venerdì 12 Aprile 2024
CIMBALI M2

Bastianoni, Azzurro ’85 Cafè: “Un buon prodotto come il caffè può influire sull’incasso finale, per almeno il 30%”

Il titolare: "Mi piacerebbe avere la macchina di proprietà, e anche tostare da solo il caffè, anche per seguire lo sviluppo della nostra caffetteria: ultimamente abbiamo collaborato con GD Design per la ristrutturazione, che ci ha sostenuto molto per dare un’impronta più personale al locale."

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MILANO – Continua l’inchiesta che vuole osservare nella pratica e nei dettagli, come una caffetteria oggi possa risultare operativa e sostenibile, senza tralasciare la qualità o affondare nei tanti costi da considerare per mandare avanti un’attività legata al mondo dell’horeca. Abbiamo parlato con Alessandro Bastianoni, gestore di Azzurro ’85 Cafè.

In Senigallia, provincia d’Ancona, la scelta di portare avanti lo specialty, come si sposa con l’esigenza di fare cassa? Ne abbiamo discusso insieme.

Per le altre interviste legate al tema, potete cliccare qui o qui.

Bastianoni, da voi l’espresso com’è e a quanto lo vendete per fare margine nonostante i costi?

“Il problema maggiore è che le persone non conoscono la lavorazione dal frutto sino alla
tazzina. Si perdono molto i passaggi che precedono il prodotto finito. L’espresso è una miscela 80% arabica del Centro America e Brasile e 20% robusta brasiliana, che vendiamo a un euro e 20. In zona abbiamo messo tutti il caffè a un euro e 20, decidendolo insieme. Quando ho iniziato a lavorare mi dicevano che non si poteva fare soltanto caffetteria, ma un buon prodotto come il caffè influisce tanto sull’incasso finale per almeno il 30%, sino al 40%.

Calcoli alla mano: di quell’euro e 20 a tazzina, considerando molti fattori (acqua, materia
prima, manodopera, etc) noi paghiamo 60/70 centesimi per trenta euro al chilo, fornendoci dalla Torrefazione Saccaria per la sua miscela top, il Prestige: bene, per avere un margine, dovremmo usare almeno due chili al giorno e noi non soltanto ci riusciamo, ma li superiamo.

Per le estrazioni filtro invece: con il V60 si preparano al mese circa 12 filtri che
equivalgono (considerati i 6 grammi ad estrazione) a circa 100 grammi di caffè al mese a
3/3.50. Se riuscissimo a venderne almeno un chilo a settimana sarebbe profittevole e
questo potrebbe essere il nostro prossimo obiettivo.”

L’affitto e il personale sono punti dolenti per il bilancio economico di un bar?

Bastianoni: “Abbiamo un locale di nostra proprietà che consiste in una spesa mensile di 1000-1200 euro per il mutuo. Per quanto riguarda il personale, noi abbiamo 4 dipendenti tutti con regolare contratto, che paghiamo tra i 1300/1400 al mese. E ci occupiamo anche della formazione.”

Comodato d’uso: è un vantaggio? Se sì, perché?

Alessandro Bastianoni con in mano i suoi trofei da latte art (foto concessa)

Bastianoni ammette: “E’ una modalità conveniente per un locale che lavora bene col caffè. L’ho scelto perché ho un rapporto con la torrefazione che ci rifornisce che dura da tantissimi anni. Cambiare la macchina ogni 4/5 anni (ora è una M200 La Cimbali), il macinino (Fiorenzato X83, Eureka monodose on demand per il decaffeinato, un All ground per gli specialty) è più semplice se supportati da un’azienda. Ci hanno fornito anche due lavastoviglie, la macchina del ghiaccio, tazzine, tovaglioli, piattini e le insegne. Per loro è lo stesso un valore legarsi al nostro bar, perché ci tengono ad essere associati come marchio ad un locale che fa un ottimo lavoro.

Certo, mi piacerebbe avere la macchina di proprietà, e anche tostare da solo il caffè,
anche per seguire lo sviluppo della nostra caffetteria: ultimamente abbiamo collaborato
con GD Design per la ristrutturazione, che ci ha sostenuto molto per dare un’impronta più
personale al locale.

Ma anche il contratto stipulato con la torrefazione comunque mi permette di servire due
dei loro specialty e uno a mia libera scelta da terzi. I due specialty li pago 40 euro al chilo e li rivendo a due euro per l’espresso (riesco a utilizzarne un chilo al mese). L’abbiamo inserito da poco e ancora è da raccontare al cliente che non è educato a questo gusto particolare.”

Esiste un momento della giornata come la colazione o l’aperitivo, che aiuta a fare margine?

“Quello che spinge sui margini è l’aperitivo: con lo spritz a sei euro, che a me costa al
massimo un euro e con il cibo, faccio tre euro di margine. “

Ma dopo la lezione del Covid, ci sono nuovi modi di servire e consumare che hanno cambiato l’aspetto e il concetto di bar?

“Nel periodo del Covid ci siamo concentrati proprio sullo studio di nuove idee. Ricollegandomi al discorso aperitivo, abbiamo sviluppato delle proposte interessanti nelle
drink list per la sera, abbinate al food che, in questo momento della giornata è più
vantaggioso economicamente: il croissant ormai non dà più margine.

Abbiamo delle pasticcerie che ci preparano il prodotto che noi vendiamo poi in vetrina. Ma
chiaramente essendo aumentato tutto, non ci sono più margini. Se noi le brioche le
vendiamo a 1.30, otteniamo trenta centesimi soltanto di guadagno. Questo significa che,
se ne compri 50 e ne vendi 50, va ancora bene, altrimenti si va in perdita.

Altra nuova tendenza sono le bevande vegetali. Il cappuccino preparato con questi
prodotti alternativi lo vendo a due euro. Facendo un paragone tra soia, mandorla e senza
lattosio: al litro quest’ultimo mi costa un euro e venti al litro (come quello normale), mentre la soia è a 1.80.

Il segreto è il sapere seguire le richieste del cliente, ma anche comunicare con lui, dialogarci: questo porterà a dei risultati differenti. “

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