cioccolaterie artigianali? Da questa domanda parte il nostro viaggio fra boutique e laboratori all’ombra della Madonnina.

Charlotte Dusart, cioccolatiera belga a Milano, con negozio vicino a Porta Venezia e laboratorio in zona Lambrate, non si aspettava che il costo del cacao salisse così tanto e così velocemente. “Lo abbiamo gestito all’inizio potendo fare una scorta molto ampia di prodotti al vecchio costo, dopodiché abbiamo dovuto aggiustare i prezzi di alcuni prodotti. Io ho fatto la scelta di tenerli quasi uguali agli altri anni, perché ci tengo tanto ad avere prezzi abbordabili. Alcuni prodotti, come le tavolette che sono fatte interamente di cioccolato, li abbiamo aumentati un po’, mentre i cioccolatini, che contengono ganache, caramello, eccetera, no”.

Un 15-20 per cento di aumento sul prezzo finale, e solo su pochi articoli, ci spiega quindi Dusart. Per il resto, ha puntato ad aumentare il volume di vendita: “Vendiamo a più persone possibile e facciamo i margini così”, si è detta.

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Sicilia: 200 imprese nel settore del caffè tra produzione e vendita, fatturato di 500 milioni

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La Sicilia (foto da Flickr)

In Sicilia sono ubicate circa 200 imprese nel settore del caffè tra produzione e vendita. La concentrazione delle aziende è maggiore nelle province di Catania e Palermo, che contano rispettivamente 102 imprese ciascuna, pari al 51% del totale. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo pubblicato sul portale d’informazione Blog Sicilia.

Il settore del caffè in Sicilia

PALERMO- La Sicilia può essere considerata la terra del caffè? In base ai dati recenti, sì. Nell’isola operano attualmente circa 200 imprese nel settore, distribuite tra produzione e vendita. L’industria regionale, che ha radici storiche profonde, genera oggi un fatturato complessivo di circa 500 milioni di euro.

La concentrazione delle aziende è maggiore nelle province di Catania e Palermo, che contano rispettivamente 102 imprese ciascuna, pari al 51% del totale. Le restanti aziende si distribuiscono in modo meno uniforme nel territorio: Trapani ne ospita 23, Messina 20, Caltanissetta 17, Ragusa 14, Agrigento 10, Siracusa 9 ed Enna 5. Insomma, l’oro nero sembra avere oggi una forte presenza siciliana.

Molte realtà imprenditoriali siciliane legate al caffè vantano una lunga storia. Tra queste spicca Caffè Barbera, fondata nel 1870 e attualmente guidata dalla sesta generazione della stessa famiglia. Questa impresa rappresenta un chiaro esempio di continuità familiare e adattamento al cambiamento: elementi che caratterizzano l’evoluzione dell’intero comparto siciliano. Le aziende storiche hanno saputo rinnovarsi, investendo nelle nuove tecniche produttive e nella ricerca della qualità, senza rinunciare al forte legame con la propria tradizione.

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Siracusa: ecco la prima scuola per la formazione horeca sull’Isola

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Una tazzina di caffè (foto concessa)

A Siracusa sorgerà la prima scuola per l’horeca in Sicilia. Un progetto ambizioso, a cui Unigroup s.p.a. ha già iniziato a dare forma acquistando un sito di circa 12 mila metri quadri. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo pubblicato sul portale d’informazione Travelnostop.

La prima scuola per l’horeca in Sicilia

SIRACUSA – Sarà una scuola dedicata al settore horeca in tutte le sue necessità formative quella che sorgerà a Siracusa nel 2026 a opera di Unigroup s.p.a.

Un progetto lungimirante e ambizioso, a cui Unigroup s.p.a. ha già iniziato a dare forma acquistando un sito di circa 12 mila metri quadri, di cui 5.000 saranno utilizzati per dare vita a un centro di formazione professionale di qualità.

“La ristorazione e l’accoglienza siciliana da tempo aspettano una iniziativa di questo tipo perché serve formare più professionisti del settore per supportare il comparto horeca che rappresenta tanta parte del nostro valore economico e turistico” ha raccontato Roberto Cappuccio, presidente di Unigroup a Travelnostop.

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Il Gran Caffè Gambrinus di Montecatini Terme riapre con musica jazz e bistrot

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Il logo del Gran Caffè Gambrinus di Montecatini

Venerdì 18 aprile ha riaperto il Gran Caffè Gambrinus di Montecatini Terme sotto il colonnato liberty dello storico caffè concerto del 1913 degli architetti Bernardini e Giusti. La caffetteria propone colazioni, pranzi e cene accompagnati da eventi musicali e intrattenimento. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo di Luca Signorini per il portale d’informazione Il Tirreno.

La riapertura del Gran Caffè Gambrinus di Montecatini Terme

MONTECATINI TERME (Pistoia) – Venerdì inizia il nuovo corso – si spera longevo – del Gran Caffè Gambrinus (il nome del locale resta questo, in onore alla tradizione) sotto il colonnato liberty dello storico caffè concerto costruito nel 1913 su progetto degli architetti Bernardini e Giusti.

Da tempo fervevano i preparativi e i lavori in corso per il doveroso restyling all’ambiente, dopo l’esperienza durata pochi anni (dal 2018) del ristorante Foody Farm, poi sparito dalla circolazione come il gemello Fishing Lab all’ex San Francisco sulla salita del Bonfanti, che si è anche scontrato con il periodo nero del Covid.

E dunque alla vigilia di Pasqua torna a ruggire quello che una volta era considerato il salotto buono della città, almeno ai tempi d’oro, frequentato da personaggi del calibro di Nilla Pizzi, poi Gino Bramieri, Pippo Baudo, Mike Bongiorno, Corrado; e in epoche più recenti diversi appuntamenti della Versiliana (dal 2007) portati qui dallo scrittore Romano Battaglia, e il talk show di Giorgio Panariello “Senti se c’ha un amico”, tra gli ospiti Andrea Bocelli, Gigi D’alessio, Carlo Conti, Leonardo Pieraccioni, Albano, Roberto Baggio.

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Bar, caffetterie e librerie: l’evoluzione dei terzi luoghi dove nasce la socialità

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Il settore del bar e della ristorazione (immagine: pixabay)

Dall’agorà ai coworking, dai diner di Tarantino ai parchi urbani: ecco come l’ibridazione tra fisico e digitale ridisegna gli spazi dell’incontro. L’articolo di Ludovica Proietti per il portale Elle Decor spiega perché progettare ancora luoghi di relazione è una necessità per la nostra società. Di seguito riportiamo un estratto dell’articolo.

L’ibridazione tra fisico e digitale nei bar

MILANO – Nel suo saggio The Great Good Place (1989), il sociologo statunitense Ray Oldenburg definisce i terzi luoghi come quegli spazi informali che si collocano tra casa e lavoro – bar, caffè, librerie, piazze – fondamentali per il tessuto sociale e la costruzione di comunità. Spazi sempre esistiti, dall’origine dell’uomo: l’agorà, per i greci, era il posto dove si svolgeva davvero la vita della comunità, così come nella Londra dell’Illuminismo le coffee houses sono diventate vero fulcro del cambiamento sociale.

I cafè del primo Novecento, le discoteche e i circoli negli anni Sessanta, i centri sociali nei Novanta: tutti terzi luoghi capaci di generare dibattito e di essere fulcri di piccoli moti della società. In alcune culture, anche parrucchieri, saloni di bellezza, barbieri diventano terzi luoghi. Luoghi di scambio, di confronto, di appartenenza, dove lo spazio dell’abitare non è mai neutro, ma facilita – plasma o ostacola – le relazioni.

In un’epoca in cui il digitale modifica abitudini e spazi, la riflessione sul concetto di terzo luogo si riattualizza, coinvolgendo anche il mondo dell’architettura e del progetto: come si disegnano oggi gli spazi di relazione? E quali sono i nuovi ambienti ibridi che funzionano da snodo tra fisico e virtuale?

Sicuramente abbiamo imparato a riconoscere i terzi luoghi anche da come venivano disegnati. I bar avevano le loro sale da biliardo mentre i pub banconi e sgabelli alti. Li abbiamo visti diventare icone nel mondo del cinema e della tv: pensiamo al Korova Milk Bar di Arancia Meccanica, il vero covo della banda di Alex DeLarge.

La latteria più distopica del grande schermo, anche fulcro narrativo. Lo sfondo nero, le scritte bianche morbide come gocce di latte, i tavolini a forma di corpo di donna, le luci intense sono tutti elementi di design che giocano un ruolo fondamentale nella dimensione dello spazio.

Le statue di donne nude che servono latte non sono solo scenografia: sono una dichiarazione. Ispirate alle opere di Allen Jones – che però rifiutò l’invito di Kubrick – vennero realizzate da Liz Jones su commissione. Corpi femminili trasformati in oggetti d’arredo: un’estetica disturbante, che racconta la visione del regista sull’erotismo come proiezione di un futuro iper-pop, dove la provocazione diventa norma.

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Treviso: il bar Signore&Signori licenzia il robot cameriere dopo quattro giorni di servizio a causa del pavimento irregolare, il titolare Luca Marton: “Ancora ci chiedono di lui”

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L'intelligenza artificiale (immagine Pixabay)

Il bar Signore&Signori aveva adottato un anno fa un robot come cameriere. Nonostante il successo tra i clienti, il servizio dell’automa è durato solo quattro giorni a causa delle difficoltà derivate dalla pavimentazione irregolare. Il ricordo però è rimasto e alcuni tra gli avventori del locali chiedono ancora del robot.

Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo di Riccardo Benedet pubblicata sul portale d’informazione msn.

Il robot cameriere del bar Signore&Signori di Treviso

TREVISO – Quella mattina di un anno fa, in Piazza dei Signori, sembrava l’inizio di una piccola rivoluzione. Al bar Signore&Signori, storico locale nel cuore del centro, era arrivato Bob: non un nuovo cameriere in carne e ossa, ma un robot. Moderno, operoso e silenzioso, programmato per portare con precisione piatti e bevande ai tavoli, aveva destato curiosità e simpatia tra i clienti ancora prima di servire il suo primo caffè.

Peccato che il suo servizio sia durato appena quattro giorni: tra la pavimentazione irregolare e la calca degli avventori, Bob ha dovuto issare bandiera bianca. Eppure, a distanza di più di un anno, qualcuno continua a chiedere di lui, spinto dalla curiosità per quella particolare parentesi hi-tech. “Vengono ancora a chiederci del robot – racconta il titolare Luca Marton come riportato sul portale msn –, anche la settimana scorsa qualcuno l’ha nominato”.

L’idea era semplice: non sostituire il personale, ma alleggerirne il lavoro, rendendo il servizio più veloce e, nelle intenzioni, anche più efficiente.

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