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giovedì 14 Novembre 2024
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PuroSole, Durbé: “In appena un quarto d’ora, la classica tostata ma senza emissioni”

Uno dei due soci fondatori: "L’unica attenzione che bisogna avere è che deve esser esposto correttamente, senza alberi ed edifici attorno. Si può montare persino su una terrazza condominiale. Non è quindi obbligatorio avere del suolo a disposizione. L’essenziale è che sia una superficie scoperta e che l’esposizione degli specchi rivolta verso sud."

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MILANO – Una tostatura completamente naturale, che sfrutta i raggi solari senza doversi più preoccupare degli alti costi dell’energia elettrica e del gas che ora pesano più che mai sul comparto della torrefazione e senza neppure sviluppare i tanto nocivi gas CO2 che stanno danneggiando l’ambiente. Tutto questo esiste e ha un nome preciso: PuroSole, un sistema di impianti assolutamente innovativo, eccellenza tecnologica italiana e brevettata. Per capire nel dettaglio come funziona questo meccanismo unico al mondo, abbiamo parlato con uno dei fondatori della start-up Digitarch Farm, Antonio Durbé. Lui ci ha svelato vantaggi e svantaggi di un modo di cuocere il chicco straordinario.

PuroSole, il caffè solare: com’è nata questa tecnologia innovativa?

Durbé ci tiene subito a specificare: “Non siamo tostatori. Non abbiamo mai avuto a che fare con il caffè prima. Siamo una società di robotica-informatica applicata alla meccanica o anche fine a sé stessa, produciamo anche software. A un certo punto, molti anni fa, soprattutto il mio socio Daniele Tommei, si era interessato alla tecnologia di eliostati: degli specchi motorizzati, che si spostano per rincorrere il sole mentre si muove durante il giorno per far sì che la luce venga riflessa sempre in un punto che resta fisso. In questo modo si concentra l’energia solare in un solo obiettivo, e si raggiungono anche le migliaia di gradi di temperatura.

Avevamo iniziato a studiare questa tecnologia che oggi si usa largamente in grandi centrali per la produzione dell’energia elettrica: degli specchi riflettono la luce su una caldaia che aziona una turbina che come una dinamo produce l’energia elettrica. Tecnologia da non confondere quindi con il fotovoltaico, dove composti del silicio producono subito energia elettrica se colpiti dal sole.

Queste centrali, sparse per tutto il mondo, si basano su di una tecnologia che non ha trovato un’applicazione per l’uso casalingo, in quanto complicata e costosa da replicare. Noi abbiamo per questo studiato una apparecchiatura per l’ambito domestico che può svolgere operazioni semplici, come illuminare delle stanze esposte a nord, cuocere dei cibi, torrefare il caffè, purificare l’acqua, scaldare serbatoi delle piscine, e molto altro ancora ….

Con un nostro amico, Luca del Bufalo, abbiamo realizzato nella sua tenuta vicino a Roma, un impianto con centinaia di specchi che puntano tutti su un cestello contenente i grani del caffè. In un quarto d’ora si svolge la classica cottura, dal primo al secondo crack, e abbiamo creato la nuova figura del torrefattore solare!”

Come avete scelto il vostro caffè?

“Come ho già accennato prima, non siamo esperti del settore, ma siamo sicuramente dei curiosi: abbiamo provato una dozzina di caffè verdi, tra Arabica e Robusta, poi per nostro gusto personale ci siamo fermati su una miscela che ci è servita per dimostrare concretamente con questa nostra produzione che il sistema di specchi funziona. La cottura risulta uniforme, i profumi conservati: tutti i torrefattori che hanno utilizzato il nostro sistema sono rimasti stupefatti.

La nostra tecnologia è coperta da brevetti e ora stiamo raccogliendo una serie di ordini sia all’estero che in Italia. È chiaro che con PuroSole il nostro obiettivo principale è quello di vendere gli impianti più che il caffè. Impianti che hanno vantaggi interessanti: Non ci sono spese di consumo (una voce che incide particolarmente negli ultimi tempi). È semplice da montare. Non ci sono emissioni di CO2. Non necessita di impianto elettrico, ne di, scarichi o tubature.

Alcuni svantaggi sono legati alle condizioni meteoreologiche: banalmente, se non c’è sole, non funziona. A seconda di quante ore all’anno una determinata zona riceve il sole diretto, non è sostenibile: a seconda della sede del cliente, non possiamo vendere il nostro impianto. Un altro svantaggio è che non si tratta di una macchina industriale: comunque si producono dei quantitativi limitati.

Abbiamo varie tipologie di impianto: si parte da almeno 24 specchi che producono 4/5 chili a ciclo, per tre cicli, 15 chili l’ora. D’estate si lavora di più, ma restano numeri modesti. In ogni caso i costi sono equivalenti di una macchina a gas tradizionale, che ha lo stesso ritmo produttivo per 10 chili a ciclo. Si parte da un impianto dimostrativo che è il più grande da 10 chili al ciclo, 30 all’ora, 250 chili al giorno, a meno di 50 mila
euro.

Ho una fila di appuntamenti fissati anche dall’estero. In Italia siamo un po’ più lenti, ma il sud sta dando una buona risposta può usufruire di tanti finanziamenti. Dalla Germania vogliono sperimentare con noi la tostatura dei loro specialty, arrivando solo al primo crack.
Le macchine a gas hanno una caldaia che porta l’aria calda a circa 600 gradi. Questa viene trasferita al chicco per conduzione e raggiunge ai 250 gradi per la cottura. Questa tecnica è diversa dalla nostra che funziona invece per irradiazione.

Il chicco riceve direttamente i raggi del sole all’aria aperta: questo tipo di trasferimento di energia, che sta studieremo prossimamente con ricercatori dell’Enea, raccoglie tutta la gamma alta delle frequenze della luce che normalmente non si usano per cuocere, e penetrano anche all’interno del chicco. Parliamo di decimi di millimetro: il grano cuoce in maniera più uniforme e vengono tutti uguali. Il cestello non è chiuso, ha una rete che impedisce la caduta, ma i raggi luminosi penetrano al suo interno senza nessuna interposizione. Questo permette di ottenere un chicco di dimensioni maggiori: il
nostro grano si espande, gli oli interni non bruciano come può accadere invece con la tostatura tradizionale. Lo specialty quindi può esser valorizzato.“

Per installare PuroSole, quanto terreno è necessario?

Il cestello che contiene i chicchi da tostare. (foto concessa dalla startup)

“Dipende dalla grandezza dell’impianto che si desidera. Si passa da quello minimale per il quale bastano dieci metri per dieci, al più grande che richiede esattamente mezzo campo da tennis, venti metri per venti. L’unica attenzione che bisogna avere è che deve esser esposto correttamente, senza alberi ed edifici attorno. Si può montare persino su una terrazza condominiale. Non è quindi obbligatorio avere del suolo a disposizione. L’essenziale è che sia una superficie scoperta e che l’esposizione degli specchi rivolta verso sud.

La cosa più inaspettata per noi è stato il successo del caffè oltre che della tecnologia, ne stiamo vendendo parecchio. E’ amato moltissimo al sud: viene una crema incredibile, è delicatissima.”

Ma per fare tutto questo, avete riscontrato ultimamente dei problemi di reperimento dei componenti?

“Abbiamo riscontrato diversi problemi nel reperimento sia dei componenti elettronici che dei micromotori (a volte si parla di consegne non prima di sei mesi), questo ci ha costretto a rivedere il progetto utilizzando componenti di più facile reperibilità. E’ stato uno sforzo purtroppo necessario per garantire consegne veloci. Per la parte meccanica non abbiamo difficoltà: usiamo un alluminio particolare lavorato con taglio laser facilmente disponibile in Italia.”

Prossimi progetti?

“Ora ci concentriamo su PuroSole, sviluppando il progetto che ha richiesto 4 anni di lavoro. Oltre al caffè, che è un prodotto molto particolare, vogliamo usare questa tecnologia per la cottura dei cibi. Ci sono dei ristoratori che ci hanno chiesto di montare l’impianto nei loro locali. Stiamo progettando anche un gazebo da giardino costituito da una struttura in legno con degli specchi motorizzati montati sulla parte superiore che inviano la luce verso il basso su un piano di cottura, insomma un barbecue solare molto sofisticato. Le richieste sono tante e ora stiamo sperimentando.”

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