venerdì 12 Aprile 2024
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Simona Greco: “Il caffè? È un tramite per il business, le persone e le culture”

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MILANO – L’International coffee day 2018 vede protagoniste le donne. Sono loro che rendono possibile, con la forza e le azioni, il consumo di un caffè di qualità. E Comunicaffè ha sposato questa linea indicata dall’Ico, International coffee organization e Iwca, International Women’s Coffee Alliance (Iwca), per valorizzare il ruolo femminile in questo settore che, come gli altri, sente la prevalenza maschile.

Per farlo abbiamo scelto le parole di molte delle attrici principali che negli ultimi anni hanno ridisegnato il volto del caffè nel mondo. Questa serie di interventi tutti importanti, saranno pubblicati a partire da lunedì 8, al termine delle operazioni di MilanoCaffè.

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Ma oggi, proprio in occasione di questa giornata di unione dei coffeelover uomini e donne, tutti, proponiamo il primo assaggio di quella che sarà una rubrica fatta di nomi, storie, esempi.

Pubblichiamo così le parole di Simona Greco, Group Exhibition Director Fiera Milano. Il grande contenitore di tutto il meglio del made in Italy e non soltanto. Presente da anni anche nel campo dell’ospitalità e dell’hotellerie globale con HostMilano. Che è l’esposizione leader nel mondo delle ultime novità anche del settore caffè in termini di equipment, materie prime, attrezzature e semilavorati.

A dirigere un organismo così imponente per complessità e giro d’affari, proprio una donna, che ha saputo orchestrare diverse realtà espositive nell’ambito di FieraMilano. Una testimonianza importante, di competenze e determinazione.

Simona Greco, cos’è per lei il caffè? Un ricordo, un’abitudine, un tramite?

“Come per quasi tutti gli italiani e le italiane, anche per me il profumo del “caffè della moka” è un indelebile richiamo di quand’ero bambina. E, col tempo, la cultura del caffè – poi anche espresso del bar – è rimasta una piacevole abitudine e un aspetto della mia identità di italiana che porto sempre con me nei miei numerosi viaggi in giro per il mondo.

In questi viaggi ho l’opportunità di incontrare gente che proviene dai tantissimi Paesi e porta con sé le più diverse culture. Ma l’amore italiano per il buon caffè è ormai riconosciuto ovunque e, in questo senso, posso confermare che è anche un tramite. Per fare business, ma anche per far incontrare le persone e le culture.”

Potrebbe descrivere il suo mestiere?

“Usando i termini freddi di una ‘job description’ potrei sintetizzare con un vocabolo
creatività”, che consiste essenzialmente nel coordinare e promuovere le manifestazioni di proprietà del portafoglio di Fiera Milano. Ma, dietro questa sintesi, si nasconde un mondo di attività diversissime.

Se dovessi individuare un denominatore comune, direi che è la sfida continua a creare e mantenere relazioni con persone di ogni provenienza e con le più diverse esperienze professionali. Una fiera è infatti, innanzitutto un luogo di incontro tra le persone, e senza un po’ di voglia ed esperienza nel farle incontrare, difficilmente avrebbe successo. È una sfida molto stimolante, che spesso, per stare in tema, richiede parecchi buoni caffè nell’arco della giornata per essere affrontata.”

Quando ha deciso che il caffè, la cultura del caffè avrebbe potuto essere la sua strada professionale?

“Come in tutte le storie d’amore più riuscite, è stato un incontro un po’ voluto e un po’
casuale. Nella mia esperienza professionale la cultura del caffè è più un punto di arrivo che di partenza. Ho sempre considerato Host una delle manifestazioni più belle non solo di Fiera Milano. Ma probabilmente, dell’intero panorama fieristico italiano ed internazionale. Così ricca, diversificata eppure coerente. Sempre nuova, tecnologica ma creativa. Insomma, non ti stanca mai.

 

Così, quando mi è stata offerta l’opportunità di dirigerla, ho accettato con entusiasmo. E,
dentro Host, l’area dedicata al caffè è un protagonista assoluto, che eredita la gloriosa
tradizione del SIC. Imparare a conoscere più a fondo questo settore è stato allo stesso
tempo un piacere e un impegno professionale.”

È stata solo una scelta lavorativa oppure di vita?

“Coordinare una manifestazione fieristica è un lavoro che ti assorbe, in certe fasi di
preparazione, quasi 24 ore su 24. In ogni caso, sempre ben oltre di un normale orario
lavorativo. Non è possibile fare una scelta professionale del genere se dietro non c’è la passione e la voglia di mettersi in gioco continuamente a 360 gradi.”

C’è stato un episodio particolare in cui ha pensato di non farcela e perché?

“Nell’organizzazione di una fiera gli inconvenienti che al momento sembrano irrisolvibili si
presentano in continuazione. Si impara presto che l’opzione “non farcela” semplicemente non esiste. Si sta svegli la notte, si sta continuamente al telefono, si inventano soluzioni che non c’erano… ma al momento del taglio del nastro tutto funziona e la soddisfazione di espositori e visitatori è la migliore ricompensa.”

Che cosa direbbe a quella se stessa del passato, in difficoltà?

“Di lasciare le incertezze e buttarsi, perché un modo si trova sempre. Non basta provarci, bisogna farlo e basta. Rubando alla cultura pop una famosa citazione, le direi: fare o non fare, non c’è “provare”.

E invece, alle giovani donne che vogliono essere protagoniste nel settore del caffè?

“Oggi per noi donne è un momento storico speciale, un momento in cui finalmente
cominciamo a rivendicare con voce più forte i nostri spazi nel mondo professionale basati
sul merito e non sul genere. Credo che il settore del caffè non faccia eccezione. Anzi, come in tutto ciò che riguarda l’ospitalità, credo che anche in questo campo le donne possano portare quel tocco in più che viene dalla nostra capacità unica di ascolto.”

Descriverebbe la sua giornata tipo?

“Sveglia presto, lettura per aggiornamenti, full immersion professionale e, al rientro a casa quasi sempre a buio inoltrato, un piccolo spazio per pensare al mio privato. Giornate intense, ricche di incontri, ma con un occhio sempre vigile sul lavoro dei miei team ….non mi piace lo “scollamento”….in gruppo si vince !

Pensa che, all’interno del suo ambito professionale, sia stato più difficile come donna, affermarsi?

“Sicuramente sì come del resto negli altri ambiti professionali in Italia. Impegno, dedizione serietà e passionalità sono le quattro caratteristiche che mi hanno accompagnata in questi anni con non pochi sacrifici personali. In un settore come quello fieristico, dove il rapporto tra la qualità dell’impegno e quella dei risultati è immediatamente percepibile – è difficile camuffare un “padiglione vuoto”… – non si può “bluffare”.”

Come ha visto evolversi il settore del caffè nel suo ambito specifico professionale?

“HostMilano è sicuramente la manifestazione di riferimento per il caffè in Italia e da questo punto di osservazione privilegiato abbiamo seguito, e spesso anticipato, tutta l’evoluzione del settore negli ultimi anni. In Host parlavamo già di specialty coffees e di coffee lovers quando questi termini erano ancora sconosciuti anche a molti operatori…

Io direi che notiamo principalmente due tendenze: da un lato l’internazionalizzazione della
cultura italiana dell’espresso e dei “lattes”. Dall’altra anche lo sviluppo di una cultura
cosmopolita che ama mixare diversi metodi di torrefazione ed estrazione. Notiamo inoltre
una crescente contaminazione con altri settori, come la mixology, e, come in altri campi del food and beverage; vediamo anche crescere l’attenzione per la territorialità, i monorigine, la filiera corta, il bio e la sostenibilità.”

Come intende la giornata internazionale del caffè?

“È sicuramente un momento importante per sottolineare il valore del caffè come evento
culturale e sociale, oltre che come importantissimo settore economico. Come lo festeggio? Lavorando a far crescere ancora di più il salone del caffè dentro Host,
naturalmente…”

Qual è il tocco femminile che aggiunge qualcosa in più al suo lavoro?

“Come dicevo, sicuramente la capacità di ascolto tipica di noi donne. Inoltre, penso che le
donne, e soprattutto le mamme, abbiano una marcia in più in fatto di capacità
organizzative. Noi dobbiamo essere sempre multitasking, anche nella vita privata, tra casa, affetti, figli… si diventa delle guru dell’organizzazione anche senza volerlo. Poi sicuramente l’occhio attento femminile a volte vede cose invisibili ad altri….”

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