venerdì 12 Aprile 2024
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Sandro Bonacchi: un caffè socialmente responsabile è il nuovo modello produttivo

Un prezzo più elevato, oltre ad essere etico nei confronti del lavoratore permetterà quindi anche una maggiore affezione alla terra. E quindi una sua ulteriore salvaguardia, perché il terreno non sarà obbligato a “produrre a ogni costo”

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MILANO – Per la rubrica dei 12 articoli condivisi dai caffesperti Andrej Godina, Massimo Barnabà e Sandro Bonacchi, ora torna quest’ultimo a discutere di un caffè socialmente sostenibile. Per comprendere meglio le potenzialità di questo modello produttivo, il racconto di un farmer, Franciso Villeda, conosciuto anche come Panchito, che ha voluto metter in pratica le competenze apprese da Umami Area Honduras.

Caffè socialmente sostenibile: un esempio concreto

La storia di Francisco Villeda detto Panchito, ovvero il capataz della piantagione Finca Rio Colorado acquistata nel 2017 da Umami Area Honduras S.A. de C.V. – società di capitale privato costituita da 27 soci di tre nazioni differenti (Italia, Germania e Honduras). Ad oggi i soci sono 39 e le nazioni cinque -, rappresenta al meglio l’icona del produttore di caffè. Il progetto nasce dalla volontà dei soci, provenienti da esperienze professionali differenti e dimostra che la produzione di caffè di qualità può essere sostenibile da un punto di vista imprenditoriale, finanziario, sociale; ambientale e di coinvolgimento della comunità locale. Umami Area Honduras S.A. de C.V. ha acquistato una piantagione di caffè esistente con un’estensione di 45 ettari delimitata da due fiumi, Rio Colorado
e Rio Aruco. Posizionata nella regione di Copán, nell’Honduras occidentale, vicino al confine con Guatemala ed El Salvador.

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Piantagione in Honduras

L’appezzamento di terra si trova nella cosiddetta “buffer zone” adiacente al parco nazionale del Celaque, riconosciuto patrimonio dell’umanità Unesco. Nella compagine societaria è presente anche il capataz della piantagione, un piccolo produttore locale
che è stato assunto con regolare contratto di lavoro; la quota di capitale sociale che egli avrebbe dovuto versare alla costituzione della società non era nella sua disponibilità e quindi la sua quota di partecipazione è stata ripagata nei primi due anni a piccole rate mensili, detratte dallo stipendio.

Il progetto ha lo scopo anche di coinvolgere il più possibile la comunità locale

Traferendo pratiche agricole più moderne, metodi di fertilizzazione indirizzati al rispetto della natura, programmi orientati al miglioramento delle condizioni di vita della popolazione locale, formazione professionale sulla filiera di produzione di un buon caffè con classi di formazione rivolte al contadino e al barista.

Produrre caffè di qualità, inteso come sostenibile da un punto di vista imprenditoriale e
finanziario, ma anche sociale, ambientale e di coinvolgimento della comunità locale si può.
Occorre però ripensare il modello produttivo comunemente applicato a questo prodotto. Di
questa pratica esiste un auto-disciplinare, non c’è una certificazione del prodotto finito da parte di un ente terzo, ma ci sono procedure messe in pratica direttamente nella nostra piantagione in Honduras, Finca Rio Colorado (gestita dalla società Umami Area Honduras), e lungo tutto il resto della filiera.

La nostra attenzione non si concentra esclusivamente sul prodotto finito ma su tutta la catena di produzione

Produciamo un caffè buono dal seme alla tazzina, pagato adeguatamente e prodotto in modo sostenibile, per chi lavora in piantagione e per le pratiche agricole a
salvaguardia dell’ambiente. Attualmente il prezzo di Arabica e Robusta è stabilito nelle borse merci, rispettivamente di New York e Londra, come una qualsiasi commodity che subisce le fluttuazioni e le speculazioni del mercato e non tiene certo in considerazione che si tratta di un prodotto agricolo.

Questo si traduce inevitabilmente in un prezzo del caffè costantemente basso, che non tiene conto del lavoro dell’agricoltore. Una porzione di denaro troppo bassa al coltivatore, oltre ad essere iniqua, ha ulteriori conseguenze: a livello ambientale, costringerà il farmer a intensificare la produzione; utilizzando pesticidi chimici che proteggano il raccolto da malattie e parassiti e consumando suolo per impiantare nuova coltivazione.

Di conseguenza anche acqua, perché le piante ad alto fusto presenti saranno abbattute per far spazio a nuova terra da coltivatore, il che renderà certamente necessaria una maggiore irrigazione. Il tutto a discapito della qualità e della salute, per condurre
pratiche agrarie intensive, perché il coltivatore francamente non è interessato ad ottenere un prodotto piuttosto che un altro, migliore o peggiore, ciò che conta è la resa.

Caffè socialmente sostenibile: un prezzo più elevato, oltre ad essere etico nei confronti del lavoratore permetterà quindi anche una maggiore affezione alla terra

E quindi una sua ulteriore salvaguardia, perché il terreno non sarà obbligato a “produrre a ogni costo”, ottenendo una migliorata salubrità generale, anche a beneficio degli stessi consumatori finali. Il suolo “extra” finora consumato per il mantenimento di un determinato livello di produttività è già oggetto di un’azione intensiva di riforestazione e in
tutta la piantagione saranno sperimentate nuove pratiche e lavorazioni agricole naturali, senza l’utilizzo di pesticidi.

Un adeguamento del compenso è già accompagnato a percorsi di formazione al coltivatore

In modo che impari a conoscere il prodotto finale per ottimizzare le pratiche di lavoro; la stragrande maggioranza dei farmer non ha mai bevuto un caffè preparato con metodo espresso, molti si fermano al filtro, tutti si accontentano di un surrogato solubile o degli scarti di lavorazione, tostati sul fuoco, macinati a mano, messi a bollire sul fuoco e poi – non sempre – filtrati.

Conoscere il prodotto finito e i diversi metodi di estrazione, permetterà di individuare pregi e difetti; consentendo così di apportare correttivi nelle pratiche agricole. La formazione è sostenuta dal reinvestimento di parte dei proventi della vendita del caffè da parte dei soci della cooperativa che ha già istituito un centro di formazione permanente a Las Capucas, ed è in grado di garantire anche educazione di base per donne e bambini.

Caffè socialmente sostenibile: la giusta attribuzione di prezzo sarà direttamente concordata tra coltivatore, trader e torrefattore

Iin modo che il margine non si disperda in troppi passaggi di mano. La sostenibilità dovrà essere poi attuata anche nel paese di consumo, adeguando il pagamento della tazzina al valore qualitativo del prodotto offerto; garantendo sostenibilità anche al lavoro del barista. La maggiorazione di prezzo praticata al consumatore sarà proporzionalmente ripagata (esattamente come all’altro estremo della filiera) in termini di formazione all’operatore finale con un conseguente miglioramento del livello di preparazione della bevanda.

Un caffè è socialmente responsabile in tazza se tutta la filiera ha compiuto un’azione di (auto) responsabilità sociale, non obbligando il farmer a spendere soldi – che non ha – da corrispondere a un’agenzia di certificazione di prodotto: questa per noi è una corretta pratica imprenditoriale che fa da corollario alla produzione di un buon caffè in un paese di origine.

Per rendersi conto in prima persona del valore del progetto è possibile fare un viaggio formativo in piantagione

Dieci giorni presso Finca Rio Colorado, Honduras in cui compiere un vero percorso
integrato sul caffe, dalla pianta alla tazzina. Il programma prevede un modulo in cui imparare i vari processi agricoli del caffè e poi formazione altamente qualificata sui moduli professionali del Coffee Diploma System.

Per informazioni: info@bfarm.it
Per contattarlo: sandro@bfarm.it

Bfarm è una startup neonata che si occupa di consulenze nel mondo del caffè dal verde alla valutazione dell’espresso, comprendendo quindi tutta la filiera. L’obiettivo è quello di sviluppare nuovi modelli di business nel mondo del caffè, innovativi ed etici. Per informazioni www.bfarm.itwww.bfarm.it | info@bfarm.it

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