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martedì 03 Dicembre 2024
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Sanapo: “Su 300 caffè assaggiati, sceglierò quelli che sono l’Etiopia al suo 100% e senza esperimenti”

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MILANO – Francesco Sanapo ha volato sino in Etiopia e poi è tornato a Firenze: impressioni, visioni, progetti e, ovviamente, caffè di qualità. Che cosa può cogliere un barista, torrefattore, imprenditore, comunicatore della bevanda quando si trova a contatto con la culla del chicco?

Sanapo, che cosa ha trovato in questa terra?

“Ho documentato in parte il mio viaggio in Etiopia scrivendo un diario che ho condiviso sul mio profilo Instagram, giorno per giorno. Sono arrivato con l’entusiasmo che da sempre mi provoca un’esperienza in piantagione e alla fine, sono tornato arrabbiato. Ho visto un’Etiopia baciata da Madre Natura: è lì che è nato tutto ed è ancora in questo luogo che si ritrovano le condizioni favorevoli a questa pianta. I caffè del luogo sono complessi, con note floreali, speziate, dolci, di frutta: non ci sono altri che possono vantare le stesse caratteristiche.

Eppure, i coltivatori non si sono resi conto di avere a disposizione questa ricchezza. C’è una deforestazione che non avevo mai visto altrove. Ho trovato piantagioni sterminate di eucalipto, spinte anche dalla domanda cinese, che però è una pianta infestante che prende tutto dal terreno e distrugge le altre colture.

Così ho pensato di dover fare qualcosa e come imprenditore, mi sono chiesto: cosa posso fare per loro? Come prima cosa, devo acquistare il caffè pagandoli al giusto prezzo. Tuttavia, oggi il farmer si confronta costantemente con la sopravvivenza. Per cui, quando un padre di famiglia deve fare delle scelte per poter dar da mangiare i suoi figli, chi sono io per dire: non piantare l’eucalipto spinto dal vantaggio economico?

In Etiopia i coltivatori vivono a dei livelli che obbligano a compiere scelte difficili e lontane dalla sostenibilità. Da parte mia, continuo a comprare caffè etici e giusti anche economicamente. Ma sono talmente piccolo da non poter determinare un reale cambiamento. Devo quindi diventare più grande, comprare volumi più grossi, uscire dalla nicchia della mia piccola azienda. Senza perdere di vista ovviamente la qualità e l’eticità.

Con i farmer (foto concessa)

Ho condotto un po’ un esperimento con i coltivatori, chiedendo loro dove si vedrebbero tra 5 anni. Ho domandato: come vedi il tuo futuro? La risposta mi ha lasciato senza parole: lo deciderà Dio. Ecco, vorrei spronare queste persone ad avere una prospettiva migliore che sia in loro potere.”

5000 km di viaggio nella culla del chicco verde: l’Etiopia: che cosa ha portato in Italia che ancora non avevamo assaggiato come origini?

“Ho assaggiato più di 300 caffè, provenienti da diversi produttori, aree e soggetti a diversi processi. Ne ho portati e selezionati una cinquantina che assaggeremo ulteriormente per arrivare a sceglierne soltanto 2/3. In Etiopia ho cercato l’esaltazione del terroir. I sentori di jasmine e gelsomino, bergamotto: voglio trovare la massima espressione di questo profilo aromatico. Niente esperimenti e processi, ma l’Etiopia al suo 100%.”

Come si beve il caffè lì?

Le donne che lavorano ai chicchi (foto concessa)

“Hanno una loro cerimonia del caffè, in cui tostano sul momento e servono la bevanda nella caraffa tipica etiope in infusione. Mi piace questa forma di ritualità e di socialità. Sono un po’ degli home roaster – scherza Sanapo – certo, non è il miglior modo per farlo, ma è un rito da comprendere e accettare.

Ci sono pochi bar, e in quelli che ho visitato ho visto come macchine per espresso una Sanremo Coffee Machines una La Cimbali una La Marzocco. Due dei locali che ho visitato erano molto attenti alla parte caffetteria e così ho voluto anche cimentarmi provando a preparare degli shot dietro al bancone.”

Francesco Sanapo dietro al bancone di un bar in Etiopia (foto concessa)

L’Etiopia è il primo produttore africano ma diventa sempre più difficile entrare in commercio con questo Paese. Come commenta la situazione? L’Etiopia è destinata a isolarsi sempre di più dal mercato caffeicolo?

“In Etiopia esiste un mercato nero di dollari e il caffè lo subisce fortemente. Ci sono persone che acquistano il caffè in grandi quantità anche di qualità bassissima per rivenderlo per portare nel Paese dei dollari, che valgono tantissimo e diventa per loro un grande guadagno sul mercato nero. È un fenomeno da non sottovalutare, soprattutto per il caffè che è uno dei principali prodotti ad esserne influenzato.

Si comincia anche a crescere nei consumi, sempre più elevati del caffè anche interno. La gente inizia a berlo e lo pagano anche ad un giusto prezzo (si arriva anche a 15 euro al chilo, sempre meno arrivano marchi da fuori, che costano sui 20 euro al chilo). Bisogna stare attenti a rifornirsi il prima possibile per non restare senza.”

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  • Brambati

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