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Tecnica, da Apple Pay a Whatsapp cambia il sistema per pagare l’espresso

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MILANO – Lo sbarco di Apple Pay in Italia apre una nuova era per i servizi di pagamento, che già da qualche anno stanno conquistando terreno anche nei bar. I numeri sono di assoluto rilievo. Lo scorso anno i pagamenti digitali in Italia hanno raggiunto i 190 miliardi di euro (175 nel 2015), per una quota pari al 24% dei consumi italiani, secondo i dati dell’Osservatorio Mobile Payment del Politecnico di Milano. I nuovi sistemi digitali sono quelli che stanno trainando l’intero comparto: i “new digital payment” sono cresciuti nel 2016 del 46% a 30,4 miliardi e nel 2019 potrebbero superare i 100 miliardi.

Apple Pay è in Italia: ecco come funziona e con quali banche

L’arrivo di Apple Pay apre la strada allo sbarco di altri attori: da Samsung ad Amazon, da Android ad AliPay, sono diversi i colossi che si confrontano sullo scenario globale pronti ad arrivare in Italia. Vediamo di fare ordine tra le diverse tipologie di servizi.

Pagare con la tecnica e il cellulare via carta di credito

È la grande categoria di pagamenti in mobilità che sfrutta la carta di credito per prelevare il denaro e i sistemi di prossimità, in gran maggioranza Nfc, per il pagamento. Hanno tutti quindi bisogno di un apparato tipo Pos per il trasferimento via telefonino.

La differenza sta nel posizionamento delle chiavi di sicurezza, anche se per l’utente poco cambia. Così Apple Pay, così come Samsung Pay, mette le chiavi direttamente sul telefonino, mentre Android Pay, l’erede del vecchio Google Wallet, le posiziona nella nuvola. Gli operatori telefonici – da Vodafone Pay a Tim a Postemobile – utilizzano le sim telefoniche, ma il sistema risulta più complesso per gli esercenti.

In questa categoria rientrano anche i player bancari, che hanno utilizzato le Api messe a disposizione da Android per personalizzare la piattaforma di Google.

L’altra grande categoria è quella dei pagamenti da remoto, tipicamente fatti da computer o, sempre più anche da apparati mobili, ma senza utilizzare carte di credito e Pos. È stata la grande idea di PayPal, che ha sfruttato l’intuizione di non far circolare in rete la carta di credito, che rimane comunque la base per il pagamento.

Anche gli altri grandi colossi dell’ecommerce (PayPal è nata attorno a eBay) si sono lanciati su questa soluzione: così Amazon Pay sfrutta la sua sterminata piattaforma di utenti per soddisfarli con un “one click buy” basato sulla carta di credito “tokenizzata” dal colosso del commercio online. E lo stesso fa AliPay, il sistema generato dal colosso cinese dell’ecommerce Alibaba, che si sta espandendo anche in Occidente.

Più difficile per questi player espandersi al mondo “fisico” della prossimità: dopo qualche tentativo non riuscito, PayPal si è alleata con Android Pay.
Una soluzione simile è il wallet merchant, borsellini elettronici di grandi merchant: lo utilizza Starbucks che permette di pagare tramite app, da remoto.

Da remoto ma senza carta di credito

La novità emergente è MyBank, il sistema di pagamento avviato da Eba, l’associazione bancaria europea, che permette pagamenti da remoto direttamente da conto corrente, senza carta di credito. In sostanza il pagamento viene riportato sulla app bancaria personale, all’interno della quale viene gestita la finalizzazione dell’operazione tramite addebito sul conto con l’utilizzo delle credenziali di sicurezza del proprio banking online.

I circuiti peer-to-peer

Al di fuori delle due grosse aree del settore si è sviluppata una serie di applicazioni che permettono pagamenti peer-to-peer tra i singoli aderenti al circuito: due privati possono così scambiarsi denaro gratuitamente, ma un singolo può anche pagare in un negozio che aderisca al circuito. Funzionano così app come Satispay, 2Pay, Tinaba, Hype di Banca Sella, che si basano sull’Iban del conto, anche se tendenzialmente prevedono un wallet da ricaricare. I costi della transazione sono molto ridotti: generalmente zero tra privati e a seconda della cifra per i merchant (azzerati nel caso di Tinaba che ha uno schema un po’ particolare).

Funziona così anche Jiffy, la app di pagamento di Sia che, però, è più ”aperta” basandosi sulle app delle singole banche interoperabili e quindi la transazione passa da conto a conto senza bisogno di un wallet intermedio.

Il futuro nei pagamenti istantanei

Lo schema di Jiffy apre in qualche modo la strada a quella che potrebbe essere la soluzione del futuro: i pagamenti istantanei da conto a conto, senza nessuna intermediazione e senza nessun bisogno di operazioni di clearing e settlement. Manca ancora l’infrastruttura ma il sistema Sepa dovrebbe arrivarci per il 2018: allora il pagamento potrà essere fatto da remoto con una sorta di bonifico istantaneo.

Pagare via Whatsapp

Intanto Whatsapp ha avviato una sperimentazione in India per fare i pagamenti via social: i pagamenti potranno essere fatti tra privati, esattamente come adesso ci si scambia i messaggi in chat. Allora la transazione diventerà davvero istantanea. E Whatsapp potrà aprire la strada alla controllante Facebook, che ha già una licenza bancaria per l’Europa. Allora la storia potrebbe cambiare, ma non solo per i cambiamenti.

Pierangelo Soldavini

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