lunedì 25 Agosto 2025
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Nestlé punta a riconquistare i consumatori con più test sul gusto dei prodotti

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Nestlé
Il logo Nestlé

Nestlé intende riconquistare i consumatori puntando su test di gusto più frequenti e su un rafforzamento del marketing, mentre i volumi di vendita restano stagnanti e i prezzi, già in crescita, continueranno ad aumentare, seppur più lentamente. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo pubblicato sul portale tvsvizzera.

Il piano strategico di Nestlé

VEVEY – Confrontata con una stagnazione dei volumi di vendita, l’azienda Nestlé punta a riconquistare i consumatori: “torneremo a fare più test relativi al gusto dei nostri prodotti”, hanno promesso i vertici. E nel frattempo i prezzi continueranno ad aumentare, anche se a ritmi meno marcati.

Tra il 2022 e il 2024 la multinazionale alimentare ha testato meno di un quarto dei suoi articoli più venduti (in rappresentanza di circa la metà del giro d’affari) per verificare se i consumatori preferiscono il sapore dei suoi prodotti a quelli della concorrenza. Entro la fine dell’anno in corso la società intende effettuare tali test su due terzi degli articoli e su tutti tra un anno.

Per cambiare le cose il gruppo sta puntando anche sul marketing: la quota della pubblicità e delle altre iniziative per stimolare le vendite è salita all’8,6% nella prima parte di quest’anno, a fronte dell’8,1% dello stesso periodo dell’anno scorso.

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Ecco come la Svizzera ha cambiato il mondo del caffè

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tè svizzera cioccolato caffè svizzeri pasticceria
La Svizzera

Dal caffè solubile a quello in capsule: l’ingegno della Svizzera ha ridefinito la preparazione, il consumo e l’apprezzamento di una delle bevande più amate al mondo. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo di Patrizia Rennis per il portale d’informazione tvsvizzera.

La storia del caffè in Svizzera

La Svizzera è conosciuta in tutto il mondo per eccellenze come il cioccolato e il formaggio, ma non tutti sanno che alcuni inventori svizzeri hanno lasciato il segno anche in un altro settore: quello del caffè. Sebbene non sia un produttore agricolo di caffè, le invenzioni ideate nel nostro Paese hanno rivoluzionato il modo in cui milioni di persone gustano questa bevanda ogni giorno.

Se oggi possiamo prepararci un caffè appena svegli semplicemente premendo un pulsante, lo dobbiamo all’ingegnere svizzero Arthur Schmed. La primissima macchina per caffè espresso risale al 1884, quando l’imprenditore torinese Angelo Moriondo la progetta per alberghi e ristoranti. Il suo obiettivo è quello di offrire alla clientela un caffè veloce e istantaneo.

Fino agli anni ’70 queste macchine rimangono a uso esclusivo di bar, ristoranti e alberghi, ma Arthur Schmed ha una visione diversa: portare questa tecnologia nelle case di tutti.

In un garage di Zurigo l’ingegnere svizzero crea il primo prototipo di macchina per caffè automatica destinata all’uso domestico, ad aiutarlo nello sviluppo della sua idea, c’è l’ingegnere Sergio Zappella. I due ingegneri trascorrono anni alla ricerca di finanziamenti, fino a ottenere il sostegno dello storico produttore svizzero di elettrodomestici, Solis.

Nel 1981 Schmed e Zappella fondano la Saeco (acronimo di Sergio, Arthur e Compagnia) e riescono finalmente a produrre la loro invenzione. Nel 1985 Saeco e Solis lanciano sul mercato la prima macchina per caffè espresso automatica per uso domestico al mondo.

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Eureka: nel 2024 fatturato di 60 milioni e oltre 200mila macinacaffè prodotti, operativo lo stabilimento Mignon Factory

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Il logo Eureka

L’azienda toscana Eureka, fondata nel 1920, ha inaugurato un nuovo stabilimento Mignon Factory, interamente dedicato alla produzione della linea iconica dei macinacaffè, frutto di un investimento di tre milioni di euro (ne abbiamo parlato qui). L’azienda ha registrato nel 2024 un fatturato di 60 milioni di euro derivante per il 98% dalle attività export e oltre 200.000 macinacaffè prodotti. Leggiamo di seguito un estratto dell’articolo pubblicato su L’Economia del quotidiano Il Corriere della Sera.

La Mignon Factory di Eureka

SESTO FIORENTINO (Firenze) – Potenziare la produzione dell’elettrodomestico italiano per cogliere il trend mondiale di crescita della filiera del caffè. È con questo intento che è diventata operativa la Mignon factory di Eureka, un nuovo stabilimento interamente dedicato alla produzione della linea iconica dei macinacaffè professionali dell’azienda fiorentina fondata nel 1920.

Frutto di un investimento di tre milioni di euro, dal nuovo impianto sono stati lanciati sul mercato in questi giorni tre nuovi modelli del macinacaffè tecnologico Mignon che verranno prodotti per il target dei consumatori privati.

Si tratta di modelli che partendo dalla tecnologia del canale professionale ora guardano sempre di più al consumo domestico, tanto che in Germania sono riusciti nell’intento di conquistare la fetta di mercato più consistente sul mercato.

“Dai primi periodi del Covid, è aumentato vertiginosamente il desiderio di rivivere in casa il piacere del caffè preparato al bar – afferma Fiorani al Corriere della Sera – Infatti c’è stato un generale exploit dell’attrezzatura destinata a dei veri coffee corner domestici. Un fenomeno trasversale che in parte ha interessato anche l’Italia e che noi siamo stati in grado di anticipare avendo da sempre riconosciuto grande importanza agli investimenti in tecnologia e performance”.

All’interno del nuovo stabilimento inaugurato alla presenza dei maggiori players del caffè, tra cui Lavazza, Illy e Smeg, vengono impiegate ventiquattro risorse umane ad alta specializzazione. L’impianto produttivo occupa una superficie di 700 metri quadrati e ha una capacità produttiva di 700 macinacaffè al giorno.

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Bialetti, al via il delisting: Nuo detiene il 96,431% del capitale sociale

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gruppo Bialetti industrie illa nuo
Il celebre omino coi baffi del logo Bialetti

MILANO – La società Nuo Capital ha acquisito complessivamente 149.259.129 azioni di Bialetti, pari a circa il 96,431% del capitale sociale del brand specializzato nella produzione di moka, al termine dell’offerta pubblica di acquisto (OPA) (ne abbiamo parlato qui).

Il delisting di Bialetti

Come riportato dal quotidiano La Repubblica e Teleborsa, non ci sarà una riapertura dei termini.

L’offerente eserciterà il diritto di acquisto, attivando in tal modo la procedura congiunta.

Borsa Italiana, continua La Repubblica, si occuperà della sospensione dalla quotazione e dalle negoziazioni delle azioni.

Seguirà il delisting al termine dei tempi previsti per l’esercizio del diritto di acquisto.

L’operazione decreta l’uscita dell’azienda dai listini di Borsa Italiana e una nuova era per il marchio simbolo del made in Italy.

Andrea Illy sulla sostenibilità: “Dobbiamo investire per recuperare il debito verso il pianeta”

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Andrea Illy, presidente illycaffè (immagine concessa)

Andrea Illy, co-presidente della Regenerative Society Foundation, commenta il superamento anticipato a oggi del limite annuale di rigenerazione delle risorse naturali del pianeta, affermando che è imperativo investire nella sostenibilità per recuperare il nostro debito con l’ambiente. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo pubblicato sul portale dell’Ansa.

Andrea Illy per la sostenibilità

ROMA – “L’earth overshoot day continuerà ad arretrare sempre di più finché non correggeremo il nostro modello di sviluppo”, indica Andrea Illy, co-presidente della Regenerative Society Foundation, commentando il superamento anticipato a oggi del limite annuale di rigenerazione delle risorse naturali del pianeta.

“È necessario, infatti, – avverte Andrea Illy – recuperare il debito che abbiamo nei confronti del pianeta, investendo nel ripristino e nella conservazione del capitale naturale per favorire la produzione dei servizi ecosistemici”.

Illy aggiunge: “Al contempo, dobbiamo ridurre drasticamente la nostra impronta ecologica tramite l’economia circolare e la transizione alle cleantech, tecnologie efficienti e pulite a sostegno dell’attività di impresa”.

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Dersut Caffè e Favini presentano le buste shopper ricavate dai residui della tostatura del caffè

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Le buste shopper (immagine concessa)

CONEGLIANO (Treviso) – Il primo batch da 1.000kg di pula, partito in big bags dalla storica torrefazione di Conegliano alla volta della cartiera Favini, ha rappresentato un nuovo e concreto impegno dell’azienda nel riuso e nella valorizzazione del sottoprodotto in un’ottica di economia circolare.

Dersut Caffè, che aderisce al Gruppo Sostenibilità di CVE dal 2019, ha così intrapreso un primo significativo passo nella valorizzazione del proprio sottoprodotto, orientandolo verso un impiego che contribuisce a ridurre l’impatto ambientale delle proprie scelte produttive.

Protagonista dell’iniziativa è la pula, residuo naturale del processo di tostatura del caffè che oggi, grazie alla collaborazione con la prestigiosa cartiera Favini, viene recuperata e trasformata in materia prima per la produzione di shopper in carta riciclata.

Pula e shopper (immagine concessa)

Questa innovazione ha permesso di sostituire fino al 10% della cellulosa di origine arborea utilizzata nella fabbricazione delle shopper riducendo così il consumo di risorse forestali e contribuendo a un’economia più circolare e responsabile.

Secondo l’avvocato Lara Caballini di Sassoferrato, amministratrice delegata della torrefazione: “L’impegno nella sostenibilità ambientale va misurato dai passi concreti che un’azienda intraprende. Sono molte le direzioni percorribili, ma devono essere valutate con serietà e attuate con dedizione, per dar vita a progetti che parlino veramente dell’azienda e che lo facciano con un linguaggio autenticamente sostenibile” prosegue l’amministratrice delegata “economia circolare significa anche coinvolgere partner appartenenti a categorie merceologiche differenti e collaborare per una finalità comune, ognuno forte delle proprie capacità, e desideroso di vedere il risultato dell’impegno congiunto”.

Il progetto ha preso avvio dagli studi condotti dalla professoressa Roberta Bertani e dalla dottoressa Anna Scettri, afferenti al Dipartimento di Ingegneria Industriale dell’Università di Padova, che hanno condotto approfonditi studi sulle proprietà e caratteristiche tecniche di questo prezioso sottoprodotto.

La texture (immagine concessa)

Questo progetto si aggiungerà a quelli del brand Dersut Reuse che, grazie alla pluriennale collaborazione con Ricrearti, propone una serie di oggetti frutto del riuso intelligente e artistico di eccedenze di produzione.

Le shopper realizzate con la pula sono ora disponibili per l’acquisto per chiunque voglia contribuire a un piccolo ma significativo gesto di cura verso l’ambiente.

La scheda sintetica di Favini

Favini è un’azienda leader mondiale nella ideazione e realizzazione di supporti release, ossia stampi creativi e tecnici impiegati nei processi di produzione di ecopelle e altri materiali sintetici per i settori della moda, del design e dell’abbigliamento tecnico-sportivo. È inoltre tra le aziende di riferimento a livello mondiale nella realizzazione di specialità grafiche innovative a base di materie prime naturali (cellulosa, alghe, cuoio, denim, cotone e lana, frutta e noci) per il packaging dei prodotti realizzati dai più importanti gruppi internazionali del settore luxury e fashion.

Opera anche nel segmento cartotecnica, che comprende le attività relative alla creazione e alla produzione di articoli di cartoleria per la scuola, il tempo libero e l’ufficio, destinati alla fascia alta del mercato. Favini conta oltre 600 dipendenti e due stabilimenti, a Rossano Veneto (VI) e Crusinallo (VB).

Pernigotti: successo per la prima stagione estiva del nuovo brand Signor Stefano

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signor stefano pernigotti
Il brand Signor Stefano (immagine conessa)

NOVI LIGURE (Alessandria) – Successo per la prima stagione estiva di Signor Stefano, il nuovo brand di proprietà di Pernigotti Spa che propone semilavorati di alta qualità per le gelaterie artigianali. Presentato al salone internazionale SIGEP World 2025 nel gennaio scorso alla Fiera di Rimini, questo nuovo brand ha subito suscitato un grande interesse. Gli operatori del settore hanno infatti apprezzato il rientro dell’azienda dolciaria di Novi Ligure (Alessandria), controllata da JP Morgan Asset Management e Invitalia, in un mercato dove per decenni è stata tra i principali operatori di riferimento.

Signor Stefano, il nuovo brand di Pernigotti

“Stiamo riportando il nome di Novi Ligure nel mondo delle gelaterie artigianali, e non solo in quelle italiane, con il nuovo brand Signor Stefano che è stato senza dubbio una delle piacevoli novità di questa calda estate 2025”, ha dichiarato Gianluca Cazzulo, direttore commerciale di Pernigotti Spa.

Cazzulo aggiunge: “In pochi mesi, abbiamo portato sul mercato un prodotto molto apprezzato dai professionisti di questo settore. Siamo in una fase molto affascinante, in quanto stiamo costruendo o ricostruendo una nuova struttura commerciale, formata da professionisti che condividono innanzitutto i nostri valori e che ambiscono a partecipare ad un progetto che ha radici profonde nel passato, ma che guarda al futuro con una visione chiara”.

In questa prima stagione estiva, la Divisione Gelateria di Pernigotti Spa – che vede la collaborazione di grandi professionisti del settore, come Marino Tacchino, responsabile ricerca e sviluppo, e Giacomo Tonelli, in qualità di consulente commerciale – ha proposto un catalogo di 45 semilavorati per i gelati (basi in polvere e creme) per un totale di circa 60 referenze.

Le ricette dei prodotti sono tutte assolutamente nuove, ma basate su una tradizione nella gelateria ormai quasi centenaria. In particolare, un grande successo hanno fatto registrare i prodotti classici come la pasta nocciola e la pasta gianduia con l’utilizzo solamente di nocciole italiane, oltre agli altri gusti al cacao amaro, cioccolato, stracciatella e pistacchio, tutti basati su materie prime ed ingredienti di altissima qualità. E’ stato anche attivato un nuovissimo canale e-commerce, che consente ai titolari delle gelaterie artigianali di acquistare online i prodotti in tempi brevi.

“Tutta la nostra produzione avviene sempre nello storico stabilimento di Novi Ligure e può contare sui nostri maestri gelatieri che si tramandano da decenni questo particolare know how”, ha sottolineato Cazzulo. “Il nostro piano industriale prevede di raggiungere una produzione di 1.000 tonnellate in 3 anni e oggi siamo a circa 300 tonnellate in linea con il budget. Alla fiera internazionale SIGEP World nel gennaio 2026 a Rimini, lanceremo diverse novità con forti connotati di innovazione, ma sempre nel rispetto della lunghissima tradizione che contraddistingue la storia del nostro territorio”.

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Gruppo italiano torrefattori con il Consorzio Triveneto, parla anche Omar Zidarich: “L’Eudr è ormai una realtà: necessario prepararsi, diamo gli strumenti alle aziende”

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Omar Zidarich, presidente del Gruppo Italiano Torrefattori caffè
Omar Zidarich, presidente del Gruppo Italiano Torrefattori caffè

TRIESTE – Giovedì 24 luglio si è tenuta l’assemblea congressuale dei soci del Gruppo italiano torrefattori caffè e del Consorzio torrefattori delle Tre Venezie. L’evento, ricco di appuntamenti su temi caldi, primo tra tutti l’Eudr, si è svolto a Trieste presso la sede dei Gruppi all’Urban Center, Corso Camillo Benso Conte di Cavour 2/2.

Hanno partecipato il presidente GITC Omar Zidarich, la presidentessa CTTV Silvia Goppion, Massimiliano Scaramelli di Ditta Pacorini, Valentina Schiavone dello SLED Studio legale associato E&D, la dottoressa Francesca Marchi e la dottoressa Giovanna Gelmi, responsabile della comunicazione.

Omar Zidarich apre i lavori: “Inauguriamo con l’assemblea la nostra nuova sede e il recente organigramma. Abbiamo undici nuovi soci. Per questa organizzazione abbiamo voluto dare un taglio più uniforme sia al Consorzio che al Gruppo italiano, optando per uno stile più manageriale. Il programma prevede me come presidente legale rappresentante GITC, Silvia Goppion come presidente legale CTTV, Alessandro Bianchin e Arianna Mingardi come vicepresidenti GITC e Fabrizio Polojaz come vicepresidente CTTV”.

silvia goppion
Silvia Goppion (immagine concessa)

Zidarich aggiunge: “La nostra realtà diventa sempre più rilevante. Basti pensare che il nostro sito ha 7500 visualizzazioni mensili: un dato non da poco per un’associazione. Abbiamo più forza di quella che pensiamo di avere. Possediamo un mezzo di divulgazione importante, colmo di dati tecnici e importanti per il settore del caffè”.

È il turno di Massimiliano Scaramelli che propone una panoramica della situazione attuale sul tema EUDR: “Pacorini segue la catena logistica del caffè verde e l’Eudr sarà una nuova aggiunta burocratica necessaria per l’importazione. Con l’introduzione dell’Eudr, e il possibile mancato rispetto delle regole, ci sarà inevitabilmente un impatto sulle catene logistiche e sull’approvvigionamento del crudo con ritardi e costi aggiuntivi per chi importa. Questo è uno dei motivi per cui ci interessiamo al tema Eudr. Desideriamo dare supporto ai nostri clienti per far sì che non ci siano problemi quando la normativa entrerà in vigore”.

Il 9 luglio è stata approvata dal Parlamento Europeo una risoluzione di obiezione conro il Regolamento di esecuzione della normativa ma non contro l’Eudr stesso.

Il regolamento potrebbe perciò essere modificato in alcune parti tecniche e applicative come, ad esempio, i temi di attuazione e la classificazione dei Paesi.

Scaramelli aggiunge: “L’Eudr perciò è pronto per la partenza ma sono previste delle revisioni. Pacorini in questo momento delicato condivide la propria esperienza con i clienti, aiutando loro a conoscere le piattaforme e iniziando a mappare il processo di controllo come previsto dalla normativa. Dalla nostra posizione di vantaggio, abbiamo contatti con tutte le piattaforme, clienti e operatori del settore. Abbiamo chiuso gli accordi già con cinque piattaforme: Meridia, Imitra, osapiens, trusty e Planetio. Come funziona? Le piattaforme ci autorizzano, se viene richiesto dal cliente, a effettuare data input per nome e conto del cliente stesso. Senza gli accordi sarebbe difficile per l’acquirente condividere account per effettuare il data input”.

C’è di più: “Stiamo anche collaborando con l’ufficio degli avvocati SLED per poter dare consulenze di base in tema Eudr per le aziende. Per ogni due diligence di importazione, se verrà richiesto il servizio data input da parte di Pacorini, chiederemo 50 euro”.

Perciò l’azienda opererà sulle piattaforme scelte dal cliente, curando la Due Diligence di importazione da raccolta dati, a inserimento dati a mitigazione del rischio). Inoltre Pacorini richiede 15 euro per il controllo delle merci sdoganate. È possibile poi chiedere assistenza in caso di controlli delle autorità gratuitamente.

Scaramelli conclude: “Pacorini non intende sostituirsi alle piattaforme. I clienti dovranno scegliere un’opzione per al due diligence. L’azienda si occupa di data input al nome dei clienti”.

Zidarich ribadisce: “Viviamo in una situazione difficile ma è bene ricordare che l’Eudr, almeno per il momento, è confermato ed è importante prepararsi in anticipo”.

Zidarich aggiunge: “Ci sono inoltre importanti novità sul piano Mattei. Il governo italiano ha messo a disposizione 500 milioni di euro in investimenti direttamente nelle piantagioni. Anche il Bel Paese si è accorto che si sono delle problematiche in piantagione per migliorare l’organizzazione ed elimiare le difficolta nell’acquistare dai Paesi importanti dal punto di vista caffeicolo”.

Theresa Sandalj torna sul tema Eudr: “Una volta che c’è un regolamento di entrata in vigore come l’Eudr è difficile che si faccia marcia indietro anche se tutto il mondo sembra remare contro. Forse verrà posticipato e modificato ma ci sarà: questo è un dato di fatto. L’Eudr impone di analizzare la probabilità del rischio della deforestazione nella catena di approvvigionamento. Alcuni software analizzano elementi e dati per determinare proprio la percentuale del rischio. Il problema è che il calcolo non sempre è preciso e dipende sempre dai dati che si inseriscono. L’importante è prepararsi al meglio per non essere colti impreparati ed esercitare la propria influenza su dati affidabili e concreti. I software non sono tutti uguali: bisogna informarsi bene”.

Zidarich riflette: “Il torrefattore, che sia piccolo o grande, deve dimostrare di avere svolto una ricerca e di avere un modus operandi preciso all’interno del processo produttivo al fine di evitare una multa per mancata conformità all’Eudr, corrispondente al 4% del fatturato complessivo dell’azienda: una cifra di grande importanza che potrebbe decretare anche la fine di un’attività. Il processo mentale di un torrefattore deve perciò tenere in mente non solo della qualità della miscela ma anche di avere un organo di controllo nell’azienda”.

Valentina Schiavone affronta la questione dal punto di vista legislativo: “Il nostro studio ha un team dedicato al tema dell’Eudr, con l’obiettivo di fornire un intervento legale mirato e specializzato. Offriamo un supporto integrato nel sistema di copertura legale, lavorando in concomitanza con le risorse già impiegate dalla società. In questo modo, garantiamo che l’adempimento delle normative avvenga in modo coerente e fluido, nel contesto delle attività di importazione ed esportazione”.

Zidarich afferma: “Il gruppo mette a disposizione tutti gli strumenti per organizzare la propria aziende”.

La presidentessa Silvia Goppion riflette: “Organizzeremo da settembre dei webinar in maniera tale da capire quali siano i provider e le piattaforme più adatte per ogni azienda. L’intenzione è quindi quella di approfondire il lato tecnico e divulgativo in maniera tale che i nostri associati possano scegliere le opzioni più convenienti per loro”.

Francesca Marchi continua: “Ci concentriamo come associazione nella creazione di un team GITC sulla sostenibilità e nel fornire informazioni utili sul tema Eudr agli associati. Inoltre, tra i nostri obiettivi, desideriamo avviare nuove partnership con realità nazionali di rilievo. Abbiamo già creato linee guide per la silverskin, con uno studio sulla procedura per trasformare il rifiuto in un sottoprodotto, in più abbiamo organizzato un tavolo di lavoro e conferenza sull’Eudr in occasione del Triesteespresso Expo”.

La dottoressa Giovanna Gelmi aggiunge: “Stiamo curando anche la parte social, che valorizzano il nostro notiziario e il sito. Creiamo in questo modo un ecosistema di informazioni al servizio dei soci. Il Gruppo italiano torrefattori caffè è sempre più compatto anche grazie ai social. Tutti i nostri soci hanno qualcosa da dire e condividere”.

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Arianna Mingardi (immagine concessa)

Arianna Mingardi, presidente Associazione caffè Trieste, si unisce al dibattito: “Siamo felici di collaborare con GITC e CCTV. Il nostro obiettivo è continuare e divulgare il nostro lavoro in diversi eventi sparsi nel Bel Paese. I Gruppi saranno anche a HostMilano con uno spazio a loro dedicato. La conferma è arrivata pochi giorni fa. Le tre associazioni saranno perciò tra le protagoniste della Fiera di ottobre”.

Luigi Morello, presidente IEI: “In un talk in occasione di HostMilano verrano invitate le associazioni del settore, come Ucimac, per creare un palinsesto e divulgare la cultura del caffè coinvolgendo anche le aziende internazionali”.

Roberto Nocera, presidente Ucimac e amministratore delegato delle macchine da caffè San Marco: “A HostMilano, grazie al contributo di IEI, si terrà la finale internazionale di Espresso Italiano Champion: un momento per celebrare la bevanda icona del made in Italy e sempre più apprezzato anche all’estero”.

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Andrea Bazzara (immagine concessa)

Conclude la giornata di confronto Andrea Bazzara: “Quest’anno ci sarà l’ottava edizione di Trieste Coffee Experts dal titolo Coffee Mega Threads. L’evento avverrà a novembre e sarà un’occasione per esplorare la filiera del caffè a 360°, un summit biennale che riunisce tutti gli esperti del settore. L’invito è esteso anche al mondo dei torrefattori per la prima volta”.

Nestlé: fatturato semestrale in calo a 47,5 miliardi di euro (-1,8%), Nespresso sale a 3,172 miliardi (+2,4%), Groupe Seb cresce nel secondo trimestre

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Nestlé
Il logo Nestlé

MILANO – Giro di boa di metà anno difficile per Nestlé, che ha diffuso ieri, giovedì 24 luglio, i risultati della semestrale. La più grande azienda alimentare al mondo, numero uno anche del caffè, chiude il primo semestre con risultati che non sono piaciuti ai mercati finanziari (il titolo ha perso il 2%), pur superando il consensus in alcune metriche. Il colosso svizzero registra infatti nei primi 6 mesi dell’esercizio 2025 con un fatturato in calo dell’1,8% a 44,228 miliardi di franchi svizzeri (47,4686 miliardi di euro), contro la previsione degli analisti di 44,6 miliardi.

Sul dato hanno impattato negativamente i cambi (-4,7%), per effetto del “significativo rafforzamento del franco svizzero durante il periodo”.

La crescita organica – ossia al netto degli effetti valutari e di portafoglio – ha segnato invece un lieve aumento, passando dal 2,8% del primo trimestre al 2,9%.

Ma tale variazione positiva va imputata quasi per intero agli aumenti dei prezzi (+2,7%). La crescita interna reale (Rig) è scesa infatti allo 0,2%, dallo 0,7% del primo trimestre.

Nel secondo trimestre la Rig è stata addirittura negativa, attestandosi al -0,4%. I risultati hanno risentito della debolezza della domanda negli Usa. In nord America – massimo mercato di Nestlé, con una quota di fatturato pari al 35% – dazi e incertezze hanno inciso negativamente sui consumi.

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Traniello, torrefazione centenaria di Gaeta: “All’estero ci sono maggiori margini che in Italia, dove il mercato è saturo”

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La torrefazione Traniello (foto concessa)
La torrefazione Traniello (foto concessa)

GAETA (Latina) – Caffè Traniello, azienda di famiglia che compie 100 anni superando la prova del tempo e del cambio generazionale: ora capitanata da Attilio Traniello, si muove ancora su una dimensione artigianale e locale affrontando anche quest’ultimo periodo dolente per tutti nel settore della trasformazione del chicco.

Traniello, 100 anni di attività: come si fa a raggiungere questo traguardo in un mercato così competitivo come quello della torrefazione in Italia?

“In effetti ormai siamo tanti a fare questo mestiere: agli albori di Caffè Traniello non c’era lo stesso livello di competizione.

Se oggi siamo ancora in attivo, è per il grande lavoro di chi mi ha preceduto e ha posto le fondamenta di un’azienda come la nostra, ancora artigianale.

Padre e figlio, Traniello (foto concessa)

Non abbiamo dipendenti, io stesso mi occupo di tutti gli aspetti dell’impresa avvalendomi di personale esterno per le forniture nei bar, mentre per il lato tecnico delle attrezzature ci appoggiamo a dei terzi operatori, così come per la grafica.

Dentro la torrefazione invece ho il supporto informale di mio padre, ufficialmente pensionato ma che continua a darci una mano nelle tostate, operazioni che richiedono molta attenzione.

Con 40 anni alle spalle, poter contare sulla sua esperienza rappresenta un grande aiuto anche nella selezione e nel rispetto delle tempistiche. Per tutto il resto delle procedure, ci sono io soltanto.

In termine di fatturato, siamo abbastanza piccoli soprattutto rispetto ai numeri registrati in passato, quando negli anni ’70-‘80 avevamo più mercato. Oggi in effetti è più difficile affermarsi e dobbiamo confrontarci con una realtà diversa, composta da tanti competitor che giocano non più soltanto a livello locale. Adesso la distribuzione è più estesa e quindi la competizione si gioca su più fronti.

È pur vero che da qualche anno anche noi ci siamo rivolti in piccola percentuale all’estero, che attualmente si attesta attorno al 15% del totale di vendite ed è in crescita. Abbiamo per il momento un unico cliente francese che però è destinato ad ampliarsi. Questo fa ben sperare: il mercato del caffè in Italia non solo è ben nutrito di aziende, ma è anche saturo, mentre all’estero ci sono margini diversi soprattutto per il prodotto italiano. Un chilo di caffè oggi si vende sotto i 20 euro (miscele classiche) qui da noi, mentre all’estero riusciamo a venderlo anche a 40 euro al chilo.”

Come mai questa differenza secondo lei?

Traniello: “Oggi proporre un caffè a 40 euro al chilo in Italia è follia: qui a questo prezzo, si parla di una materia prima di nicchia. Gli stipendi sono più bassi rispetto a quelli della Francia e quindi il potere d’acquisto è diverso. Indubbiamente poi esiste anche un fattore culturale, per cui la tazzina è percepita come un prodotto popolare, che deve essere alla portata di tutti. All’estero è qualcosa per cui si è disposti, quando buono, a spendere di più.

Pare chiaro che alla lunga questo ragionamento rischia di creare effetti collaterali negativi sulla filiera. Oggi i margini sono davvero minimi.”

Come state affrontando la crisi attuale del mercato, con i prezzi alle stelle, la difficoltà di reperimento della materia prima?

“L’aumento del crudo sicuramente è stato trasferito sul consumatore finale e prima ancora sui gestori dei bar. Noi vendiamo sia nell’horeca, che ai privati e nei supermercati: abbiamo caricato su di noi in parte questi rincari e i margini sono diventati però molto bassi: in percentuale si sono ridotti della metà. Il verde è aumentato al chilo dal 2019 a oggi, di circa 6-7 euro.

Di questi, non tutti sono stati poi fatti pesare completamente sul consumatore finale: abbiamo aumentato di 4 euro soltanto rispetto al 2019. In attesa di ritornare a una marginalità pre-Covid.

Siamo comunque sereni, perché l’azienda è solida e gli investimenti sono stati fatti accuratamente negli anni passati. Non avendo personale a carico, diminuendo anche i volumi delle vendite, non ho particolari problemi a gestire spese e carico di lavoro.

Certo è difficile farcela da solo, ma è necessario stringere i denti in questo periodo che dura da parecchio tempo. Resto fiducioso, perché la nostra popolarità locale è riconosciuta e stiamo lavorando dall’assunzione da parte mia della carica di titolare nel 2019, a delle migliorie che oggi ci stanno premiando.

Con nuovi prodotti ad esempio. Ancora non forniamo specialty coffee, ma in verità ho acquistato già delle attrezzature e un’impiantistica dedicate a trattare questa materia prima. Abbiamo una macchina da 60 chili, una Balestra, casa madre costruttrice prossima a noi, che però non ha senso per gli specialty.

Un annetto fa abbiamo investito in una macchina da 10 chili, che è ancora da mettere in funzione con l’ottica di impiegarla per tostare piccole quantità di specialty. I progetti sono tanti, il tempo è limitato e io resto solo.

Mi spinge il fatto che la risposta da parte dei clienti si fa sentire e gli sforzi fatti in questi anni iniziano a dare i primi frutti.”

Traniello, come avete impostato la vostra relazione con i clienti?

“Siamo entrati nei supermercati locali che qui a Gaeta per l’80% riforniti da noi. Serviamo anche numerosi privati, e bar nella zona. Non tutti comprendono naturalmente cosa c’è dietro il bar e il rischio che si assume eventualmente il torrefattore che decide di supportarlo. Sino al 2019 mio padre si è sempre opposto nel contribuire con macchinari e assistenza. Dal mio arrivo questa politica è cambiata, andando contro tendenza anche con gli altri miei competitor.

Preciso però che la scelta di iniziare a fornire attrezzature, non funziona su tutti i bar. Bisogna innanzitutto analizzare l’attività con cui si ha a che fare, la zona, la location, l’esperienza dei gestori e la loro affidabilità: se tutti i criteri sono soddisfacenti, allora si decide di investire.

Non dovremmo essere noi torrefattori a caricarci di questo rischio. Consiglio sempre di considerarla come opzione e non come prima scelta: promuovo sempre una fornitura libera dalle attrezzature e solo quando viene richiesto dal locale, si fanno le dovute valutazioni.”

Cosa è cambiato e cosa no in 100 anni di Caffè Traniello?

“Sicuramente sono cambiate le persone e la loro visione. Da mio nonno e ancor prima nel 1925 quando siamo partiti come bar con tostatrice interna, ci sono state delle revisioni. È rimasta la stessa la miscela entry level, per espresso, con una base di Santos e circa il 30% di Robusta. Nonostante la vicinanza con la Campania, dove le tostature spinte vanno per la maggiore, qui a Gaeta cuociamo medio scuro. Il chicco non è bruciato per non fargli perdere le sue caratteristiche gradevoli. Questo da un lato ci permette di coprire una nicchia sul territorio e dall’altro però, riceviamo un po’ di critiche.

Abbiamo ora un blend 100% Arabica del Centro America che sta riscontrando buoni feedback. L’abbiamo da 7/8 anni e solo nell’ultimo anno c’è stata una crescita nelle richieste: questo è un buon indizio del cambio di abitudini di consumo e dell’attenzione maggiore verso la qualità.”

Come prevedete i prossimi anni anche in vista di nuove sfide, come ad esempio l’EUDR e il cambio nei consumi

Qua si naviga a vista. Dal 2019, tra la pandemia e l’aumento dei prezzi, abbiamo visto di tutto. Continuiamo però a svolgere il nostro lavoro giorno dopo giorno, introducendo novità nel tentativo di migliorare l’azienda e offrire una maggiore scelta ai clienti. ci aspettiamo soddisfazioni in futuro.

Concretamente, rimarremo piccoli, legati al territorio e alle persone. Che sono uno dei fattori che ci ha permesso di durare 100 anni: se un domani dovessimo assumere una persona in più, comunque mi occuperei io ancora delle consegne dato che il rapporto che si è venuto a creare, il contatto umano, andrebbe a perdersi altrimenti.”

Traniello è passata da bar a torrefazione: come mai?

La cottura del Caffè Traniello (foto concessa)

“Abbiamo chiuso la caffetteria, perché dopo la guerra ci siamo sentiti di affrontare una nuova avventura. L’apertura del bar richiedeva un rapporto diverso con il consumatore e uno sforzo 24 ore su 24 dietro al bancone. Sono due mestieri separati. Negli anni ’50 mio nonno si è specializzato come torrefattore per rifornire gli altri bar. Portare avanti entrambe le attività sarebbe stato complicato, allora come oggi. Se dovessimo avviare un locale, sarebbe una piccola rivendita magari con anche cioccolato, dolci, confetture, una piccola bottega. Il bar, lo sappiamo, è una delle realtà più impegnative che esistono.”