giovedì 20 Novembre 2025
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Roberto Pedini sulla tostatura: “Demonizzare un processo rispetto a un altro, non è un approccio corretto”

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roberto pedini
Roberto Pedini (immagine concessa)

MILANO – Roberto Pedini, sales coordinator business development IMF Coffee Roasters si pronuncia su REPORT, da esperto di processi di tostatura. Se ne occupa da una vita per diverse aziende, e conosce bene l’argomento: alcune perplessità sono emerse dal suo punto di vista che condividiamo di seguito.

L’analisi dell’episodio andato in onda

di Roberto Pedini

“Facciamo attenzione a giudicare troppo una categoria, un certo stile di tostatura: non è la prima volta che questi temi saltano fuori, ma si deve uscire dall’impostazione del discorso in maniera tendenziosa. L’Italia resta un Paese che il resto del mondo guarda sempre con ammirazione e dal quale si vuole emulare la tecnologia delle macchine espresso, delle attrezzature per tostare e macinare, così come il rito del bar. Chi opera in questo settore, può confermare che dall’estero ci prendono come punto di riferimento.

Venendo invece alla tostatura, che per professione conosco bene, non si può dire che ne esiste una ottimale o migliore dell’altra. Bisogna innanzitutto tenere conto del mercato di riferimento, delle abitudini di consumo e dell’utilizzo finale (compresi i metodi di estrazione).

Demonizzare un processo rispetto a un altro, non è un approccio corretto. La tostatura scura viene un po’ criticata e vorrei invece spezzare una lancia a suo favore: non è soltanto un modo per coprire i difetti della materia prima.

Oltre che in Italia esistono aziende e Paesi – come in Asia o negli Stati Uniti – che scelgono di applicarla per conferire certi aromi e caratteristiche in tazza anche partendo proprio da caffè verdi pregiati. Si arriva a spingersi addirittura fino a 22 /25 punti di scala Agtron, utilizzando appunto Arabica di altissima qualità, con chicchi con alta densità che proprio per questo sopportano tostature così spinte limitando i rischi dell’autocombustione degli stessi.
Non è dunque automaticamente una modalità scorretta o che serve a dissimulare la bassa qualità del verde.

Ovviamente ci sono aziende che devono porre attenzione ai loro cicli di produzione, soprattutto se si tosta scuro: dipende anche dalle tecnologie utilizzate e ad esempio se si ottiene con altissime temperature e tempi brevi si avrà una trasudazione d’olio ancora piu’ spiccata rispetto tostature si , scure , ottenute a temperature meno elevate ma piu’ prolungate.

Con le tostature scure si deve piuttosto porre molta piu’ attenzione ai tempi di distribuzione commercializzazione del prodotto tostato: si sa che qualsiasi tipo di bevanda e cibo in cui sono presenti grassi e oli, sono soggetti ad ossidazione piu’ precoce . Il caffè tostato scuro non può essere tenuto da parte magari nei retri dei bar per troppe settimane o addirittura mesi, prima che possa finire nelle tazzine dei consumatori ; un caffè tostato scuro ha shelf life molto piu’ corta rispetto ad una tostatura chiara , ma ovviamente avrà aromi gusti e corposità differenti.

Si parte sempre dal presupposto che ogni azienda ha stabilito il proprio standard qualitativo ed esistono caffè verdi di livello inferiore e il risultato in tazza ne sarà un riflesso, come per tutti gli i tipi di cibo e bevande esistenti sul bercato.

Pensiamo solo all’uso dell’espresso nei bar che viene utilizzato anche come ingrediente per i tantissimi cappuccini serviti nel mondo: caratterizzato da un’acidità spiccata talvolta eccessiva non si otterrebbe sufficiente forza per penetrare il sapore dolciastro del latte , mentre invece al contrario con la tostatura , scura che dona gusti di caramelizzati e di tipicità amarognola sono un perfetto connubio per ottenere le tante amate gradevoli bevande a base di latte e caffè apprezzate in tutto il mondo.

Questo significa che certi tipi di tostatura chiara sono più indicati per diverse applicazioni, come la bevanda del caffè filtro per percolazione: con il metodo espresso ad alta pressione si enfatizzano le caratteristiche ,si estraggono oltre 1000 caratteristiche organolettiche, mentre con il filtro non più di 250/300, quindi una tostatura chiara o molto chiara con una spiccata acidità potrebbe nell’espresso addirittura sconfinare nel citrico.

“Quando si parla di caffè si dovrebbero coinvolgere tutte le parti interessate”

“Sembra in queste trasmissioni di vedere solo una categoria in particolare, dai baristi ai torrefattori, messa sotto accusa perché non lavora secondo canoni di associazioni come SCA, che però sono strutturate seguendo delle impostazioni derivate dai Paesi anglosassoni.

Per la formazione ci si affida a dei parametri che sono lontani dalla tradizione italiana, derivate da un mondo anglosassone in cui si prediligono metodi di estrazione diverse dall’espresso e tostature più chiare.

Ho notato troppo spesso durante i corsi che si parla più di frutta e verdura che di caffè. Mi piacerebbe invece sentir descrivere un po’ più di aromi di caffè che di fiori e frutta esotica.”

Un punto a favore della puntata

“Le provocazioni su determinate categorie del settore, obbligano però dall’altra parte a curarsi maggiormente della professionalità lungo la filiera sino alla somministrazione al consumatore finale. Se ci sono punti critici, lì si deve migliorare: un barista che non pulisce la macchina, non sa a che temperatura dev’essere tarata , come macinarlo, o non riconosce se la miscela di chicchi fornitagli è composta da piu’ arabica o robusta indispensabile per poi settare diversamente i parametri predetti non è da demonizzare tutta la categoria ma da coinvolgere in un percorso formativo almeno di base prima di improvvisarlo dietro ad un baco bar.

Per concludere, un po’ di colpe ce le dobbiamo assumere: non abbiamo capito l’esigenza degli ultimi 20 anni dove vi era l’esigenza di fare formazione per l’aggiornamento degli addetti ai lavori, dai tostatori ai baristi. Ma non avendo fatto fronte comune nel sistema caffè italiano, ma contando su associazioni divise, i torrefattori e gli utenti hanno cercato di sviluppare le proprie competenze all’interno di un’organizzazione impostata però con parametri che vengono dall’estero.

La Sca ha trovato un terreno fertile, colmando il gap di esigenza di formazione che esisteva , codificandolo laddove non siamo stati in grado di fare noi per primi da italiani. Fino al punto che non riusciamo neppure a ottenere il riconoscimento Unesco per l’espresso. Dobbiamo invece difendere le tradizioni e il know-how italiano. è anche vero pero’ cha da un certo punto di vista si deve anche ringraziare la SCA per aver costretto il modo caffè ad essere piu’ sensibili ed attenti agli aspetti qualitatitivi sia della materia prima fino al modo di somministrarla quindi è giusto porre l’attenzione là dove ci sono criticità e attivare iniziative per migliorare , senza dover puntare il dito su di un tipo di prodotto od una categoria in particolare.

Mi è sembrato un po’ superficiale il modo di affrontare il tema del caffè italiano, sentendo solo una parte di una certa tendenza e non coinvolgendo le tante voci coinvolte nella filiera di lavorazione del caffè da importatori di caffè verde , costruttori di tecnologie di tostatura , macinatura piuttosto che macchine per l’estrazione ed erogazione.

Non vedo come utile per il settore, improntare una trasmissione in una maniera così parziale tendenziosa e divisiva anziché fare fronte comune per difendere la nostra eccellenza del caffè lavorato all’Italiana nelle sue diverse sfumature apprezzato e ricercato in tutto il mondo anche dalle nuove generazioni che porterebbe sicuramente positività e vantaggi per tutti”.

                                                                                                              Roberto Pedini

Alberto Trabatti, Torrefazione Penazzi su REPORT: “Tutto deve partire dal barista, che ha l’obbligo di uscire dalle logiche dei finanziamenti”

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Alberto Trabatti alla sua macchina tostatrice (foto concessa)
Alberto Trabatti alla sua macchina tostatrice (foto concessa)

Alberto Trabatti, titolare della Torrefazione Penazzi a Ferrara, ha voluto prendere parte al coro di addetti ai lavori che hanno guardato con interesse la puntata di Report andata in onda di recente, che ha messo sotto la lente di ingrandimento la tazzina italiana nei bar.
Nella sua azienda, una Petroncini da 10 chili ed una Giesen da un chilo e mezzo per essere più flessibili e rispondere anche alle esigenze di un consumatore che desidera specialty coffee e quelli che Trabatti definisce i “dignity coffee” – ovvero di alta qualità, ma con un punteggio inferiore – e talvolta fuori dai giri più noti di fornitori.

Trabatti commenta Report

“In realtà è già da diverso tempo che si sa come stanno le cose a Napoli: è certo che la tazzulella è un mondo a parte dentro il già vasto universo del caffè. Di fatto si creano queste piccole isole all’interno delle quali nascono dissidi e accordi tra le persone.

Per un momento però, dimenticando di essere dei tecnici, ovvero coloro che hanno frequentato i corsi e vivono come me questa bevanda con passione e professionalità da ormai 20 anni dall’avvio della mia attività, vorrei partire da altre premesse.

Innanzitutto, molto spesso la gente si lamenta se il caffè costa un po’ di più, ma sono convinto che alcune tazzine non si dovrebbero bere neppure se offerte gratuitamente.

Davanti alla puntata di Report purtroppo ho avuto delle conferme rispetto a quello che già conoscevo. Eppure, mi sembra che non sia emerso un dettaglio in più che invece potrebbe essere utile: a Napoli, spesso e volentieri la storia e la tradizione del caffè è stata associata ad una figura iconica della napoletanità, che però è sfuggita nell’episodio.

Sto parlando di Edoardo De Filippo il quale affermava di tostarsi il caffè da solo, a manto di monaco: nulla a che vedere dunque con le bruciature che vengono perpetuate da tante aziende napoletane e non. Basta guardarlo al balcone di casa, in “Questi fantasmi”, mentre racconta al “Professore” i suoi riti.

Se vogliamo quindi per un momento, parlare soltanto di tradizione e cultura della bevanda, qua si sta facendo un affronto a uno dei più grandi rappresentanti dell’essere partenopei.

A parte questa digressione, ricordiamoci che il caffè si può cuocere proprio come si fa come la carne: al sangue, medio o ben cotta, senza però bruciarla. Spesso l’eccessiva tostatura che chiamano all’estero “french roast”, è quella sbagliata che però in certi casi è voluta per nascondere i difetti della materia prima.

Ma accade di rovinare il risultato finale anche con gli specialty quando li si tosta troppo chiari, restituendo in tazza una spremuta di limone.

L’importante dunque è evitare gli eccessi e studiare questa scienza, che è inesatta: con una temperatura, un’umidità e un certo peso di caffè nella macchina, si può ottenere un determinato risultato, ma non è detto che a seguire la stessa curva di tostatura, si possa mantenere costante, perché basta cambiare anche solo leggermente un parametro per scoprire una soluzione diversa. Non più buona né più cattiva.

Bisogna stare attenti a tutti i fattori di quella giornata, per cercare di replicare il più possibile il risultato.

“Altra cosa che ricordo a tutto il settore: noi vendiamo caffè, non siamo delle banche che erogano finanziamenti e comodati d’uso. “

“Noi riforniamo i bar e i gestori proprietari o coloro che stanno acquistando le proprie attrezzature ed accessori, ma non pratichiamo strategie commerciali volte ad acquisire clienti con questa sorta di apparente vantaggio economico: proponiamo il caffè al suo giusto prezzo, che tiene conto della materia prima e dei suoi criteri di lavorazione, e se qualcuno vuole differenziarsi dai propri competitor vicini, con il nostro prodotto ci riuscirà con alta probabilità.

Il sistema del finanziamento in effetti poi può incentivare l’atteggiamento di noncuranza dell’operatore dietro il bancone: tanto ci si affida per qualsiasi cosa al finanziatore, al tecnico della torrefazione. Alcuni baristi aspettano addirittura che qualcuno di esterno arrivi a regolare per lui la macinatura: sono esperienze invece che dovrebbero saper gestire in autonomia, in modo da sviluppare fondamentali competenze tecniche.

La nostra torrefazione, ogni volta che acquisiamo nuovi clienti, si occupa anche della loro formazione. Prima di parlare di specialty coffee, bisognerebbe pensare al caffè che viene servito solitamente nei bar italiani: a chi beve l’espresso e vuole staccare per un minuto, diamo qualcosa che può essere definito caffè.”

Tutto deve partire dal barista, che si deve però liberare dalle regole del finanziamento

“Avere le proprie attrezzature significa anche poter scegliere la materia prima da usare per la propria tazzina, una che soddisfa le sue esigenze in termini di qualità. A quel punto il barista diventa professionista che sa riconoscere un buon caffè. Ed ha più potere decisionale per i suoi acquisti.

Forse per evitare questo cambio di paradigma, il torrefattore che lavora solo con in mente il profitto, ha interesse a mantenere bassa la conoscenza del prodotto dei suoi clienti, ovvero, i baristi. Oppure si formano usando i prodotti sbagliati, fatti passare per eccelsi.”

La questione del prezzo, legato alla qualità

Trabatti continua: “Il caffè ha una vita aromatica molto breve, tra i trenta e i 45 giorni si esprime al suo massimo, dopo essere stato tostato. Da lì in poi c’è un calo in termini di gusto e di qualità. Come italiani dobbiamo toglierci la testa che l’espresso debba costare un euro soltanto: se è cattivo, non si torna nel bar, altrimenti è giusto anche pagarlo il prezzo corretto rispetto alla sua qualità.

A tal proposito ho organizzato in passato un corso di difesa dal caffè cattivo: ho mostrato gli errori che un barista di solito compie e a cui dover stare attenti entrando in un locale, in modo che il consumatore sappia cosa sta pagando e bevendo.

Estrarre un espresso è come guidare un’auto: per farlo, bisogna studiare, fare pratica a scuola. Così dovrebbe essere per i baristi.

Dobbiamo anche noi dall’altra parte, iniziare a rifiutare queste richieste: quando mi capita di ricevere telefonate da gestori che vogliono tutti gli accessori e le attrezzature, li rimando a controllare la mia filosofia nel nostro sito. Difficilmente mi richiamano. Idealmente li ringrazio per non avermi fatto perdere altro tempo.

Il mio esempio sempre in mente è Gianni Frasi, con il quale condividevamo un pensiero preciso che si traduce nella dignità del caffè, con l’uso degli ingredienti giusti, trattati correttamente.

Che sia Napoli, Milano, Palermo, Ferrara, non cambia la sostanza: l’etica alla fine è quella che nobilita il nostro mestiere, e il prodotto. Si parte dall’idea di differenziarsi da chi normalmente rovina la tazzina nei bar. Non bisognerebbe parlare di qualcosa di “buono” da contrapporre all’idea di “cattivo”, nel Caffè: la qualità e la salubrità dovrebbero essere un assioma per tutti.

Le cose purtroppo ancora non sono cambiate in questi ultimi anni, ma magari proprio ricollegandosi alla celebre tonaca di monaco napoletana, si può guardare ad un futuro differente. È possibile guadagnare anche lavorando in maniera diversa. In una crescita moderata ma costante, garbata, che dà reciproca soddisfazione a me e al barista, seguendo un fine decisamente più importante nel lungo periodo.”

Sandro Bonacchi dopo il servizio su Rai3: “Torrefattori, baristi e consumatori in tutto il Paese inconsapevoli”

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sandro bonacchi
Sandro Bonacchi (immagine concessa)

Sandro Bonacchi è un caffesperto che lavora dal 2000 nel mondo del caffè come torrefattore e dal 2017 come trainer formatore per la SCA (Speciality Coffee Association) nell’ambito dell’analisi sensoriale. È co-fondatore di Umami Area Honduras. Nel 2019 è stato autore con Andrej Godina del saggio Caffè Zero a cui è seguita nel 2020 l’uscita dell’omonimo manifesto. Dal 2020 è co-fondatore di B.farm. Di seguito riportiamo la sua risposta dopo il servizio di REPORT.

Di Sandro Bonacchi

“Chi ha visto la puntata di REPORT di domenica 15 dicembre si starà facendo di certo qualche domanda: “Ma tutta questa incompetenza dei baristi e tutto questo caffè difettoso venduto loro dai torrefattori è solo esagerazione o è realtà? E questa incuranza è tipica di Napoli e di poche altre località oppure è un fenomeno diffuso?” Mi duole rispondere che tutto il nostro Bel Paese ne soffre.

Nella maggior parte dei casi il barista non ha seguito particolari corsi di formazione, non ha cognizione della materia prima che il torrefattore gli vende, riceve caffè difettosi senza valutarli come tali e non rivolge particolare attenzione nella preparazione e nella pulizia delle attrezzature. Non solo.

Non utilizza nessuna ricetta per la preparazione dell’espresso, non ha un menù dei caffè con differenti proposte e metodi di preparazione, né tantomeno possiede abilità legate all’analisi sensoriale sufficienti per valutare come ha cucinato il caffè da lui preparato.

Figuriamoci se può essere consapevole di non saper raccontare il caffè che sta servendo. L’obiettivo sarebbe invece quello di favorire un consumo più consapevole, trasformando un rito “amaro” in una “scelta di piacere”.

È doveroso ringraziare la redazione di REPORT e il lavoro di Bernardo Iovene per questo nuovo servizio dedicato al caffè. Tuttavia è demoralizzante assistere alle dichiarazioni di taluni torrefattori: “Lo facciamo così – (male così) – perché comunque è questo che il mercato ci chiede”. Stiamo forse affermando che sia giusto vendere materia prima difettosa e tostata volutamente male perché sono i clienti a chiederlo? È giunto il momento di aprire gli occhi e di non accettare un certo caffè solo perché costa poco.

In Italia si bevono difetti, ovunque. Le interviste realizzate a Napoli fanno ancora notizia visto che nell’immaginario degli Italiani il capoluogo campano rappresenta l’eccellenza del caffè, anche se nella realtà si tratta di un luogo comune.

È ormai l’ora di azzerare tutto ciò che pensiamo di sapere sul caffè, di mettere l’attenzione sulla filiera affinché siano servite tazzine senza difetti a consumatori più consapevoli. Per iniziare un possibile percorso di conoscenza della bevanda consiglio la lettura del saggio Zero Caffè di Andrej Godina e Sandro Bonacchi (Edizioni Medicea – Firenze).

Voglio comunque spezzare una lancia in favore del territorio partenopeo che può contare su molti ristoranti e caffetterie che hanno fatto del caffè una vera proposta di valore, molto più che in città solo apparentemente più virtuose ma decisamente più pigre e meno evolute. Confido che, come accaduto per la pizza, Napoli possa essere fra le prime città italiane a dare dimostrazione che tradizione non vuol dire reiterare nel tempo dei processi errati.

Grazie allo studio, alla conoscenza e all’applicazione ogni interprete della filiera può migliorare il proprio compito. Solo un consumatore più felice e consapevole può essere disposto infatti a pagare un prezzo più alto, adeguato a sostenere tutti gli attori che lavorano lungo la filiera, dal contadino al barista stesso.

Proprio nell’ultimo anno la materia prima caffè ha raggiunto prezzi più che raddoppiati ma ciò non si traduce ancora in un aumento proporzionale del prezzo della tazzina. Il timore è rivolto alla potenziale impreparazione del consumatore nel comprendere e accettare un aumento. Ma ditemi, come biasimare il consumatore? Perché pagare di più per gli stessi difetti?

Agli operatori del settore non resta che cambiare in modo onesto e responsabile le regole del gioco e il consumo del caffè. Come? Attraverso lo studio, facendo della cultura della conoscenza il proprio passaporto per il futuro”.

                                                                                                      Sandro Bonacchi

Evoca Group inaugura il nuovo magazzino sostenibile per lo stoccaggio e la gestione delle materie prime a Valbrembo

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L'inaugurazione del nuovo magazzino (immagine concessa)

VALBREMBO (Bergamo) – Presso la sede di Evoca Group situata a Valbrembo, è stato inaugurato il nuovo magazzino per lo stoccaggio e la gestione delle materie prime, un investimento che segna un importante traguardo per l’azienda.

Realizzato con materiali conformi alle normative ambientali e dotato di pannelli fotovoltaici, il nuovo edificio unisce sostenibilità, innovazione ed efficienza.

L’esterno del magazzino (immagine concessa)

Con una superficie di 2.400 metri quadrati e uno sviluppo fino a 10 metri di altezza, la struttura di Evoca Group offre un comfort climatico ottimale, segnando un netto miglioramento delle condizioni di lavoro per il personale e un futuro più green per tutti.

L’interno del magazzino (immagine concessa)

Un progetto che guarda lontano, nel rispetto dell’ambiente e delle persone.

Lavazza Espresso Gourmet: arriva la nuova linea delle capsule in alluminio al cioccolato e caramello

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Lavazza Espresso Gourmet Caramello (immagine concessa)

TORINO – La famiglia delle capsule Lavazza in alluminio, compatibili con le macchine Nespresso* Original, si arricchisce con la nuova linea Lavazza Espresso Gourmet, che combina l’eccellenza del caffè Lavazza con le golose note di cioccolato e caramello. Un’esperienza di gusto unica, pensata per trasformare ogni caffè a casa in un piacere esclusivo.

Dopo il grande successo delle sue miscele più iconiche – Qualità Oro, Qualità Rossa, Crema e Gusto, ¡Tierra! For Planet e Dek – Lavazza amplia la propria offerta introducendo i caffè aromatizzati, disponibili nelle due varianti Cioccolato e Caramello.

Lavazza Espresso Gourmet offre un’esperienza di gusto unica e appagante, grazie alla combinazione perfetta dell’eccellente qualità del caffè Lavazza e all’aggiunta delle note aromatiche.

Lavazza Espresso Gourmet Cioccolato è una miscela di Arabica brasiliana e Robusta naturale, perfetta per esaltare le note ricche e avvolgenti del cioccolato per un caffè pieno, equilibrato e corposo.

Lavazza Espresso Gourmet Caramello nasce dall’attenta selezione delle migliori Arabiche del Centro e Sud America, che si sposano con la dolcezza vellutata del caramello, creando un caffè bilanciato, dolce e delicato.

Il lancio della gamma Lavazza Espresso Gourmet è accompagnato da materiali creati ad hoc per i punti vendita, una campagna digital, social e tv, con l’obiettivo di rafforzare il posizionamento della linea e raggiungere un pubblico giovane, curioso e orientato all’innovazione.

Lavazza Espresso Gourmet Cioccolato (immagine concessa)

Il QR code presente sui pack rimanda ad una landing page dedicata, dove scoprire ricette originali, come Caramel Viennoise, Soft Choco Cream, Tiramisù e Crunch Caramel, per scoprire nuove modalità di degustazione.

Ogni variante include una proposta beverage e una food, ideate per valorizzare al meglio il gusto unico delle miscele con pochi ingredienti e una preparazione semplice.

Con Lavazza Espresso Gourmet, l’azienda conferma la sua capacità di innovare, portando sul mercato soluzioni che uniscono qualità e piacere.

* Lavazza non è affiliata a, né approvata o sponsorizzata da Nespresso

La scheda sintetica del Gruppo Lavazza

Lavazza, fondata a Torino nel 1895, è un’azienda italiana produttrice di caffè di proprietà dell’omonima famiglia da quattro generazioni. Il Gruppo è oggi tra i principali protagonisti nello scenario globale del caffè, con un fatturato di oltre 3 miliardi di euro e un portfolio di marchi leader nei mercati di riferimento come Lavazza, Carte Noire, Merrild e Kicking Horse. È attivo in tutti i segmenti di business, presente in 140 mercati, con 8 stabilimenti produttivi in 5 Paesi.

La presenza globale è frutto di un percorso di crescita che dura da oltre 125 anni e gli oltre 30 miliardi di tazzine di caffè Lavazza prodotti all’anno sono oggi la testimonianza di una grande storia di successo, per continuare a offrire il miglior caffè possibile in qualsiasi forma, curando ogni aspetto della filiera, dalla selezione della materia prima al prodotto in tazza.

Il Gruppo ha rivoluzionato la cultura del caffè grazie ai continui investimenti in Ricerca e Sviluppo: dall’intuizione che ha segnato il primo successo dell’impresa – la miscela di caffè – allo sviluppo di soluzioni innovative per i packaging; dal primo espresso bevuto nello Spazio alle decine di brevetti industriali sviluppati.

Un’attitudine a precorrere i tempi che si riflette anche nell’attenzione rivolta al tema della sostenibilità – economica, sociale e ambientale – considerata da sempre un riferimento per indirizzare la strategia aziendale. “Awakening a better world every morning” è il purpose del Gruppo, che ha l’obiettivo di creare valore sostenibile per gli azionisti, i collaboratori, i consumatori e le comunità in cui opera, unendo la competitività alla responsabilità sociale e ambientale.

Fipe: apprezzamento per novità sui dehors e buoni pasto nell’approvazione del Ddl Concorrenza

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L'approvazione definitiva del Ddl Concorrenza (immagine concessa)

ROMA – Fipe-Confcommercio, la Federazione pubblici esercizi, esprime in una nota il proprio apprezzamento per l’approvazione del Ddl Concorrenza avvenuta il giorno 12 dicembre 2024 in Senato, che contiene due importanti misure per il mondo dei pubblici esercizi.

Fipe a favore del Ddl Concorrenza

Si tratta della delega al governo per la semplificazione delle procedure di autorizzazione per i cd dehors, per effetto della quale è prevista anche una proroga a tutto il 2025 delle attuali concessioni di suolo pubblico e del provvedimento che, al pari di quanto già avviene per quelli utilizzati nella pubblica amministrazione, fissa al 5% il tetto alle commissioni pagate dagli esercenti sui buoni pasto dei committenti privati che comporterà un risparmio stimato in circa 240 milioni di euro a favore della rete degli esercizi convenzionati.

Due provvedimenti attesi da tempo, su cui Fipe Confcommercio esprime forte apprezzamento e che porteranno benefici diffusi in termini di riordino e qualificazione degli spazi pubblici e salvaguardia di uno strumento fondamentale di welfare a favore dei lavoratori.

Vending: l’80% delle aziende utilizza energia rinnovabile e adotta sistemi per ridurre l’impatto climatico

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Il report di sostenibilità di settore (immagine concessa)

MILANO – Negli ultimi anni, la sostenibilità ambientale e sociale all’interno del settore della distribuzione automatica ha assunto un ruolo di crescente importanza: l’80% delle imprese, infatti, utilizza energia rinnovabile e il 78% adotta dei sistemi di gestione ambientale volti alla riduzione dell’impatto climatico delle loro attività.

È quanto emerge dal “Report di sostenibilità di settore 2023” promosso da Confida, Associazione Italiana Distribuzione Automatica, il primo dedicato a questo comparto che in Italia è composto da oltre 4.000 imprese di gestione per un indotto occupazionale di circa 30.000 persone, a cui si aggiungono le altre aziende della filiera.

“La sostenibilità è un tema che tocca vari aspetti dell’attività di un’azienda del vending – commenta Massimo Trapletti, presidente di Confida – dalla gestione dell’energia e dei magazzini, alla sostenibilità nei trasporti, dalla scelta dei prodotti alimentari alla gestione dei rifiuti. Confida ha dato vita a una serie di progetti per rendere sostenibili le aree break di aziende, enti pubblici, scuole e università come ad esempio RiVending, che mira a riciclare i bicchierini del caffè e bottigliette in PET e la collaborazione con Fondazione Banco Alimentare per combattere gli sprechi alimentari”.

Massimo Trapletti, il presidente di Confida (immagine concessa)

Grazie all’ accordo con Fondazione Banco Alimentare Onlus, il settore ha già raccolto e donato ben 74 tonnellate di beni alimentari su tutto il territorio nazionale. Al contempo, anche le aziende si impegnano a livello individuale: il 37% di esse, infatti, adotta iniziative specifiche per la lotta contro lo spreco alimentare.

Dallo studio realizzato per il Report di Confida emerge, inoltre, che il 50% delle aziende del vending realizza un report di sostenibilità e il 60% si è dotato di un responsabile dedicato al tema. Il settore, in particolare, è molto attento alla sicurezza alimentare poiché i distributori automatici sono dei veri e propri punti di ristoro che rispettano tutte le norme in materia di igiene e sicurezza, il cosiddetto sistema dell’HACCP, per la tutela della salute del consumatore finale.

Inoltre, grazie alla collaborazione con l’ente CSQA, è stata creata la certificazione TQS Vending che richiede agli operatori del settore standard qualitativi superiori a quelli di legge. Anche per il caffè, il prodotto più venduto nei distributori automatici, è nata un’ulteriore certificazione di qualità, DTP-114, che definisce specifici parametri funzionali qualitativi.

La quasi totalità delle aziende del settore (98%), inoltre, è dotata di policy che pongono l’attenzione al benessere e alla sicurezza sul posto di lavoro, e in oltre la metà dei casi (55%) queste attività sono svolte con un sistema di gestione certificato.

A questo si aggiungono le politiche del welfare su cui investono ben il 59% delle imprese con particolare attenzione verso l’assistenza sanitaria integrativa e l’analisi dei rischi di stress-lavoro correlato. L’impegno è esteso anche alle comunità di riferimento e infatti il 41% delle aziende sostiene la ricerca medico-scientifica.

Infine, alta anche l’attenzione alle politiche e iniziative per contrastare il cambiamento climatico e la salvaguardia dell’ambiente: circa il 60% delle aziende ha adottato un piano di sviluppo a medio-lungo termine dedicato a queste tematiche e il 50% valuta i nuovi fornitori anche su criteri di sostenibilità ambientale con l’obiettivo di coinvolgere l’intera catena nel raggiungimento degli obiettivi. Il 41% delle imprese, inoltre, partecipa a programmi di economia circolare – come RiVending – e il 31% utilizza veicoli elettrici.

È possibile consultare il report di sostenibilità di Confida qui.

La scheda sintetica di Confida

Costituita il 13 luglio del 1979, Confida è, a livello nazionale, l’unica associazione di categoria che rappresenta i diversi comparti merceologici dell’intera filiera della Distribuzione Automatica di alimenti e bevande. Aderisce a Confcommercio – Imprese per l’Italia e, nell’ambito UE, è partner di EVA (European Vending & Coffee Service Association).

The Lags Battle Italia: a febbraio la 1° tappa di selezione a Milano

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the lags battle
The Lags Battle si terrà presso la Golden Arena a Milano e precisamente presso il Grading Point Nestlé Coffee Academy

MILANO – Ripartono le tappe di selezione italiane 2025 delle competizioni Latte Art Grading System, che ospiteranno i professionisti del circuito Lags e decreteranno i campioni che parteciperanno alla finale nazionale italiana 2025. La The Lags Battle si terrà presso la Golden Arena in Milano e precisamente presso il Grading Point Nestlé Coffee Academy.

1° tappa di selezione:

21 febbraio 2025 – Milano, Nestlé Coffee Academy

Dal 27 gennaio alle ore 15.00 sarà possibile procedere con l’iscrizione alla prima tappa prevista per l’anno 2025, per i livelli verdi, rossi e neri.*

Sarà possibile iscriversi a una tappa per volta e che la partecipazione alla competizione prevede una fee pari a 45€-

Oltre a questo si fa presente che ogni tappa ha un numero limitato di iscrizioni; il Latte Art Grading System si riserva quindi di definire il numero dei partecipanti in base al numero di adesioni: se il numero fosse eccessivo si verrà spostati alla tappa successiva a cui il competitor desidera partecipare.

Per registrarsi appena apriranno le iscrizioni e assicurasii la presenza alla prima tappa di selezione The Lags Battle 2025, basta inscriversi a questo link (attivo dal 27.01.25 dalle ore 15.00)

Per informazioni  basta scrivere alla mail system@latteartgrading.com o al numero 030.9636365 o al +393337115669

Partecipazione alle Lags Battle dei livelli oro

Per i livelli oro interessati a partecipare alla Lags Battle, si comunica che sarà possibile accedere solo all’ultima tappa di selezione (1° luglio – location da svelare). Accederanno alla finale nazionale del 19 ottobre ad Host Milano i primi due classificati alla selezione del 1° luglio.

Associazione museo del caffè di Trieste insieme a La San Marco per il progetto di divulgazione sul chicco, 19/12

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aMDC- Trieste Magazin de cafè
Il logo dell'Associazione del Museo del Caffè di Trieste.

TRIESTE – In concomitanza con la visita di una rappresentanza dell’Associazione museo del caffè di Trieste alla storica collezione museale dell’industria produttrice di macchine da caffè La San Marco (concordata in occasione del gemellaggio fra le due realtà celebrato a Trieste il 25 ottobre nell’ambito del salone specializzato Trieste Espresso Expo 2024), giovedì 19 dicembre, con inizio alle ore 14.30, avrà luogo, su cortese invito del direttore generale de La San Marco S.p.A. ingegnere Roberto Nocera, la conferenza stampa di presentazione ufficiale del progetto di divulgazione scientifico-umanistica intitolato “Il caffè, una storia di successo nella cultura regionale ed europea”.

Il progetto di divulgazione dell’Associazione museo del caffè di Trieste insieme con  La San Marco

Il progetto è stato avviato dalla stessa AMDC con il finanziamento della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia e il supporto di qualificati sponsor (Banca 360 FVG, Università degli Studi di Trieste, Gruppo Italiano Torrefattori Caffè, Associazione Caffè Trieste).

Sono previsti gli interventi di: Gianni Pistrini, presidente AMDC (“I fini statutari e la strategia dell’Associazione Museo del Caffè, le relazioni instaurate in Italia e in Europa, il museo diffuso e le prossime sfide”), Doriano Simonato, vice presidente AMDC (“Ruolo e operatività dell’Associazione nella comunità triestina e regionale, l’impegno a favore dei giovani, le molteplici opportunità nel mondo del caffè”) e Franco Rota, curatore del Progetto (“Obiettivi di consolidamento del programma di iniziative grazie alle maggiori risorse, le prospettive di una moderna sede espositiva, la ribalta di GO!2025”).

Seguiranno un breve dibattito, un Brindisi beneaugurale e la visita guidata alla collezione storica de La San Marco.

Andrea Lattuada si fa avanti: “Il messaggio di Report troppo generalizzato, la realtà del settore è molto più complessa”

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Andrea Lattuada, su Report (foto concessa)
Andrea Lattuada

Andrea Lattuada è stato uno degli spettatori della puntata divisiva di Report che sta facendo parlare tutti gli addetti ai lavori e anche chi ne resta ai margini, da quando è andata in onda su Rai 3. Anche in questo caso, il suo è un punto di vista trasversale, che vuole gettare luce su degli aspetti che sono rimasti fuori dall’episodio.

Lattuada: pensieri contrastanti su Report

“Siamo un settore troppo sfaccettato in Italia e non si può quindi fare una generalizzazione come quella che è emersa su Report. Il messaggio che è passato infatti è che tutti i caffè nei bar italiani sono difettosi, sono tostati neri come la pece, puzzano, che gli operatori sono sporchi e non sanno lavorare.

La realtà dei fatti è più complessa: il Paese è diverso da Nord a Sud, da Est a Ovest, da regione a regione, da provincia a provincia, da comune a comune. Questo vale per tutto, non solo per il caffè: siamo la nazione che possiede più varietà di frutta, verdura, vino, uva – come ha detto Farinetti -. “

“Il caffè non lo produciamo, lo acquistiamo da diverse parti del mondo e forse l’errore è che importiamo del verde di bassa qualità.”

Lattuada: “Non focalizziamoci sul grado di tostatura: c’è a chi piace più scura e a chi più chiara. Bisogna uscire dalla cottura del chicco: prima ancora, siamo sicuri di quello che cuociamo? O in questo periodo critico di prezzi altissimo e Borse impazzite, si tende a cercare soluzioni ancora di più bassa qualità?

È vero che siamo diversi, ma nel bar italiano si beve un caffè e basta – sotto casa, in stazione – cioè di facile comprensione, che incontra più o meno il gusto della maggior parte dei consumatori. Siamo al limite della decenza nella gran parte dei casi, basta aggiungere lo zucchero.

Il problema è che oggi grazie alla crisi del caffè crudo, ci arriva della materia prima difettata: per venderla ancora ad un prezzo così basso al barista e poi al consumatore, il torrefattore deve far sì che questa filiera resti pressoché invariata, comprando qualità ancora più scarsa.

Lattuada: “Ora si deve diversificare il prezzo dell’espresso al bar: si divida in categorie A, B, C”

“Dove l’A è il caffè per pochi, il C è per chi vuole spendere poco e bere qualcosa di livello più basso. Parliamo di una bevanda che in Italia è di massa, che dovrebbe essere accessibile a tutti: va bene, ma c’è anche chi si può permettere di pagarlo di più e che ricerca un prodotto di qualità più elevata. Gli altri possono scegliere cosa pagare e cosa bere. Ma a prescindere da questo la tazzina deve aumentare, anche quello della categoria più bassa, altrimenti tanti nella filiera, soprattutto i torrefattori, falliranno.”

“Cosa succederà alla fascia dei medio-piccoli torrefattori in Italia? “

“Verranno fagocitati dai big. I micro si rivolgeranno ad altri mercati, verso una clientela che ha un potere d’acquisto maggiore. Ma se tutto resta appiattito a discapito della qualità, questo succederà.

Vedo nel futuro, un mercato di massa governato da un caffè di medio-bassa qualità, senza bisogno di formare gli operatori. In questo senso Report ha fotografato una situazione che potrebbe consolidarsi se non addirittura peggiorare.

Alziamo invece il caffè a un euro e 50 per provare ad essere sostenibili.

Anche perché i torrefattori che hanno investito fin qui in finanziamenti nei bar, si possono scordare i margini che ottenevano già solo qualche mese fa. A un certo punto non potranno più sostenere questa pratica e saranno costretti, ad apportare dei rialzi: i baristi saranno disposti a pagare di più o si rivolgeranno a delle aziende più grandi che hanno ancora la forza economica per stare a quei margini?

Se le cose restano invariate, sopravvivranno solo i big player e gli artigiani: la fascia mediana è destinata a scomparire in un modo o nell’altro.”

“La puntata di Report è la goccia che ha fatto traboccare il vaso.”

Continua Lattuada: “Ha messo il focus solo su alcuni aspetti, ma ha evidenziato una crisi che è molto più ampia ed è arrivata ad un punto di non ritorno. Stesso discorso vale per le macchine per espresso: si sceglieranno sempre più delle attrezzature economiche, che sostituiscono il barista che è anche una figura sempre più difficile da reperire.

Questo avviene già nel mondo, soprattutto nelle catene di caffetterie dove le superautomatiche dominano e il barista diventa un operatore, non un sommelier, uno chef che governa la materia e la bevanda. Il purge e la pulizia avverranno automaticamente: quindi possedere una macchina di questo tipo, forse diventerà preferibile.

Allora cambiamo: puntiamo finalmente sulla formazione dei professionisti e non acquistiamo materia prima difettosa, alziamo l’espresso. Le aziende virtuose in Italia esistono e Report non le ha raccontate: ma attenzione, perché anche queste realtà sono solitamente di medie dimensioni e il rischio è che finiscano spazzate via dal contesto critico che sta vivendo il settore.

Investiamo nei bar, ma basta con finanziamenti e politiche di sconti anticipati. Parliamo di formazione. Era una transizione necessaria già tempo fa e che ora deve avvenire rapidamente.

A volte come in questo caso bisogna guardare a cosa succede all’estero, dove queste logiche non esistono. Siamo il Paese che ha inventato un sistema di estrazione, facciamoci un bagno di umiltà e ricominciamo con dei principi etici più sani e sostenibili.”