Aziende più attente alla sostenibilità (immagine: Pixabay)
Oltre due terzi dichiara di voler aumentare gli investimenti in iniziative di sostenibilità nel 2023. La maggior parte delle aziende produce un report di sostenibilità, ma ammette le difficoltà di garantire la qualità e la tracciabilità dei dati. L’interesse per le aziende nel sostenere una produzione green è sempre più alto di anno in anno. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo pubblicato sul portale lifestyle blog.
L’attenzione alla sostenibilità delle aziende italiane
MILANO – Il barometro C-suite 2023 di Mazars, gruppo specializzato in servizi di audit, tax e advisory, ha rivelato un significativo ottimismo tra gli executive di 27 paesi tra cui l’Italia, pur riconoscendo le sfide dell’instabilità economica e delle tensioni geopolitiche.
In Italia, la tecnologia e la sostenibilità spiccano come priorità strategiche principali e i leader stanno investendo significativamente in queste aree.
Come evidenziano gli analisti, in tale scenario la sostenibilità rappresenta ormai un criterio guida nella definizione delle strategie aziendali delineate dai manager italiani, secondo cui la qualità dei dati è considerata la sfida più grande per le aziende quando producono il loro report ESG.
In particolare, il 78% delle imprese italiane redige il bilancio di sostenibilità, a fronte di una media globale che arriva al 65%, mentre il 58% è pronto a ottemperare alla normativa europea che prevede i nuovi requisiti di rendicontazione ESG, rispetto a una media globale che si ferma al 36%.
Le imprese italiane appaiono pronte alle sfide green: una strategia di sostenibilità nuova o aggiornata è al secondo posto nella lista delle priorità strategiche per i prossimi tre-cinque anni, secondo solo alla trasformazione dell’IT e della tecnologia aziendale.
Oltre due terzi dichiara di voler aumentare gli investimenti in iniziative di sostenibilità nel 2023. La maggior parte delle aziende produce un report di sostenibilità, ma ammette le difficoltà di garantire la qualità e la tracciabilità dei dati, mentre poco più di un terzo si sente totalmente pronto ad adempiere ai nuovi requisiti di reporting ESG.
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La ristorazione nel primo trimestre 2023 (immagine concessa)
ROMA – Si consolida il recupero dei volumi di attività nel settore della ristorazione: nel primo trimestre del 2023 l’indice grezzo del fatturato delle imprese della ristorazione, ossia il valore corrente che incorpora la dinamica delle quantità e dei prezzi, è stato pari a 111,4, segnando un aumento del 30% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
Fipe: la ripresa del settore della ristorazione
A renderlo noto è il Centro Studi di Fipe-Confcommercio, che ha elaborato le stime in base ai dati Istat sulla crescita economica del Paese nei primi tre mesi di quest’anno.
L’analisi per attività economica mostra incrementi importanti su base annua per tutti i settori legati alla filiera del turismo. Una tendenza che si è verificata in ragione dei bassi livelli di attività registrati nel primo trimestre 2022, quando i Pubblici Esercizi erano ancora sottoposti ad alcune restrizioni legate alla pandemia da Covid-19.
La macchina del caffè azzurra di Faber Italia (immagine presa dal sito Faber Italia)
Una macchina da caffè in edizione limitata per omaggiare la squadra del Napoli per il suo trionfo sul campo. Questa è l’ultima idea lanciata da Faber Italia, azienda produttrice di macchine da caffè in cialda, che ha nella personalizzazione uno dei suoi punti di forza. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo pubblicata sul quotidiano Roma.
Il design e le funzionalità della macchina Faber Italia
Lo scudetto in bella mostra e un colore inconfondibile per i tifosi del Napoli: questa è la versione “azzurra” della Deluxe, una linea sviluppata dall’azienda per unire eleganza e design alla funzionalità di una macchina professionale:
“Abbiamo voluto così omaggiare una città in festa che ha nel caffè un altro dei suoi straordinari simboli, con la nostra campagna “Sulo a Napule ‘o ssann fà, perché i napoletani hanno dimostrato nei secoli di riuscire a fare cose straordinarie, nonostante tutte le difficoltà evidenti che la città deve ogni giorno attraversare”, spiega Fabio Teti, 34 anni, la seconda generazione dell’impresa nata a Caserta in un garage, grazie all’intuizione di Alfonso Teti, suo padre, che ha unito la passione per la meccanica alla conoscenza del mercato del caffè.
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Claudio Pica, presidente della Fiepet-Confesercenti di Roma e Lazio e segretario generale dell’Associazione italiana gelatieri (Aig), ha proposto al presidente della Repubblica Sergio Mattarella e al presidente del consiglio Giorgia Meloni che il primo giugno diventi festa nazionale per celebrare il gelato artigianale italiano. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo pubblicato sul portale dell’Ansa.
La festa nazionale del gelato artigianale italiano
ROMA – Il primo giugno diventi festa nazionale del gelato artigianale italiano. È quanto chiede Claudio Pica, presidente della Fiepet-Confesercenti di Roma e Lazio e segretario generale dell’Associazione Italiana Gelatieri (Aig), che per questo ha scritto al presidente della Repubblica Sergio Mattarella e al presidente del consiglio Giorgia Meloni.
“Negli ultimi anni è stato registrato da tutti gli osservatori economici e di settore il grande successo del gelato artigianale italiano, apprezzato per il suo gusto e per le sue proprietà nutritive e salutari. Un’affermazione anche in termini numerici, come confermato dai recenti dati: In Italia le vendite hanno raggiunto nel 2022 i 2,7 miliardi di euro tra gelaterie, pasticcerie e bar con gelato, in crescita del 16% rispetto al 2021 (2,3 miliardi nel 2021 e 1,85 miliardi nel 2020); mentre in Europa si raggiungono i 9,83 miliardi di euro nel 2022 contro gli 8,7 del 2021”, spiega Pica.
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L’iniziativa è partita dalla rivista di settore Gelato Artigianale, con redazione a Stezzano, Bergamo. La raccolta fondi passa attraverso un contributo diretto su un conto corrente dedicato, ma anche tramite la produzione di un gusto di gelato completamente rivolto all’Emilia Romagna. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo di Fabio Spaterna per il quotidiano Bergamo News.
La raccolta fondi per le gelaterie artigianali in Emilia Romagna
BERGAMO – Nasce a Bergamo il gusto Emilia-Romagna, pensato per raccogliere fondi a
favore delle gelaterie artigianali in difficoltà dopo la tragica alluvione. Il fango ha infatti
messo in ginocchio non solo tantissime famiglie, ma anche centinaia di attività commerciali
che, dopo aver subito danni enormi, in molti casi rischiano di non poter più riaprire i
battenti.
Tra queste decine di gelaterie, il cui appello ad un aiuto concreto per ripartire ha
raggiunto l’importante filiera produttiva del nostro territorio, dove sono presenti non solo
tanti validi professionisti del settore ma anche molte aziende del comparto specializzate
nella produzione di macchinari e ingredienti per la produzione di dolce freddo.
Sono già tanti, quindi, i gelatieri bergamaschi che hanno raccolto l’appello della rivista di
settore Gelato Artigianale, con redazione a Stezzano, per una raccolta fondi che passa
non solo attraverso un contributo diretto su un conto corrente dedicato, in grado di
raccogliere i primi 15 mila euro nel giro di appena una decina di giorni, ma anche tramite
la produzione di un gusto dedicato all’Emilia-Romagna.
“Nei giorni immediatamente successivi all’alluvione abbiamo attivato una campagna il cui ricavato sarà interamente devoluto alle attività colpite – spiega MarcoLevati, editore e direttore responsabile della rivista -. Ma non solo: ci siamo già mossi per promuovere attività dedicate a far ripartire quanto prima le gelaterie che hanno subito danni attraverso il coinvolgimento delle più importanti aziende del settore con lo scopo di fornire rapidamente attrezzature pronte all’uso e creare un programma agevolato di acquisto o ripristino dei macchinari danneggiati”.
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MILANO – Il panettone anche d’estate? La voglia del dolce lievitato non finisce mai e diventa protagonista della bella stagione. Coppa del mondo del panettone lancia il primo concorso estivo che unisce la fragranza del panettone con la cremosità del gelato. Coppa del mondo del panettone summer edition si svolgerà sabato 17 giugno 2023 nella suggestiva cornice del Cortile della Caserma d’artiglieria di Porta Verona a Peschiera del Garda, con il patrocinio del Comune.
La Coppa del mondo del panettone summer edition
I pasticceri gelatieri si confronteranno con il panettone del Maestro Iginio Massari che dovrà essere farcito con gelato, sorbetto e semifreddo e decorato.
Una giuria di prestigio composta da Luciana Polliotti, giornalista e storica del gelato, Angelo Musolino Presidente Conpait, Roberto Rinaldini Membro Relais Dessert, Emanuela Balestrino giornalista esperta in gelateria, Diego Zocco tecnico Bravo S.p.a., presieduta dal Maestro Iginio Massari, presidente APEI, decreterà il miglior abbinamento e valuterà l’estetica del prodotto, la corretta temperatura di degustazione combinata con il panettone e la farcitura, la pulizia del taglio e la struttura interna oltre che il gusto.
Dopo il successo dell’ultima edizione milanese e in attesa del nuovo appuntamento del 2024 Coppa del mondo del panettone prosegue il lavoro di promozione e conoscenza del panettone con eventi, momenti formativi e selezioni nazionali che decreteranno i finalisti del 2024.
L’evento si propone di portare l’attenzione alla destagionalizzazione del panettone, abbinandolo al dolce estivo per antonomasia, per renderlo una cremosa idea per la stagione più calda ed esaltare la tipicità di due prodotti di eccellenza della gastronomia italiana: il panettone e il gelato, nelle loro versioni più tradizionali.
L’evento è gratuito ed aperto al pubblico. La serata inizierà alle ore 18.00 e fino alle 23.00 sarà possibile degustare gratuitamente il gelato, assistere ai lavori della giuria e allo spettacolo live di sculture di ghiaccio e decorazione con la frutta. Sarà anche la perfetta occasione per poter ascoltare il maestro Iginio Massari e gli altri giurati in un talk di confronto sulla tradizione del panettone e del gelato.
“Il prossimo 17 giugno saremo a Peschiera del Garda con la prima edizione di Panettone Summer Edition – spiega il Maestro Giuseppe Piffaretti – Lo scopo di Coppa del Mondo del Panettone oltre ad organizzare il concorso è anche quello di contribuire a salvaguardare l’immagine del Panettone tradizionale artigianale e di farlo conoscere ed apprezzare. Un altro aspetto che ci sta molto a cuore è quello della destagionalizzazione. Organizzando la versione Summer Edition vogliamo contribuire a sdoganare il panettone anche in estate, abbinandolo al suo prodotto principe: il gelato. Sarebbe una fantastica opportunità per quei pasticceri-gelatieri che d’inverno rinunciano a produrre il gelato perché fuori stagione. La nostra politica è quella dei piccoli passi per grandi traguardi. Con la complicità di tutti ci possiamo riuscire. Non pensateci troppo e compilate il modulo di partecipazione, non ve ne pentirete. Vi aspetto a Peschiera del Garda”.
“E’ un grande onore per Peschiera del Garda ospitare questo evento e lo è per tanti motivi – dichiara il sindaco Orietta Gaiulli – Innanzitutto essere scelti come sede per un Campionato del mondo è un riconoscimento importante, ci dice quanto internazionale sia il nostro territorio. Poi c’è Iginio Massari, un personaggio che dà un grande prestigio a questa manifestazione e che noi non vediamo l’ora di accogliere e celebrare. E poi c’è un aspetto che trovo molto importante. Con questo Campionato del Mondo Peschiera del Garda diventa un ponte tra Verona e il Veneto, patria del pandoro, e Milano e la Lombardia, che hanno dato i natali al panettone. Questo ruolo di collegamento tra due regioni così importanti a livello italiano e non solo mi riempie di orgoglio. Voglio ringraziare gli organizzatori che sono stati molto veloci, precisi, entusiasti. È stato un bell’incontro e mi auguro che questo evento diventi presto una consuetudine”.
Coppa del Mondo del Panettone Summer Edition è realizzata con il patrocinio del Comune di Peschiera del Garda. I Partner sostenitori del progetto sono: Agrimontana, Bravo S.p.a., Molino Dallagiovanna, Novacart, Corman, Europa ovens, Afa.
La scheda sintetica della Coppa del mondo del panettone
La Coppa del mondo del panettone è il grande evento internazionale interamente dedicato al lievitato per eccellenza. Nasce per celebrare storia e lavorazione di un prodotto in grado di valicare i confini d’origine per imporsi sulla scena dolciaria mondiale.
Patron della manifestazione è il Maestro Giuseppe Piffaretti; la prima edizione si è svolta a Lugano nel 2019; la seconda edizione a Lugano nel 2021, la terza edizione a Milano nel 2022. Oltre alla competizione l’evento promuove dimostrazioni, degustazioni, visite agli espositori, laboratori, workshop per celebrare la storia e la lavorazione di un prodotto che è riuscito a valicare i confini d’origine e la stagionalità per imporsi sulla scena dolciaria mondiale.
È stato inaugurato a La Palma, in El Salvador, il progetto “Vivicafè”, sostenuto dall’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (Aics). Il progetto di durata biennale si svilupperà su tre direttrici. La prima è indirizzata all’incremento della produzione e al rinnovo di vecchie piantagioni.
La seconda mira al miglioramento delle fasi di trasformazione post-raccolta, fermentazione ed essiccazione, supportando preferibilmente associazioni e cooperative con tecnologia migliorata. Infine un terzo filone di attività verrà condotto per valorizzare il caffè salvadoregno a livello nazionale e internazionale. Leggiamo di seguito parte dell’articolo pubblicato sul portale Aise.
Il progetto “Vivicafè” a El Salvador
LA PALMA (El Salvador) – È stato inaugurato il 19 maggio scorso a La Palma, in El Salvador, il progetto “Vivicafè”, sostenuto dall’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (Aics) con un finanziamento di 5 milioni di euro. L’evento è stato organizzato dal Ministero dell’Agricoltura e zootecnia (Mag) e dal Consiglio salvadoregno del Caffè, ente esecutore del progetto assieme al Centro nazionale per la tecnologia agricola e forestale (Centa).
Ha aperto la giornata l’intervento della sindaca di La Palma, Maribel Escobar, che, per la sua lunga esperienza di mobilitazione sociale e di promozione del ruolo della donna, ha sottolineato con entusiasmo l’importanza del progetto per l’agricoltura e per il settore del caffè di qualità, motore dell’economia e fonte di sostentamento di molti piccoli produttori locali.
Il titolare della sede Aics di San Salvador, Pietro Pipi, ha sottolineato la rilevanza del coinvolgimento delle donne e dei giovani che rappresentano, come beneficiari prioritari, le leve della futura sostenibilità del Progetto.
L’ambasciatore d’Italia in El Salvador, Edoardo Pucci, ha quindi ripercorso la traiettoria del sostegno alla filiera del caffè nel Paese. Una filiera che la Cooperazione italiana ha fortemente supportato negli anni passati con vari progetti, valorizzando le relazioni e condividendo una tradizione, quella dell’uso e del consumo del caffè, che accomuna entrambi i Paesi.
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Marco Bombini, trainer e fondatore di Specialty Corner (foto concessa)
MILANO – Anche il sud viaggia sulla terza onda dello specialty, grazie all’intervento di alcuni imprenditori che hanno voluto investire in formazione, qualità della materia prima, professionalità. Questi sono gli ingredienti segreti di Marco Bombini, che con Specialty Corner spinge la cultura della tazzina tra chi il mestiere lo conosce ma vuole aggiornarsi e chi invece vuole iniziare con le giuste competenze.
Specialty Corner: perché la formazione nel mondo del caffè, e perché specialty?
“Innanzitutto io nasco come figlio d’arte, perché mio padre dal 2002 ha una torrefazione, Dolmen Caffè a Bisceglie. Dopo la laurea ho deciso di entrare nell’attività di famiglia ma specializzandomi nel percorso Sca, tra Trieste, Milano e all’estero. Ad un certo punto ho voluto diventare trainer perché mi piaceva molto l’idea di raccontare e informare la gente sul prodotto caffè e mi sono reso conto che al sud i centri autorizzati formativi erano più rari.
Così ho creato un polo qui al meridione che ho chiamato Specialty Corner, cercando di concentrarmi innanzitutto sulla tostatura. Un’altra cosa interessante è che ho subito voluto instaurare delle collaborazioni con altri Trainer e aziende, perché sono molto aperto e trasparente, creando corsi barista, brewing o sensory.”
Com’è fare formazione al sud? È ancora più rilevante per rivalutare questa professione?
“Inizialmente, avevo un po’ paura. Il discorso di Specilaty Corner è iniziato durante la pandemia e quindi in un momento piuttosto difficile: nonostante ciò, quando abbiamo potuto iniziare a lavorare, lo abbiamo fatto a pieno regime. Posso dire che non mi aspettavo così tanto riscontro da parte delle persone.
Bombini alla macchina tostatrice (foto concessa)
Siamo cresciuti con il passaparola e i social: in questi tre anni ho avuto richieste dal centro, dal sud Italia, Campania, Abruzzo, Basilicata, Calabria e Puglia. Quando siamo partiti, non credevo che il percorso legato alla formazione sarebbe diventato una vera e propria professione e poi però ho potuto constatare che c’era spazio per andare avanti ancora molto. Mi sono ripromesso, una volta trainer, di trasferire il massimo delle mie conoscenze ai corsisti, la persona deve andar via soddisfatta da Specialty Corner.
Ancora oggi la strada è in salita, perché c’è un gap a livello formativo e di cultura sul caffè incredibile e quotidianamente mi scontro con delle realtà che hanno problematiche grosse da risolvere. Un dato che ho riscontrato è che si sono avvicinati molti corsisti che hanno deciso di formarsi senza il sostegno economico dell’azienda. Molti si avvicinano a Specialty Corner indipendentemente. Non faccio mai bilanci, ma se ora dovessi farlo, sarei abbastanza soddisfatto. C’è ancora tanto da fare, ma fin qui è andata bene.”
Nel corso degli anni sono cambiate le cose sia dal punto di vista dei formatori che di chi viene a formarsi da voi?
“Soltanto da tre anni lavoro con Specialty corner, ma nascendo e vivendo in una torrefazione da sempre, conosco molti aspetti del lavoro, dalla tostatura al controllo di qualità e quello di cui mi sono reso conto in questo arco di tempo è che c’è una maggiore predisposizione alla formazione. C’è il desiderio di avere competenze più approfondite e però si tratta sempre di nicchie. L’ambizione sarebbe quello di allargare il target di riferimento. C’è tanta curiosità verso gli specialty coffee e le bevande alternative. La fiera di Levante Prof da questo punto di vista, è stata un buon banco di prova per raccogliere diversi feedback.”
Ma da lei chi viene di più a formarsi?
In piena lezione (foto concessa)
“Ho seguito tanti torrefattori che si sono resi conto che non era più possibile procedere soltanto con delle conoscenze elementari del processo. Ma ho formato anche tanti baristi che indipendentemente dal loro datore di lavoro hanno voluto investire sulle loro competenze professionali. Ancora purtroppo, non ho trovato delle aziende disposte a pagare per la formazione dei loro dipendenti.”
Quali sono costi e durata dei corsi da Specialty Corner?
“Un corso Sca base parte da un prezzo di 180 euro fino a un massimo di 1100 a seconda del modulo e dal numero di ore (6/27 ore). Poi c’è la possibilità di personalizzare il proprio corso in base alle esigenze e lì il costo cambia a seconda della richiesta. Mi è capitato di confrontarmi con persone che lavoravano per un determinato torrefattore che voleva migliorare il tostato. Offro come servizio anche la realizzazione di blend personalizzati secondo le richieste e insegno le tecniche migliori per poterlo realizzare a torrefazioni o caffetterie. Nel Roasting Professional, ad esempio, si affrontano anche temi utili come il food cost, la gestione di magazzino, consigli su come acquistare in maniera corretta la materia prima.”
Quali sono le maggiori difficoltà ancora oggi nel vostro lavoro?
“Purtroppo un grosso problema nel nostro settore è legato alla precisione e puntualità dei clienti. Non ho trovato però grandi ostacoli in generale, e questo perché, chi decide di formarsi è motivato, quindi non pone problemi di sorta. Le persone si propongono autonomamente da Specialty Corner.
Dietro al bancone, parte la formazione (foto concessa)
Riflettendo su chi ha frequentato la nostra scuola, l’età resta piuttosto varia. È vero però che, quei giovani che si sono rivolti a noi, avevano molto voglia di formarsi e lo facevano con grande impegno. Ma sono meno rispetto a persone già più adulte che si sono rese conto di esser indietro rispetto alle esigenze del mercato. Auspico ad una maggiore presenza di giovani con voglia di formarsi in questo settore ”
Ma essere in fiera come a Levante Prof quanto è importante?
“La decisione di partecipare è nata dal fatto che abbiamo attraversato un periodo positivo, a tal punto che ho pensato che Levante Prof fosse l’occasione giusta per confermare la nostra presenza sul mercato. Si era finalmente creato un seguito e avevo la voglia di coltivarlo. Quello era il momento: è stata un’esperienza bellissima. Sono tornato a casa pieno di gioia: c’è stato un bellissimo riscontro con persone che sono arrivate da fuori per toccare con mano il nostro lavoro. Ci siamo resi conto che ciò che abbiamo seminato nel tempo sta fruttando.
Da Specialty Corner la latte art non manca (foto concessa)
Probabilmente ripeteremo l’esperimento al The Milan Coffee Festival. Il Levante Prof è stato il nostro banco di prova: abbiamo organizzato tutti i giorni dei workshop con i nostri partner, ad esempio con DM Italia, con cui abbiamo approfondito il tema della pulizia delle attrezzature, la corretta preparazione della moka. Abbiamo presentato bevande alternative vegetali come il latte d’avena Oatly con Jessica Sartiani e proposto delle sessioni d’assaggio in cupping. Abbiamo reso dinamica la nostra partecipazione in Fiera.”
Un ultimo messaggio da Bombini
“Vorrei sottolineare l’importanza del nostro ruolo: al giorno d’oggi formarsi e informarsi per avviare un’attività di successo, è essenziale. Molti investono nella caffetteria perché non ha più altro da fare e vede nel locale l’ultima chance, senza però pensare di formarsi. Se noi interrompiamo questa catena e cominciamo a dar più valore al caffè, dalle origini sino alla vendita in caffetteria, sicuramente riusciremo a ottimizzare la filiera e il mercato. Questa è la mia mission anche con gli specialty coffee e per questo ho proposto ad alcune caffetterie questo prodotto, perché ci tengo molto.
Per fortuna, ora alcuni titolari di caffetterie hanno una percezione del ruolo del barista e del caffè differente. Purtroppo non riesco ancora a vedere lo stesso cambio di prospettiva nei ragazzi, che non credono in questa figura come una altamente professionale.
Effettivamente un ragazzo lavora dietro al banco per mettere da parte un po’ di soldi, ma non pensa ad una carriera vera e proprio in questo settore. Quelli che vengono da noi, li coinvolgiamo in un percorso formativo e professionalizzante, così da ritagliare il proprio ruolo anche importante in questo mercato e spesso riusciamo in questo obiettivo: sono usciti dalla nostra scuola due nuovi trainer pugliesi, dopo aver trasmesso loro la giusta passione e conoscenza. In tutto questo, la collaborazione è fondamentale.”
MILANO – Il concorso di Maestri dell’espresso junior è un percorso che va oltre i mesi delle selezioni, perché è un’esperienza che lascia sempre il segno su chi ha partecipato, crescendo insieme a quegli studenti con l’idea di segnare la via per le loro carriere professionali. Un esempio di questa trasformazione, costante e coerente, è Alex Orologio, prima vincitore dell’edizione del 2009 e infine docente della vincitrice 2023.
Orologio, lei è un po’ una rappresentazione vivente di come cambia la vita Maestri dell’espresso junior: raccontiamo come tutto è iniziato e come (per ora) si è concluso
“Il tutto è iniziato l’8 maggio 2009, quando ho vinto l’edizione ormai 14 anni fa. Avevo 17 anni e mi ricordo ancora di quando un delegato della illycaffè, Chiara Mondì, con la quale per altro sono ancora in contatto e con cui ho condiviso l’ultimo successo del 2023, era venuta nella mia scuola per la selezione e ci aveva insegnato come fare il cappuccino. Io sono passato: da tanti anni la scuola Panzini di Senigallia (Ancona) non era riuscita ad esser tra i selezionati.
Quando sono arrivato addirittura in finale, insieme ad altre 24 scuole, non mi aspettavo di
classificarmi per primo. Il mio professore nel momento della proclamazione mi ha detto, in dialetto: non ti fare la bocca, cioè non pensare di vincere che poi ci rimani male. E invece alla fine è proprio quello che è successo: ho vinto.
Orologio fresco di vittoria (foto concessa)
Da lì ho continuato a fare qualsiasi concorso sempre spinto dalla scuola, l’anno successivo in Croazia per AEHT per la competizione di miscelazione, dove ci si doveva cimentare, a squadre, sulla preparazione di cocktail IBA e di fantasia, l’ultimo anno ho partecipato a due gare, uno a Civitanova Marche un concorso regionale sui cappuccini (che ho vinto) e poi a Brescia al Gran Trofeo d’oro della ristorazione, quindi non esclusivamente sul caffè.
La passione per l’alimentazione e l’interesse nel conoscere a fondo gli ingredienti come il caffè e i superalcolici, mi hanno portato poi a scegliere l’Università di alimentazione e nutrizione umana, prima a Cesena e poi a Milano. Dal 2019, subito dopo aver conseguito la laurea magistrale, ho cominciato a lavorare come docente di nuovo a casa mia, ad Ancona.”
Un cerchio che si chiude, sembra
Orologio: “Sì può dire così: ho vissuto Maestri dell’espresso junior innanzitutto da studente nel 2009, nel 2010 il mio insegnante mi ha chiesto di affiancare la collega del terzo anno per insegnarle le strategie di gara e quindi in un’altra modalità sono arrivato ancora in finale. Nel 2011, in occasione del ventennale del concorso sono stato contattato da Illycaffè e Gruppo Cimbali per partecipare come giudice e porre le domande. Per tre anni di fila quindi sono stato presente.
Poi nel 2022 è stato il momento di preparare la studentessa che poi ha vinto proprio l’edizione 2023. E di questo ultimo traguardo devo soprattutto ringraziare l’impegno dell’alunna.”
Orologio, dal suo punto di vista, il concorso si è evoluto e cosa è stato più difficile per lei? Esser concorrente o formatore?
Il professor Orologio con Nayma Diomedi
“Partecipare come sfidante è stato difficile: ci vuole non soltanto la tecnica ma la capacità di gestire la tensione e poi quella era la primissima volta che partecipavo ad un concorso. Certo, l’adrenalina è necessaria per affrontare al meglio la prova. Poi sicuramente fare il preparatore ha posto altre sfide ancora: preparare i candidati è emozionante, perché anch’io con gli alunni mi sono dovuto cimentare nelle singole prove, ma ancor di più lo è stato assistere alle singole performance di ciascun competitor, perché si viene pienamente coinvolti nella stessa tensione dei ragazzi, sentendola sulla pelle.
In tutti questi anni il concorso si è evoluto in meglio: ho partecipato nel 2009 quando la selezione avveniva tramite il rappresentante di illy che girava scuola per scuola. Quando ho concorso, di 150 scuole circa sono passate soltanto 24 in finale. L’anno successivo il livello si era alzato, perché nessuno era andato in over time. In 14 anni il premio è diventato più complesso, perché ci sono più step da superare. Al tempo, tra la selezione teorica e la pratica passava diversi mesi: ora a dicembre si fa la teoria, il video va consegnato entro febbraio e poi la prova pratica a maggio. Inoltre nel percorso è stata inserita la formazione di docenti e studenti.
Per cui, il livello di chi partecipa si è alzato notevolmente sia nella bravura della gestione dei tempi sia nella tecnica e nello stile di presentazione. L’unica cosa che è mancata in questa edizione è la corretta illustrazione dei singoli passaggi durante la fase tecnica.”
E da docente come si è aggiornato da docente e come ha preparato Nayma?
“Dopo il concorso ho frequentato circa 6/7 corsi da privato in varie accademie, tra cui proprio quella di illy.
L’anno scorso poi ho seguito la formazione teorica offerta da Maestri dell’espresso junior dedicato al mondo dell’espresso dalla pianta alla tazzina, ma anche al latte e alle bevande vegetali che poi ho ripreso durante i corsi extra con i miei stessi studenti. Abbiamo studiato insieme le caratteristiche tecniche anche delle macchine per espresso, per comprenderne le differenze e la particolarità necessarie a superare meglio il test a crocette.
Scendendo poi nel dettaglio del training di Nayma, tecnicamente abbiamo approfondito subito la preparazione di espressi e cappuccini: abbiamo pulito man mano le sbavature nella tecnica per essere impeccabili e abbiamo curato tutti quei dettagli che nel lavoro quotidiano in velocità potrebbero essere trascurati.
Le ho insegnato ad esser meticolosa e a far diventare ogni passaggio un automatismo. E poi, in occasione di un concorso interno ideato da me e da un mio collega sull’estrazione degli espressi, abbiamo chiamato un consulente esterno, Donato Pantone, che ci ha dato la possibilità di usare macchinari più all’avanguardia a livello della M200 di Gruppo Cimbali e di utilizzare diversi macinadosatori volumetrici.
L’esperto ha, inoltre, offerto la possibilità a Nayma di formarsi anche sul cupping del caffè.”
Quanto tempo ha dedicato alla gara Orologio?
“All’inizio dell’anno ho quantificato indicativamente il tempo necessario alla preparazione: ci troviamo all’incirca sulle 80-90 ore annuali. Sono quelle appena necessarie, e anzi se avessimo avuto più spazio da poter dedicare alla parte pratica, ce ne sarebbero volute di più. “
E dopo tutto questo impegno neppure stavate arrivando a Binasco per giocarvi la finale
“Il Dirigente scolastico Lucantoni ci teneva molto a far arrivare alla finale Nayma, ma i limiti burocratici ci hanno fatto rischiare di non poter partecipare alla prova. L’unica soluzione è stata quella dei mezzi pubblici: da Ancona il treno non era disponibile, per via della drammatica situazione in Emilia Romagna, non c’erano voli diretti su Milano e quindi stavamo per gettare la spugna a malincuore. Ho proposto di fare Ancona-Roma in treno e Roma-Milano in aereo, anche a costo di arrivare più stressati e con qualche ora in meno di sonno. Il Dirigente ci ha appoggiato e io mi sono voluto fidare delle capacità di Nayma. E ho avuto ragione.”
E ora Orologio sta già pensando di tornare in finale? E perché non cimentarsi in qualche gara come quelle del circuito SCA?
“La prossima edizione potrei ritentare, anche se magari con un’altra scuola se mi trasferiranno. L’intenzione c’è. Per quanto riguarda tornare a gareggiare, in realtà proprio con questa idea ho svolto un corso nel 2017 a Cremona con Andrea Antonelli sulla latte art, perché avevo voglia di mettermi alla prova in questa categoria nazionale. Poi però non sono andato fino in fondo per via degli studi universitari. Ma il desiderio resta ancora lì.
Ho chiesto già indicazioni al direttore dell’Università del caffè su come partecipare ad altri corsi a Trieste. Quando mi muovo, mi piace sempre confrontarmi con diverse persone che vivono un’esperienza diversa e tenere tutte le porte aperte. Il bello sta proprio nel partecipare, poi la vittoria premia gli sforzi fatti.”
Da studente a insegnante di studenti: la disponibilità delle attrezzature negli istituti come la commenta?
“La nostra scuola per quanto riguarda le macchine e le attrezzature è, secondo anche colleghi esterni, tra le più aggiornate.
Alcuni sono rimasti positivamente stupiti dall’offerta che abbiamo a disposizione. In molte scuole, ad esempio, ci sono sì e no 2 shaker, da noi sono 45. Con l’apertura di due nuovi laboratori, la scuola ha investito per l’acquisto di altre attrezzature. Abbiamo ben 6 macchine del caffè e le lampade per fare il flambé, nonché piccoli strumenti. Questo è importante, perché non avere determinati strumenti e ingredienti di qualità, limita anche le esercitazioni pratiche. Fondamentale poi la collaborazione dei tecnici di laboratorio, senza i quali non andremmo avanti. Loro lavorano dietro le quinte portandoci gli ingredienti e gli strumenti, ma se non ci fossero, non potremmo lavorare.”
Ma da docente ha notato un diverso interesse dei ragazzi? Molti vogliono magari diventare chef trainati dalla moda televisiva o ci sono ancora quelli che prendono gli alberghieri come un piano di serie b?
“La cosa varia a seconda delle classi: ce ne sono alcune più interessate con cui si può fare un lavoro più approfondito. Bisogna adattarsi alle diverse esigenze di chi ci si trova davanti. Alcuni arrivano davvero appassionati al mestiere. Per esempio c’è uno studente del primo anno che ha un’energia incredibile, vuole a tutti i costi diventare uno chef. Altri invece scelgono questo percorso come piano B o hanno prima scelto un’altra scuola e poi durante il secondo anno arrivano da noi: questi sono una vera sfida per noi docenti.
Sono riuscito ad entrare in sintonia con un ragazzo del terzo anno che è entrato al secondo anno arrivando da un’altra scuola. Ha scelto l’indirizzo di sala e io l’ho preso dal terzo anno: lui si è veramente entusiasmato per la mia materia. Ho scoperto che il padre era anche campione di flair, quindi questo alunno aveva in realtà una passione nascosta che andava semplicemente coltivata.
Hanno 13 o 14 anni quando devono scegliere un indirizzo e soltanto crescendo magari si riesce a comprendere meglio cosa voler fare davvero da grandi. Abbiamo capito lavorando insieme di quanto realmente fosse capace, anche nelle lingue, tant’è che poi ha svolto un Erasmus a Granada e ha imparato anche lo spagnolo oltre l’inglese e il francese.
Ormai però mi confronto con i ragazzi degli ultimi tre anni che hanno scelto di lavorare in sala e al bar. Ma tanti hanno iniziato con l’indirizzo di cucina e poi, comprendendo che è un mestiere molto faticoso e che richiede tanto tempo, hanno voluto cambiare. La prospettiva professionale a questi ritmi spesso spaventa se non si è realmente appassionati, motivati ed ambiziosi. Stesso discorso per chi pensa di fare il cameriere.
Invece, raggiungere i vertici dirigenziali dà dei momenti di pausa e questo attira molto i ragazzi. Oppure, anche chi lavora nei cocktail bar o in discoteche riesce a divertirsi di più, perché c’è una parte di intrattenimento che il cameriere non vive. “
Ma lei Orologio, quando ha vinto nel 2009 avrà pensato: da grande voglio aprire un mio locale? Oppure ha sempre voluto diventare un insegnante di sala?
Orologio ride: “In realtà io avevo già un bar di famiglia alle spalle ed è lì che ho iniziato quando ero davvero piccolo. Il primo caffè l’avrò preparato quando avevo 7-8 anni. Scegliere di diventare docente è arrivato in
un secondo momento, ma era una mia passione da sempre. Alle superiori ho deciso di iscrivermi all’alberghiero perché pensavo che fosse la strada migliore: alle medie non brillavo negli studi e avevo vissuto in prima persona la vita del bar. Però l’idea di insegnare la portavo nel cuore dalle elementari. Ho seguito le mie passioni dapprima per la caffetteria/bar e poi per l’alimentazione e il flusso mi ha portato a tornare dentro le scuole dall’altra parte dei banchi. La docenza unisce un po’ tutto quello che ho voluto studiare nella vita.”
Ed esser un docente così giovane aiuta o è un ostacolo?
“Ho iniziato a scuola a 25 anni come docente. L’abito certo mi ha aiutato ad esser preso seriamente, così come il giusto portamento. Essere severi all’inizio serve a farti percepire come autoritario, ma fondamentalmente sono buono e riesco ad instaurare delle relazioni basate sul rispetto con gli studenti anche con quelli più complessi.
Devo dire poi che nella mia attuale scuola ci sono tanti colleghi giovani ed il gruppo è molto unito, ci si aiuta a vicenda. Cresciamo insieme. Ad esempio, per la creazione della ricetta di Nayma, ci siamo seduti insieme per studiare confrontandoci sulla soluzione perfetta. Anche questo è stato bello: in altre scuole invece ho avvertito più la competizione tra docenti.”
Agli studenti e ai docenti che vogliono provarci, Orologio cosa direbbe?
“Allo studente direi di buttarsi, perché è un’esperienza unica da vivere in ogni suo attimo. Ai professori, di non demordere, di mettersi in gioco: a volte capita che quando uno ha tanti anni di esperienza perde l’entusiasmo e l’interesse ad aggiornarsi. Tutto risulta faticoso, ma partecipare è permettere agli studenti di appassionarsi e di aprirsi insieme a strade alternative. C’è una condivisione che aiuta sempre a crescere. Bisogna partecipare sempre più numerosi.”
MILANO – Davide Oglietti, docente sala e bar docente presso l’Istituto Paire di Cuneo, non è un novellino quando si parla di Maestri dell’espresso junior: uno di quegli esempi virtuosi che testimoniano l’impegno degli Istituti alberghieri per stimolare i giovani professionisti del domani a mettersi in gioco da subito di fronte alle aziende.
Oglietti, quante volte ha partecipato a Maestri dell’espresso junior e quante volte è arrivato in finale?
“Ho partecipato tre volte e per tre volte siamo arrivati in finale. Come scuola siamo iscritti all’evento dal 2018 e i miei alunni sono stati coinvolti sempre da allora. Abbiamo vinto persino l’edizione pandemica con grande felicità e orgoglio e ci siamo classificati secondi in quest’ultima del 2023. Siccome il settore del beverage mi interessa molto e intriga anche gli studenti, ho deciso personalmente di portare avanti il progetto seguendo le classi del quarto anno.
Quindi il mio impegno c’è, ma voglio sottolineare il fatto che, se davanti non si ha uno studente che assorbe quello che gli stai insegnando, non c’è gara. Diamo merito quindi soprattutto ai ragazzi. I vincitori hanno la maggiorparte del merito. “
Come ha visto evolversi e come si è dovuto adattare ai cambiamenti di questo concorso?
Oglietti: “Partecipo volentieri proprio perché è uno dei pochi concorsi seri a livello nazionale: in Maestri dell’espresso junior il docente e lo studente sono coinvolti a migliorarsi sempre ogni anno. Per questo il premio si è evoluto insieme al mondo del bar: quest’anno ad esempio c’è stato l’ingresso delle bevande vegetali per adattarsi al mercato. Il punto è che non si deve mai stare fermi e loro sono molto bravi a intercettare le ultime tendenze.
Maestri dell’espresso junior mi stuzzica la mente e tira fuori idee nuove anche sulla preparazione. L’utilizzo del macinino on demand per esempio, ci ha colpiti, perché ci siamo sempre allenati con il volumetrico e nella seconda parte ci ha penalizzato leggermente: Giorgia si è trovata in difficoltà e nonostante questo ha mantenuto il sorriso. Tutto questo però ci tornerà utile: loro ci hanno portato davanti questa attrezzatura e
noi ne terremo conto per le prossime edizioni.”
A proposito di attrezzature: è difficile allenarsi non avendo a disposizione macchinari così avanzati?
“È stata un po’ difficile nella prima edizione, poi dopo aver vinto una Cimbali M26 ci siamo migliorati. Certo non è la M200, però ci proviamo. Tanto poi gli studenti che arrivano in finale sono più o meno tutti allo stesso livello.”
Stessa domanda, ma rispetto agli studenti: si sono evoluti in questi anni?
“Condivido le parole del direttore Moreno Faina: il livello delle realizzazioni quest’ultima edizione si è abbassato, ma questo perché i ragazzi arrivavano da un periodo di stop. Bisogna anche considerare il fatto che abbiamo poche ore a disposizione per lavorare sulla pratica, appena 5 a settimana, e fermarsi del tutto è stato ancora peggio. Farli lavorare fuori in locali esterni alla scuola spesso è controproducente, perché non abbiamo il controllo di ciò che imparano in quei contesti.
Chi viene coinvolto nella fase finale del concorso, si ferma con me di pomeriggio per provare insieme anche ad altri ragazzi, oltre le 5 ore legate alla didattica per tutti. Non ci sono alternative se si vuole arrivare preparati alla prova. Noi docenti spingiamo con la dirigenza per partecipare a Maestri dell’espresso junior: siamo 3 docenti di sala con 270 alunni e si deve selezionare tra le tante proposte che arrivano in Istituto.
Vincere è un traguardo che porta nuove attrezzature alla scuola che non avrebbe potuto acquistare altrimenti.”
Tra i docenti si è diffuso l’entusiasmo per lanciarsi in queste sfide o c’è ancora lavoro da fare?
“Da parte mia, sono molto contento di formarmi. Quando organizzano i corsi voglio esser sempre contattato. Ogni insegnante decide di puntare su un settore rispetto ad un altro e a me piace tutto l’ambito beverage, che è legato al caffè.”
Cosa è stato più complesso per lei come docente in questo percorso di lunghi 9 mesi?
“Riuscire a coinvolgere psicologicamente l’alunno senza stressarlo eccessivamente, un po’ come con una corda tirata che non deve esser né rotta né allentata. I ragazzi in un attimo perdono la concentrazione e si agitano. I miei studenti me lo rinfacciano spesso ma per me è un orgoglio: gli metto talmente sotto pressione che arrivano in finale ben preparati.
Giorgia durante la prova tecnica (foto concessa)
Sono tranquilli rispetto a qualsiasi interlocutore. Il problem solving è quello che voglio che loro sviluppino maggiormente come competenza, perché ti salva di fronte ad ogni imprevisto.”
Il concorso si evolve anche grazie all’apporto di docenti che come lei, partecipano da tanti anni: che cosa vorrebbe vedere nelle prossime edizioni?
“Innanzitutto ci tengo a sottolineare che mi fa piacere che non soltanto mi chiedano un feedback, ma che anche ascoltino attivamente. Per esempio ho proposto che in un quarto d’ora invece di preparare 6 drink, se ne servano di meno come accade negli altri concorsi. Per il resto mi è piaciuto tutto, anche la presenza di una giuria di giornalisti, non per forza tecnica.”
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