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Pagliero, ceo di Tuttocapsule: “Partiti con soli 18mq, ora 152 punti in Italia e 22 all’estero”

Il ceo: "La ricchezza della nostra azienda si basa su una struttura forte, che ci rende pronti ad affrontare le nuove sfide di mercato. Il nocciolo resta ovviamente il prodotto. Vogliamo specializzarci sempre di più, mantenendo stretto il legame con un’ampia gamma - circa 1000 referenze ora in magazzino, 500/600 nei punti vendita se non addirittura 800 in alcuni store - con le migliori proposte sul mercato, comprese le innovazioni che animano il mondo del monoporzionato.”

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MILANO – Il consumo del monoporzionato non conosce crisi, anzi: con lo scoppio della pandemia l’ambito domestico ha confermato che questo sistema funziona ed è il prediletto dagli italiani dentro casa. Un mercato che non è ancora saturo e che promette di evolversi verso nuove soluzioni e che per questo rappresenta un investimento per aziende ricettive come Tuttocapsule, la prima catena di capsule e cialde di caffè in Italia: quando è stata lanciata, la crescita era in prospettiva promettente e ora la sfida si rinnova di anno in anno con nuove aperture nazionali e fuori dai confini. Ne abbiamo parlato con il ceo Vincenzo Pagliero.

Pagliero, come e quando tutto è partito?

“Ho iniziato a lavorare nel mondo del caffè 20 anni fa, aprendo una società di gestione di vending nel 2003, che si è occupata sempre sia di ocs che della distribuzione automatica. Siamo arrivati su questo segmento tra gli ultimi, in un mercato già piuttosto saturo, che in ogni caso mi ha permesso di appassionarmi al mondo degli uffici e delle capsule in particolare. Ho tentato quindi di inserirmi nel segmento della famiglia tra il 2004-2006 con Espresso point e Lavazza Blue, i brand (sistemi) dominanti, specializzandomi su queste modalità di un consumo che stavano nascendo proprio in quegli anni, con delle installazioni che venivano effettuate in un contesto molto diverso da quello di oggi.

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Sino al 2010 ho proceduto in questo modo, fino a quando è iniziata la crisi che ha coinvolto l’intero Paese. Sempre in quel periodo io e il mio socio dell’epoca abbiamo deciso di prendere due strade diverse professionalmente: in questa situazione di grande instabilità, ho saputo cogliere l’opportunità di ricominciare da capo, investendo tutto me stesso.
Ho trasformato quindi la sede della mia gestione in un piccolo spaccio di capsule, parallelamente ho iniziato la ricerca delle capsule compatibili, perché le originali non garantivano grandi margini. Partecipando a fiere e contattando vari torrefattori, ho trovato il prodotto di cui avevo a bisogno e nel frattempo avveniva l’esplosione di Nespresso.

Fino ad allora avevo venduto le capsule come fossero delle scatole, come tanti altri gestori che negli anni hanno inteso questo prodotto senza guardare troppo al contenuto. Viaggiando, ho conosciuto meglio il mercato del caffè, delle miscele, della materia prima. Ho iniziato allora a percepire il prodotto in modo differente, approcciando la bevanda più per la qualità: mi sono appassionato. Ho frequentato molti confezionatori e torrefattori, ho frequentato corsi e ho perfezionato la mia formazione.

I risultati dello spaccio hanno iniziato a diventare significativi: nel giro di un anno avevo risolto la situazione facendo lievitare il fatturato. In provincia di Torino ho quindi aperto il primo negozio Tuttocapsule: sono stato fortunato, perché pur non possedendo competenze particolari nella gestione di negozi, ho scelto una location che si è rivelata un posto strategico per quella zona. Il negozio ha funzionato da subito: nasceva così Tuttocapsule come logo e format, grazie anche al mio caro amico e architetto che ci segue ancora oggi.

Siamo partiti con soli 18metri quadri: avevo programmato un break even a 6 mesi che però siamo stati in grado di realizzare in soli 40 giorni. Un risultato davvero sorprendente. Dopo poco, una persona mi ha proposto di aprire un negozio in franchising: non era mia intenzione avviare una catena di questo tipo, ma dopo qualche mese di insistenza, mi sono buttato in questa nuova avventura. Un negozio di proprietà, uno di franchising in centro a Torino: da qui si è sviluppato il resto.

Ho compreso che gli spazi per la crescita potessero esser maggiori rispetto a quelli di una società di gestione che voleva diversificare il proprio business: dopo pochi mesi ho avuto la fortuna di conoscere meglio persone a me molto vicine e altre che avevano una grande esperienza nel settore e che hanno intuito nel mio progetto un percorso in espansione ed io ho riconosciuto in loro persone di grande fiducia e spessore: è nata la società così dopo sei mesi, la stessa che gestisce Tuttocapsule, con una compagine sociale ricca di dipendenti competenti che ci hanno permesso dal 2013 in avanti di svilupparci, non solo in termini di punti vendita – 152 in Italia e 22 fuori dai nostri confini – o di fatturato, ma dal punto di vista dell’organizzazione interna. Con scelte consapevoli, lungimiranti, siamo diventati una realtà solida finanziariamente e organizzata.

La ricchezza della nostra azienda si basa su una struttura forte, che ci rende pronti ad affrontare le nuove sfide di mercato. Il nocciolo resta ovviamente il prodotto. Vogliamo specializzarci sempre di più, mantenendo stretto il legame con un’ampia gamma – circa 1000 referenze ora in magazzino, 500/600 nei punti vendita se non addirittura 800 in alcuni store – con le migliori proposte sul mercato, comprese le innovazioni che animano il mondo del monoporzionato.”

Le capsule sono un mercato esplosivo: Pagliero, con il Covid come avete gestito l’ulteriore crescita di questo segmento?

“Il mercato è cresciuto sempre in modo importante, poi il Covid ha sancito un periodo di ulteriore crescita per il monoporzionato. È stato difficile gestire soprattutto il contatto con il nostro personale nei punti vendita. Il mondo è cambiato e sono cambiate le abitudini di consumo, ci siamo adeguati rispondendo alle nuove esigenze, mantenendo solido il nostro legame sul territorio.”

Come reggete ora la concorrenza degli oltre 3000 negozi specializzati nella vendita del monoporzionato in Italia?

Pagliero: “Tuttocapsule si è concentrato nel nord e nel centro Italia. La concorrenza fa sempre bene, perché mantiene vivo il mercato. Nelle località dove abbiamo i nostri negozi storici, difficilmente ci sentiamo minati dalla presenza dei competitors. Il nostro lavoro ci conforta: la fidelizzazione che siamo riusciti a creare è solida. Fortunatamente continuiamo ad aprire anche in Italia, seppur con delle performance differenti rispetto ai primi anni: il negozio ora ha bisogno di tempo per entrare a regime.

Detto questo, per chi lavora bene, lo spazio c’è sempre. Come in tutti i mercati ci dev’essere però un cambio nel livello di professionalità e organizzazione. Nel vending ad esempio, mercato dal quale arrivo e nel quale sono ancora presente, le fusioni tra grandi gruppi per creare realtà più strutturate confermano questa tendenza che credo coinvolgerà anche i negozi specializzati: è corretto offrire al consumatore servizi sempre più elevati dal punto di vista qualitativo e allo stesso tempo gli operatori devono avere gli strumenti adatti per rispondere a questo tipo di domanda. Auspico un miglioramento della qualità del nostro canale, che deve esser giocato da più player ad armi pari, per garantire il meglio limitando così lo spazio a chi si improvvisa.”

Pagliero, continuate con l’apertura di nuovi store: ma la tendenza adesso non va più verso l’online piuttosto che sull’offline in termine di vendite?

“L’online è una tendenza che esiste da tempo ed è sempre cresciuta. Però credo che così come si è espanso questo canale, si sia anche consolidato il negozio di vicinato e quello specializzato. Questo vale per molti settori, non solo per il monoporzionato: il consumatore ha voglia di esser guidato nella scelta. I consumatori hanno fatto scelte diverse: chi è abituato ad acquistare online continua sul digitale, chi invece comprava dallo specialista continua ancora a rivolgersi a questo supporto. Abbiamo per questo affiancato l’online al negozio fisico: ma gestire l’e-commerce è un mestiere da portare avanti con professionalità e noi ci siamo concentrati sul supporto tecnico offline. I risultati continuano a darci soddisfazione. Un negozio che funziona, strutturato, in grado di dare servizi post vendita, di lavorare sui prodotti accessori e la fidelizzazione, può tranquillamente giocare un ruolo importante anche nei prossimi anni.”

Che cosa richiedono maggiormente i consumatori oggi? Il prodotto sostenibile, per quanto abbia costi più alti, sta prendendo piede tra gli acquisti?

“Il tema della sostenibilità era molto sentito prima del Covid, che poi ha cambiato un po’ le priorità. Ora sta ritornando tra i criteri di acquisto. Mentre prima c’era una ricerca di materiale compostabile, adesso si torna all’alluminio, visto dal consumatore come soluzione più rispettosa dell’ambiente, anche se realmente non è così. Sono convinto che il consumatore non sia disponibile a pagare di più per un prodotto compostabile (ce ne sono pochi realmente validi per altro che io conosca) e questo forse ha frenato le cose.

Ma è un tema che resta attuale: si può ad esempio gestire la plastica in modo corretto. Tuttocapsule ha avviato un programma per separare l’umido dal contenitore e poter differenziarlo riutilizzandolo Infine c’è la cialda carta, la soluzione che probabilmente e onestamente è più corretta per ottenere una bevanda qualitativamente elevata, a un prezzo giusto, che faccia bene anche all’ambiente. Noi comunichiamo questa scelta in negozio: al nord però è un sistema ancora non troppo diffuso e si fa ancora fatica a farlo crescere. Stiamo cercando di lavorare maggiormente sullo storytelling: entrando nello store, un consumatore poco attento al tema, ha già le idee chiare e va dritto su un certo prodotto. Viceversa, cerchiamo di guidare chi è più aperto, verso la soluzione più rispettosa dell’ambiente.”

E voi quali operazioni state sviluppando per rispondere a questa esigenza sempre più diffusa per il recupero delle capsule?

“Stiamo testando una macchina che separa la plastica dal caffè, prodotta 100% made in Italy in collaborazione con White Star. Abbiamo installato questa attrezzatura in alcuni dei nostri punti, stiamo sviluppando una rete nei nostri negozi italiani per dare un servizio e un’idea concreta al consumatore.

Facciamo vedere quello che in realtà facciamo. Questo per creare un esempio di economia circolare in cui l’organico e il rifiuto vero e proprio, devono entrambi ritornare ad avere nuova vita all’interno del sistema. Sull’umido è molto più semplice: il caffè esausto è facilmente riconvertibile. Siamo ancora in fase embrionale, ma abbiamo dei progetti in corso sulla plastica: questione di settimane e potremmo parlarne nel dettaglio.”

Ora l’apertura sul mercato spagnolo: cosa prevede la strategia di Tuttocapsule su questo territorio?

“Il mercato spagnolo è compreso all’interno di un percorso di sviluppo all’estero di Tuttocapsule iniziato 5 anni fa, per esportare un format il più possibile simile alla versione italiana in altri paesi: l’est Europa è stato molto ricettivo. Qui la nostra posizione si sta consolidando. Abbiamo rafforzato la gestione estera per affacciarci su nuovi mercati, partecipando a diverse fiere e uscendo dall’area dell’est Europa, in Francia, e prossimamente in Spagna. Dopo aver fatto un’attenta analisi, ci stiamo specializzando per conquistare i mercati più interessanti: la Spagna è uno di questi.

Abbiamo trovato un partner che ha avuto voglia di investire con noi per aprire nuovi punti vendita. Il franchising inoltre è un sistema che funziona molto bene all’estero, è meglio percepito.”

Prossime tappe per lo sviluppo del brand?

“Sicuramente continuiamo con la nostra presenza in Italia: abbiamo in programma in triveneto e al centro Italia diverse aperture per l’estate. Sono in corso inoltre alcune acquisizioni. Questa per noi è un’operazione di consolidamento. Le fiera di Varsavia e di Madrid, insieme al Cibus e Sigep, ci hanno permesso invece di entrare in contatto con diversi attori internazionali. Prima della fine dell’anno aumenteranno ulteriormente i punti vendita nell’est Europa, dove si continua a crescere con partner che sono diventati degli amici con cui condividiamo momenti ed esperienze significative.

In questa parte del mondo sta accadendo quello che è successo in Italia anni fa: si è abbandonata la moka per le capsule. Ora le nuove generazioni nell’est Europa stanno lasciando l’instant coffee e il caffè turco e si muovono verso l’espresso. Nespresso ha facilitato il passaggio nelle famiglie. E poi, abbiamo la fortuna che il made in Italy funziona sempre.

Ci sono anche degli altri mercati in cui approdare: stiamo studiando le corrette strategie per penetrare con i partner che ci affiancheranno in questo passaggio. Stiamo portando avanti un lavoro importante sul training e la formazione: durante il Covid abbiamo dovuto interrompere le attività in presenza, che restano però quelle in grado di offrire un’esperienza più efficace.

Oggi grazie al supporto di vari collaboratori, abbiamo ripreso diverse sessioni di formazione sui negozi diretti e franchising. La comunicazione e la professionalità, sono i punti su cui investiremo maggiormente: è attraverso la conoscenza del prodotto che si riesce a coinvolgere ed aiutare il consumatore nella scelta corretta. Non tutte le capsule sono uguali, il prezzo deve essere lo strumento per valutare la qualità e la ricerca che stanno dietro il prodotto finale.”

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