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giovedì 01 Maggio 2025
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Pesaro: nasce il primo cheto-bar con prodotti senza zuccheri

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PESARO – Si è accesa una nuova insegna nel cuore di Pesaro. Il 24 aprile, alla presenza del sindaco Andrea Biancani, ha inaugurato ufficialmente – al civico 69 di Corso XI Settembre (angolo con Via Mazza) – il primo risto-bar chetogenico della città, ovvero un locale innovativo che propone prodotti rigorosamente senza zuccheri nel rigoroso rispetto della filosofia cheto.

Il cheto-bar a Pesaro

Si tratta di un brand già consolidato nella vicina Rimini, dove ha iniziato la sua avventura imprenditoriale il giovane cattolichino Mirco Bastianelli che, tre anni fa, ha deciso di lanciarsi in un’impresa in cui nessuno, prima di lui, si era cimentato: l’inaugurazione di un risto-bar chetogenico.

Per l’imprenditore, oggi 30enne, l’apertura pesarese è un sogno che si avvera. “Ho sempre desiderato divulgare la mia filosofia e far conoscere l’alimentazione chetogenica. Proprio per questo, parallelamente al negozio di Rimini e all’inaugurazione di Pesaro, abbiamo un sito di e-commerce tramite cui esportiamo i nostri 70 prodotti in tutta Europa. Quello di Pesaro è il primo tassello di una visione che si concretizza – dice il cattolichino -. Una scelta coraggiosa, investire mentre molti si ritirano dal mercato, e che mi dà tanta gioia. Il Ketobar market di Pesaro sarà uno store di sola rivendita prodotti; daremo però luogo a una partnership con un locale situato a pochi passi da noi, in modo tale che i clienti possano gustare i piatti Ketobar anche fuori casa”.

Gli orari di apertura del nuovo store in Corso XI Settembre 69 sono dalle 10 alle 13 e dalle 16.30 alle 20 nei giorni dal martedì al sabato, con domenica e lunedì mattina come giorni di chiusura. All’interno del market si potranno trovare oltre 70 prodotti chetogenici: dalla cioccolata con soli 3 g di carboidrati alla pizza low-carb. Non mancherà la piadina, simbolo per eccellenza della tradizione romagnola, e anche leccornie dolci come brioches, keto-nutella, creme spalmabili e tanto altro.

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Gelato artigianale vero: la differenza tra i sistemi di conservazione a pozzetti o carapine

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Questi due sistemi rappresentano due modi differenti di custodire e offrire il gelato. Il pozzetto, con la sua forma cilindrica incassata nel bancone, offre una protezione maggiore al gelato, mentre la carapina presenta il dolce freddo in vaschette di acciaio inox esposte e, generalmente, refrigerate dall’alto. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo pubblicato sul portale d’informazione CG Congelato.

Il gelato artigianale tra pozzetti e carapine

MILANO – Nel variegato e goloso mondo del gelato artigianale, l’appassionato si trova spesso di fronte a una scelta, a volte inconsapevole, che riguarda non solo il gusto, ma anche la modalità di presentazione e conservazione: il gelato esposto nei tradizionali pozzetti o quello che ammicca dalle colorate carapine.

Questi due sistemi rappresentano due filosofie distinte nel modo di custodire e offrire questa prelibatezza fredda, ognuna con le proprie peculiarità e un impatto tanto sottile quanto percepibile sull’esperienza di degustazione.

Scopriamo insieme le differenze tra queste due metodologie, analizzandone i vantaggi e le caratteristiche senza, tuttavia, incoronare un sistema come superiore all’altro; l’obiettivo è, piuttosto, di evidenziare come la scelta finale possa dipendere dalle preferenze individuali e dalla visione della singola gelateria.

Conservazione e presentazione

Entrando nel dettaglio delle differenze, il primo aspetto da considerare è la conservazione. Il pozzetto, con la sua forma cilindrica incassata nel bancone, offre una protezione maggiore al gelato: essendo immerso e coperto da un coperchio, il gelato è significativamente meno esposto alle variazioni di temperatura, alla luce diretta e al contatto con l’aria.

Questa stabilità termica contribuisce a preservare la cremosità originaria del gelato, minimizzare la formazione di fastidiosi cristalli di ghiaccio e mantenere intatti gli aromi delicati, soprattutto quelli più volatili e fragili. Inoltre, la minore ossidazione garantita dal pozzetto può fare la differenza nella degustazione di gelati particolarmente delicati o realizzati con ingredienti freschi e sensibili.

La carapina, al contrario, presenta il gelato in vaschette di acciaio inox esposte e, generalmente, refrigerate dall’alto. Certo, i sistemi di refrigerazione moderni sono efficienti e sofisticati, ma il gelato in carapina è inevitabilmente più soggetto agli sbalzi di temperatura dovuti all’apertura e alla chiusura del bancone e alla maggiore superficie di contatto con l’ambiente esterno.

Questa esposizione può, in alcuni casi, accelerare leggermente il processo di ossidazione e alterare la consistenza, rendendo indispensabile una gestione attenta e un ricambio frequente delle vaschette, soprattutto nelle giornate più calde o durante i momenti di maggiore affluenza.

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Papa Francesco, i segreti della sua bevanda calda preferita, il mate Funerali sabato in San Pietro, tanti devoti coi Grandi della Terra

ROMA – Il mondo è in lutto per la morte di Papa Francesco avvenuta il 21 aprile 2025. Nel corso del suo pontificato, Jorge Mario Bergoglio si è contraddistinto per una linea politica inclusiva, l’impegno attivo contro la guerra e i pellegrinaggi internazionali. Ricordiamo che è stato il primo pontefice a mettere piede in Iraq, un viaggio altamente sfidante e sconsigliato da molti ma che Papa Francesco ha comunque deciso di affrontare.

Nella sua agenda fitta, Bergoglio non ha però mai dimenticato le origini argentine. Paese che pure non visitò mai da papa. Un esempio tra tutti? Il consumo di mate, la bevanda da lui preferita molto spesso accumunata al caffè per la caffeina che contiene e simbolo del suo Paese.

Le proprietà del mate, la bevanda simbolo di Papa Francesco

Di cosa si tratta esattamente? È un infuso preparato con le foglie di erba mate (in spagnolo yerba mate), pianta originaria del Paraguay e Uruguay. Ma solo in Argentina, primo produttore al mondo di mate, la bevanda ha avuto successo che poi si è allargato al mondo.

Molti fedeli italiani hanno scoperto il mate per la prima volta quando Bergoglio venne eletto nel 2013 (ne abbiamo parlato qui). Questo perché, durante una delle udienze a Piazza San Pietro, il papa ha accettato di berne con la classica cannuccia una tazza offerta da un credente che lo acclamava.

Il mate è un’alternativa al caffè proprio per il suo contenuto di caffeina, che aiuta a rimanere svegli e concentrati. Inoltre la bevanda è ricca di vitamine A, B1, B2, potassio, sodio, magnesio e carotene.

Promuove l’equilibrio metabolico e offre una sana integrazione alimentare dell’organismo. Tuttavia ci sono delle controindicazioni: consumare mate molto caldo, secondo alcuni studi dell’IARC (International Agency for Cancer Research), potrebbe favorire l’insorgenza di cancro all’esofago. Ma se bevuto a temperature inferiori non è stato riportato alcun pericolo per la salute.

La passione per il mate è solo uno dei tratti distintivi per cui papa Francesco verrà ricordato ancora a lungo.

La salma del primo pontefice proveniente dal continente americano è stata trasportata dentro San Pietro mercoledì 23 aprile. La camera ardente durerà tre giorni fino a venerdì 25 aprile. I funerali sono previsti invece per sabato 26  sul sagrato della Basilica vaticana.

Consumi americani di caffè in calo secondo un’indagine di Datassential, ma crescono specialty, cold brew e nitro

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MILANO – Pur mantenendosi su livelli storicamente elevati, i consumi di caffè negli Usa sono in declino dall’inizio di questo decennio. Lo dice il report 2024 Coffee Trends di Datassential, di cui Comunicaffè ha avuto la possibilità di consultare in anteprima le conclusioni salienti e alcune pagine di dati e statistiche. Il rapporto si basa su un’indagine delle abitudini di consumo condotta online su un campione significativo della popolazione statunitense, composto da circa 11mila consumatori.

Le conclusioni? Non pienamente coincidenti con quelle di altre indagini analoghe. A cominciare dal calo osservato nei consumi, comune peraltro a tutte le principali bevande. Il 56% degli intervistati dichiara di avere consumato caffè con cadenza quotidiana: un dato inferiore soltanto al consumo di acqua (76%).

Seguono il (30%) e il latte (23%). Il trend è però negativo per tutte e 4 le bevande citate. E lo è in modo particolare proprio per il caffè, che registra un -5% rispetto a 4 anni prima, contro il -2% dell’acqua, il -4% del tè e il -1% del latte.

I dati disaggregati consentono di fornire dei contorni più precisi. L’acqua di rubinetto (-4%), ad esempio, è consumata quotidianamente dal 47% degli intervistati. Il caffè filtro dal 40%, anche in questo caso con un calo del 7% rispetto a 4 anni prima. Seguono l’acqua non gassata in bottiglia (36%; -1%), i succhi (29%; +2%) e le bevande gassate analcoliche (28%; +1%).

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Capsule, ecco la classifica di Altroconsumo: il miglior acquisto è Caffè Corcovado espresso cremoso mentre per la qualità vince Coop classico

MILANO – Altroconsumo ha sottoposto diverse capsule ad una serie di analisi per dare un giudizio sia sulla qualità che sulla sicurezza del caffè ottenuto, sia sull’impatto dell’imballaggio delle capsule e delle confezioni in cui sono contenute. Inoltre ha stilato una classifica qualitativa per determinare i migliori prodotti.

La classifica di Altroconsumo

La scelta come miglior acquisto si è rivelata essere Caffè Corcovado espresso cremoso con un giudizio di qualità pari a 67/100 al costo di 0,14 euro per capsula.

Per quanto riguarda il punteggio di qualità, al primo posto si trovano le capsule Coop espresso classico (compatibili Nespresso, 70% arabica – 30% robusta, Tostatura: Scura) che vantano un punteggio 76/100 a 0,22 euro per capsula.

Al secondo posto ci sono poi le Nespresso ristretto con 75/100 e 0,45 euro per capsula. Medaglia di bronzo per L’Or espresso ristretto con un punteggio di 74/100 e un prezzo di 0,37 euro.

Segue Segafredo Zanetti Espresso classico, 73/100 e 0,34 euro a capsula. Infine Nespresso Arpeggio con 71/100 a 0,45 euro. Stesso punteggio per Caffè Vergnano 1882 espresso cremoso, 0,31 euro, e Gimoka Espresso sublime a 0,34 euro.

Per quanto riguarda le capsule compatibili con Lavazza Dolce Gusto, medaglio d’oro per Lavazza Espresso Cremoso con 0,33 euro a capsula e un punteggio di 68/100.

Tra gli ultimi posti si trovano cinque marche di capsule compatibili con Dolce Gusto. Caffè Bernini Oro di Napoli, punteggio di 59/100 e 0,14 euro, Caffè Forsini 1950 cremoso a 0,22 euro, Bellarom (Lidl) Espresso barista a 0,21 euro e Caffè Trinca miscela cremoso a 0,24 euro. All’ultimo posto Bondi Caffè Cremoso con un punteggio di 58/100 e un prezzo di 0,15 euro a capsula.

Per valutare il caffè in capsule Altroconsumo ha sottoposto i prodotti a una serie di analisi. La valutazione complessiva di questi criteri ha permesso di dare un giudizio sulla qualità del caffè ottenuto e su altri aspetti, quali la scelta dei materiali per gli imballaggi in termini di impatto ambientale. Vediamo nel dettaglio i parametri utilizzati.

Analisi di laboratorio

Indicatori di qualità

  • tenore di umidità: si tratta di un parametro che influisce sulla conservabilità del prodotto. Dopo la tostatura, infatti, il caffè tende fortemente ad assorbire umidità e  ciò comporta un aumento di peso del prodotto ma, soprattutto, un contenuto elevato di acqua potrebbe causare una più rapida degradazione del prodotto (favorita dal calore, dalla luce e dal tempo);
  • ceneri: possono essere indice di materiali di origine minerale (ad esempio sabbia o terra) che sono indicativi di una purezza inferiore del caffè, meno ce ne sono meglio è;
  • estratto acquoso: è dato dalla quantità di composti in grado di dissolversi in acqua bollente, valori più elevati di estratto acquoso solitamente danno origine ai cosiddetti caffè “corposi”.

Contaminanti

ocratossina A: è una micotossina e quindi una sostanza tossica, prodotta da muffe, che può essere presente nel caffè a causa di condizioni di lavorazione e conservazione (alte temperature e umidità) non ottimali;

acrilammide: è una sostanza che, in alimenti contenenti zuccheri e un particolare aminoacido (asparagina), può formarsi durante il riscaldamento ad alte temperature. Viene considerata cancerogena e genotossica, ma gli studi sull’uomo hanno fornito prove limitate circa il maggior rischio di sviluppare il cancro. Nell’attesa di esiti di ulteriori studi, la Commissione europea monitora da anni gli alimenti a rischio acrilammide, ma finora non è riuscita a fissare un vero limite di legge, come sarebbe auspicabile.

Esistono dei limiti di riferimento con lo scopo di attenuare l’esposizione della popolazione. Quindi meno ce n’è, meglio è.

Impatto ambientale dell’imballaggio (capsula e confezione)

Altroconsumo ha valutato l’impatto dell’imballaggio con l’aiuto di un laboratorio specializzato considerando molteplici parametri, quali:

  • Il materiale della capsula (la plastica è considerata il materiale con l’impatto maggiore sull’ambiente, a causa della quantità di residui generati in un anno, al contrario le capsule compostabili );
  • Il materiale dell’imballaggio esterno, ovvero la confezione in cui sono contenute le capsule (ad es. la carta è meglio del mix di plastica);
  • Presenza/ assenza dell’imballaggio interno considerato inutile a prescindere dal materiale (ad esempio nel caso di capsule imballate singolarmente in bustine di plastica, oppure separatori di carta);
  • PIR (product impact ratio), ovvero il rapporto tra contenuto e tutto il contenitore (ovvero tutte le parti che compongono il packaging) in termini di peso così come previsto dai principi dell’Ecolabel europea (più basso è il rapporto, meglio è perché significa che un minor quantitativo di rifiuti dovrà essere gestito);
  • Quantità di caffè per capsula, che più bassa è meglio è, poiché il più grande impatto ambientale nel bere una tazzina di caffè è  legato alla filiera stessa della produzione del caffè;

Quantità di rifiuti totali prodotti, secondo uno scenario di consumo pari a due caffè al giorno per un anno.

Altroconsumo: assaggio

Il giudizio totale relativo all’assaggio tiene conto, in egual misura, di due tipi di valutazioni: un assaggio condotto da un gruppo di consumatori e un’analisi sensoriale effettuata da giudici esperti. Entrambe sono state svolte in un laboratorio specializzato in analisi sensoriale.

La prova di assaggio dei consumatori  è stata svolta con un metodo di test che permette di individuare cosa piace, a chi e quanto, attraverso la segmentazione del panel di giudici inesperti che compie la valutazione sensoriale.

Ogni campione di caffè è stato servito singolarmente in tazzina di ceramica bianca alla temperatura di erogazione della macchina. L’ordine delle serie è stato stabilito attraverso una rotazione interna. La valutazione è avvenuta senza che agli assaggiatori venissero date informazioni sui campioni in assaggio, se non che si trattava di caffè.

Come nel test consumatori, per l’indagine sensoriale dei giudici esperti i caffè in capsula sono stati estratti tramite le relative macchine di estrazione (in questo solo Nespresso). La preparazione dei campioni è stata effettuata da operatori professionisti che hanno operato nel rispetto delle regole per la corretta presentazione dei caffè estratti. I caffè sono stati tutti serviti anonimamente nella tazzina codificata IIAC (Istituto Internazionale Assaggiatori Caffè) “Tazzina dell’Assaggiatore”, che rappresenta la tazzina ideale per l’espresso italiano.  Le fasi della degustazione sono quattro e più precisamente:

  • analisi visiva, in cui si valuta l’intensità del colore (dal nocciola carico al mogano) e la consistenza della crema, che deve avere maglie strette per poter conservare gli aromi;
  • analisi olfattiva, in cui si valuta l’aroma del caffè (tostato, cioccolato, fiorito, fruttato) che è dato da un migliaio di molecole, capaci di sprigionare tantissime sensazioni che un olfatto addestrato è in grado riconosce;
  • analisi gustativa-tattile, in cui le papille gustative distinguono i sapori (dolce, acido, amaro) dalle sensazioni tattili (astringenza, morbidezza, sciropposità);
  • analisi retrolfattiva, in cui si decodificano gli odori (positivi e negativi) percepibili per via retronasale, dopo la deglutizione del caffè. Se ne valuta la ricchezza e l’intensità.

Etichetta

Altroconsumo ha verificato che sulla confezione fossero presenti tutte le informazioni obbligatorie previste dalla legge (come denominazione, lotto, scadenza, peso netto) e quelle facoltative, quali origine del caffè, tipo di miscela utilizzata (arabica o robusta), intensità, data di produzione, numero di capsule, modalità e tempi di conservazione, contatti diretti con il produttore.

Il metodo del test

Data di acquisto e di analisi dei prodotti

Abbiamo acquistato le capsule tra luglio e agosto 2024. Le analisi sono state svolte tra settembre e dicembre 2024.

La scelta dei prodotti

Altroconsumo ha tenuto conto dei marchi maggiormente venduti secondo dati Circana 2023, ma ha anche voluto coprire il più possibile in maniera trasversale le varie segmentazioni del mercato (come il posizionamento di prezzo e la presenza di marchi del distributore).

Il peso delle prove Altroconsumo

Le prove di assaggio pesano per il 40% sul giudizio globale, seguono le analisi sugli indicatori di qualità ( e quelle sui contaminanti (ocratossina A e acrilammide) che pesano rispettivamente per il 28 e il 12 %. Il giudizio dell’acrilammide limita quello più generale del gruppo dei contaminanti. Infine, le valutazioni di etichetta ed imballaggio con peso pari al 10% sul giudizio globale per entrambi.

Altronconsumo, la scheda sintetica

Associazione Altroconsumo. Nata a Milano nel 1973, ha come scopo l’informazione, la difesa e la rappresentanza dei consumatori. Agisce in piena autonomia e indipendenza e non ha fini di lucro.

Per massimizzare la capacità di incidere là dove, a livello internazionale, si prendono le decisioni che impattano la vita delle persone, Altroconsumo fa parte del BEUC, l’organizzazione-ombrello europea, e del corrispettivo mondiale Consumers International.

Co-fondatori di Euroconsumers, principale gruppo internazionale di organizzazioni di consumatori che lavora in maniera coordinata per migliorare l’informazione, i servizi personalizzati e la difesa dei diritti dei consumatori, raccogliendo e rappresentando circa 1,5 milioni di persone.

Nel team di Altroconsumo lavorano oltre 240 professionisti: esperti nei vari settori di mercato di cui ci occupiamo, giornalisti, legali, professionisti di marketing, del customer care, della comunicazione digitale, oltre alle funzioni tipiche di qualunque struttura aziendale.

Fondazione Altroconsumo. Promuove il consumerismo in Italia e a livello internazionale, contribuendo allo sviluppo di una società più solidale ed equa, rispettosa dei diritti e degli interessi dei cittadini. A tal fine, stimola la realizzazione di iniziative, pubblicazioni, ricerche e lo sviluppo di servizi rivolti ai consumatori avvalendosi anche della collaborazione operativa di Altroconsumo Edizioni Sr.l. e Altroconsumo Connect S.r.l, controllate attraverso la società Altroconsumo Holdings S.r.L.

Primocrack, in provincia di Perugia lo specialty dalla roastery e pasticceria esce dai suoi confini e va al ristorante

PONTE SAN GIOVANNI (Perugia) – A Ponte San Giovanni, in provincia di Perugia, il caffè di qualità di Luca Pelucca, torrefattore di Primocrack si espande uscendo dai suoi confini naturali: ecco che nasce Primocrack al Collins’ del Brufani Palace, nuovo progetto frutto della collaborazione tra il ristorante Sirma con Federico Masilla e Luca Pelucca che, tra le altre attività gestisce la Pasticceria Luca in Via Alessandro Manzoni 174.

Tre le proposte previste nell’offerta futura, ovviamente firmate Primocrack, disponibili fin da subito presso il Collins’ Bar del Brufani Palace: Colombia Rio Magdalena lavato, la miscela Perla Nera e un Brasile pergamino Sul de Minas.

Pasticceria Luca, torrefazione Primocrack e ora si entra nel ristorante al Collins’. Ci racconta l’evoluzione del vostro lavoro e come siete arrivati all’avvio di quest’ultimo progetto a dicembre?

“Nel negozio di pasticceria dove facciamo anche rivendita di caffè, in realtà lavoro da tanti anni. Prima da dipendente e poi come responsabile dei diversi punti vendita in collaborazione con La Marzocco.

Posso dire di aver dato tanto al mondo del caffè, prima da commerciante, poi da torrefattore, infine da sviluppatore di macchinari. Nel ’98, a Perugia ho acquistato il locale di Ponte San Giovanni, appoggiandomi ai torrefattori della zona e creando con loro le mie miscele. È stato così per circa 10 anni, fino all’incontro con Edie Bieker, professionista di chiaro livello che mi ha supportato come artigiano, instradandomi in questo mondo e affiancandomi ad un terzista.

Nel 2018, le mie figlie sono subentrate nell’attività e ho acquistato una Giesen da 15 chili e una Briciola Petroncini settata con una parte elettronica di sonde per permettermi di tostare meglio piccole quantità. Ho aperto quindi la micro roastery nella zona industriale di Perugia, in un locale 150 metri quadrati, dove tosto soltanto e accolgo la mia clientela per dei brevi corsi di formazione sulle varie estrazioni, facendo più che altro divulgazione sulla qualità.

Da oltre 15 anni acquisto verde, lo tosto e infine lo servo nella nostra pasticceria. Le prime prove sono avvenute nel garage di casa. A Firenze ho seguito un corso con Andrej Godina, Marco Cremonese, nella prima associazione Umami.

Mi limito a operare con quelli che mi piace definire caffè tracciabili e che qualcun altro invece fa passare per specialty: questo mondo è un po’ particolare, perché tecnicamente resta difficile stabilire cosa sia effettivamente uno specialty. Ma non c’è solo questo prodotto per proporre qualità: ci sono materie prime ottime, come appunto quelle tracciabili che sono di un certo livello e hanno anche un prezzo elevato.

Sono onesto, seguendo la filosofia di Edie Bieker e della Sandalj: anch’io preferisco parlare di monorigine più che di specialty coffee. Commercialmente capisco che la parola specialty sia più seducente, ma io credo nel mio approccio.”

Dal 2019 ho iniziato la produzione in proprio aprendo la torrefazione distaccata, pensando che fosse più facile vendere caffè a terzi

“Nonostante sia stata un’evoluzione naturale della mia passione e del mio lavoro, ho scoperto che poi effettivamente alzare l’asticella, creando una miscela di Arabica in purezza in una zona in cui ancora va molto una buona percentuale di Robusta, non poteva avvenire senza che le persone venissero guidate ed educate pari passo.

Oggi il mio cliente ormai si è abituato al mio caffè, con un’acidità leggermente più spiccata e con una tostatura che non va oltre il primo crack. Mi piace raccontare il mio prodotto, che deve innanzitutto piacere: è quello l’essenziale.

È ancora difficile però proporre quest’offerta, perché presentarsi da micro torrefattore ai nuovi bar che aprono, magari offrendo lo studio di miscele dedicate, non riesce a battere la dinamica del comodato d’uso e dei finanziamenti. I gestori sono ancora disposti a pagare di più un caffè di minor qualità, per avere l’attrezzatura in comodato, l’assistenza.

Questa è la reazione più diffusa sul territorio. Bisogna trovare l’appassionato, ma a quel punto si gioca con gli altri piccoli roasters: questi locali gestiti da degli appassionati contano su dei clienti curiosi e quindi non posso pretendere di essere l’unico fornitore a cui si rivolgono.

La buona notizia è che oggi più che mai sento parecchie lamentele da parte dei consumatori: questo è già un inizio, perché alla fine avrà delle ricadute sui gestori che dovranno capire finalmente che è necessario cambiare strategia.

Con il prezzo di caffè alle stelle, anche per materia prima scadente, ci si deve adeguare e non scendendo ulteriormente a compromessi sulla qualità.”

Collin’s: ci parli di questo passaggio

“Quando io e Federico ci siamo conosciuti prima del Covid come famiglia – siamo in 4, mia figlia tosta -, abbiamo iniziato a parlare di come poter collaborare. Si è aperto un dialogo che è andato avanti finché poi abbiamo davvero deciso di portare il caffè Primocrack nel loro ristorante.

Faccio una dovuta premessa: come torrefazione proponiamo anche un buon mono porzionato, sia in cialda che in capsula, che funziona spesso nei locali perché si presta bene al tipo di servizio di un ristorante: garantisce una maggiore qualità, con un 90% di Arabica Perla Nera e un 10% di Robusta indiana, e una bella resa in tazza.

Al Collin’s però hanno deciso diversamente: all’ingresso del ristorante c’è un bar che inizialmente lavorava maggiormente sugli aperitivi. Hanno voluto sviluppare il discorso della caffetteria, per riportare nel loro locale storico i cittadini di Perugia. Abbiamo cercato di capire cosa fare, offrendo loro la nostra consulenza per formare i ragazzi e partire insieme. Le attrezzature sono già di loro proprietà e hanno voluto scommettere da imprenditori sul nostro prodotto.

Hanno una La San Marco a leva, macchina che conosco bene e ho imparato ad usare in diverse Fiere. Abbiamo introdotto la Perla Nera, miscela di livello: le prime prove sono andate un po’ così, perché gli 8 ragazzi usciti dall’istituto alberghiero non erano abituati a questi sapori.

Poi però con il tempo, abbiamo allenato il loro palato e soprattutto abbiamo stimolato loro motivazione: si sono accesi e per me è stata una grande soddisfazione. In passato ho provato ad entrare nelle scuole a fare formazione, ma purtroppo ho capito presto che si parla proprio un linguaggio diverso.

Cerco di dare degli input ai ragazzi, invitandoli a cercare e a informarsi: devono avere fame di imparare. Lavorare con questi giovani mi ha dato nuova speranza.

Ho fornito al locale anche il Colombia Rio Magdalena come secondo caffè poiché il progetto prevede inizialmente di servire per 15 giorni un monorigine tracciabile o specialty, oltre alla miscela.”

Come sta andando il caffè Primocrack fin qui?

“Si procede gradualmente. Oltre al discorso caffè si sta portando avanti un’offerta di pasticceria che ancora va sviluppata. Siamo quindi in una fase di stand by. Mi aspettavo che funzionasse ancora meno per quello che è il locale: la miscela base sta andando, la monorigine sta facendo più fatica. Parliamo di un’attività che fa parte di un albergo, con un ingresso separato anche per i clienti esterni. È un bel progetto che abbiamo sposato e che faremo evolvere al meglio insieme.

L’espresso in miscela al ristorante si vende a due euro: è stato un problema, ma in realtà chi entra da Collin’s si aspetta dei prezzi più elevati.”

Da noi in pasticceria l’espresso è a 1.30 da più di un anno e sono intenzionato ad aumentarlo. Gli specialty e i tracciabili vanno a partire dall’euro e 50 e siamo i più cari di Perugia

“La realtà è che preferisco chiudere che svendere. Credo che la gente debba imparare a fare i conti. Ci troviamo in una zona che lavora con 3 chili e mezzo di caffè al giorno in macchina – la GT Faema, la più performante, e come macina caffè abbiamo il Malkhoenig, i micro dell’Eureka e in drogheria ho un macinino che ha 40 anni della Petroncini, trasversale, una MK3 in torrefazione -.

Proponiamo anche il filtro in V60, con Chemex e Syphon, riuscendo a far avvicinare a questo mondo anche le nuove generazioni, notando anche un aumento di vendita del caffè sfuso tostato per filtro da prepararsi a casa.

Da noi non c’è il classico sacchetto da 250gr: ho un banco aperto, con 7 miscele in vetrina, 11 monorigini tra tracciabili e specialty, tutto a vista e tostato per filtro, espresso, moka, da macinare sul momento dall’etto sino a quanto uno desidera. Personalizziamo il nostro servizio anche in questo senso e le vendite non sono calate. Vendiamo anche il mono porzionato per gli uffici: capsule e cialde con quantità di caffè variabile dai 5gr ai 7gr a seconda della tipologia di porzionato.”

“Ho ideato anche un liquore al caffè che sta andando fortissimo: Primocrack”

“Qualche anno fa, giocando con un’estrazione particolare abbinata ad ingredienti diversi, mi sono cimentato nella produzione del liquore al caffè. Grazie ad un amico che produce liquori in Umbria che mi ha aiutato nel dosaggio di alcool e zucchero, abbiamo prodotto i primi campioni, raggiungendo poi la ricetta perfetta: costante nella sua riproduzione e senza mai aver aggiunto aromi.

Si può degustare sia freddo che caldo, con una gradazione alcolica di 21°, sprigiona note di liquirizia e caramello. Collaboriamo anche con Birra Perugia nella produzione di una birra al caffè chiamata “PRIMOCRACK”, fornendo noi l’estratto di caffè.

Un’altra svolta sarà quella di implementare la torrefazione, magari entrando in nuovi mercati anche fuori dall’Italia. Chi lavora con lo specialty o caffè tracciabili, deve far quadrare i conti dell’attività o fornendo consulenza e formazione, o guardando all’estero. Altrimenti non si può parlare di realtà sostenibili economicamente. Non si vive soltanto di specialty: noi riusciamo a resistere, perché i nostri dipendenti siamo noi stessi della famiglia.

Per cui magari ampliando la clientela fuori dai confini, potremo avere un approccio più imprenditoriale.”

E La Marzocco è protagonista alla Fiera SCA Expo 2025 a Houston in Texas con tutte le attrezzature professionali

FIRENZE – La Marzocco, azienda fiorentina leader nella produzione di macchine da caffè espresso dal 1927, annuncia la sua presenza a SCA Expo 2025 a Houston, Texas. Lo stand de La Marzocco riunirà gli spazi 2031, 2131 e 2231 e grazie a questo spazio di notevoli dimensioni sarà possibile vivere un’esperienza immersiva completamente dedicata alle macchine per espresso.

La Marzocco alla SCA Expo di Houston

Su questa vasta area saranno presenti tutte le attrezzature professionali de La Marzocco, tra cui la Strada X, lo Swan Grind-by-Weight, la KB90, Modbar, e le macchine storiche che hanno fatto la storia del settore: Linea PB, GB5 e Linea Classic S.

La Marzocco Home, linea dedicata alle macchine per uso domestico avrà uno stand dedicato che esporrà Leva, Strada X, GS/3, Linea Mini e Linea Micra, oltre al macinacaffè Pico Grind-by-Weight.

La nuova app La Marzocco in azione (immagine concessa)

Tornerà anche il format True Artisan Café, con torrefattori, sia locali che da tutto il Paese, che offriranno i loro espressi grazie alla Strada S e al macinacaffè Swan.

Accademia del caffè espresso (immagine concessa)

Oltre cinquanta torrefattori saranno presenti sullo stand La Marzocco, tra cui Greenway Coffee, Three Keys Coffee, Tenfold Coffee Company, Counter Culture Coffee, Onyx Coffee Lab, George Howell Coffee e molti altri.

L’evento firmato La Marzocco (immagine concessa)

Quest’anno l’attenzione sarà concentrata sulla tecnologia connessa, già evidenziata nel keynote virtuale Connected Days che l’azienda ha tenuto a marzo.

Accademia Coffee Education (immagine concessa)

Sarà possibile conoscere e approfondire le nuove App La Marzocco, tra cui Coffee Station, Grind-by-Weight per macinini Pico e Swan, e verrà presentato il progetto ConSenso, che utilizza sensori connessi per monitorare le piante di caffè.

SCA Connectivity (immagine concessa)

La SCA Expo 2025 si svolgerà presso il George R. Brown Convention Center di Houston, Texas, il 25 e il 26 aprile dalle 10.00 alle 17.00, e il 27 aprile dalle 10.00 alle 15.00.

Omar Zidarich, Gruppo italiano torrefattori caffè, a sostegno del Trieste Coffee Experts di Bazzara

TRIESTE – Omar Zidarich, presidente del Gruppo italiano torrefattori caffè, è intervenuto a proposito dell’ottava edizione del Trieste Coffee Experts. La conferenza che ogni due anni riunisce interpreti fondamentali del mondo del caffè, quest’anno si presenta con una grande novità, che riguarda proprio il comparto capeggiato da Zidarich, quello dei torrefattori. Il TCE 2025, infatti, apre le porte alle torrefazioni nazionali , che potranno partecipare alla conferenza tramite lo streaming ed eventualmente contribuire come sponsor all’evento.

Di seguito il messaggio di Omar Zidarich, in vista dell’ottava edizione del Trieste Coffee Experts:

“Accogliamo con entusiasmo una grande novità per la ottava edizione del Trieste Coffee Experts, che si terrà il 6-7 dicembre presso il Savoia Excelsior Palace di Trieste: per la prima volta, l’evento sarà aperto anche al nostro importante comparto della torrefazione, permettendo ai torrefattori di assistere in streaming ai due giorni della manifestazione e, nel caso, di sponsorizzare l’evento.

Ledizione di questanno, dal titolo “Coffee Megatrends”, verterà su temi estremamente attuali come lintelligenza artificiale, lindustria 5.0 e la sostenibilità, che sono cruciali per il futuro del settore. Unopportunità unica per le aziende di essere al centro del dibattito su come il mondo del caffè stia cambiando, rispondendo alle nuove sfide e adattandosi alle dinamiche del mercato.

Oltre a queste notevoli tematiche e all’organizzazione degli Stati Generali del Caffè, richiesti a gran voce in coda alla settima edizione, reputo la conferenza una grande occasione proprio per il nostro settore, in quanto ci sarà la possibilità per l’appunto di seguire l’evento in tutta Italia (e non solo) con traduzione simultanea in italiano e inglese.”

Appuntamento quindi al 6 e 7 dicembre, presso l’hotel Savoia Excelsior Palace e in diretta streaming, per un’edizione che si prevede sempre più attenta e aperta alle categorie che compongono la filiera del caffè a livello nazionale, con l’obiettivo di trovare soluzioni condivise.

Barry Callebaut: secondo sopralluogo del probabile acquirente della fabbrica di Verbania Intra

Nei giorni scorsi è avvenuta la seconda visita di un’azienda interessata a rilevare la fabbrica di cioccolato Barry Callebaut di Verbania Intra, la cui chiusura è annunciata entro il 30 giugno. Al momento non è noto di quale azienda si tratti ma potrebbe essere una realtà che opera nello stesso settore.

Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo pubblicato sul portale d’informazione Rai News Tgr Piemonte.

La seconda visita del possibile acquirente per la fabbrica di cioccolato di Verbania Intra di Barry Callebaut

INTRA (Verbanio, Cusio, Ossola) – Nuovo sopralluogo, nei giorni scorsi, da parte del possibile acquirente dello stabilimento di Barry Callebaut di Verbania Intra.

I rappresentanti della stessa azienda che avevano già fatto una prima visita a metà febbraio sono tornati nella fabbrica piemontese della multinazionale svizzera del cioccolato, che ne ha annunciato la chiusura entro il 30 giugno.

Non è al momento noto di quale azienda si tratti.

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Cacao: boom del prezzo della materia prima, ecco come resistono le cioccolaterie artigianali di Milano

Oggi la materia prima del cacao costa tre volte più di due anni fa. Il Foglio descrive il viaggio inchiesta fra boutique e laboratori di Milano, per capire come la nicchia del cioccolato fatto a mano ha reagito all’aumento. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo di Francesco Cocco per il quotidiano Il Foglio.

Il rincaro del cacao e la risposta dei laboratori di Milano

MILANO –  Se ne parla da tempo, anche fra i non addetti ai lavori. Due anni fa, il cacao costava meno di 3 dollari al chilo, oggi più di 8, dopo aver toccato i 12 dollari al chilo a fine 2024. La crisi ha origine principalmente in Ghana e Costa d’Avorio, che ne sono i maggiori esportatori.

Siccità alternata a piogge torrenziali, malattie delle piante e, in Ghana, la sostituzione della coltura del cacao con una devastante caccia all’oro (inteso proprio come il metallo giallo), hanno determinato una situazione problematica per tutta la filiera del cioccolato.

Ma se questo è vero per i grossi produttori industriali, che ricadute può aver avuto un simile cataclisma su una nicchia come quella delle cioccolaterie artigianali? Da questa domanda parte il nostro viaggio fra boutique e laboratori all’ombra della Madonnina.

Charlotte Dusart, cioccolatiera belga a Milano, con negozio vicino a Porta Venezia e laboratorio in zona Lambrate, non si aspettava che il costo del cacao salisse così tanto e così velocemente. “Lo abbiamo gestito all’inizio potendo fare una scorta molto ampia di prodotti al vecchio costo, dopodiché abbiamo dovuto aggiustare i prezzi di alcuni prodotti. Io ho fatto la scelta di tenerli quasi uguali agli altri anni, perché ci tengo tanto ad avere prezzi abbordabili. Alcuni prodotti, come le tavolette che sono fatte interamente di cioccolato, li abbiamo aumentati un po’, mentre i cioccolatini, che contengono ganache, caramello, eccetera, no”.

Un 15-20 per cento di aumento sul prezzo finale, e solo su pochi articoli, ci spiega quindi Dusart. Per il resto, ha puntato ad aumentare il volume di vendita: “Vendiamo a più persone possibile e facciamo i margini così”, si è detta.

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