venerdì 12 Aprile 2024
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Benedetta e Serena, DiniCaffè: dopo oltre 80 anni, la terza generazione è donna

Sulle orme del nonno, tra difficoltà e successi, la parola va alle due sorelle oggi al timone dell'azienda di famiglia: la prima, ingegnere, si occupa più della parte logistico-gestionale. La seconda, che segue tutto ciò che riguarda la comunicazione del prodotto e che ha ottenuto la certificazione di Arabica Q-Grader

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MILANO – Due donne del caffè insieme: Serena e Benedetta Nobili, figlie di Elisabetta Dini, titolare della DiniCaffè con, sino a poco tempo fa alla sorella Laura, recentemente scomparsa. Azienda fondata nel 1939 dal nonno Alberto Dini, che poi l’ha guidata sino agli anni ’80. Oggi è arrivata alla terza generazione e ha la forza di due giovani donne che amano la materia prima.

Benedetta e Serena sono entrate nel 2009

Ora in azienda sono tre le donne che mandano avanti l’impresa. La prima, ingegnere, si occupa più della parte logistico-gestionale. Mentre tutto ciò che riguarda la comunicazione del prodotto è compito di Serena, recentemente divenuta Arabica Q-Grader.

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Al centro, Elisabetta Dini, madre di Serena (a sinistra) e Benedetta (a destra)

DiniCaffè ha festeggiato ottant’anni di attività

Benedetta e Serena: “Infatti, abbiamo festeggiato a marzo 2019 con l’organizzazione di un evento, la nostra fondazione. Un aperitivo in torrefazione, con le porte aperte, la macchina tostatrice in funzione; degustazioni di caffè in espresso e filtro.

Una bartender Lucia Montanelli giunta appositamente da Londra, ha servito e creato tre coktail a base di caffè. Accompagnati a dei finger food per l’occasione, contenenti l’ingrediente caffè.”

Come avete raggiunto questo importante traguardo?

Benedetta e Serena: “Ci siamo arrivati seguendo le linee guida dell’azienda, che sono le stesse che dal primo giorno nostro nonno ha tracciato.

Quindi qualità indiscutibile del caffè, senza compromessi. Nostro nonno diceva che la dimensione dell’azienda doveva restare sulla “mini ditta”. Così da riuscire a curarne ogni aspetto. Più o meno è quello che abbiamo fatto, con prodotti artigianali ma aggiornandoci con le dovute tecnologie.

La tostatura che applichiamo è separata e giornaliera. Il caffè è sempre fresco, con raffredamento ad aria. Ogni passaggio è studiato nel migliore dei modi.

La nostra è una tradizione trasportata al giorno d’oggi.”

Cos’è il caffè per Benedetta e Serena?

“Per noi è sia un’abitudine, che un ricordo che un filo conduttore nella nostra vita. Già da bambine giocavamo in magazzino e mangiavamo i chicchi torrefatti come delle caramelle. Il caffè è l’odore di casa.”

Benedetta e Serena: quando hanno deciso che la diffusione di questa bevanda sarebbe stata la loro professione?

“Abbiamo seguito le orme del nonno. E’ sempre stato implicito tornare nell’azienda di famiglia, dopo aver comunque sperimentato strade diverse. Ad un certo punto, la calamita familiare ci ha riportate a lavorare al suo interno.”

E’ stata una scelta di vita o solo lavorativa?

“Certo, essendo un’azienda di famiglia, abbiamo deciso spontaneamente di proseguire sulle orme di nonno. Diventa una scelta di vita, perché è una cosa alla quale non avremmo mai rinunciato. Anche solo per giustizia nei confronti del nonno. Poi, ovviamente, è anche una scelta lavorativa.”

C’è stato un momento in cui Benedetta e Serena si sono trovate in difficoltà? Con la paura di non farcela

“C’è stato un momento critico perché il nostro deus ex machina, Laura Dini, nostra zia, si è ammalata. Poi è venuta a mancare. Quindi, non avendo lei dei figli, il passaggio a noi è stato immediato. Anche troppo: è avvenuto quasi dal giorno alla notte.

La questione è stata più che altro affettiva: come preparazione eravamo già pronte a prendere le redini. Non eravamo in prima linea come lei, ma conoscevamo già il mestiere. Il problema è stato più dato da un impatto traumatico a livello emotivo. Ci sono state delle difficoltà poste da parte di terzi che hanno tentato di approfittare del momento per fare concorrenza sleale.

Abbiamo però continuato a lavorare onestamente come sempre. Con serenità. I clienti storici ci hanno seguito indipendentemente da qualsiasi cosa.”

Benedetta e Serena, giovani donne del caffè: cosa direste ad altre come voi?

“Era un mondo molto maschile ma oggi è più aperto anche alle donne. Per noi è un po’ complicato per il nostro genere, ma provate. E’ un’occasione per viaggiare ed esplorare anche nuove culture e ambienti. Un privilegio che spesso hanno avuto solo gli uomini e che oggi abbiamo anche noi.”

Per cui, nel vostro ambiente, è stato più difficile affermarsi in quanto donna?

“Sicuramente, come donne e come giovani, così come in tutti settori, è meno semplice acquisire credibilità. Però, secondo noi siamo sulla buona strada: la società si sta evolvendo. Ancora siamo poche, perché le donne titolari delle torrefazioni sono davvero rare. Non è molto comune avere un’azienda come la nostra, formata da donne. Per i clienti è una cosa ancora un po’ strana da vedere. Non ci sono donne in Italia che vendono caffè verde, ad esempio.”

Avete assistito a un’evoluzione?

“Sta partendo dal settore più “fattivo”: dalla professione barista attraverso le competizioni sino ad arrivare proprio alla torrefazione. Oggi conosciamo anche altre nostre colleghe che si stanno affermando o che si sono affermate prima. Come ad esempio Lucia Musetti, che è stata una delle donne capostipite per le torrefazioni italiane.”

La giornata tipo di Benedetta e Serena

“E’ molto varia. Essendo attive in qualsiasi attività dell’azienda, ci occupiamo di tutto. Dalla visita ai clienti, all’assaggio del caffè o il controllo dei social. La sveglia suona presto: facciamo orari da fabbrica. Come prima cosa, beviamo in azienda il caffè, fatto dalla macchina espresso. Nostra madre invece è legata ancora alla moka a casa, prima di uscire.”

La giornata internazionale del caffè: come la festeggiate?

“Per noi è sempre la giornata del caffè, ogni giorno. Probabilmente l’abbiamo passata in torrefazione o in un Paese d’origine.”

Qual è il tocco femminile che aggiungono Benedetta e Serena Nobili

“Si dice che le donne siano più precise degli uomini in generale. Noi ci teniamo che sia tutto fatto per bene: dall’ordine del magazzino, che i nostri fornitori descrivono come una sala chirurgica; al tostare, preparare la miscela e nella preparazione del packaging.

Lo abbiamo riformulato con un’ottica grafica comunicativa della stessa storia del caffè. Ci teniamo molto a questo aspetto.

Lo abbiamo modificato per gli ottant’anni. Creando una linea di prodotti con un colore di base naturale, che richiama la pietra. Con delle etichette che contraddistinguono i differenti prodotti con tinte brillanti. Ogni miscela è legata a un simbolo, ripreso dai pavimenti delle chiese fiorentine. Per richiamare il forte legame tra la Dinicaffè e Firenze, la nostra città.”

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