lunedì 15 Settembre 2025
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Firenze: al festival CiokoFlò svelato il David creato con 800 chili di cioccolato fondente

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Firenze (immagine: Pixabay licensed)

Durante l’inaugurazione della prima edizione di CiokoFlò, il festival del cioccolato artigianale di Firenze, è stata svelata la statua del David di Michelangelo in versione fondente creata dal maestro Mirco della Vecchia. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo pubblicata su Firenze Today.

Il festival CiokoFlò di Firenze e il David di cioccolato

FIRENZE – Giovedì 10 aprile  è stata inaugurata la prima edizione di CiokoFlò, il festival del cioccolato artigianale che si è concluso il 13 aprile 2025 in Piazza Santa Croce. Durante la mattinata è stata svelata anche la statua in cioccolato del David di Michelangelo, un’opera di oltre due metri creata dal maestro cioccolatiere Mirco della Vecchia.

“Una bella iniziativa per la promozione delle eccellenze delle cioccolaterie italiane – dice l’assessore allo Sviluppo economico Jacopo Vicini come riportato su Firenze Today – animerà per tre giorni la nostra città, sarà un appuntamento per tante famiglie e per tanti buongustai appassionati del cioccolato e un’occasione per apprezzare l’opera dei maestri cioccolatieri”.

“Ciokoflò sbarca in Piazza Santa Croce a Firenze per una grande manifestazione dedicata al cioccolato artigianale con oltre 60 produttori di cioccolato. Immancabile il cioccolato toscano ma anche produttori provenienti da tutto il territorio nazionale, tra cui i distretti più rappresentativi del cioccolato Torino, Perugia e Modica. Abbiamo deciso di omaggiare uno degli artisti italiani più importanti. Quest’anno ricorrono i 550 anni di Michelangelo – spiega Stefano Pelliciardi, Amministratore SGP Grandi Eventi – e la maxi-scultura presentata oggi riproduce il David di Michelangelo realizzata interamente in cioccolato fondente”.

L’omaggio al David

“Realizzare quest’opera è stato un lavoro complesso, che ha richiesto 160 ore di impegno e l’utilizzo di 800 chili di cioccolato fondente – spiega Mirco della Vecchia, scultore e maestro cioccolatiere, come riportato da Firenze Today – Dal punto di vista estetico, le parti più difficili da realizzare sono state le proporzioni generali, i muscoli e i tratti del viso. Una vera sfida ma che siamo orgogliosi di aver colto, in questo caso non estraiamo un pezzo di marmo dalla montagna ma fondiamo una grande quantità di cioccolato per crearne un blocco e poi si inizia la scultura così come si farebbe sul legno”.

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Il cantante Tommy Cash: “Per la canzone Espresso Macchiato mi sono ispirato a Luciano Pavarotti”

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tommy cash
Tommy Cash (Wikimedia Commons)

Tommy Cash, il cantante nato in Estonia, dopo aver conquistato l’Italia con la celebre canzone Espresso Macchiato (ne abbiamo parlato qui), punta a vincere l’Eurovision. Cash spiega che l’ispirazione per il testo è partita da Luciano Pavarotti. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo di Giordano Brega per il portale d’informazione Affari Italiani.

L’ispirazione dietro Espresso Macchiato

MILANO – “Tony Effe? Ci siamo semplicemente incrociati, abbiamo preso un caffè, tutto qui”, Tommy Cash parla a Affari Italiani del video pubblicato su TikTok assieme al rapper italiano – con in sottofondo ‘Damme ‘na mano’, il brano portato a Sanremo 2025 – che ha fatto sognare i fans dei due cantanti su una possibile collaborazione futura.
Nulla di tutto questo al momento stando alle parole della star di Espresso Macchiato la canzone al vertice della classifica Viral 50 italiana di Spotify e della Top 50 dell’Airplay radiofonico italiano, da settimane in trend su TikTok (macinando milioni di stream).

Tommy Cash è entrato nel cuore degli italiani, ma chi sono i cantanti e le canzoni del nostro Paese nel cuore del 33enne artista nato a Tallin? “Ci sono stati tanti cantanti italiani che mi hanno ispirato, in particolare Luciano Pavarotti“, spiega rispondendo a una domanda di Affaritaliani.it nel corso di una round table nel quartier generale di Sony Music a Milano.

“A lui mi sono ispirato molto anche nella scrittura di Espresso Macchiato, mi immaginavo questa figura che in un certo senso mi ricordava lui”, sottolinea Tommy Cash sempre ad Affari Italiani. “Mi ricorda quando ero un bambino e tutti nella mia famiglia ascoltavamo Pavarotti. Penso che sia davvero una grande figura di riferimento e forse un giorno Thomas (lui, ndr) potrà essere almeno il 5% di quello che era Pavarotti”.

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Latte art: presso l’istituto alberghiero di Orbetello il corso per i cappuccini artistici

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latte art espresso udine
Un cappuccino a regola d'arte (immagine: pixabay)

ORBETELLO (Grosseto) – Presso l’istituto alberghiero di Orbetello a Grosseto, l’Ip “Del Rosso – Da Verrazzano”, si è svolto il corso di Latte art con la Rete degli alberghieri a Aibm Project. L’evento si è tenuto venerdì 11 aprile e ha visto la partecipazione di dieci studenti della scuola.

Il corso di Latte art

Aibm Project è stata portavoce del progetto con l’Istituto ormai da diversi anni con l’aiuto dei docenti di sala Tommaso Di Maio e Gabriele Borri.

Gli organizzatori affermano, come riportato dal portale d’informazione Il Giunco: “Il tema del corso era la corretta montatura della crema, la manutenzione della macchina e naturalmente la creazione di cappuccini artistici”.

C’è di più: “Gli allievi hanno ricevuto in regalo anche il volume due del Corso per Barman di Luigi Manzo. Per l’occasione firmato dall’autore presente. Un ringraziamento speciale va alla professoressa Luisa Filippini, dirigente scolastico dell’Istituto”.

Luca Montagna, ArtCafé di Parma, torna sul tema etichette del caffè: “Tutti sanno tutto dei commestibili ingeriti, tranne che per questo prodotto. È un grande errore della nostra categoria”

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Le miscele con descrizione di ArtCafé (foto concessa)
Le miscele con descrizione di ArtCafé (foto concessa)

MILANO – Il tema delle etichette sul packaging del caffè è stato sollevato di recente in un episodio di Report. In televisione, su Rai 3, si è visto come, nella maggioranza dei casi al supermercato, i pacchetti di macinato o i sacchetti dei chicchi non portano indicazioni approfondite sul loro contenuto. Questo perché, come è noto, sulla base di un decreto ministeriale del 1973 non esiste un obbligo di legge che porti i torrefattori a specificare dettagli come origine, percentuali, descrizioni aromatiche.

Ci sono tuttavia degli esempi che, al contrario, fanno della trasparenza il loro cavallo di battaglia anche se non spinti dalle norme: ce ne parla Luca Montagna, titolare dell’Art Cafè di Parma.

Etichette complete sì, oppure no? Che cosa ne pensa?

“Sono perfettamente d’accordo con il principio che oggi li consumatore vada informato su cosa sta acquistando e poi bevendo, nel caso specifico del caffè. È innegabile che lungo tutta la storia passata di questa materia prima, non ci siano mai state sulle etichette, le indicazioni di cosa si trovasse all’interno del pacchetto del supermercato, nelle capsule o nelle miscele dei bar. Penso invece che dovrebbe essere un obbligo mettere in chiaro cosa viene messo in vendita, così come per tutti gli altri prodotti commestibili.

Perché nel caffè non si fa?

Una prima spiegazione potrebbe essere collegata al fatto che esistono degli interessi per non fornire troppe indicazioni a riguardo. In secondo luogo credo che molto sia dovuto ad un vuoto storico nella legislazione: oggi c’è bisogno di riempire questo gap normativo.

Attualmente si trovano dei caffè tostati che costano meno di un crudo acquistato all’origine: com’è possibile? Nel vino al contrario ormai nelle etichette sono messe a disposizione tutte le caratteristiche della bevanda: questo stesso paradigma va applicato anche al caffè.

Questo non comporta necessariamente che tutti debbano poi acquistare solo specialty, ma che si facciano degli acquisti consapevoli. Con gli aumenti del caffè ora stiamo vedendo che il consumatore rifiuta a priori i rincari e allo stesso tempo, il barista è il primo a non saper spiegare cosa sta servendo e quindi manca alla base una comunicazione chiara ed efficace, così come la cultura attorno alla bevanda.

Al contrario questo è un passaggio fondamentale per la crescita del settore anche rispetto alle nuove generazioni che prestano maggiore attenzione a ciò che consumano. Parlo di un circolo virtuoso che dovrebbe partire proprio dai torrefattori, senza però attendere l’obbligo di una legge.

All’estero aggiungo, è più facile trovare descrizioni e prodotti corredati da informazioni maggiori nelle caffetterie e questo dovrebbe accadere anche in quella che tutti riconoscono come la patria dell’espresso”.

Montagna: “Ho sempre cavalcato la trasparenza assoluta nelle nostre etichette”

“E la nostra ultima iniziativa lo dimostra: abbiamo realizzato dei cartellini da banco e li abbiamo distribuiti ai nostri clienti, ciascuno con la descrizione delle origini del caffè per tutte le miscele. Dal nostro blend base a quella specialty, dichiariamo al consumatore del bar le origini contenute. Siamo partiti da pochissimo con questa pratica e stiamo già raccogliendo dei buoni riscontri.

Questa è la prova che anche senza scendere troppo nei tecnicismi, è possibile dare spiegazioni chiare ai clienti finali, passando dall’apertura e dalla preparazione dei baristi. Lasciando così il foglietto o la tabella con le indicazioni, il codiddetto bugiardino, a disposizione della lettura, il barista si può occupare del servizio intanto che il consumatore si informa autonomamente. Prossimamente aggiungeremo anche un QrCode per rendere tutto digitalizzato e a portata di smartphone”.

Cosa si trova quindi oggi nella maggior parte delle etichette?

“I dati fiscali, il caffè torrefatto in grani, in macinato, il peso, le modalità di conservazione e il lotto di produzione, la dicitura “data da consumarsi entro il” e chiaramente chi l’ha realizzato. Per il resto ci si deve affidare all’azienda produttrice.

Adesso è incredibile che per il caffè non ci sia la possibilità di analizzare ogni dettaglio: se pensiamo alla diffusione di diverse applicazioni come Yuka, che tramite la semplice scansione di un’etichetta, indica la composizione, provenienza, e molto altro di qualsiasi prodotto, risulta paradossale che non si possano trovare le stesse specifiche per una bevanda che ogni giorno viene così tanto consumata dagli italiani.

Tutti sanno tutto dei commestibili ingeriti, tranne che per il caffè. Questo è un grande errore della nostra categoria, che si accontenta di allinearsi con le disposizioni di legge: oggi non può più bastare. “

Qual è l’etichetta ideale del caffè secondo lei?

“Quella che racconta le origini della miscela. Si potrebbero addirittura rendere note anche le percentuali senza timore, perché sono convinto che alla fine sia il tostatore a rendere unico il blend, attraverso il suo stile di lavoro. Per le etichette? In ogni caso penso che indicare la composizione sia essenziale. E noi lo stiamo facendo per tutti i locali che riforniamo. La curiosità dovrebbe essere quella di andare nei bar concorrenti e iniziare a pretendere le stesse condizioni.”

I torrefattori si stanno orientando verso questa opzione?

“Credo di no. Con l’aumento dei prezzi dell’Arabica e della Robusta, al contrario la tendenza è quella di abbassare ulteriormente la qualità delle miscele. Oggi passa in secondo piano il livello della materia prima offerta. Così si crea un sistema per cui non è il consumatore finale a scegliere che cosa comprare, ma è la torrefazione insieme al broker e al barista.

Che cosa c’è dentro… a chi importa?

Dall’altra dovrebbero agire in maniera più incisiva le associazioni di categoria come la Fipe, o gli organi a protezione del consumatore, per spingere verso etichette più chiare e dettagliate. I Gruppi dei torrefattori? Sono deboli, anche perché ci sono tanti interessi in ballo”.

Antonio Baravalle, Lavazza: “Prezzo del caffè raggiunge il limite: vendite diminuiranno ancora nel 2025”

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Baravalle con Tablì (foto concessa) lavazza
Antonio Baravalle con Tablì (foto concessa)

Antonio Baravalle, amministratore delegato di Lavazza, analizza la situazione riguardante il rincaro del prezzo della tazzina. In particolare, Baravalle si aspetta che le vendite di caffè diminuiranno ancora nel 2025 ma che, in ogni caso, la società non ha ridotto la “forza lavoro e gli sforzi di marketing e ricerca per tagliare i costi” come riportato da Il Sole 24 Ore.

C’è di più: per quanto riguarda i dazi del presidente Donald Trump, l’amministratore delegato ha sottolineato che si dovranno attendere due anni per creare produzione aggiuntiva negli Stati Uniti per la crescita nel mercato a stelle e strisce.

Leggiamo di seguito parte dell’articolo del Sole 24 Ore riportata dal portale Msn.

Antonio Baravalle analizza il prezzo del caffè

MILANO – “Quando vedo tre, quattro sterline per un espresso a Londra, o otto per un cappuccino a New York vedo il limite”, ha detto Antonio Baravalle come riportato da Il Sole 24 Ore . “È come quando vedi la Borsa di New York salire, salire, salire, salire e pensi che prima o poi crollerà”.

I prezzi dei futures sul caffè sono saliti alle stelle dall’inizio dell’anno scorso, con i chicchi di Arabica di qualità superiore che hanno raggiunto il record di 4,39 dollari alla libbra a febbraio.

Ad aprile sono invece crollati sotto i 3,45 dollari, a causa del timore che i dazi di Donald Trump possano frenare la domanda.

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Mercati del caffè in rally, Fitch prevede i futures degli arabica a una media di 340 centesimi per libbra nel corso del 2025

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caffè verde sul ramo mercati biologico
Caffè verde prima della raccolta

MILANO – Il giorno dopo la messa in pausa dei dazi americani, il dollaro in caduta libera catalizza la ripresa dei mercati del caffè. Venerdì 11 aprile, il contratto per scadenza luglio dell’Ice Arabica ha chiuso a 353,60 centesimi, in ripresa del 3,5% (+12 centesimi) sulla giornata, ma in calo del 2,7% sulla settimana. Il benchmark aveva raggiunto, a metà settimana, i suoi minimi da quasi tre mesi a questa parte.

Evoluzione analoga a Londra, dove luglio guadagna il 3,1% (+$153), ma chiude l’ottava in calo del 2%.

Il momentaneo, parziale allentamento delle tensioni sul fronte tariffario ha favorito il recupero delle quotazioni, che è stato ulteriormente alimentato dal venerdì nero del dollaro.

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Packaging nel caffè: un studio spiega come il colore della confezione faccia la differenza nell’attrarre i consumatori

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packaging caffè
L'importanza del packaging nel caffè (immagine: Pixabay)

MILANO – Una nuova ricerca ha dimostrato un aspetti interessante della vendita che riguarda direttamente il caffè. Sì perché il colore e l’estetica del packaging del caffè hanno un ruolo fondamentale nell’attrarre l’attenzione dei consumatori e nel creare precise aspettative sensoriali.

Uno studio pubblicato sul portale Esevier Journal Food Research International e supportato da Coffee Science Foundation, condotto da Fabiana Carvalho, ha esaminato di preciso l’impatto di sedici colori di packaging del caffè, tenendo conto di vari elementi come tonalità e colore, sulle aspettative di consumatori particolarmente esigenti in materia del chicco attraverso un sondaggio online.

Per leggere lo studio completo basta cliccare qui.

Lo studio sul packaging

La ricerca ha perciò valutato le aspettative di 238 partecipanti negli Stati Uniti riguardo all’aroma, al sapore, all’acidità, alla dolcezza, all’amarezza, al corpo, al livello di tostatura e al giudizio complessivo del prodotto.

Sempre in relazione allo studio sono state controllate le associazioni tra i colori e i profili di sapore, nonché concetti affettivi (ad esempio, moderno, sofisticato) e utilitari (biologico, decaffeinato).

Lo studio proposto ha identificato chiare tendenze su come i colori influenzano le aspettative dei consumatori.

I risultati finali della ricerca hanno rivelato che il rosa suscitava aspettative di dolcezza e note di sapore di frutti di bosco o floreali, mentre il marrone era associato all’amarezza, alla tostatura scura, a un aroma intenso e a note di sapore di cacao.

Questi risultati dimostrano il potenziale di utilizzare i colori del packaging in modo strategico per allineare le aspettative sensoriali e concettuali con le caratteristiche del prodotto.

Gli approfondimenti sono particolarmente rilevanti per il settore del caffè di alta qualità che mira a differenziarsi anche grazie al design del packaging, contribuendo sia ai produttori nei Paesi d’origine del chicco, rendendo i loro prodotti più attraenti per i consumatori, sia aiutando  gli importatori di specialty coffee a navigare in un mercato sempre più competitivo.

Nel complesso, i risultati di questo studio suggeriscono che il colore del packaging del caffè influenza fortemente le aspettative sensoriali, edonistiche e concettuali dei consumatori sul prodotto.

Lo studio condotto da Fabiana Carvalho riporta che: “Come implicazione pratica, i caffè di alta qualità dovrebbero essere commercializzati utilizzando design delle etichette con colori che generano aspettative di sapore allineate con il profilo gustativo effettivo del caffè (cioè, note di aroma/sapore intrinseche) e aspettative concettuali coerenti con il tipo di prodotto”.

Il colore può aiutare i consumatori a orientarsi nelle loro scelte affrontando sia gli aspetti affettivi che quelli funzionali del caffè, così come le proprie caratteristiche intrinseche. Questo allineamento può inoltre guidare la selezione del prodotto.

Lo studio supportato da Coffee Science Foundation è stato condotto tramite un sondaggio online in cui sono state mostrate immagini di sacchetti di caffè ai consumatori, perciò i ricercatori hanno concluso che i risultati presenti potrebbero influenzare anche le strategie di comunicazione digitale.

La ricerca condotta da Fabiana Carvalho afferma inoltre che nei negozi online, la rappresentazione virtuale del packaging di un prodotto, spesso, rappresenta il principale punto di contatto con i consumatori durante il processo decisionale. Risulta perciò ancora più importante curare anche l’aspetto dedicato all’e-commerce.

Questo studio ha volutamente mirato i consumatori americani poiché gli Stati Uniti rappresentano un mercato importante per il caffè di alta qualità e offrono utili spunti sulle associazioni culturali tra colori, aspettative sensoriali e significati concettuali.

Mondelez International investe più di 70 milioni di euro nello stabilimento svizzero del cioccolato Toblerone

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Il Toblerone

Sulla confezione del celebre cioccolato triangolare Toblerone tornerà a sventolare presto la bandierina rossocrociata per sottolineare lo stretto legame con la Confederazione: questo l’annuncio di Mondelez International, la multinazionale a cui fa capo il marchio che ha investito oltre 70 milioni di euro nello stabilimento svizzero del marchio a Berna. Leggiamo di seguito l’articolo pubblicato sul portale d’informazione Rsi.

L’investimento di Mondelez International per Toblerone

BERNA – Il celebre cioccolato a forma di triangolo potrà presto sfoggiare la croce svizzera sulla sua confezione. Lo ha annunciato Mondelez International, la multinazionale che detiene il marchio Toblerone.

Questa decisione – che vuole sottolineare il legame tra il cioccolato triangolare e la Confederazione – giunge dopo le polemiche degli scorsi anni, quando la produzione di parte del Toblerone fu spostata in Slovacchia. A causa di tale trasferimento il Cervino scomparve dalla confezione della celebre barretta di cioccolato: il prodotto non rispettava più le condizioni introdotte nel 2017 per tutelare il marchio “Swiss”.

Per consolidare questo nuovo corso, Mondelez ha annunciato un investimento di 65 milioni di franchi svizzeri (oltre 70 milioni di euro) nello stabilimento bernese. Il sito verrà potenziato con una nuova linea di produzione e l’ampliamento delle strutture dedicate alla lavorazione, diventando così il centro di competenza per Toblerone in Svizzera.

Cioccolato: La Svizzera ne compra sempre di più in Italia, quello scudocrociato piace meno

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La produzione di cioccolato (Pixabay License)

L’Italia perde interesse per il cioccolato della Svizzera, la quale ne compra sempre di più dal Bel Paese. In confronto all’anno precedente, il volume di dolce svizzero acquistato dall’Italia italiana è diminuito del 17% (nel 2023 era di quasi 5 tonnellate). Considerando l’aumento dei prezzi, la spesa è rimasta però pressoché la stessa: attorno ai 28 milioni di franchi (più di 30 milioni di euro). Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo pubblicato sul portale tvsvizzera.it.

Il cioccolato tra Italia e Svizzera

BERNA – L’associazione dei produttori di cioccolato svizzeri Chocosuisse ha diffuso negli scorsi giorni i dati relativi al 2024 del mercato del dolce elvetico per eccellenza.

Ne risulta che, nel complesso, le vendite sono praticamente rimaste stabili al netto di un aumento del prezzo. Quest’ultimo è lievitato principalmente a causa dell’incremento del costo delle materie prime, cacao in primis. E la tendenza non sembra volersi arrestare nel 2025.

Guardando in particolare al commercio di cioccolato svizzero verso Italia, si nota come, a partire dal 2019, si verifichi una diminuzione delle esportazioni. Dopo che nel 2017 si sono sfiorate le 6 tonnellate di cioccolato rossocrociato venduto nel Belpaese, si è passati a poco più di 4 tonnellate nel 2024.

In confronto all’anno precedente, il volume di dolce svizzero acquistato dall’Italia è diminuito del 17% (nel 2023 era di quasi 5 tonnellate). Ma, considerando l’aumento dei prezzi, la spesa è rimasta pressoché la stessa: attorno ai 28 milioni di franchi (più di 30 milioni di euro).

C’è però anche un’altra tendenza in atto. Come conferma Chocosuisse, continua ad aumentare la quantità di cioccolato italiano importato nella Confederazione.

Nel 2024, per la prima volta, questi due valori sono diventati quasi equivalenti: la Svizzera ha cioè esportato 4’113’207 chilogrammi di cioccolato in Italia e ne ha allo stesso tempo importati 4’037’431 chili.

Nel caso dell’Italia, il prodotto ha subito un’oscillazione di prezzo molto minore rispetto alla Svizzera. Si nota quindi come sia proprio la quantità di soldi sborsati dalle svizzere e dagli svizzeri ad aumentare di anno in anno per procacciarsi il cioccolato italiano, quasi raddoppiando in un decennio (21,9 milioni nel 2015 contro i 37,5 nel 2024).

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Perugia: il laboratorio di Luisa Spagnoli, ideatrice del Bacio Perugina, diventa il polo didattico del progetto Città del cioccolato

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Perugia (immagine: Pixabay)

Lo storico laboratorio di via Alessi a Perugia diventa il polo didattico del progetto Città del cioccolato, iniziativa che prevede la creazione del più grande museo esperienziale dedicato al cacao in Italia (ne abbiamo parlato qui). Il dedalo di stanze nei sotterranei di Palazzo Ansidei sono destinati a diventare un vero hub esperienziale con le statuine di Luisa e Annibale Spagnoli, creatori della prima sede storica della Perugina. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo di Sofia Coletti per La Nazione.

Il laboratorio di Luisa Spagnoli parte del progetto Città del cioccolato

PERUGIA – La Città del cioccolato che sta nascendo all’ex Mercato Coperto si arricchisce di un preziosissimo tassello che unisce storia, memoria e identità: gli antichi spazi che dal 1907, prima come confetteria e poi cioccolateria, furono la prima sede storica della Perugina, grazie all’intuizione di Luisa e Annibale Spagnoli.

Un intrigante e misterioso dedalo di stanze nei sotterranei di Palazzo Ansidei, in via Alessi, che diventeranno un vero e proprio hub esperienziale connesso alla Città del Cioccolato grazie all’accordo con Luisa Spagnoli Spa che sosterrà gli importanti costi di rifunzionalizzazione e restauro degli spazi, di proprietà della famiglia Ansidei, che li ha concessi in locazione.

LAB sarà il nome del polo didattico, in omaggio a Luisa e Annibale Spagnoli che individuarono nel palazzo Ansidei la base di partenza per la loro grandiosa avventura nel mondo dolciario.

E proprio le statuine di Luisa e Annibale sono state la “sorpresa“ del grande uovo di Pasqua aperto ieri, nella presentazione del progetto, da Nicoletta Spagnoli, Ad e direttore creativo di Luisa Spagnoli Spa, e dalla sindaca Vittoria Ferdinandi. “Sosteniamo con entusiasmo questa importante progettualità – ha detto Nicoletta Spagnoli insieme al figlio Nicola – volta a restituire a cittadini e turisti una memoria storica ricca di valori, alla quale la nostra famiglia è molto legata”.

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