sabato 20 Aprile 2024
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La storia di un torrefattore nel racconto del protagonista: Fabrizio Rinaldi

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Questa storia è la mia storia. (Nelle foto sopra e sotto l’autore: Fabrizio Rinaldi), Scriverla per me non è stato difficile, fa parte della mia natura, come bere un buon caffè al mattino, appena sveglio, nel silenzio che precede la giornata lavorativa.

C’è un motivo per cui l’ho scritta … Quando un lavoro si trasforma in una passione, totale e tale da sconvolgere persino i tuoi piani di vita, allora ti rendi conto che c’è bisogno di ricordare, e raccontare, sempre, per tenere alta la fiamma.

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Queste pagine sono state scritte in precisi archi di tempo, indicati all’inizio di ogni articolo, e leggendole si potrà scoprire, attraverso espressioni di linguaggio sempre più tecniche, come le mie conoscenze sul caffè e sul mondo della torrefazione si sono evolute negli anni.

Questa storia ha un inizio, ma, per fortuna, non ha ancora una fine. E’ in continuo aggiornamento. E nei prossimi mesi è prevista una nuova puntata. Io sono qui per condividerla insieme a voi.

Se vi farà piacere, all’ultima pagina, troverete sempre un indirizzo mail a cui potrete scrivermi.

Io vi auguro una buona lettura, con la speranza un po’ egoistica che vi affezionate al mio sogno e che sentirete d’improvviso il bisogno di renderlo anche vostro.

Questo è il primo capitolo che abbraccia il periodo da settembre 1984 a gennaio 2014.

Seguiranno le altre puntate.

soria fabrizio rinaldi
Fabrizio Rinaldi

Settembre 1984 – Gennaio 2014

Ho sempre bei ricordi sul caffè, sin da piccolo, quando mi avventuravo sulla pedana del mio bar e ordinavo a voce squillante “ Un latte macchiato senza schiuma! “, bevuto di corsa prima di andare a scuola, sporcandomi di latte tutte le labbra, con l’euforia di chi sta per compiere un gesto quasi proibito.

Avevo sei anni, allora, ma il mio entusiasmo è rimasto lo stesso. Ancora oggi, quando ordino un caffè al bancone di un bar, provo sempre un’inspiegabile eccitazione, dovuta adesso alla curiosità e alla speranza che mi venga servita un’ottima bevanda.

Lavoro nel bar pasticceria dei miei genitori, in quegli stessi metri quadri che avevano caratterizzato le mie colazioni d’infanzia. Curo principalmente la parte relativa al caffè, un settore abbastanza impegnativo, soprattutto negli ultimi tempi, ovvero da quando abbiamo acquistato una tostacaffè e una nuova macchina per l’espresso, tramutandoci a tutti gli effetti in una piccola torrefazione.

L’idea è nata principalmente da mio padre che si portava addosso questa intuizione da sempre e in qualche modo io l’ho ereditata, facendola mia, e cercando a tutti i costi di metterla in pratica.

Nel luglio 2011 è iniziata la mia avventura.

Ho scritto su Google “ Come aprire una torrefazione “ e ho scoperto che diverse aziende in Italia promuovevano un prodotto molto interessante. Una tostacaffè, in grado di tostare un solo chilo alla volta, semi automatica e molto semplice da usare.

Ognuno aveva le sue caratteristiche ed un suo prezzo. Ho scelto quella che si presentava meglio, da entrambi i punti di vista, e contattato l’azienda che la produceva. Nel giro di un paio di settimane il proprietario stesso di questa ditta, insieme ad un tecnico, sono venuti di persona nel mio bar insieme al loro modello di tostacaffè e mi hanno mostrato il suo funzionamento, tostando in quell’occasione diversi chili per mostrare tutte le fasi del processo.

Subito sono sorti diversi problemi, tra cui l’emissione dei fumi, il consumo eccessivo di corrente, gli accordi con il nostro fornitore di caffè e l’assistenza sulla macchina per l’espresso.

Ma è risaputo che la volontà e l’entusiasmo spostano le montagne, quindi in breve siamo riusciti ad abbattere tutti gli ostacoli. E ad ottobre di quello stesso anno ho tostato da solo il mio primo chilo di caffè. Inutile dire che è uscito malissimo, l’ho bruciato, e di conseguenza, surriscaldando la macchina, ho rovinato anche i chili seguenti.

Inoltre la miscela di caffè crudo che stavo acquistando non mi convinceva, ma non ero ancora in grado di crearne una personale. Il bar si riempiva di fumo ad ogni tostatura, intossicando i clienti e gli abitanti del palazzo che ospita il nostro locale.

Avevo pensato addirittura di restituire la macchina e tornare in ginocchio dal mio ex fornitore di caffè, ma ho resistito. Mi sono informato, ancora su internet, e ho chiesto consiglio all’azienda che mi aveva venduto la tostacaffè. Ho fatto costruire una canna fumaria più lunga e più resistente che spingesse completamente il fumo verso il cielo.

Restava il problema della miscela. In quei tempi avevo preso a frequentare una torrefazione situazione al centro di Roma, conosciuta in tutto il mondo. Il Caffè Sant’Eustachio.

In quel posto ho ritrovato l’incanto dei luoghi senza tempo, pieni di fascino e nostalgia, e ho scoperto nuovi odori e suoni che parlavano di caffè in un modo che non avevo mai notato. Prendevi un caffè e ci scoprivi tutte le meraviglie del mondo ( con il tempo ho capito fino in fondo le tecniche di questa cosiddetta meraviglia e ora mi sembra tutto più reale, e scontato, ma all’epoca, nell’innocenza di chi non sa, fu per me come tornare bambino, a bere quel famoso latte macchiato senza schiuma ).

I proprietari del locale sono due fratelli, ma con uno in particolare, Raimondo Ricci, ho stretto una bella amicizia. E’ stato lui il primo a parlarmi in modo esauriente di Coffea Robusta e Coffea Arabica, ed elencare le diverse nazioni nel mondo che producevano il caffè e la caratteristica di ognuno di essi.

Se adesso sono arrivato fin qui, lo devo anche a lui. Mi diede il contatto del suo fornitore, Stefano Panichi, proprietario di un’importante azienda di importazione e vendita di caffè crudo. E da quel momento le cose presero una prospettiva diversa. Lo incontrai una mattina d’inverno, a Fiumicino, in un enorme capannone che la sua azienda usava come deposito per i sacchi di caffè. Restai incantato da quello scenario.

Fino ad allora avevo acquistato il caffè crudo sempre e solo in pratiche confezioni da un chilo, già miscelato, e ignoravo come si mostrasse all’origine. Scoprii che ogni sacco pesa esattamente sessanta chili, una misura internazionale, e che ogni paese situato geograficamente intorno alla zona equatoriale, ne produce diverse qualità.

Capii che l’Arabica è un tipo di caffè più pregiato e aromatico, mentre la Robusta serve a dar corpo e crema e questa differenza si mostrava evidente analizzando i vari tipi di caffè crudo. Nacque tra me e Stefano un rapporto di reciproca stima.

Lui divenne il mio maestro e per mesi lo tempestai di telefonate, chiedendogli consigli sulla miscela che insieme a lui, passo dopo passo, stavo creando. Fu lui a consigliarmi una base di Robusta Indiana, una giusta percentuale di Santos Brasiliano ( Un tipo di arabica che praticamente si trova nelle miscele di tutti i bar del mondo ) e un buon Centro America, per aggiungere al caffè un po’ di dolcezza.

La mia miscela stava finalmente diventando un fatto concreto.

Al bar la gente cominciò ad apprezzare il cambiamento, ricevetti i primi complimenti, dopo ben sei mesi che avevo cominciato la mia avventura.

Però non mi bastava. Volevo dare al mio caffè un sapore unico e per farlo dovevo scavare fino in fondo, distinguere i pregi e i difetti di ogni singolo paese di produzione, in modo da saperli dominare, come un chimico fa con gli elementi.

Stefano mi fu accanto e con pazienza, quasi ogni giorno, rispose in modo esauriente a tutte le mie richieste. Fu lui a spingermi verso i caffè del Centro Africa, per aggiungere ancora più corpo e crema. Scoprii poi l’eccellenza del caffè etiope, storicamente riconosciuto come il luogo di nascita di questo caffè.

Fu lui il primo a parlarmi di Limu, Maragogype, Blue Montain, Bourbon, Cherry, e tanti altri. Fu lui a farmi capire che dovevo seguire ogni istante della tostatura, in modo da decidere io il grado di cottura, regolandomi semplicemente con la colorazione del chicco.

Poi un giorno mi mandò, a suo nome, ad un bar torrefazione di Ostia, suo cliente e amico, che era solito tostare il caffè il sabato mattina. La loro macchina tostava sessanta chili di caffè alla volta, tutt’altra storia rispetto al mio giocattolo! Per la prima volta scoprii tutti i segreti di una vera torrefazione, dal momento in cui si accendeva la cappa di aspirazione per i fumi, fino al travaso del caffè tostato in appositi silos d’acciaio.

Il mastro torrefattore fu molto gentile con me, al punto che si lasciò aiutare nel suo lavoro. Fu incredibile versare nell’imbuto della tostatrice, in un solo istante, un intero sacco di caffè!

Fu ancora Stefano a suggerirmi come imbustare i pacchetti di caffè che vendevo ai miei clienti, dandomi i contatti di un’azienda di Milano per la pistola termo saldatrici, necessaria per sigillare le confezioni, e una ditta di Cava di Tirreni per le bustine neutre, a cui avrei attaccato, in seguito, le etichette sui cui veniva impresso il nome del mio bar.

Grazie a questi preziosi consigli la vendita di caffè macinato nel mio bar è raddoppiata, per la comodità con cui i clienti potevano acquistare i miei pacchetti, in comode confezioni sigillate in atmosfera protetta.

Il resto è storia recente. Ho seguito delle interessanti lezioni, a Roma, tenute dai docenti di un’accademia di caffè fondata da un celebre marchio, riguardo i vari aspetti di questa bevanda, dalla coltivazione dei chicchi alla degustazione in tazza, che mi ha fornito una mappa completa sull’ argomento.

Infine, navigando sul web, ho scoperto il blog Ilcaffespressoitaliano, di Gabriele Cortopassi e Simone Celli, che è diventato un nuovo punto di riferimento. Ho seguito il loro corso di tostatura e miscelazione, tenuta alla torrefazione Mokaflor, a Firenze.

Una giornata molto interessante e al tempo stesso divertente. Lui e Marco Cremonese, il maestro torrefattore, ci hanno messo entusiasmo e passione, e l’hanno riversata in tutti noi, iscritti al loro corso.

Proprio in seguito a quelle ore trascorse insieme, ho sentito il bisogno di mettere per iscritto la mia esperienza, in modo da poterla condividere con chiunque la sappia ascoltare.

Anni fa, nel mio bar, lavoravo meno di due chili al giorno di caffè. Adesso ogni mese io ne tosto circa centoventi chili. I numeri parlano da soli. Vedo i clienti entrare nel locale apposta per bere un buon caffè e restarne soddisfatti.

Parlo con loro, mi chiedono informazioni sulla miscela e consigli per preparare questo caffè anche a casa. Io non mi stanco mai di aiutarli, come Raimondo, Stefano, Gabriele e Simone hanno fatto prima con me.

La ruota sta girando e ne sono onorato. Mi piace dare consigli. Ho deciso di scrivere questa storia per darne ancora degli altri, a tutti coloro che si avvicinano a questo mondo, per lavoro, o per passione, e ne vogliano capire i segreti.

Ma la parte più divertente di questa fatica letteraria è proprio la fine, adesso, perché al termine di queste ultime parole che sto scrivendo, mi aspetta un ottimo caffè, acquistato, tostato e macinato da me personalmente, che già sale lento dalla mia moka.

L’email di Fabrizio Rinaldi

rinaldi_fabrizio@hotmail.com

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