giovedì 11 Aprile 2024
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Cristina Caroli sul prezzo del caffè: “Se estremamente basso, quasi certamente c’è qualcosa che non quadra nella tazzina”

L'esperta: "Il caffè è ingiustamente visto come una commodity, un mono prodotto piatto, che viene messo in secondo piano rispetto alla esigenza, a volte direi la compulsione, del consumo che ne viene fatta. Spesso noi professionisti vediamo che il caffè viene bevuto avidamente ma senza collegare il palato, come se la gestualità prendesse il sopravvento sul gusto, e questo svilisce molto il prodotto, lasciando spazio, purtroppo, ad una offerta molto commerciale che arriva anche molto in basso"

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Cristina Caroli rientra tra le figure di spicco della coffee community grazie ai ruoli istituzionali ricoperti in Sca Italy, ma anche in qualità di divulgatrice e appassionata sostenitrice del caffè. L’esperta del chicco torna a far parlare di sé in queste pagine grazie alla sua intervista per il settimanale Gente in cui illustra la sua opinione sulla domanda provocatoria “quale è il giusto prezzo del caffè?” analizzando la questione sotto vari punti di vista.
Leggiamo di seguito l’intervista di Rossella Linguini a Cristina Caroli pubblicata sul settimanale Gente.

“Qual è il giusto prezzo del caffè?”

di Cristina Caroli

MILANO – Il caffè tiene banco sulle pagine delle riviste e sui media, impegnate a sbattere il mostro in prima pagina per quanto riguarda prezzi e scontrini di consumazioni e servizi, in una estate molto calda grazie alle polemiche roventi su prezzo pagato e valore percepito.
Proprio questo sembra essere il punto, e la conferma viene da una domanda rivolta dal settimanale Gente a Cristina Caroli, autrice del libro “Il caffè per chi non si accontenta“:
“Quale è il prezzo giusto del caffè?”, chiede la rivista, additando l’esempio di un bar vicino a Palermo in cui il prezzo della tazzina è di soli 30 centesimi.

Ecco la risposta di Cristina Caroli alla giornalista Rossella Linguini su Gente:

“Le rispondo con una piccola provocazione: qual è il prezzo giusto del vino?
Nessuno si sognerebbe di dirlo, mentre per il caffè viene fatto e, casualmente, non è mai abbastanza basso… salvo poi lamentarsi di tazzine deludenti. Al vino si associano provenienze, valore e pregio, invece il caffè che pure ha miriadi di provenienze e varietà viene visto come un mono-prodotto di basso valore.

I caffè molto commerciali vengono serviti in tante caffetterie, ma ci sono anche livelli di qualità diversi come i caffè Specialty, simili ai grandi vini di pregio.

D’altra parte il consumatore è sempre libero di scegliere la qualità, di valutare il prezzo richiesto e rivolgersi altrove: l’importante è essere consapevoli che se il prezzo è estremamente basso, quasi certamente c’è qualcosa che non va.

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Si potrebbe trattare di un prodotto difettato, di scarto, bruciato – e dunque poco salubre – con pessime note di gusto, inoltre sottopagato ai produttori all’origine.

La tazzina che deve essere a tutti i costi economica viene purtroppo pagata da qualcun altro. A incidere sul prezzo finale ci sono poi altri fattori: dall’affitto, ai costi del personale. La decisione spetta al consumatore, che deve scegliere consapevolmente e non subire.”

Passiamo ora ad alcune domande a Cristina Caroli dal giornale Gente:

Perché molti ritengono di poter stabilire il prezzo del caffè?

Perché il caffè è ingiustamente visto come una commodity, un mono prodotto piatto, che viene messo in secondo piano rispetto alla esigenza, a volte direi la compulsione, del consumo che ne viene fatta.
Spesso noi professionisti vediamo che il caffè viene bevuto avidamente ma senza collegare il palato, come se la gestualità prendesse il sopravvento sul gusto, e questo svilisce molto il prodotto, lasciando spazio, purtroppo, ad una offerta molto commerciale che arriva anche molto in basso“.

In basso quanto?

“Prodotti di basso livello, prezzi non realistici e tostature che nascondono i difetti carbonizzando il prodotto sono tristemente comuni e gli esempi sono sotto i nostri occhi.
Al netto di iniziative che servono solo a fare parlare di se, e quindi si traducono in un’investimento pubblicitario, quello che preoccupa è: ma quanto poco si accetta o, peggio, si chiede, di pagare questa tazzina, senza porsi delle domande?
Tutti coloro che nel nostro settore fanno qualità, e non sto parlando solo di nicchie Specialty, ma di caffè di buona qualità, vengono danneggiati da queste manovre al ribasso senza fine; non sembra esserci un limite, un aspetto che non tiene nemmeno lontanamente conto della logica.
Bisogna dirlo chiaramente: quale è la realistica possibilità che un prodotto di buona qualità, pagato il giusto all’origine, servito da personale correttamente retribuito e in regola, in un locale che ha spese e pressione fiscale normale, possa davvero poter costare così poco ed essere credibile, buono, etico ed economicamente percorribile?
E’ importante che nella informazione giornalistica ci sia deontologia, rispetto di chi lavora bene e rispetta la filiera dalla origine fino al consumatore: certi titoli pubblicati alla leggera o il sensazionalismo di alcune iniziative contribuiscono a creare una immagine non realistica che giustifica la superficialità e il qualunquismo alimentare.
Si scrive di tutto, ma più per trovare titoli ad effetto che per fare informazione, e invece il potenziale della informazione è grandissimo e potrebbe fare un gran bene al settore. L’articolo di Gente mi ha fatto piacere perché ho potuto raggiungere il grande pubblico e fare passare qualche concetto fuori dal coro”.

A proposito di grande pubblico, come vede la situazione?

“Il consumatore viene influenzato negativamente dai luoghi comuni e dal sensazionalismo su costi e ricavi sul caffè, ancora di più che per altri generi alimentari o prodotti della terra.
Un’esempio? Carne, pesce, frutta e verdura mostruosamente sotto costo… farebbero insospettire, storcere il naso, credo che molti  si chiederebbero: come fanno a praticare prezzi così bassi, come è possibile, cosa c’è che non mi dicono, da dove viene, come è stato coltivato o allevato? È di ultima scelta? Mi farà bene?
Il caffè, sembra nascere nel barattolo, come se non avesse dietro di se, ad esempio, un colossale lavoro manuale e dei trasporti onerosissimi da terre lontane, e già questo renderebbe plausibile un costo maggiore, pensate ai costi della mano d’opera e dei trasporti per tutti gli altri beni. Per la tazzina questi ragionamenti non vengono applicati, la visione è miope“.

Quali sono le strategie da adottare per cambiare la percezione del caffè nel consumatore?

L’importante è che il consumatore sia informato e quindi consapevole, che comprenda aspetti reali del mondo del caffè: la pianta, i paesi produttori, i farmer, i roaster, il gusto e l’assaggio.
Associazioni gourmet e testate giornalistiche potrebbero fare molto per il prodotto caffè, così come è stato fatto per il vino, per la percezione di pregio e varietà, avvicinando il consumatore mediante una informazione puntuale per favorire consapevolezza e scelta di qualità, valorizzando prodotti di qualità e cultura.
Credo fortemente nell’importante lavoro di divulgazione di tutti noi che nella filiera lavoriamo professionalmente e rispettosamente, fino alla figura che io continuo a ritenere fondamentale, quella del barista, l’ultimo strategico anello della catena che arriva a porgere la tazzina al consumatore e ad avere la possibilità di informarlo quotidianamente.
Non dobbiamo mai cedere, e continuare a  condurre la nostra battaglia quotidiana per un caffè di giusto valore, compreso e apprezzato, insomma, un caffè veramente migliore per tutti”.
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