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Rimini è la capitale mondiale del gelato artigianale e guarda al mercato cinese

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MILANO – Nel comparto del gelato artigianale, l’Italia detta legge nel mondo. Merito di una filiera che parte dai produttori di ingredienti e semilavorati, passa per i costruttori di macchine e arriva al dolce freddo preparato e servito dai maestri gelatai. Il tutto per un giro di affari di 16 miliardi di euro e tassi di crescita attorno al 5% l’anno. Così Il Sole 24 Ore, in un’analisi a firma di Ilaria Vesentini, pubblicata in occasione del Sigep, che vi proponiamo di seguito.

Primato italiano per numeri ma non nella redditività

L’Italia è la patria indiscussa del gelato da passeggio artigianale ed è il più grande consumatore mondiale, con 19mila imprese tra produzione e vendita che danno lavoro a circa 75mila addetti. Numeri che raddoppiano a poco meno di 40mila attività e 150mila occupati se si considerano tutti i punti di mescita lungo lo Stivale.

Da noi si concentra il 18% del business globale (circa 3 miliardi di euro a fine 2018) a fronte dei 9,5 miliardi di fatturato realizzato in Europa (60% del totale mondo), con le gelaterie tedesche a guadagnarsi lo scettro delle più redditizie. Perché in media – complici i prezzi – fanno ricavi doppi rispetto a una gelateria tricolore. I 9mila esercizi in Germania (di cui 3.300 gelaterie artigianali specializzate) fatturano 4,5 miliardi di euro, il 50% in più di noi.

Spagna, Polonia, Giappone, Argentina, Australia e Stati Uniti sono, in ordine, le altre mecche del gelato artigianale italiano

ma sono mercati come India, Corea, Vietnam, come pure l’Europa dell’Est ad attirare i nuovi investimenti. Così come va crescendo la penetrazione del gelato artigianale gastronomico all’interno dei migliori ristoranti stellati.

Numeri e trend che hanno il loro momento di sintesi, da 41 edizioni a questa parte, a Rimini in occasione di Sigep, il Salone internazionale della gelateria, pasticceria, panificazione artigianali e caffè. Si tratta del più importante appuntamento per gli artisti del dolce, che ha visto la partecipazione di 1.250 aziende e brand stranieri da oltre 30 Paesi.

«È sempre poco elegante dare per scontato un successo alla vigilia di una manifestazione. Ma ci sono tutti gli elementi per essere ottimisti»  ha affermato Lorenzo Cagnoni, presidente di Italian Exhibition Group, alla vigilia dell’evento.

Sigep guarda all’immenso mercato cinese

«Perché quello del gelato è un business che cresce in tutto il mondo; perché i 130mila mq dei nostri padiglioni sono tutti pieni. La contemporaneità di AB Tech (salone internazionale delle tecnologie per il dolciario, ndr) spinge inoltre l’aumento dell’internazionalizzazione. E perché infine dentro la rassegna è una esplosione di eventi, spettacoli (a partire dalla Coppa del mondo di gelateria) e approfondimenti culturali. Credo siano maturi i tempi per iniziare a declinare, e quindi esportare, Sigep anche sui mercati esteri. A partire dalla Cina, saranno presto annunciate novità», anticipa Cagnoni.

Aumenta la domanda per le macchine per il gelato soft

Intanto a Rimini ha debuttato la Vision Plaza. Un luogo, ma anche un think tank che ha animato la fiera per spingere l’innovazione del foodservice dolce. Un’innovazione che non riguarda solo gusti e ingredienti. Ma anche e soprattutto le tecnologie.

E qui è il gruppo bolognese Carpigiani, leader mondiale nella produzione di macchine per il gelato, il trendsetter. «La sfida non è più solo quella di servire la pura gelateria tradizionale italiana, ma quella di portare il gelato artigianale in tutto il mondo in modo massivo – spiega il direttore generale Federico Tassi – accettando anche qualche ibridazione.

Oggi esportiamo l’80% delle nostre macchine (166 milioni di euro il fatturato 2019 di Carpigiani), ma non è in mercati consolidati come la Germania che possiamo ambire a crescere con tassi interessanti, dato l’obiettivo aziendale di arrivare a 200 milioni di euro di fatturato nel più breve tempo possibile».

Anche la macchina per il gelato deve essere digitale e smart

Da un lato continua ad aumentare la domanda delle catene internazionali di macchine per il gelato soft (stile McDonald’s) che già oggi vale il 45% dei ricavi Carpigiani «ma la dinamica in atto ovunque nel mondo con cui dobbiamo fare i conti – conclude Tassi – è il cambio di proprietà delle gelaterie che ci impone di costruire macchine sempre più semplici da usare, digitalizzate, capaci di realizzano tutto il processo in modo autonomo.

Va scomparendo la figura del titolare artigiano che manda avanti una famiglia con la gelateria e tratta la macchina per il gelato come il suo bene più prezioso. La proprietà passa a grandi investitori che aprono in un colpo solo 20 gelaterie o più, come in Asia, e mettono ragazzi senza esperienza e passione a fare gelati».

Ilaria Vesentini

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