mercoledì 10 Aprile 2024
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Sanapo: “Se fossi un ristoratore? Direi basta: non vendo l’espresso”

Sanapo: "Ricordiamoci che servire un caffè di qualità comporta spese importanti anche se si sceglie una macchina a gruppo singolo. E vendere a 5 euro un espresso non cambia il conto finale se al giorno se ne preparano soltanto 20. Non ne vale la pena."

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MILANO – Freschissimo dal primo posto conquistato della selezione dei campionati italiani di cup tasters e già pronto a misurarsi sul palco del Sigep, abbiamo raggiunto Francesco Sanapo mentre era in azione nella nuova roastery di Firenze, per parlare del tema caldissimo caffè nei ristoranti.

Si potrebbe pensare che il mondo si divida in due, tra chi sostiene che la qualità della tazzina nella ristorazione sia ferma all’era della pietra, e chi invece supporta la tesi opposta se non quasi (Andrej Godina e Mauro Cipolla si sono confrontati parecchio sull’argomento).

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Sanapo apre una nuova prospettiva

Si parte ovviamente da una provocazione, che però conduce presto ad una maggiore comprensione dei meccanismi che stanno dietro la realtà effettiva in Italia: “Esiste un modo molto semplice per i ristoranti che consentirebbe loro di risolvere il problema della qualità del caffè: non servirlo.

Attualmente non c’è un vero impegno su questa bevanda, per cui invito a fare una riflessione: una pizzeria difficilmente troverò sul menù la bistecca alla fiorentina.

Questo perché i ristoranti di un certo livello sono anche gli stessi che si specializzano. Ecco, riscontro tanta difficoltà nell’approfondire il discorso sul caffè e spesso la bassa qualità deriva dall’uso di attrezzature non sempre adeguate, da una manodopera non attenta all’estrazione.

Da una parte mi verrebbe di dir loro di lasciare perdere. Se il rischio è quello di incanalarsi in qualcosa di difficile da proporre e che abbassa la qualità, penserei seriamente di non farlo.

C’è da chiedersi perché però ci si trova in questa situazione, evitando di demonizzare completamente i ristoratori

Specializzarsi su questa bevanda è faticoso per queste attività e non si investe perché pur considerando una marginalità ideale del 50% su 3 euro a espresso, in cassa si otterrà sempre un euro e 50.

Mettiamo la tazzina a confronto con un piatto con la stessa marginalità venduto però a 20 euro: il calcolo finale sarà di 10 euro. Ecco quindi che i conti tornano in questo secondo caso mentre, a parità di marginalità, diventa evidente che anche vendendo a 4 euro l’espresso, il margine economico risulta sempre piuttosto basso.

Soltanto se il caffè costasse 15 o 20 euro, allora qualcuno dei ristoratori potrebbe considerarlo un prodotto interessante su cui investire. Ma un prezzo di questo tipo difficilmente potrà esser proposto nei ristoranti, fatta forse eccezione per i tre stelle.

E poi c’è anche un discorso di volumi:

Una caffetteria può arrivare a preparare almeno 700 espressi al giorno, mentre un ristorante conta numeri ben diversi: quindi è normale che nel primo caso il conto economico cambierà sensibilmente perché, anche se rimane sempre una voce economica molto bassa, nel momento in cui viene ripetuta per “n” volte contribuisce a registrare dei margini che portano alla sostenibilità economica del locale stesso.

Sanapo: Nel ristorante ci sono problematiche reali che devono esser considerate quando si discute di qualità della tazzina

Uno dei più grandi è proprio il valore economico nascosto dietro alla tazzina che non induce i ristoranti ad investire.

Ricordiamoci che servire un caffè di qualità comporta spese importanti anche se si sceglie una macchina a gruppo singolo. E vendere a 5 euro un espresso non cambia il conto finale se al giorno se ne preparano soltanto 20. Non ne vale la pena.

Fatte queste dovute premesse, non mi sento di puntare il dito contro i ristoranti

Eppure, proprio per i motivi che ho elencato, torno a dire che forse non dovrebbero metterlo nel menù: per quanto sia parte della nostra tradizione è meglio non offrire un espresso non in linea con l’eccellenza del resto della proposta.

Fossi un ristoratore, direi basta: non vendo espresso.

Se dovessi quindi aprire un ristorante normale con 20 tavoli, organizzerei piuttosto una sorta di coffee experience magari con la french press ad un certo prezzo: ad esempio un servizio anche a 50 euro per 5 persone, 10 euro a testa.”

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