lunedì 09 Giugno 2025

Università Scienze gastronomiche di Pollenzo, focus caffè, il rettore: “Non possiamo da gastronomi trascurare questa materia prima”

Perullo: "Quando siamo nati nel 2004, il caffè è entrato nel nostro percorso di studi attraverso Lavazza e già durante gli anni della triennale si è creata questa opportunità formativa da svolgere presso la loro sede. Inoltre, molti studenti hanno poi svolto tirocini proprio dentro Lavazza"

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POLLENZO (Cuneo) – In questa frazione del comune di Bra, in provincia di Cuneo, ha sede l’Università di Scienze gastronomiche di Pollenzo (UNISG) che ha formato molti giovani professionisti legati al mondo del caffè: la ricerca e lo studio attorno a questa materia prima è un punto saldo dell’offerta formativa di questo polo all’avanguardia per quanto riguarda le filiere.

Se ne sono accorti gli studenti e anche le aziende, una su tutte, Lavazza.

Inizia il racconto il rettore di UNISG, il professore Nicola Perullo.

La vostra Università ha investito molto anche sul caffè, prodotto agricolo che non nasce in Italia come può essere il vino: come mai avete ritenuto importante inserirlo nella vostra offerta formativa?

“Il caffè dal punto di vista del cibo e delle scienze gastronomiche è un prodotto centrale: dopo l’acqua risulta la bevanda più bevuta al mondo. Si tratta quindi di una produzione molto rilevante dal punto di vista culturale, sociale, economico ed agricolo. Anche guardando i numeri e alla finanza, il caffè risulta persino più importante del vino.

Per tutte queste ragioni, come UNISG non abbiamo potuto ignorare questa commodity. A Pollenzo poi siamo vicini di casa, essendo il Piemonte, della quarta azienda di caffè al mondo, Lavazza, con la quale abbiamo sviluppato un rapporto di partnership da molto tempo. Fa parte del Consiglio di amministrazione dell’Università ed esiste tra noi un rapporto privilegiato.

Nel tempo abbiamo coltivato una rete con altre realtà più piccole e artigianali, ma Lavazza resta il nostro interlocutore principale. Insieme abbiamo portato avanti diversi progetti didattici e l’azienda cura tutt’ora viaggi tematici sul caffè per i nostri studenti della triennale presso il Training center, dove hanno l’opportunità di imparare tutto sulla filiera e l’assaggio.

Il rapporto con il territorio e la regione è molto forte nella nostra Università e poter collaborare con questa impresa, tra i maggiori simboli del made in Italy nel mondo, ci ha portati a interessarci sempre più al caffè.

Dopodiché, è chiaro che non possiamo in quanto gastronomi non trattare questa materia prima legata ai commerci internazionali, a realtà diventate importanti da studiare per comprenderne le differenze biologiche-culturali, sia le condizioni di lavoro che esistono lungo la filiera.

In futuro, guardando alle origini, abbiamo pensato più volte di poter coltivare anche l’aspetto della connessione diretta con i farmers.”

Quanto avete deciso di integrare il caffè come materia di studio?

“Fin da subito. Quando siamo nati nel 2004, il caffè è entrato nel nostro percorso di studi attraverso Lavazza e già durante gli anni della triennale si è creata questa opportunità formativa da svolgere presso la loro sede. Inoltre, molti studenti hanno poi svolto tirocini proprio dentro Lavazza e in tanti sono stati successivamente assunti al suo interno.

Abbiamo poi casi di ex alunni che hanno aperto la propria torrefazione trattando specialty coffee, altri hanno invece lavorato nella divisione specialty 1895 by Lavazza.

Lo specialty è un settore molto importante non soltanto nei Paesi tradizionalmente legati a questa bevanda, ma anche laddove fino a pochi decenni fa non era culturalmente rilevante, come il Giappone. Esiste un movimento nato anche in tanti Paesi asiatici, in cui questa nicchia si è sviluppato: tanti studenti sono tornati nei loro luoghi d’origine, portando a casa questi nuovi concetti.

Molti nostri iscritti sono sudamericani. All’UNISG sono venuti degli esperti internazionali, che si sono occupati di trasmettere gli standard qualitativi per la valutazione in assaggio del caffè. Un passaggio che fornisce quei criteri che spesso stabiliscono i prezzi e il mercato.

Sono aspetti culturali e sensoriali che si mescolano per stabilire cosa sia la qualità in un caffè.”

Una curiosità: ma a lei come piace il caffè?

Sono un caffeinomane – confessa il rettore – e lo bevo in varie versioni. Devo dire che il mio caffè preferito attualmente non è la classica tazzina alla napoletana, un espresso ristretto. Mi piace molto il caffè americano con una buona miscela, mi piace diluirlo con una quantità di acqua a parte per poterne apprezzare di più la caratteristica aromatica. Dopo pranzo prendo un espresso e mediamente riesco a berne 5 al giorno, magari concentrati nella prima parte della giornata.”

Poi è il turno di Franco Fassio, Professore Associato di Systemic Design e Circular Economy for Food presso l’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, membro del Comitato Scientifico del Center for Circular Economy in Coffee e Maira Campanella, Assegnista di Ricerca UNISG e Center for Circular Economy in Coffee

Cosa significa sostenibilità quando applicato alla filiera caffeicola alle origini e nei Paesi consumatori?

Franco Fassio ®marcellomarengo

“L’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo è co-fondatrice del Center for Circular Economy in Coffee (C4CEC), insieme alla Fondazione Lavazza e al Politecnico di Torino, con il supporto di importanti partner strategici tra cui l’International Coffee Organization (ICO), l’International Trade Centre (ITC) e l’United Nations Industrial Development Organization (UNIDO).

C4CEC è una piattaforma pre-competitiva globale volta alla ricerca e all’implementazione dei principi dell’economia circolare nella filiera del caffè e che con il supporto di una rete internazionale di stakeholder presente in 23 paesi, mira a contribuire a rendere sostenibile e circolare la produzione del caffè, dal campo alla tazzina.

A questo proposito, non tutti sanno che il caffè, prodotto principalmente in paesi come l’America Latina, l’Asia e l’Africa, non è solo una delle bevande più amate al mondo, ma rappresenta anche una fonte di innumerevoli risorse nascoste. Ad esempio, per ogni ciliegia di caffè raccolta, il 70-80% viene scartato durante la lavorazione.

Questa materia prima seconda rappresenta una risorsa preziosa che ha un peso di circa 30 milioni di tonnellate di sottoprodotti che potrebbero essere valorizzati.

Dunque nei paesi produttori, il concetto di sostenibilità si applica in particolar modo nel promuovere pratiche agricole rigenerative (agroecologiche) per ridurre l’impatto ambientale, nel migliorare le condizioni sociali ed economiche dei produttori, e nel favorire il consumo locale del caffè in tutte le sue parti.

Una serie di esempi di buone pratiche riguardano ad esempio l’uso e la valorizzazione di sottoprodotti come le polpa di caffè per la produzione di bevande come il cascara, alternative senza glutine alla farina (per la preparazione di alimenti tradizionali nei paesi produttori di caffè), fertilizzanti organici, mangime per animali, substrati per la coltivazione di funghi, cellulosa batterica con aspetto simile alla pelle animale utilizzabile nell’abbigliamento e negli accessori, infine materiali biocompositi per design d’interni e l’architettura.

Nei paesi consumatori come l’Italia invece, l’attenzione si concentra sul riciclo e sul riuso dei materiali derivanti dalla lavorazione del caffè, come le capsule, i fondi di caffè e il packaging. Le buone pratiche, mappate nella piattaforma del C4CEC, mostrano ad esempio come i residui del caffè possano essere trasformati in substrati per la coltivazione di funghi; materiali polimerici per tazze, mobili e pannelli per l’architettura e l’arredamento; tessuti per l’abbigliamento e le calzature; carta ecologica che riduce il bisogno di cellulosa vegetale; prodotti cosmetici per la cura della persona; ingredienti per prodotti da forno e snack.

In entrambi i casi comunque, l’obiettivo è valorizzare al 100% la materia prima, ridurre gli sprechi lungo la filiera e promuovere un consumo più responsabile, incentivando soluzioni innovative che portino benefici ambientali, sociali ed economici.”

Quali esempi state promuovendo all’Università di economia circolare legata a questa materia prima?

“All’Università, stiamo promuovendo l’economia circolare legata al caffè attraverso molte iniziative nazionali e internazionali, che ci hanno portato a realizzare momenti di formazione, eventi culturali, ricerche applicate e non solo.

Ad esempio, con il Training Center Lavazza, gli studenti UNISG nel corso delle giornate formative previste nel corso di Laurea in Scienze e Culture Gastronomiche, affinano le proprie competenze sul mondo del caffè in maniera trasversale: dalla storia ai metodi di preparazione e degustazione, e attraverso diversi laboratori pratici, arrivano a trattare il tema della valorizzazione dei sottoprodotti del caffè e dell’ottimizzazione delle risorse lungo l’intera filiera.

A proposito della polpa di caffè invece, è stata esaminata la sua infusione fredda per la creazione di bevande alternative a base di cascara. Il processo riduce lo spreco di questo sottoprodotto e crea al tempo stesso nuove opportunità di consumo. Inoltre, è stato analizzato il ruolo della fermentazione nella lavorazione del caffè, confrontando diversi metodi (ad esempio lavato oppure a secco), con differenze in termini di qualità, sapore, tempo di lavorazione, utilizzo delle risorse e impatto ambientale.

Infine in molte ricerche, abbiamo messo in evidenza come l’economia circolare possa essere un paradigma economico-culturale utile per creare nuove relazioni simbiotiche tra differenti prodotti agricoli e alimentari, come nel caso dell’incontro tra il cioccolato e il caffè, dove abbiamo studiato alternative al cioccolato a partire dalla buccia e dalla pellicola argentata del caffè.

Inoltre, con il team di ricerca del C4CEC, abbiamo sviluppato un assessment per possibili progetti pilota in Kenya sull’economia circolare applicata al settore coffee e a breve verrà pubblicato il report a riguardo, frutto di una collaborazione interdisciplinare e del supporto dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (AICS). La ricerca puntava a mettere in evidenza come il settore del caffè in Kenya possa essere più sostenibile e circolare contribuendo a mitigare i cambiamenti climatici e a favorire lo sviluppo economico.

Per fare questo, è stata ipotizzata l’introduzione di pratiche di agricoltura rigenerativa, come la diversificazione delle colture, una gestione migliore delle acque reflue, la promozione del consumo locale e la creazione di centri di formazione per agricoltori, torrefattori e baristi.

Infine nell’analisi, viene proposta l’incentivazione dell’economia circolare con un hub dedicato e il supporto a startup che lavorano su soluzioni innovative in loco. Queste possibili iniziative se messe in campo, aiuteranno i produttori kenioti a sviluppare nuovi circular business model.

In conclusione, in questa sede, ci fa piacere citare anche i Viaggi Didattici che ogni anno organizziamo e che offrono agli studenti UNISG un’opportunità unica di apprendere direttamente sul campo, entrando in contatto con i produttori, gli artigiani e le realtà aziendali che operano nella filiera del caffè.

Queste esperienze, che includono visite a piantagioni di caffè, torrefazioni e centri di ricerca, permettono agli studenti di acquisire una comprensione approfondita delle pratiche agricole, delle tecniche di lavorazione, delle sfide legate alla produzione del caffè e delle innovazioni circolari.”

Le nuove generazioni di studenti che cosa vogliono imparare rispetto ad una supply chain del caffè più buona e giusta?

“Se guardiamo ai contenuti delle tesi degli studenti di Pollenzo, prodotte negli ultimi anni, troviamo diverse tematiche legate al caffè, tra cui sostenibilità, innovazione, consumo, e impatti sociali ed economici. Molti studi si concentrano su come il cambiamento climatico e le strategie di responsabilità sociale (CSR) influenzino la produzione e il commercio del caffè, sia a livello globale che locale, mentre altri esplorano la relazione tra tradizione e innovazione nel consumo del caffè e le nuove forme di consumo come i caffè speciali e le capsule monodose.

In generale, in tutte queste traiettorie di ricerca, troviamo l’importanza di un equilibrio tra sviluppo sostenibile e innovazione nel settore del caffè, sia in termini di prodotti che di approcci al business.

Quindi siamo sicuri che l’aspetto ambientale e sociale della supply chain del caffè sia particolarmente sentito tra gli studenti dell’Ateneo.

Tuttavia, l’attuale crisi dei prezzi, le dinamiche geopolitiche in atto, i problemi climatici che si stanno facendo sentire sempre con maggiore pressione, stanno spostando la sensibilità delle nuove generazioni sulle mutevoli regolamentazioni e agevolazioni economiche di supporto alla filiera del caffè.

Un tema quest’ultimo che può essere un ostacolo o un’opportunità per la diffusione dell’economia circolare del settore e che quindi rimane da esplorare in dettaglio, una tazzina alla volta.”

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