sabato 11 Maggio 2024
  • CIMBALI M2

Andrej Godina: “L’Italia ha bisogno di caffetterie specializzate dove i baristi siano esperti della filiera”

L'esperto del chicco: "Il caffè giornaliero non è semplicemente una dose di caffeina mascherata da caffè espresso ma al contrario è un rito sensoriale fatto di migliaia di compositi chimici di cui più di 1500 sono aromi. Chiamare questi negozi caffetterie non rende perfettamente l’idea di qualcosa di innovativo, ecco perché prediligo il termine “caffeteca”. Oggi il bar non riesce ad essere economicamente sostenibile, per tutta una serie di ragioni, probabilmente la prima delle quali è l’ignoranza del gestore sui basilari concetti imprenditoriali di conduzione d’azienda come per esempio il calcolo preciso del food cost, costruire un’offerta coerente su tutte le linee di prodotto, essere consapevoli della necessità di una formazione continua di prodotto ma anche sulle tecniche di vendita e di servizio al cliente"

Da leggere

  • Dalla Corte
  • TME Cialdy Evo
Water and more

Continua la riflessione di Andrej Godina su come creare maggiore consapevolezza del caffè in Italia con il terzo articolo. Secondo Godina, l’Italia del caffè, per valorizzare l’espresso, deve di scardinare alcuni punti chiave che il mondo del vino e della birra hanno già saputo fare ormai molto tempo fa.

Ad esempio, aggiunge l’esperto, le birrerie e le enoteche hanno fatto un lavoro meticoloso, costante e capillare di formazione di prodotto al consumatore con degustazioni mirate, differenti proposte in carta, prezzi differenziati: questa è direzione in cui anche il mondo del caffè deve dirigersi.

Triestespresso

Leggiamo di seguito l’opinione di Andrej Godina.

Come creare maggiore consapevolezza del caffè in Italia

di Andrej Godina

MILANO – “Come creare maggiore consapevolezza del caffè in Italia? Il terzo passo riguarda la sostenibilità economica del bar e la sua evoluzione in “caffeteca”. Il caffè nel fuori casa viene consumato principalmente al lavoro e al bar dove di solito c’è una sola scelta di caffè, fatta eccezione dell’opzione decaffeinato.

Al ristorante sono pochissimi gli chef illuminati che offrono una carta dei caffè sfruttando il formato mono porzionato che permette di avere a magazzino diverse referenze pronte all’uso.

Sfortunatamente il bar non è un locale specializzato in caffè ma è un luogo dove vengono offerti prodotti su tutto l’arco della giornata con una generale scarsissima competenza. Mi chiedo come sia possibile che non ci sia una maggiore attenzione al caffè considerando che, in media, questo rappresenta circa un terzo del fatturato del bar.

Ovviamente, come sempre, ci sono delle eccezioni come per esempio le poche caffetterie specialty presenti sul territorio nazionale che rappresentano però solo uno scarso 0,3%. Da questa situazione non sfuggono neanche alcuni ristoranti stellati che non danno alcuna importanza al caffè di fine pasto, non fanno alcuna ricerca di prodotto, e offrono addirittura caffè di bassa qualità con retrogusti che sono spesso solamente amari, astringenti e difettati”.

Andrej Godina: “L’Italia del caffè, per uscire da questo oblio, necessita di scardinare alcuni punti chiave che il mondo del vino e della birra hanno già saputo fare ormai molto tempo fa”.

“Le birrerie e le enoteche hanno fatto un lavoro meticoloso, costante e capillare di formazione di prodotto al consumatore con degustazioni mirate, differenti proposte in carta, prezzi differenziati.

In Italia abbiamo quindi bisogno di aprire tante “caffetterie”, negozi specializzati di vendita e somministrazione di caffè dove il barista è un esperto di filiera e di prodotto in grado di estrarre lo stesso caffè con diversi metodi di estrazione.

Il caffè giornaliero non è semplicemente una dose di caffeina mascherata da caffè espresso ma al contrario è un rito sensoriale fatto di migliaia di compositi chimici di cui più di 1500 sono aromi. Chiamare questi negozi caffetterie non rende perfettamente l’idea di qualcosa di innovativo, ecco perché prediligo il termine “caffeteca”.

Oggi il bar non riesce ad essere economicamente sostenibile, per tutta una serie di ragioni, probabilmente la prima delle quali è l’ignoranza del gestore sui basilari concetti imprenditoriali di conduzione d’azienda come per esempio il calcolo preciso del food cost, costruire un’offerta coerente su tutte le linee di prodotto, essere consapevoli della necessità di una formazione continua di prodotto ma anche sulle tecniche di vendita e di servizio al cliente.

Il margine di guadagno che il bar ottiene dalla vendita del singolo espresso, facendo riferimento a uno scontrino di 1,2 euro, è pressoché nullo. Basterebbe aumentare il prezzo, scremare la clientela, offrire un prodotto migliore con maggiore formazione e consapevolezza, per ottenere un guadagno più grande.

Il barista crede ancora nel falso mito di dover vendere un numero maggiore di caffè, possibilmente al prezzo più basso possibile. Questa strategia imprenditoriale, a sua insaputa, invece di farlo guadagnare di più lo porta a svendere il prodotto “sotto costo”, come fanno i supermercati.

Vendere più caffè a un prezzo basso genera un aumento di costi talmente elevato che la vendita del caffè potrebbe divenire non più conveniente.

Meglio quindi una strategia di prezzo che consenta al bar di vendere il giusto numero di caffè con il margine di profitto più elevato senza far lievitare troppo i costi, soprattutto quelli del personale.

Il modello “caffeteca” risponde all’esigenza di rendere sostenibile l’attività di caffetteria con personale altamente formato ed esperto. Nella caffeteca non esiste più la “regola dell’1”, cioè quella di una sola marca, un solo prodotto e un solo prezzo, ma al contrario vige la regola di una grande varietà di bevande offerte.

Rispetto all’enoteca la caffeteca presenta la complicazione dell’erogazione della bevanda, il caffè tostato è un prodotto semilavorato che deve essere estratto. Lo stesso caffè può presentarsi in bevanda con differenti flavori che sono modulati dal barista attraverso la scelta di diversi parametri di estrazione”.

Andrej Godina: “Proviamo ora a costruire assieme una carta dei caffè per una caffeteca”.

“Iniziamo a considerare due caffè di origine Etiopia, uno lavato e l’altro naturale, a loro volta tostati con due colori diversi, uno più chiaro per esaltare l’acidità e uno più scuro per avere più dolce e più corpo.

Abbiamo quindi 4 caffè che possono essere estratti con la macchina espresso, con la moka, con la french press, con la chemex, con il syphon, con il Hario V60, con il cold brew.

Otteniamo 4 caffè offerti in 7 estrazioni, quindi con un totale di 28 opzioni. A questo punto aggiungiamo due variabili di estrazione che sono in grado di modificare il flavore della bevanda: 2 acque, una più povera di sali e una maggiormente ricca di residuo fisso e due temperature di estrazione, una più bassa per ottenere una bevanda leggermente sotto estratta e una temperatura più elevata in grado di estrarre di più. Abbiamo a questo punto 28 opzioni che possono variare per tipologia di acqua e per diversa temperatura dell’acqua, quindi 28 x 2 x 2 = 112 caffè diversi”.

Questi 112 caffè provengono da due versioni di caffè prodotto dal medesimo paese di origine. Inseriamo qualche altro paese di origine prendendo in considerazione i maggiori paesi di produzione al mondo: Brasile, Vietnam, Colombia, Indonesia, Ethiopia e Honduras. In questo modo le 112 opzioni sopra menzionate si moltiplicano sugli altri paesi di origine arrivando al seguente numero: 112 x 6 = 672.

“Direi che con questo semplice esempio otteniamo un numero che supera di gran lunga l’offerta media di un’enoteca!

A differenza del vino e della birra le caffeteche hanno qualche complicazione in più in particolare quello della conservabilità del caffè tostato. Le bottiglie di vino hanno una longevità di shelf-life lunghissima che rende molto facile lo stock di magazzino e le offerte di referenze al bicchiere. Il caffè, invece, richiede un tostato fresco, conservato bene e che deve essere erogato al momento”.

Il problema della conservazione dei chicchi può essere risolto su due diversi livelli:

1. Il primo con la conservazione del caffè in mono porzioni pre-dosate da macinare al momento, conservate in frigo o in freezer. La temperatura bassa permette una shelf-life molto più lunga rispetto a un prodotto conservato a temperatura ambiente.

2. Il secondo con la conservazione sotto vuoto a bassa temperatura di mono porzioni pre-dosate di caffè verde da tostare su ordinazione. Per tutti i metodi di estrazione, eccetto l’espresso, è permesso usare un caffè tostato freschissimo, bastano solo 24 ore di degassamento.

“I caffè più rari e costosi possono essere conservati sottovuoto per anni e tostati con tostini di ultima generazione come per esempio Ikawa, un tostino convettivo in grado di replicare all’infinito e con estrema precisione qualsiasi curva di tostatura.

La app di Ikawa permette di condividere facilmente le curve di tostatura che possono essere disegnata dalla torrefazione o dal venditore di caffè verde permettendo al barista di tostare il caffè quando i suoi clienti lo ordineranno.

In conclusione di questo terzo articolo le parole chiave che riassumono le azioni da mettere urgentemente in campo sono una formazione imprenditoriale ai gestori del bar, in particolare sui food cost e sulla gestione del prodotto caffè, un’azione di filiera per uscire dalla morsa della “regola dell’1” e la proposta di un nuovo modello di caffetteria dal nome “caffeteca””.

                                                                                                              Andrej Godina

CIMBALI M2

Ultime Notizie

  • Carte Dozio
  • Demus Lab - Analisi, R&S, consulenza e formazione sul caffè