martedì 09 Settembre 2025
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Panificio Papale: a Torino, lievitati e specialty riscrivono la storia del locale

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La targa all'ingresso dello storico Panificio Papale (foto concessa)
La targa all'ingresso dello storico Panificio Papale (foto concessa)

TORINO – Alessio Simonetta era già comparso su queste pagine quando ancora lavorava all’interno di uno dei locali che hanno fatto la storia dello specialty a Torino e ora torna come consulente di un’altra attività storica della città, il Panificio Papale di San Salvario, che si è spostato di recente verso lo specialty coffee, filosofia sposata da Gisella e Roberto Tota, nuova generazione di famiglia che ha preso in mano questa attività secolare per rinnovarla.

Panificio Papale: un ottimo esempio della tradizione che si aggiorna

Attraverso una ristrutturazione, la caffetteria ha assunto un’altra forma e ha virato verso lo specialty proprio attraverso l’esperienza sviluppata negli anni di carriera di Alessio Simonetta. Gisella Tota e Roberto Tota da un lato hanno accolto l’eredità famigliare e dall’altra hanno voluto darle un’impronta più moderna: mantenuti naturalmente i prodotti da forno e riorganizzazione di spazi e offerta.

La riorganizzazione è avvenuta in base al loro gusto con un ambiente che ora diventa più ampio, con sei tavoli all’interno per il servizio e circa una ventina di sedute. Simonetta: “L’anima storica è preservata, non si scorda la tradizione accogliente del Panificio Papale, con l’aggiunta però di dettagli di design moderno e industriale. Il forno resta il focus attorno a cui girano clienti di tutte le età, dalle famiglie con bambini, agli adolescenti sino agli anziani.”

La divisione in tre parti del Panificio Papale: pane, bar, shop

Gisella: “Abbiamo deciso di acquistare l’attrezzatura per essere indipendenti al 100% e di collaborare con Luigi Paternoster di Pier Caffè: abbiamo scelto insieme una miscela specialty che potesse incontrare il gusto della maggior parte dei nostri clienti, un blend di caffè raccolti a m ano dal Brasile naturale e due lotti di Etiopia, lavato e naturale, dal nome Supernova. Abbiamo fissato il costo dell’espresso per ora ad un euro e trenta per tazzina per renderlo più accessibile a tutti.”

La prospettiva comunque è quello di alzare più avanti il costo, in quanto inevitabile dati gli ultimi aumenti. Serviamo anche filtro, che oscilla dai 4 ai 7.50: al momento serviamo un microlotto Colombia lavato più fruttato, un profilo che si spinge più verso l’acidità più intensa.”

Il caffè filtro (foto concessa)

“Panificio Papale ha una caffetteria indipendente senza essere legati ad un brand specifico”

“L’intenzione è quella di variare un po’ la proposta in base alla stagionalità e collaborare con più micro roasters. Ci piace l’idea di lavorare con gli italiani. Vogliamo valorizzare il lavoro dei piccoli torrefattori del nostro Paese, che hanno molto da offrire in termini qualitativi. Avere lo specialty dall’estero dà una percezione di un prodotto migliore per moda, ma noi crediamo di fare rete con professionisti e amici con cui instaurare una relazione umana e questo giova a tutto il settore. Nel 2025 è il momento di investire in questa nicchia italiana.”

Come sta andando sin qui Gisella?

“Bene, abbiamo ampliato il nostro bacino di utenza, siamo i primi a Torino ad aver abbinato ai prodotti da forno artigianali il caffè specialty, semplificando il prodotto per avvicinare anche le persone che si pensano essere fuori target, guidandoli a comprendere il caffè di qualità, facendo apprezzare la scelta di rifornirci da un piccolo torrefattore.”

Vince l’espresso o il filtro?

“Lavoriamo molto con l’espresso, il filtro lo vendiamo più nel fine settimana, quando le persone arrivano da noi per fare una colazione più rilassata o una merenda con una pausa più prolungato. Ormai comunque il filtro e lo specialty in città sono sdoganati e poi la differenza la fa sempre il barista: io mi sono occupato della consulenza, della comunicazione e avviamento iniziale, dietro il banco ci sono sempre Gisella, Irene, Valeria, e da poco si è aggiunta alla squadra tutta femminile, Ella, che si occupa della gestione della caffetteria e ha studiato il nostro menù estivo.

In programma c’è anche di prolungare l’apertura per servire un aperitivo più ricco, con delle bottiglie di vino artigianale oltre la birra locale di Giaveno che già serviamo e anche lo specialty nei cocktail.

Poi con la bella stagione arriverà anche il cold brew e tutte le bevande fredde a base caffè.”

L’attrezzatura acquistata (foto concessa)

Continua Simonetta: “Siamo a buon punto per il momento, fin qui stiamo riuscendo a far funzionare questo cambiamento. Ormai ho compreso che lo specialty, dopo tanti anni di lavoro in questa nicchia partendo da purista, deve essere normalizzato, facendolo diventare un valore aggiunto per un locale. Credo nell’essere indipendenti e per questo abbiamo acquistato una Victoria Arduino Tempo multi boiler, il Mythos e l’X54 per il decaffeinato e il filtro.

La combinazione poi tra lievitati e specialty è vincente e c’è poi la bellezza di fare la coda per il pane bevendosi uno specialty: il caffè resta un rito di aggregazione potente con un altro prodotto forte come il pane di consumo quotidiano ancestrale.

Più avanti si penserà a proporre altre singole origini, ma la miscela base attuale ci soddisfa nel suo equilibrio. Abbiamo scelto anche una comunicazione per richiamare la vecchia bottega italiana, anche per quanto riguarda il caffè e i servizi con una targa esterna in vetrofania fatta a mano dai ragazzi di Il letterista. “

Cecafé: imbarchi brasiliani in calo di un terzo a maggio, verso l’Italia esportati 1.375.030 sacchi in 5 mesi

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export brasiliano Brasile Cecafé
Il logo di Cecafé

MILANO – Export brasiliano in caduta libera a maggio: secondo le statistiche da Cecafé diffuse nella serata di ieri, martedì 10 giugno, gli imbarchi del Brasile sono diminuiti di un terzo (-33,3%) rispetto all’anno scorso risultando pari a 2.963.201 sacchi. Ancora più marcata la flessione nelle esportazioni di caffè verde (-35,9%), che sono state pari a 2.602.863 sacchi, contro il dato record di oltre 4 milioni di sacchi registrato un anno fa.

I volumi di arabica sono stati pari a 2.400.177 sacchi (-24,6%); quelli di robusta ad appena 202.686 sacchi, contro 879.905 sacchi a maggio 2024 (-77%).

Cecafé
fonte: Cecafé

Più contenuto (-6,2%) il calo delle vendite all’estero di caffè trasformato (in massima parte solubile), che sono ammontate a 360.338 sacchi.

Nei primi 5 mesi dell’anno solare, l’export ha raggiunto quota 16.789.878: il 19,2% in meno rispetto al pari periodo del 2024, riferisce Cecafé

I quantitativi di caffè verde esportati sono stati pari a 15.127.077 sacchi, in flessione del 21%.

Gli imbarchi di arabica scendono a 14.115.966 sacchi (-10%); quelli di robusta si riducono drasticamente (-70,7%) a poco più di un milione di sacchi, contro gli oltre 3,45 milioni dell’anno trascorso.

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Veronica Rossi, Lavazza: “Nel 2050 metà della produzione di arabica potrebbe sparire a causa del clima: necessari interventi da parte di tutti”

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lavazza global rossi
Veronica Rossi di Lavazza Group (immagine concessa)

MILANO – Veronica Rossi, sustainability senior manager del Gruppo Lavazza, è stata ospite del Green&Blue Festival 2025 tenutosi al Museo nazionale scienza e tecnologia Leonardo da Vinci di Milano dal 5 al 7 giugno. Rossi ha parlato del rapporto tra cambiamento climatico e caffè. Riportiamo di seguito parte dell’intervista pubblicata sul portale la Provincia Pavese.

Veronica Rossi, Lavazza, sul cambiamento climatico

Veronica Rossi: “Il cambiamento climatico è un grande rischio per la fornitura di chicco in tutto il mondo oggi”.

“Ricordiamo che il caffè, prima di essere una bevanda, è una pianta e cresce nell’area tropicale del nostro Pianeta, lo stesso luogo più vulnerabile ai cambiamenti climatici”.

“La varietà arabica in particolare è estremamente sensibile agli sbalzi di temperatura e alle gelate. Il cambiamento climatico è un elemento che mette a rischio l’intera filiera. Se non ci prendiamo cura del caffè e degli effetti del clima si stima che nel 2050 metà della produzione di arabica possa andare perduta: ciò mette a rischio la tazzina che beviamo tutti i giorni. Perciò è importante occuparsi di questo tema a livello di imprese, stakeholder istituzionali e aumentare la consapevolezza dei consumatori: noi ci impegniamo a lavorare su tutte le aree per migliorare la filiera”.

Per guardare l’intervista completa basta cliccare qui

Michele Oliva scrive de “Il futuro del caffè”: come poter affrontare la crisi climatica

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La copertina de Il futuro del caffè, di Michele Oliva (foto concessa)
La copertina de Il futuro del caffè, di Michele Oliva (foto concessa)

MILANO – Un approfondimento sul tema cambiamento climatico e caffè, arriva dalla penna di Michele Oliva, che nel suo “Il futuro del caffè. Insidie del cambiamento climatico e prospettive sostenibili” edito da Infinito Edizioni, analizza con lucidità un tema che interessa a tutta la filiera di questo prodotto agricolo.

Oliva comincia con una domanda importante per produttori, trasformatori e consumatori

“Ma sarà possibile in futuro mantenere la qualità
del caffè odierno senza farlo diventare un bene di lusso?”.

Tutto dipende dalla corretta gestione della minaccia alla produzione principalmente della pianta di Arabica e Robusta, ovvero, la crisi climatica. Un fenomeno che c’è, esiste, colpisce duro.

Dopo un rapido excursus storico che racconta la genesi di queste due varietà attraverso il tempo e lo spazio (con un breve cenno ad altri esempi come la Liberica e l’Excelsa) torna a parlare del riscaldamento globale e del suo impatto su tutta la filiera.

I risultati sono bel illustrati, come indica Oliva: “Sia C. arabica che C. canephora crescono,
infatti, in maniera ottimale solo in ristretti intervalli di temperature (18°C-22°C la prima e 20°C-28°C la seconda). Temperature troppo alte arrestano la crescita della pianta, ne alterano il metabolismo e ostacolano la fotosintesi (le foglie assumono un colore giallo). La resa di drupe e la qualità dei semi diminuiscono: il contenuto di caffeina si riduce e il gusto è scadente.”

Stando alle proiezioni possibili, si può stimare che l’innalzamento della temperatura potrebbe portare alla riduzione delle aree adatte per la coltivazione della pianta di caffè sino al 50% entro il 2050.

Ovviamente un altro effetto collaterale dell’innalzamento delle temperature è la siccità, la mancanza d’acqua (fattore fondamentale per la buona crescita della pianta, stimando che questa abbia bisogno di 1.500-2.000 millimetri annui di precipitazioni e che, secondo l’organizzazione no profit Water Footprint Network, per estrarre 125 millilitri di bevanda, servono 140 litri d’acqua, una quantità ben otto volte superiore rispetto a quella necessaria per ottenere lo stesso volume di tè.

Opposta alla problematica della siccità, esiste quella altrettanto pericolosa degli acquazzoni, precipitazioni esagerate che comunque hanno effetti devastanti sulle colture. Altri nemici mortali della pianta del caffè, gli agenti patogeni come ad esempio la Roya (la cui diffusione potrebbe essere accentuata sempre dal cambiamento di temperatura).

A questo si aggiunga la difficoltà dell’impollinazione e del reperimento di forza lavoro nelle piantagioni per vari motivi socio-economici e il quadro di crisi è completo.

Cosa fare quindi?

Michele Oliva ci dedica un intero paragrafo, con focus appunto sulle possibili strategie da adottare per reagire a questi fattori avversi: spostamento delle coltivazioni, cambiamento dei metodi di coltivazione, la ricerca di nuove varietà e specie più resistenti, la revisione dei metodi agricoli e di compostaggio, in funzione di una minor produzione di gas serra e di emissioni di CO2.

Altra buona pratica da sviluppare in futuro richiama l’economia circolare: gli scarti del caffè, sia a valle che a monte della filiera, costituiscono un’alternativa valida a sostegno del sistema intero.

Ma non tutto deve ricadere sulle spalle degli addetti ai lavori: parte della catena, così come giustamente ricorda Oliva nelle sue conclusioni finali, come uno dei suoi attori, sono proprio i consumatori. I quali sono “In grado di agire sia scegliendo caffè di cui conosciamo l’origine e i trattamenti, sia durante la preparazione del prodotto. In base a studi europei, solo la preparazione della bevanda incide fino al 30 per cento delle emissioni totali di CO2
dell’intera filiera.”

Si può chiudere così questo testo di 86 pagine, con una riflessione che deve coinvolgere tutti per salvare una bevanda di consumo comune che rappresenta spesso tradizioni molto forti come è il caso dell’Italia.

Il futuro del caffè, è disponibile a questo link al costo di 12,35.

Il caffè insieme al latte non interferisce con l’assorbimento del calcio: la parola agli esperti

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Una classica tazzina di espresso (immagine: Pixabay)

È vero che bere caffè insieme al latte può ridurre l’assorbimento del calcio? Risponde la dottoressa Elena Dogliotti, specialista in scienze dell’alimentazione, supervisore e divulgatore scientifico per Fondazione Veronesi. Leggiamo di seguito un estratto dell’articolo pubblicato sul portale d’informazione Fondazione Veronesi.

Il caffè non diminuisce l’assorbimento del calcio nel latte

MILANO – La dottoressa Elena Dogliotti: “L’idea che il caffè possa interferire con l’assorbimento del calcio è piuttosto diffusa, ma in realtà non supportata da evidenze scientifiche solide, almeno per quanto riguarda un consumo moderato e inserito in un pasto equilibrato, come una colazione a base di latte. In particolare, la caffeina è stata oggetto di studi per il suo possibile effetto sulla riduzione dell’assorbimento di alcuni minerali, tra cui il calcio.

Tuttavia, le quantità di caffeina presenti in una tazza di caffè normale, o in un caffè macchiato, sono troppo basse per determinare un impatto significativo sulla biodisponibilità del calcio assunto con gli alimenti, soprattutto se si consuma una fonte ricca di questo minerale, come il latte. Anche i polifenoli contenuti nel caffè – ad esempio l’acido clorogenico – sono talvolta chiamati in causa per la loro capacità di legarsi a minerali e ridurne l’assorbimento”.

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Segafredo Zanetti sceglie BBH London per la nuova campagna pubblicitaria mondiale

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segafredo zanetti gestione documenti Il logo di Segafredo Zanetti
Il logo di Segafredo Zanetti

Segafredo Zanetti ha scelto l’agenzia BBH London per gestire il nuovo posizionamento del marchio con innovative campagne pubblicitarie e una rinnovata identità del brand. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo di Andrea Salvadori per il portale d’informazione Engage.

Segafredo Zanetti e la nuova brand identity

BOLOGNA – Il marchio italiano di caffè Segafredo Zanetti ha scelto BBH London per gestire il suo incarico creativo globale. La selezione dell’agenzia è arrivata al termine di una gara gestita direttamente dal gruppo guidato dal Ceo Pierluigi Tosato. Segafredo Zanetti fa parte di Massimo Zanetti Beverage Group, la holding che distribuisce i prodotti del marchio in oltre 110 paesi nel mondo.

La prima campagna pubblicitaria del brand ideata e realizzata da BBH London debutterà all’inizio del 2026 a livello globale, Italia compresa.

Giacomo Tesolin, direttore marketing del gruppo Massimo Zanetti Beverage, ha dichiarato come riportato su Engage: “Siamo entusiasti di lavorare con BBH mentre iniziamo il percorso di trasformazione del marchio Segafredo. Il processo in quattro fasi che ci hanno presentato, e con cui ci hanno mostrato come possiamo distinguerci dagli stereotipi della categoria, ha dimostrato che sono il partner perfetto per portare il nostro brand al livello successivo”.

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Bialetti presenta la Moka Exclusive octagonal induction: la prima caffettiera per induzione che conserva l’iconica forma ottagonale della Moka Express

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moka bialetti
Bialetti, Moka Exclusive Octagonal Induction, Desert sand e Silver grey, 3 e 6 tz (immagine concessa)

MILANO – Bialetti, azienda italiana icona del caffè nel mondo, arricchisce la collezione Bialetti Exclusive – la linea di caffettiere premium lanciata nel 2023 – con un nuovo prodotto che combina, più che mai, tradizione e innovazione. La Moka Induction Exclusive, che fino ad oggi si caratterizzava per la classica caldaia rotonda, si trasforma adottando per la prima volta l’inconfondibile forma ottagonale della Moka Express, creata da Alfonso Bialetti nel 1933.

La Moka Exclusive Octagonal Induction diventa così la prima caffettiera Bialetti compatibile con tutti i piani cottura, compresi quelli a induzione, a mantenere intatto il design che ha reso celebre il prodotto icona del brand.

Bialetti, Moka Exclusive Octagonal Induction, Desert sand, 6 tz (immagine concessa)

La nuova Moka Exclusive Octagonal Induction rappresenta un ulteriore passo nel lungo percorso di Bialetti che, nel corso della sua storia di oltre 100 anni, si è sempre contraddistinta per il forte approccio innovativo e la grande attenzione alla qualità con i quali sviluppa i propri prodotti.

La vera sfida ingegneristica di questa nuova caffettiera è stata riprogettarne la caldaia, ripensandone la forma e di conseguenza il processo produttivo, con l’obiettivo di mantenere l’altissimo standard qualitativo e garantire una perfetta estrazione del caffè, anche sui piani a induzione.

Bialetti, Moka Exclusive Octagonal Induction, Silver grey, 6 tz (immagine concessa)

Design, tecnologia, ma non solo: Moka Exclusive Octagonal Induction porta con sé un’ulteriore componente innovativa, per regalare un’esperienza sensoriale completa. Una superficie porosa e vellutata, che richiama la ceramica più pregiata, contraddistingue infatti la nuova caffettiera.

A differenza della finitura tradizionale del metallo, che lo rende freddo al tatto, il rivestimento della nuova Moka Exclusive Octagonal Induction regala una sensazione di calore e naturalezza. La consistenza materica della Moka Exclusive Octagonal Induction diventa così parte integrante di un’esperienza che stimola tutti i sensi.

Moka Exclusive Octagonal Induction, disponibile nelle due eleganti colorazioni Desert sand e Silver gray, rappresenta equilibro ideale tra estetica, funzionalità ed innovazione, inserendosi perfettamente all’interno della gamma Exclusive che già include la Moka Exclusive (disponibile in rosso, nero e nelle delicate tonalità pastello pink, cream, light blue e green), la Brikka Noir, la Moka Italia, l’elegante Moon in acciaio e infine il piattello a induzione color crema.

Bialetti Exclusive, Moka Exclusive Red, Moka Exclusive Octagonal Induction Silver grey, Brikka Noir, Moon
Bialetti Exclusive, Moka Exclusive Red, Moka Exclusive Octagonal Induction Silver grey, Brikka Noir, Moon (immagine concessa)

Moka Exclusive Octagonal Induction sarà in vendita dal 12 giugno online su bialetti.com, nei negozi Bialetti e nei rivenditori selezionati.

La scheda sintetica di Bialetti Industrie S.p.A

Bialetti nasce nel 1919 a Crusinallo, in Piemonte, per volontà di Alfonso Bialetti. Nel 1933 viene realizzata la prima Moka Express, geniale intuizione che ha rivoluzionato il modo di preparare il caffè a casa. Considerata icona di design nel mondo, fa parte delle collezioni permanenti del MoMa di New York e del Triennale Design Museum di Milano.

Il 1999 è l’anno in cui si forma il gruppo Bialetti Industrie, nato dalla fusione tra Alfonso Bialetti & C. e Rondine, realtà leader nella produzione di pentole antiaderenti; la sede viene trasferita a Coccaglio in provincia di Brescia. Nel 2004 Bialetti fa il suo ingresso nel mondo delle macchine espresso e nel 2010 in quello del caffè con le capsule l Caffè d’Italia.

Nei tre anni successivi l’azienda internalizza tutte le fasi della lavorazione del caffè inaugurando la propria torrefazione e mettendo a punto un metodo specifico per creare miscele di caffè dal perfetto equilibrio, dall’aroma intenso e dal gusto equilibrato. Ad oggi l’offerta della torrefazione Bialetti consta di sei differenti tipologie di prodotto (capsule, cialde, macinato per moka, macinato universale, caffè filtro e grani) che rispondono a tutte le esigenze del mercato.

Herbpress: presentato il nuovo sistema di estrazione per tisane e caffè

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Il sistema di estrazione (immagine concessa)

Fabio Verona, esperto del chicco e responsabile formazione ed eventi presso Caffè Costadoro, ha condiviso la presentazione del nuovo sistema di estrazione per tisane e caffè Herbpress (ne abbiamo parlato qui). Si tratta di un progetto di ricerca nato dall’unione delle idee di Nicola Robecchi di Wilden e Giulia ed Emanuele Monti di IMS Filtri.

La presentazione di Herbpress

di Fabio Verona

GIUSSAGO (Pavia) – Il 9 giugno, presso l’Innovation center Giulio Natta, un’oasi naturale tra Pavia e Milano nella quale si fondono ricerca, tradizione, innovazione e sostenibilità, si è svolta la presentazione del nuovo sistema di estrazione per tisane (e volendo caffè) Herbpress.

Si tratta di un progetto di ricerca nato dall’unione delle idee di Nicola Robecchi di Wilden e Giulia ed Emanuele Monti di IMS Filtri.

La tisana espressa

Il concetto si basa sull’estrazione delle proprietà di alcune erbe selezionate da Wilden e tagliate in modo tale da facilitare l’estrazione delle componenti in un ambiente di pressione controllata, utilizzando uno strumento già presente in molte case ed in tutti i bar: la macchina per la preparazione dell’espresso.

Il team di IMS ha brevettato un particolare filtro in grado di creare una contropressione alla forza generata dalla pompa della macchina espresso limitando la fuoriuscita del liquido, riuscendo ad ottenere la preparazione di una bevanda da 150 ml in circa 60 secondi.

Dissipatore (immagine concessa)

L’utilizzo di un particolare dissipatore che concentra l’acqua in uscita dalla doccetta convogliandola verso la zona centrale e creando al contempo una turbolenza all’interno del filtro, garantisce una migliore estrazione delle sostanze.

Dettaglio (immagine concessa)

L’ambiente sigillato del filtro inserito in una coppa portafiltro evita la dispersione aromatica in questa fase.

Il risultato finale è una tisana maggiormente concentrata, con un TDS più elevato rispetto ad una infusione tradizionale, ed in tempi decisamente più brevi.

Il filtro (immagine concessa)

Sperimentazioni effettuate con tagli differenti dove la macinatura delle erbe era più fine, hanno portato all’ottenimento di bevande più concentrate e dense, che si possono abbinare a bevande vegetali per la ricettazione di nuovi modi di bere.

Un particolare (immagine concessa)

L’apertura di nuove frontiere di consumo

Questo sistema consente l’apertura di nuove frontiere professionali, nuovi concetti lavorativi e di consumo.

In un mondo dove le bevande salutistiche ed i prodotti vegan sono sempre più ricercati, un concetto di Herbal Espresso Bar che permetta di ottenere in tempi decisamente brevi ottime tisane, tè e composizioni con bevande vegetali più dense quali avena, soia, pisello, patata ecc. andrebbe a colmare un vuoto commerciale in una società che deve guardare anche alla rapidità di preparazione.

Non solo tisane

La sperimentazione è andata anche oltre, realizzando ottimi brodi vegetali e ovviamente estrazioni di caffè filtro.

Gli infusi (immagine concessa)

Il progetto è all’inizio, con una buona base di partenza, e gli sviluppi saranno certamente molteplici ed interessanti”.

                                                                                                             Fabio Verona

Il Museo del caffè Dersut apre al pubblico per il raduno degli Alpini, 14/06

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Il Museo del caffè Dersut (immagine concessa)

CONEGLIANO (Treviso) – Sabato 14 giugno, in occasione del raduno degli Alpini, il Museo del caffè Dersut sarà aperto straordinariamente al pubblico dalle ore 10.00 alle 17.00. Un’occasione speciale per visitatori e partecipanti al raduno, che potranno scoprire le affascinanti collezioni del museo e approfondire la storia del caffè, accompagnati dai coffee specialists della torrefazione, pronti a guidare il pubblico in un percorso tra cultura, tradizione e passione per il caffè.

Il Museo del caffè Dersut celebra gli Alpini

Il Museo del caffè è sito in via T. Vecellio 2 a Conegliano.

L’ingresso è gratuito per gli appartenenti all’Associazione Nazionale Alpini (ANA).

Costo del biglietto intero: 5€

Biglietto ridotto per over 65, under 18 anni, scolaresche e persone con disabilità.

Accesso gratuito per bambini fino ai 5 anni.

CioccAut: al via la presentazione del laboratorio di cioccolato per adulti e ragazzi autistici al Parco delle Chiocciole di Casalnuovo di Napoli, 16/06

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Lucia Fortini, l’assessore regionale al welfare della Campania, e Giovanni Nappi, fondatore del CSN (immagine concessa)

NAPOLI – Sarà l’assessore regionale al Welfare della Campania, Lucia Fortini, a partecipare alla presentazione ufficiale del progetto CioccAut, in programma lunedì 16 giugno alle ore 10.00 presso il Parco delle Chiocciole di Casalnuovo di Napoli. CioccAut è un’iniziativa promossa dal CSN – Centro Studi Nappi APS, che coniuga inclusione sociale, educazione e creatività attraverso laboratori esperienziali dedicati alla lavorazione del cioccolato.

Il progetto CioccAut

Il progetto è rivolto a ragazzi in età di transizione (a partire dai 16 anni) e adulti con disturbo dello spettro autistico, con l’obiettivo di valorizzarne le abilità manuali, espressive e relazionali all’interno di un contesto protetto e stimolante.

“CioccAut non è solo un laboratorio” – spiega Giovanni Nappi, fondatore del CSN – ma un percorso di inclusione autentica. Un’esperienza sensoriale e didattica, fondata su attività concrete e graduali. Abbiamo scelto il cioccolato perché rappresenta un linguaggio universale, capace di unire, coinvolgere e suscitare emozioni positive. Il Parco delle Chiocciole si conferma luogo di comunità, accoglienza e sperimentazione sociale”.

L’inaugurazione del progetto coinciderà con l’apertura ufficiale del Campo Estivo Gratuito 2025, sempre presso il Parco, che quest’anno coinvolgerà 60 famiglie, grazie a nuove risorse stanziate a sostegno dell’iniziativa. Il campo estivo, totalmente gratuito e comprensivo di vitto, si svolgerà dal 16 giugno al 1° agosto, offrendo attività ludico-educative rivolte a bambini e ragazzi del territorio.

La presenza dell’Assessore Lucia Fortini rappresenta un’importante testimonianza dell’impegno della Regione Campania nel sostenere percorsi di inclusione e promuovere il benessere delle persone con fragilità, attraverso progetti concreti, partecipati e radicati nel tessuto sociale.