mercoledì 17 Settembre 2025
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Andrej Godina di ritorno dal coffee campus formativo svolto in Colombia nella regione del Cauca: “Un format che è replicabile per qualsiasi torrefazione italiana”

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Giancarlo Samaritani e Andrej Godina (immagine concessa)

Andrej Godina, dottore di ricerca in scienza, tecnologia ed economia nell’industria del chicco, ha fatto ritorno da un percorso di formazione nella regione del Cauca, in Colombia, rinomata per la qualità della produzione del caffè. Il viaggio è stato parte del programma Bristot Coffee Academy, marchio di Procaffè S.p.A., rivolto ai responsabili delle accademie internazionali dell’azienda.

Godina è stato accompagnato da Giancarlo Samaritani, divulgatore scientifico del chicco, noto per la sua serie di documentari con il caffè come protagonista (ne abbiamo parlato qui). Riportiamo di seguito l’esperienza tecnica di Godina sul coffee campus per il team internazionale della Bristot Coffee Academy iniziato il 6 aprile e concluso il 13.

Coffee Campus in Cauca: un’esperienza tecnica sul campo per torrefattori e professionisti

di Andrej Godina

MILANO – Godina racconta: “Da molti anni mi dedico alla formazione degli operatori del settore caffè e una delle attività che propongo è quella del viaggio nei paesi di origine alla scoperta del lavoro agricolo e di produzione del caffè.

Il recente coffee campus svoltosi nella regione del Cauca, Colombia, organizzato assieme a Giancarlo Samaritani  per il team internazionale della Bristot Coffee Academy, è stata l’occasione per svolgere un’attività formativa di alto profilo professionale utile per approfondire ogni fase di produzione del caffè direttamente in piantagione. Il gruppo dei partecipanti era composto da 12 professionisti provenienti da Egitto, Slovacchia, Stati Uniti, Russia, Serbia e Grecia, guidato dal direttore della Academy, Simone Rubin.

Il team al completo (immagine concessa)

L’itinerario e le attività in campo sono stati coordinati con il supporto della Federación Nacional de Cafeteros de Colombia (FNC) e del Comitato dei Cafeteros del Cauca, che hanno permesso ai partecipanti di toccare con mano le varie pratiche agricole, le tecniche di lavorazione post-raccolta e gli standard qualitativi adottati dalle cooperative locali. L’intero percorso è stato strutturato per trasferire conoscenze pratiche, stimolare il confronto internazionale e rafforzare la comprensione delle variabili che influenzano la qualità finale in tazza.

Le giornate in piantagione hanno coinvolto i partecipanti innanzitutto con la raccolta manuale selettiva dei frutti maturi, una delle pratiche più importanti svolte in Colombia e che assicura gli elevati standard qualitativi delle loro produzioni.

I partecipanti hanno potuto confrontarsi con i piccoli produttori su tematiche legate alla differente maturazione che caratterizza le diverse varietà botaniche dell’Arabica, al colore ottimale delle drupe da raccogliere, alla gestione della potatura, all’uso dei fertilizzanti e delle buone pratiche per il controllo delle malattie.

Andrej Godina (immagine concessa)

Per la trattazione dei temi legati alle varietà botaniche usate in Colombia è stato importante l’incontro con l’ingegnere Carlos Rodrigo Solarte che ci ha offerto una panoramica sui temi più attuali.

In Colombia sono coltivate numerose varietà botaniche di Arabica, frutto di decenni di selezione agronomica e adattamento alle condizioni pedoclimatiche locali, ma anche delle esigenze legate alla resistenza alla ruggine del caffè e altre malattie fungine.

Tra le varietà storiche, la Typica rappresenta una delle più antiche introdotte nel paese, che si distingue per la sua sensibilità elevata al fungo della ruggine e per la bassa resistenza agli agenti patogeni in generale. Si tratta di una pianta alta, vigorosa ma poco adatta alla coltivazione intensiva, anche per via della sua scarsa produttività e dell’alto fabbisogno di nutrienti.

Un’altra varietà di origine antica è la Bourbon, da cui derivano per mutazione naturale diverse cultivar come il Caturra che è una pianta a portamento basso, quindi più adatta alle piantagioni ad alta densità. Tuttavia, nonostante la sua buona adattabilità, il Caturra è sensibile al fungo della ruggine e alla siccità e ha un fabbisogno nutrizionale relativamente elevato.

Il team Bristot (immagine concessa)

Negli anni è stata ampiamente promossa la coltivazione di varietà più resistenti come per esempio il Castillo, sviluppato dal Cenicafé come risultato dell’incrocio tra Caturra e linee derivate dall’ibrido de Timor. Castillo è stata creata appositamente per resistere alla ruggine del caffè con una buona tolleranza ai nematodi. La sua produttività è alta e il fabbisogno di fertilizzanti, pur non trascurabile, è ben gestibile con pratiche agronomiche moderne. Castillo è una varietà versatile, disponibile in più ecotipi adattati alle diverse aree produttive della Colombia.

La varietà Colombia, rilasciata nel 1985, è anch’essa frutto dell’incrocio tra Caturra e l’ibrido de Timor ed è stata una delle prime risposte strutturate al problema della ruggine, offrendo una buona resistenza alla malattia e una produttività superiore rispetto a Caturra. Tuttavia, è oggi in parte sostituita da Castillo, che ne migliora le caratteristiche agronomiche.

Un’interessante opzione per i produttori orientati alla sostenibilità e alla qualità di tazza è la varietà Tabi, un ibrido sviluppato tra Typica, Bourbon e l’ibrido de Timor. Ha un’eccellente resistenza alla ruggine e un portamento più simile alle varietà tradizionali, con un buon equilibrio tra vigore e adattabilità. Tabi richiede tecniche agronomiche puntuali ma ha dimostrato un buon comportamento in diverse condizioni climatiche e di terroir.

Relativamente più recente è la varietà Cenicafé 1, ottenuta mediante incroci tra linee dell’ibrido de Timor e varietà selezionate per la loro resistenza, è particolarmente indicata per aree altamente colpite dalla ruggine del caffè e offre una produttività alta, con buona adattabilità ambientale. Il fabbisogno di fertilizzanti è contenuto rispetto a varietà tradizionali, il che la rende adatta a contesti di coltivazione sostenibile.

Tra le varietà più ricercate nel circuito dei produttori di Specialty Coffee vi è il Gesha (o Geisha), introdotto in Colombia in tempi recenti. La sua origine genetica è etiope, ed è una pianta che necessita di altitudini elevate, un clima piuttosto freddo, ottime condizioni ambientali e una gestione agronomica molto precisa.

Il produttore di Abyssinia (immagine concessa)

Gesha è estremamente sensibile alle malattie, ha bassa produttività e richiede elevati input agronomici, motivo per cui viene coltivata in quantità limitate, solamente in microlotti. Una varietà emergente e ancora non del tutto stabilizzata geneticamente è il Pink Bourbon, un incrocio naturale tra Red e Yellow Bourbon, identificato inizialmente nella regione di Huila.

È una varietà molto apprezzata per le sue caratteristiche qualitative uniche, ma presenta una variabilità fenotipica significativa. Anche in questo caso, la resistenza alle malattie non è uniforme e il fabbisogno nutrizionale è piuttosto elevato. Un’ultima varietà che merita di essere citata è l’Abyssinia, utilizzata da Nespresso per la capsula N°20.

Le piante di abyssinia (immagine concessa)

Si tratta del risultato di un progetto di ricerca durato oltre vent’anni, finalizzato allo sviluppo di una nuova varietà di Arabica di alta qualità. Dopo diverse sperimentazioni condotte in Colombia, Nicaragua e Indonesia, questa varietà ha trovato il suo terroir ideale nei suoli delle regioni colombiane del Cauca e di Caldas, dove oggi viene coltivata da 59 agricoltori aderenti al programma di sostenibilità Nespresso AAA.

Questo programma garantisce premi legati alla qualità della produzione e al rispetto di criteri ambientali e sociali. Durante il coffee campus nel corso delle visite organizzate dalla Federación Nacional de Cafeteros de Colombia (FNC), abbiamo avuto modo di incontrare uno dei coltivatori che gestisce un ettaro piantato di Abyssinia.

La varietà Abyssinia (immagine concessa)

Fin dal primo impatto, la pianta si distingue per alcune caratteristiche morfologiche tipiche delle varietà Arabica antiche: i rami presentano numerose divisioni secondarie ma una struttura vegetativa compatta, simile a quella delle varietà moderne selezionate per la resistenza, in modo da garantire una maggiore densità di coltivazione. Colpisce in particolare la notevole densità di frutti disposti lungo i rami.

Nel progetto specifico legato alla capsula N°20, Nespresso adotta un modello produttivo in cui il coltivatore mette a disposizione il terreno e la manodopera, mentre la proprietà genetica delle piante rimane dell’azienda.

Durante l’anno sono previste numerose visite tecniche da parte dei rappresentanti di Nespresso, con lo scopo di monitorare lo stato fitosanitario delle piante, stimare la produzione e garantire un controllo accurato sul raccolto. Un aspetto distintivo di questo progetto è l’impegno da parte di Nespresso a riconoscere comunque un compenso economico al coltivatore, anche nel caso in cui eventi climatici estremi compromettano il raccolto.

In assenza di frutti maturi, l’azienda si impegna comunque a coprire i costi di gestione agronomica, offrendo così una forma di garanzia e stabilità economica ai piccoli produttori coinvolti.

Ritornando ai temi del coffee campus un ampio focus è stato dedicato alla fase di “beneficio umido (wet mill)”, in cui si sono analizzati nel dettaglio i processi di spolpaturafermentazione controllatalavaggio e essiccazione. Le discussioni tecniche si sono concentrate sulle variabili che influenzano la fermentazione (tempo, temperatura, tipo di fermentazione aerobica o anaerobica), sulla gestione dell’acqua e sulle tecnologie adottate per ridurre l’impatto ambientale.

Durante il viaggio formativo un’attenzione particolare è stata dedicata alle nuove tecniche di fermentazione del caffè per la produzione di microlotti Specialty. Una tappa significativa è stata la visita alla finca Patio Bonito, situata nel municipio di Caldono, dove abbiamo incontrato la nuova generazione della famiglia.

La piantagione, estesa su 11 ettari, è gestita da tutta la famiglia ed è nota per la coltivazione di una vasta gamma di varietà di caffè tra cui Castillo, Colombia, Bourbon Rosado, Gesha, Bourbon Aji, Bourbon Sidra, SL28, Wush Wush, Typica e Laurina. La nuova generazione della famiglia, dopo aver completato gli studi in ingegneria chimica, ha deciso di applicare le sue conoscenze scientifiche alla coltivazione del caffè, contribuendo a migliorare i processi di fermentazione e post-raccolta.

Andrej Godina al lavoro (immagine concessa)

Le diverse tecniche di fermentazione utilizzate per ottenere profili di tazza distintivi prevedono l’uso di “mosti” fermentati, preparati con lieviti selezionati, alcuni dei quali sono utilizzati nella produzione della birra, che vengono aggiunti durante la fermentazione del caffè.

Questo approccio consente di modulare le caratteristiche sensoriali del caffè, esaltando specifiche note aromatiche, creando dei veri e propri profili definiti replicabili di anno in anno.

Un’altra tecnica innovativa adottata è lo shock termico: i chicchi vengono sottoposti a un trattamento con acqua calda, che aumenta la porosità dei chicchi stessi, influenzando positivamente le reazioni chimiche e contribuendo a sviluppare profili sensoriali più complessi.

Queste pratiche, frutto di anni di sperimentazioni e migliaia di test, dimostrano l’impegno di una nuova generazione di agricoltori nel perseguire l’eccellenza nella produzione di caffè Specialty.

Il caffè in Colombia (immagine concessa)

La seconda parte del campus si è svolta nei centri di raccolta e nei dry mill, dove i partecipanti hanno potuto seguire nel dettaglio l’intero flusso operativo della lavorazione post-processo: dalla rimozione del pergamino alla selezione dei difetti, effettuata sia meccanicamente con le tavole densimetriche a vibrazione che manualmente, fino al confezionamento finale destinato all’esportazione.

Uno degli aspetti più rilevanti è stata l’osservazione dei sistemi di selezione ottica automatizzata dei chicchi, una tecnologia ormai diffusa nei paesi di produzione più avanzati. Questi impianti permettono, chicco per chicco, di eseguire una “fotografia” completa a 360 gradi e di applicare criteri di selezione estremamente precisi, basati su colore, forma e dimensione.

Grazie a questa tecnologia, è possibile ottenere lotti anche di grande volume completamente esenti da difetti visivi, con un livello di standardizzazione e coerenza qualitativa che sarebbe impossibile da garantire con la sola selezione manuale. Queste attività hanno permesso una visione completa della logistica di esportazione e dei criteri di valutazione per la formazione dei lotti commerciali e Specialty, confrontando le pratiche locali con gli standard internazionali.

Le numerose sessioni di cupping professionale condotte in laboratorio, durante le quali i partecipanti hanno valutato decine di campioni provenienti da differenti microregioni del Cauca che, grazie alla sua diversità geografica e climatica, permette di offrire numerosi profili differenti di flavore.  Regione Centrale (Popayán Plateau), comprende 11 comuni con circa 43.000 famiglie di coltivatori.

Situata a un’altitudine media di 1.700 metri, questa area è caratterizzata da suoli vulcanici e coltivazioni sia al sole che in semi-ombra, in tazza offre un aroma pronunciato, acidità media, corpo medio e note di caramello e fiori. Regione Settentrionale, include 8 comuni abitati da comunità afro-discendenti, Nasas e Mestizos. Le condizioni climatiche variano tra temperature fredde e venti caldi provenienti dalla valle del fiume Cauca, che offre un aroma intenso e dolce, acidità media, corpo medio e un gusto equilibrato e dolce. Regione Meridionale (Macizo Colombiano), comprende 12 comuni e coinvolge circa 22.000 famiglie contadine e indigene Yanaconas.

Il caffè qui prodotto si distingue per un aroma dolce e pronunciato, alta acidità, corpo medio e note di cioccolato, frutta e agrumi. Regione Orientale (Tierradentro), situata nella catena montuosa centrale, questa regione è abitata da 8.500 famiglie contadine. I suoli vulcanici e le condizioni ambientali uniche conferiscono al caffè un aroma pronunciato, dolcezza, alta acidità, corpo medio e note agrumate.

Perché il caffè colombiano è poco presente nelle miscele italiane?

Al termine di questo viaggio in Colombia sorge spontanea una domanda che riguarda il mercato italiano: come mai il caffè colombiano non è così ampiamente utilizzato dai torrefattori italiani, nonostante sia stabilmente il terzo paese produttore mondiale di caffè? La risposta non è semplice e va cercata in una serie di fattori storici, agronomici e di condizioni di mercato.

In passato, le varietà botaniche coltivate in Colombia erano esclusivamente Arabica tradizionali, spesso caratterizzate da un profilo sensoriale molto acido e fruttato – qualità più apprezzate nei mercati del nord Europa o negli Stati Uniti per la preparazione del filtro, meno in Italia e nei paesi dell’espresso dove si privilegiano caffè dolci e con bassa acidità. Oggi, però, il panorama colombiano è profondamente cambiato.

Grazie all’introduzione di varietà ibride più resistenti, come quelle incrociate con l’Ibrido de Timor, è oggi possibile trovare caffè con profili aromatici completamente diversi: più dolci, con acidità molto bassa e aromi che rientrano nella categoria “bakery” (biscotto, caramello, pane appena sfornato, cioccolato, semi a guscio tostati). In alcune zone del Cauca infatti si producono caffè che risultano sorprendentemente coerenti con il flavore italiano e adatti alle miscele per espresso.

Un altro aspetto rilevante è il prezzo, la combinazione della raccolta manuale selettiva, lavorazioni controllate e un sistema di supporto al produttore unico al mondo (garantito dalla Federación Nacional de Cafeteros – FNC), ha sempre mantenuto alto il differenziale del caffè colombiano rispetto ad altre origini. Va però riconosciuto che questo costo riflette una costanza qualitativa elevata, oltre a un impatto sociale importante considerando che la FNC acquista l’intero raccolto dei produttori ad un prezzo sostenibile, garantendo redditività e stabilità in aree rurali fragili. Infine, va considerato il metodo di lavorazione lavato con fermentazione in acqua, che esalta le note pulite e floreali/agrumate, più adatte a metodi filtro che all’espresso.

Tuttavia, con una tostatura separata e un profilo di curva dedicato, anche questi caffè possono dare risultati eccellenti in miscela, soprattutto se si punta a valorizzare la dolcezza e gli aromi di bakery.

L’invito, quindi, che rivolgo ai torrefattori italiani è quello di riscoprire l’origine Colombia con occhi nuovi concentrando l’attenzione su regioni come il Cauca e lotti di produzione con profili di flavore adatti all’espresso italiano.

Questo viaggio non è stato solo un’opportunità per apprendere e scambiare buone pratiche tra professionisti, ma un format replicabile di coffee campus che può essere personalizzato e proposto a qualsiasi torrefazione italiana interessata a coinvolgere il proprio team, la forza vendita o i clienti top in un’esperienza unica a diretto contatto con l’origine”.

                                                                                                              Andrej Godina

A Milano da Specialty, gelateria-pasticceria-caffetteria: “Entro il 2030, il nostro obiettivo è quello di raggiungere i cinque store”

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Specialty, la vetrina (foto concessa)

MILANO – Aperto in Viale Bligny 36, Specialty parte dalla passione di Alessandro Monego e Umberto Burdese, insieme all’esperta di web development Vittoria Zampieri e al supporto di Gian Pietro Beltrando. Innanzitutto, quattro amici uniti dalla stessa visione. Com’è andata a pochi mesi dall’avvio? Alessandro Monego si presta al racconto di un luogo che al suo interno contiene tre attività: caffetteria, pasticceria e gelateria.

Si parte proprio dal caffè: da Specialty si servono sia una miscela (60% Brasile e 40% Uruguay) che un monorigine dall’Uganda. La parte di pasticceria e panificazione trova rifornimento da un nome che in queste pagine è già comparso: i ragazzi di Crosta in Porta Venezia, Giovanni Mineo e Simone Lombardi in Porta Venezia. Infine c’è il gelato, firmato da una realtà non milanese, Pausa Cream & Bakery.

Ma si comincia dal nome, Specialty: si può dire che è lui il protagonista di questo concept?

“Possiamo dire di sì. Specialty è un nome che è stato scelto perché volevamo che questo prodotto fosse emblematico: da noi il caffè è centrale così come ogni suo derivato. Il caffè specialty è di Carnera, mentre la cascara è di Garage Coffee Bros: questa selezione è la dimostrazione che vogliamo raccogliere dentro il nostro locale standard elevati da tutta Italia.

Specialty però è anche qualcosa di più ampio, un concetto trasversale, che racchiude sotto di sé qualsiasi cosa sia speciale e vada oltre la media del mercato e si applica a tutta l’offerta presente nel locale.”

Bakery, caffetteria specialty e gelato: perché unire queste tre anime in un solo concept?

La colazione da Specialty (foto concessa)

“L’idea era quella di collocarci all’interno di un piccolo hub, con 8 posti a sedere a cui poi si aggiungerà il dehors, e di costruire un posto in cui poter trovare tanti prodotti di alta qualità. Da qui la voglia di unire bakery, caffetteria e gelateria in un solo brand che riesce a coprire dalla colazione sino alla sera.

Quali sono i punti un po’ critici di aprire un’attività di questo genere: gli orari sono molto prolungati, ma è soltanto in questo modo che riusciamo a garantire un’offerta a 360 gradi. Considerando il periodo attuale, la parte legata alla colazione e alla merenda va per la maggiore, ma quando abbiamo aperto a settembre, abbiamo riscontrato buoni numeri anche con il gelato che tornerà forte nei mesi più caldi.

In un contesto in cui il cliente ha voglia di sedersi e gustare un filtro, uscendo è libero di prendersi un gelato, che abbiamo un po’ inteso come la chiusura perfetta di un percorso gastronomico completo.”

Ma a Milano le nuove aperture non mancano ultimamente: che cosa trova il consumatore da Specialty che altrove non c’è?

“Abbiamo puntato e creduto molto in questo progetto, investendo energie e tempo proprio
sull’architettura del locale: Specialty ha una struttura unica nel suo genere su Milano. Abbiamo ripreso delle caratteristiche nordeuropee rivisitandole in una chiave italiana, dall’uso del legno d’acero, sino al vetrocemento tipico del made in Italy.

Nello stesso marchio con due “ii” volevamo rappresentare il concetto di pausa in un posto esteticamente piacevole, in cui l’atmosfera è diversa da quella dei concorrenti. Qui non si beve e mangia bene soltanto, ma lo si fa in un posto che permette un’esperienza completa.

Abbiamo una vetrina in cui vengono esposti molti dei nostri prodotti, per incuriosire insieme all’estetica del locale.”

“La nostra offerta a 360 gradi però non è stata pensata nell’ottica della compensazione”

“E quindi per riuscire a rispondere alla domanda di tutti i clienti ed ottenere un maggior profitto, ma è frutto della nostra voglia di offrire diverse opzioni dello stesso livello.

Gli spazi della boutique – 35 metri quadri circa – sono stati studiati per essere ottimizzati sulla vendita. C’è una parte dedicata alla produzione, una al gelato e una destinata al caffè con La Marzocco PB due gruppi.

Con questa strutturazione siamo riusciti a intercettare l’80% di quella fascia internazionale di studenti della zona Bocconi. Per i macinacaffè abbiamo scelto invece i Ceado, uno per il blend e uno per la monorigine e uno per il filtro. Inizialmente abbiamo discusso sull’introduzione del decaffeinato nel menù e alla fine abbiamo scelto di servirlo: l’obiettivo di specialty è anche di rendere questo prodotto un po’ più main stream.

Mi spiego: lo specialty è stato negli ultimi anni una nicchia di mercato, con dei costi più alti per una materia prima migliore e una filiera più sostenibile. Però è stato comunicato in un modo errato, che spesso in Italia non funzionava rispetto alla tradizione del caffè italiano. Lo specialty è vissuto come una bevanda elitaria: da noi invece vorremmo proporci come divulgatori verso il cliente locale rispetto a cosa c’è dietro la tazzina e la nostra proposta.”

Aperti da settembre: come sta andando fin qui?

“Siamo molto contenti fin qui, perché la clientela ha avuto delle buone reazioni e anche un inaspettato coinvolgimento sui social. Questo ci ha molto stupiti, perché molti micro influencer ci hanno raggiunto e ci hanno supportati nella comunicazione del locale, spesso solo per pura passione. Si vede quindi un certo fermento da parte di una cerchia di professionisti a Milano, senza particolari interessi economici dietro. Li ringrazio molto per questa partecipazione.”

A quanto vendete l’espresso?

“L’espresso lo vendiamo a un euro e 50 e per qualcuno è un problema, soprattutto per gli italiani. Abbiamo ricevuto molte critiche, ma noi ci siamo sempre posti in maniera costruttiva, spiegando le ragioni dietro quella cifra. Stesso discorso per lo zucchero: noi lo abbiamo a disposizione, ma non lo teniamo esposto.”

Avete avuto problemi con trovare personale formato o che comunque fosse interessato al vostro progetto?

“È stato difficile in una fase iniziale, ma sono stato molto fortunato. Ho iniziato a cercare ad aprile e infine siamo riusciti a creare una squadra capitanata dall’head barista Simone Di Matteo. È lui che si occupa della formazione di altri due ragazzi: insieme formiamo un quartetto che segue e cura il locale. Per ora siamo molto affiatati, curiosi, e ci si vuole sempre aggiornare.”

Avete dietro già un gruppo di investitori: quali sono i piani di crescita per i prossimi anni?

“In questo momento abbiamo alle spalle un gruppo che ci sostiene. Naturalmente dobbiamo innanzitutto confermare il lavoro fatto fin qui e i risultati concreti.

Una volta portato a termine questo primo step, penseremo a una seconda apertura nel 2025 ancora su Milano. Guardando ancora più lontano, entro il 2030, l’obiettivo è quello di raggiungere i 5 store: ci permetterebbe di affermarci come brand su scala nazionale per poi espandersi all’estero.”

Ma si è un po’ obbligati a espandersi con l’apertura di più punti?

“Il tema è la sostenibilità dell’azienda: ogni buon progetto, ha poi la capacità di scalare. È un’esigenza: voler aprire più punti è possibile soltanto una volta raccolti dei buoni feedback. Se un locale funziona, ha cassa e può fare investimenti: purtroppo con l’economia attuale, un locale come Specialty, se preso nella sua singolarità, ha poco margine e quindi per restare in attivo deve continuare a crescere, moltiplicarsi.

Il prodotto funziona, il concept anche, ma per continuare ad essere sostenibile ha la necessità di non fermarsi ad un solo locale. Se non si vuole erodere la qualità, bisogna aumentare i flussi di cassa e quindi fare in modo di avere più store in attivo.”

Brasile: Conab controcorrente prevede produzione in ripresa (+2,7%) a 55,7 milioni di sacchi, con il raccolto di robusta a livelli record

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Conab produzione Brasile
Il logo di Conab

MILANO – Conab rifà i conti e guarda ora con maggiore ottimismo alla produzione di quest’anno del Brasile, prevista addirittura in crescita rispetto all’anno scorso, nonostante la ciclicità negativa degli arabica e l’impatto del clima. Nel suo secondo report ufficiale per l’annata 2025/26 – presentato alla stampa nella mattinata di ieri, martedì 6 maggio 2025 – l’agenzia specializzata del ministero dell’agricoltura di Brasilia stima ora il nuovo raccolto in 55,7 milioni di sacchi, in crescita del 2,7% rispetto al 2024/25, nonostante una contrazione della superficie produttiva dell’1,4%, a 1,86 milioni di ettari.

Questa seconda stima supera di quasi 3,9 milioni la prima, diffusa a gennaio, che aveva ipotizzato una produzione di 51,81 milioni.

La correzione al rialzo da parte di Conab è abbastanza sorprendente, se si considera il mood – prevalentemente negativo – che aveva accompagnato le valutazioni degli analisti del settore privato e del commercio in queste ultime settimane.

Perché le prospettive appaiono migliorate anche sul fronte degli arabica, dove il ricorrere di un’annata negativa del ciclo biennale e lo sfavorevole andamento climatico avevano indotto al pessimismo.

Per i robusta sarà addirittura un’annata record, con produzione e produttività a livelli mai visti, a fronte di un’area produttiva addirittura in lieve calo (-0,3%)

Ma andiamo con ordine. Il raccolto di arabica è stimato in 36,98 milioni di sacchi, in flessione del 6,6% rispetto all’anno scorso. La produttività media sarà di 24,9 sacchi/ha (-5,1%).

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Essse Caffè si affida a MobieTrain per innovare la formazione del personale con l’app MyEssse

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Essse Caffè insieme a MobieTrain (immagine concessa)

MILANO – MobieTrain (www.mobietrain.com/it/), piattaforma all-in-one per la formazione digitale, annuncia una nuova collaborazione con Essse Caffè (www.esssecaffe.com), storico marchio italiano nato nel 1979 dalla famiglia Segafredo, noto per la sua eccellenza basata sui principi di Scienza, Sapienza e Specializzazione.

Essse Caffè, da sempre attenta alla qualità non solo delle miscele ma anche della preparazione del caffè al bar, pone la formazione del barista come elemento centrale della propria strategia. Con l’obiettivo di supportare una rete capillare di operatori nel canale horeca e di elevare ulteriormente il livello di professionalità, Essse Caffè ha scelto MobieTrain come partner tecnologico per digitalizzare e rendere più efficace il processo formativo.

Attraverso la piattaforma MobieTrain, Essse Caffè ha sviluppato l’app MyEssse, che consente ai venditori e ai dipendenti di accedere in modo semplice e immediato a contenuti formativi tecnici, commerciali e operativi, favorendo un apprendimento rapido e coinvolgente anche in mobilità. Questo strumento integra e potenzia gli strumenti tradizionali di formazione, offrendo un’esperienza di microlearning che si adatta alle esigenze di un’organizzazione moderna e dinamica.

“Gestire in modo efficace una rete capillare nel canale horeca è già di per sé una sfida, ma lo diventa ancora di più quando l’obiettivo è di avere l’organizzazione più professionale del mercato” – dichiara Luca Cioffi, direttore generale di Essse Caffè – “La nostra forza vendita è oggetto di una continua attività di formazione, finalizzata a dare il migliore supporto possibile ai clienti. Ma con i tantissimi contenuti realizzati, in ambito tecnico, commerciale e operativo, sentivamo il bisogno di avere uno strumento più moderno per facilitarne l’apprendimento da parte dei nostri venditori”.

E continua: “Abbiamo scelto Mobietrain come partner tecnologico per la semplicità di utilizzo della piattaforma, che ci ha consentito di affiancare e integrare i nostri strumenti di formazione tradizionali con un approccio più leggero ma comunque estremamente efficace.”

Aggiunge Agata Segafredo, communications director: “Inizialmente abbiamo sviluppato l’app MyEssse per rendere ancora migliore il processo di formazione dell’organizzazione commerciale, ma una volta che ne abbiamo apprezzato il potenziale abbiamo deciso di estenderne l’utilizzo anche ai dipendenti dell’azienda, che rivestono altrettanta importanza nel garantire la qualità complessiva dei nostri prodotti e servizi, per noi obiettivo imprescindibile.”

Con questa partnership, MobieTrain rafforza la propria presenza nel settore, affiancando realtà che puntano sulla formazione continua per migliorare le performance dei propri team e l’esperienza finale dei clienti.

“Siamo entusiasti di collaborare con Essse Caffè, un’azienda che da decenni rappresenta l’eccellenza italiana nel mondo del caffè espresso. La nostra piattaforma permette da ora ai team di Essse Caffè di accedere a un percorso formativo innovativo, che supporta quotidianamente le persone che rendono possibile questa eccellenza.” – dichiara Francesca Dellisanti, Country Director Italy di MobieTrain.

La scheda sintetica di MobieTrain

MobieTrain, fondata nel 2015 e guidata dal ceo Guy Van Neck, è la piattaforma all-in-one dedicata alla formazione dei team aziendali per imparare, comunicare e migliorare le loro performance ovunque e in qualsiasi momento. Con sede centrale a Genk e uffici ad Amsterdam, Lisbona e Milano, MobieTrain supporta il successo dei brand a livello globale nei settori retail, ristorazione, sanità, logistica e molti altri ancora.

Tra i principali clienti figurano Azadea, Bun Burgers, Grom, KFC, Obicà Mozzarella Bar, Mignon eccellenze napoletane, Proximus, Timberland e Via Outlets. Maggiori informazioni sono disponibili qui.

La Marzocco protagonista al festival Taste of Paris al Grand Palais, 8-11/05

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La macchina GB5 (immagine concessa)

FIRENZE – La Marzocco, simbolo di eccellenza artigianale nel mondo dell’espresso e della gastronomia, sarà partner al festival Taste of Paris (Grand Palais, 8-11 maggio) per celebrare il connubio tra caffè e alta cucina ed accogliere chef, ristoratori, curiosi e connoisseur.

Swan (immagine concessa)

Il True Artisan Café, un concept creato da La Marzocco per celebrare la comunità indipendente del caffè, ospiterà ogni giorno differenti torrefazioni parigine per offrire al pubblico tanti menù di caffè ricercati, da preparare anche sulle macchine della linea Modbar e La Marzocco Home.

La macchina Mini (immagine concessa)

Un’opportunità per scoprire rispettivamente le attrezzature e le macchine per caffè espresso modulari e per uso privato.

Micra (immagine concessa)

Nella Lounge VIP, La Marzocco curerà le degustazioni e le sessioni di calibrazione del caffè.

Modbar (immagine concessa)

Per maggiori info:

https://www.instagram.com/lamarzoccofrance/

https://www.instagram.com/lamarzocco/

https://paris.tastefestivals.com/en/

La scheda sintetica dell’azienda

La Marzocco è sinonimo di eccellenza, design e innovazione nell’espresso. Supporta una comunità globale di chef, baristi e appassionati del caffè che apprezzano la precisione, l’innovazione,  l’arte dell’ospitalità e dell’artigianalità.

Dalle macchine professionali nei migliori bar e ristoranti del mondo ai modelli iconici per la casa, il marchio celebra il caffè come forma d’arte e coloro che lo rendono realtà ogni giorno.

Bazzara apre le porte dell’Academy per la Cup Taster Week

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Cupping (immagine concessa)

TRIESTE – Un’esperienza formativa intensa, pensata per offrire una panoramica completa su tutti gli aspetti legati al mondo del caffè: dalla selezione del chicco verde fino all’utilizzo finale del prodotto nelle sue diverse forme. I partecipanti seguiranno un vero e proprio percorso da coffee taster, approfondendo le dinamiche della valutazione sensoriale per comprendere e definire gli standard di qualità del caffè.

La Cup Taster Week di Bazzara

Durante la settimana, si affronteranno tematiche legate alla selezione e all’analisi delle origini più rinomate presenti sul mercato, con un focus sulle differenze organolettiche e le peculiarità di ciascuna. I partecipanti avranno l’opportunità unica di degustare oltre 50 caffè diversi.

Il programma include anche approfondimenti sulle tecniche e metodologie di estrazione internazionali, con particolare attenzione alla degustazione dell’espresso tramite apposite schede tecniche di valutazione.

Le lezioni si svolgeranno presso la Bazzara Academy, in via Battisti 1 a Trieste, e saranno tenute da Marco Bazzara, quality manager e academy director: “L’obiettivo di questo camp è fornire agli operatori e agli appassionati gli strumenti per comprendere il caffè in tutte le sue sfumature, partendo dalla selezione del chicco fino alle tecniche di processamento ed estrazione. Si tratta di un percorso intensivo, con la possibilità unica di assaggiare oltre 50 prodotti, inclusi caffè rari e pregiati. Un viaggio esperienziale che include anche il tema della miscelazione, analizzandone struttura e composizione.”

Scopri alcune tra le origini più esclusive al mondo: dal Jamaica Blue Mountain al Panama Geisha, dal Nepal Himalaya all’India Monsoon Malabar, e tante altre ancora. Non un semplice corso, ma un’avventura sensoriale attraverso i profumi e i sapori del caffè di ogni continente.

Le iscrizioni alla Cup Taster Week sono aperte.

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Istituto espresso italiano: Alessandro Borea, La Genovese, nuovo presidente

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Alessandro Borea, presidente Iei (immagine concessa)

BRESCIA – Alessandro Borea (La Genovese) è il nuovo presidente dell’Istituto espresso italiano (Iei), l’organizzazione che tutela l’espresso e il cappuccino italiani tramite una certificazione sensoriale unica nel settore del caffè. Il torrefattore ligure è stato infatti scelto dal nuovo board dell’Istituto che per i prossimi tre anni sarà inoltre composto da Carlo Odello (Amministratore delegato) e Gian Paolo Braceschi (DG) insieme ai consiglieri Luigi Morello (Past President), Renato Bossi (Milani), Gaia Brunetti (Mokador), Michele Cannone (Lavazza), Barbara Chiassai (Essse Caffè), Luca Creti (Rancilio Group), Roberto Nocera (La San Marco), Luigi Odello (Centro Studi Assaggiatori) che è stato confermato anche presidente del comitato scientifico di IEI, Alberto Schiavon (Ryoma), Carmen Stanziola (Dalla Corte), Carlotta Trombetta (Costadoro).

Alessandro Borea, classe 1970, laureato in Economia aziendale all’Università Bocconi di Milano, sposato e padre di due figli, è oggi amministratore della torrefazione di famiglia La Genovese, ad Albenga (Savona). Insieme al cugino, Matteo Borea, responsabile export, sta portando avanti iniziative di espansione sui mercati europei dando sempre maggiore notorietà al marchio di famiglia e all’espresso italiano in generale.

Borea è entrato a far parte dell’Istituto espresso italiano nel 2011 e da allora è sempre stato parte attiva nei diversi consigli di amministrazione.

“Un grande onore ricevere la fiducia dei miei colleghi, in particolare sono contento che alla guida dell’Istituto espresso iItaliano sia stato scelto un torrefattore, in un momento così particolare e delicato per il nostro settore, tra costi delle materie prime e margini di prodotto – ha esordito il neo presidente di Iei, Alessandro Borea – devo ringraziare Luigi Morello, presidente uscente, per il lavoro svolto fino a oggi e allo stesso tempo la squadra che mi affiancherà in questo nuovo percorso che punterà alla crescita di tutta la filiera del caffè italiano”.

Formazione, educazione e comunicazione: i tre pilastri per rafforzare ancora di più il marchio Iei.

Partirà da questi tre presupposti il mandato di Alessandro Borea e del nuovo consiglio di Iei. “Un marchio unico al mondo per il settore dell’espresso che dobbiamo non solo rafforzare in Italia attraverso azioni di comunicazione diretta al consumatore e la certificazione dei locali, ma dovremo lavorare per farlo crescere anche all’estero, dove l’espresso italiano continua a godere del favore del pubblico e dove come Iei possiamo supportare i professionisti nella comunicazione al consumatore finale”, aggiunge Borea. Formazione quindi da un lato, educazione dall’altro attraverso attività che tocchino da vicino il consumatore.

“Il nostro ambasciatore deve essere il barista, l’ultimo anello della filiera prima del consumatore – prosegue Alessandro Borea – abbiamo ottimi professionisti in questo senso, dobbiamo continuare a puntare su di loro affinché possano avvicinare il consumatore, soprattutto quello di domani, con una concezione più moderna dell’espresso al bar”.

La comunicazione sarà poi l’altro elemento che l’Istituto espresso italiano metterà al centro della propria attenzione. “Dovremo rafforzare la presenza del marchio su tutti i fronti, anche attraverso l’utilizzo della stampa tradizionale e dei social”, conclude Borea.

L’espresso al bar vale 8,6 voti su 10. Oggi per la maggior parte degli italiani l’espresso si beve al bar, lo dicono 8,6 persone su 10 tra gli adulti. Lo dice una recente indagine condotta da Sylla per conto dell’Istituto espresso italiano.

In particolari la vera novità è che tra giovani della GenZ under 18 che 6,9 su 10 ne reputano la qualità di altissimo livello. Risultato significativo e incoraggiante considerando che del segmento dei teen ager, pur frequentando poco il bar, il 7% ci va tutti i giorni e quasi il 15% almeno una volta a settimana.

Cosa cercano? Locali confortevoli per relazionarsi, prodotti sostenibili e un prezzo accessibile. Per entrambi i target, adulti e adolescenti, la qualità del caffè è il principale driver di scelta di un bar, 73,9%.

Tuttavia, gli adulti attribuiscono maggiore importanza alla professionalità del barista (7 su 10), mentre i GenZ under18 preferiscono locali comodi dove trascorrere del tempo. Nelle scelte, tuttavia, sia adulti che under18 si lasciano influenzare più dai consigli di parenti e amici che da pubblicità o influencer. La relazione con il barista, pur importante, ha un impatto basso sugli adulti (8%) come fattore di influenza dell’acquisto di caffè ma di sicuro il barista resta una leva potenziale da sfruttare visto il voto di importanza, 7,08, di questa figura nell’esperienza che si vive al bar.

La scheda sintetica dell’Istituto espresso italiano

L’Istituto espresso italiano (Iei), di cui fanno parte torrefattori, costruttori di macchine per caffè e macinadosatori e altre aziende della filiera, tutela e promuove la cultura dell’espresso e del cappuccino italiani di qualità. Oggi conta 37 aziende aderenti con un fatturato aggregato di circa 700 milioni di euro. Maggiori info basta cliccare qui.

Ditta Artigianale celebra le madri in occasione della festa con la miscela MammaMia

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La miscela MammaMia (immagine concessa)

FIRENZE – Ditta Artigianale, una delle principali torrefazioni specialty italiane, rende omaggio a tutte le mamme in occasione della loro festa con l’iconica miscela per espresso 100% arabica MammaMia. Creata con un’attenta selezione di caffè monorigine coltivati esclusivamente da produttrici donne, è una miscela che assicura un’esperienza sensoriale capace di incantare i sensi grazie alle note di cioccolato, ciliegia matura, caramello e mandorla.

Questo ricco bouquet di sentori è ottenuto dall’equilibrio sensoriale dei chicchi provenienti da quattro affascinanti Paesi: da quelli del Perù che assicurano una dolcezza morbida a quelli della Costa Rica che offrono una fresca acidità fruttata, poi ancora quelli etiopi che regalano un tocco floreale e quelli dall’Honduras che donano una piacevole complessità di spezie.

MammaMia nasce come un omaggio alla figura femminile, e in particolare alla mamma di Francesco Sanapo, fondatore di Ditta Artigianale, che non apprezzava i caffè troppo acidi. Per sorprenderla e avvicinarla al mondo dello specialty coffee, dopo uno studio approfondito su nuove varietà botaniche e metodi di fermentazione alternativi, Francesco crea una miscela dall’acidità medio-bassa, un caffè di qualità capace di conquistare anche il palato di chi ama i sapori più classici e tradizionali.

MammaMia celebra così con orgoglio e affetto tutte le mamme, esaltando le loro peculiarità e dimostrando come lo specialty coffee – caffè di altissima qualità che si ottiene da metodi di coltivazione non di massa, frutto di un’attenta selezione del torrefattore e da una tostatura volta a valorizzare le peculiarità di ogni singolo chicco – sia un’esperienza gustosa e accessibile a tutti, da condividere con le persone a cui vogliamo bene.

La scheda sintetica di Ditta Artigianale

Nata come micro roastery di specialty coffee e fondata da Francesco Sanapo e Patrick Hoffer, Ditta Artigianale è una delle principali torrefazioni specialty italiane e riflette una sintesi perfetta tra impresa strutturata e lavoro artigianale.

Rappresenta, infatti, un ritorno ai valori autentici del bar, dove qualità e attenzione al cliente sono al centro dell’esperienza in un ambiente sereno e conviviale. È anche un esempio virtuoso di third wave coffee, il movimento che eleva il caffè a materia prima preziosa da valorizzare lungo tutta la filiera.

Non a caso, questo approccio comincia proprio nelle piantagioni, dove la selezione dei migliori chicchi avviene con un’attenzione meticolosa; prosegue poi col rapporto diretto coi produttori, spesso coinvolti personalmente nella coltivazione sostenibile; e si conclude con la tostatura artigianale a Firenze per assicurare la massima qualità.

Il risultato è l’esaltazione del caffè in ogni fase, che garantisce una qualità straordinaria e la vera essenza di un prodotto autentico e genuino, servito in una nuova tipologia di caffetteria tradizionale dal respiro internazionale.

Ispirato ai caffè degli anni ’50, infatti, il concept di Ditta Artigianale è radicato nell’idea di riportare il bar alla sua dimensione umana e conviviale, creando un ambiente che unisca l’artigianalità dei prodotti con l’attenzione alla qualità del tempo trascorso nel locale. Ogni locale è pensato come uno punto di ritrovo per socializzare e condividere momenti di qualità, uno spazio accogliente dove lavorare, leggere, incontrare amici o semplicemente rilassarsi, concedendosi il giusto tempo per apprezzare ogni aspetto del servizio, dal caffè all’ambiente. Attualmente sono sei i punti vendita collocati negli angoli più suggestivi di Firenze, che contribuiscono a diffondere la cultura dello specialty coffee in Italia.

Caffè Trucillo festeggia i primi 75 anni e porta a Tuttofood la nuova collezione di miscele Costa d’Amalfi 1950

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Positano - Morning Blend macinato (immagine concessa)

SALERNO – Caffè Trucillo, torrefazione indipendente che da tre generazioni firma il caffè torrefatto alle porte della Costiera Amalfitana, celebra il suo 75° anno dall’inizio dell’attività con i colori e le geometrie caratteristici dei borghi della Costiera. Nasce così la nuova collezione Costa d’Amalfi 1950: tre miscele, contenuta ognuna in un barattolo di design che evoca la bellezza senza tempo dei luoghi iconici della Costiera, ispirandosi alle geometrie armoniose e ai colori essenziali delle maioliche che decorano i pavimenti e delle finestre che movimentano le facciate di questi meravigliosi borghi.

I 75 anni di Caffè Trucillo

Perché? A rispondere è Antonia Trucillo, nipote del fondatore Cavaliere Cesare Trucillo: “nei primi anni di attività, a metà del Novecento, mio nonno Cesare partiva dal porto di Salerno, navigando lungo la costa per rifornire hotel e ristoranti che ancora oggi servono il nostro caffè. Questa collezione è un omaggio a quel viaggio, a quella visione e alla bellezza senza tempo di un territorio che continua a ispirarci, tazza dopo tazza.”

Non a caso il Cavaliere Cesare era per i suoi nipoti “nonno Moka” e Antonia Trucillo, tra i professionisti più esperti di caffè in Italia per la formazione, i titoli e i numerosi viaggi nei Paesi produttori acquisiti in soli dieci anni di attività nell’azienda di famiglia, è nota sui social come TheItalianCoffeeGirl.

Da allora, la torrefazione di Salerno ne ha fatta di strada: le sue miscele continuano a essere servite nei più prestigiosi bar, ristoranti e hotel della Costiera e in 40 Paesi nel mondo, nei ristoranti italiani e internazionali o nei più frequentati e iconici centri dello shopping delle grandi capitali.

Ecco le prime tre miscele della nuova Heritage Collection Costa d’Amalfi 1950:

Vietri – 100% Arabica in grani

Vietri è la capitale delle ceramiche artistiche, simbolo di colori mediterranei

La miscela Vietri (immagine concessa)

Ravello – 100% Arabica macinato 

Ravello, un’incantevole melodia di colori e silenzi, sospesa tra cielo e mare.

Ravello (immagine concessa)

Positano – Morning Blend macinato

Positano, un abbraccio di sogni e profumi sospeso sulla roccia.

“I caffè di eccellenza di questa nuova linea sono prodotti in quantità limitate nella nostra Hippocratica Roastery – spiega Antonia Trucillo, terza generazione e coffee sourcing manager – È la micro torrefazione che abbiamo voluto realizzare nell’ultimo anno all’interno della nostra sede. Il nome ‘Hippocratica’ celebra la storia della nostra città, perché Salerno è stata sede nel Medioevo della prima e più importante istituzione medica d’Europa. È un nome che evoca conoscenza, studio, approfondimento, cura della persona: lo stesso approccio con cui ci dedichiamo alla produzione del caffè.”

Qui nascono le produzioni esclusive create da Caffè Trucillo per chi cerca prodotti finissimi, per concedersi anche a casa l’alta qualità dei caffè speciali, prodotti capaci di raccontare una storia autentica, per tornare al piacere dei sapori di una volta.

Come alcune insegne del retail gourmet: oltre alle sedi Eataly in Italia, Europa, USA e Canada, i barattoli di caffè Trucillo si stanno già facendo notare nei luoghi simbolo dello shopping di gusto italiani come Gran Gusto a Napoli, Dal Toscano a Mantova o La Dispensa del Mercato Centrale a Firenze, e internazionali come Fondaco dei Tedeschi a Venezia e Bloomingdale’s a New York.

Queste insegne hanno già scelto i barattoli della Collezione Espresso Speaks Italian, decorati con i simboli della gestualità tipica italiana, e il Barattolo di design Estatico, avvolto da un prezioso tessuto artigianale made in Italy, decorato con colori e geometrie dei paesi produttori di caffè. Quest’ultimo ha vinto i Pentawards, prestigioso premio internazionale di packaging design.

La bellezza dei barattoli si sposa con la tecnologia della valvola proteggi aroma, che consente al caffè di continuare il suo ciclo ottimale di vita mantenendo intatte tutte le sue caratteristiche sensoriali. Realizzato in materiale 100% riciclabile, il barattolo vuoto diventa un prezioso oggetto di design in grado di aprire una finestra di memorie ed emozioni collegate a questi luoghi unici che nell’immaginario del pubblico internazionale incarnano l’ideale della bellezza e del buon vivere italiani.

“Siamo a Tuttofood per incontrare i professionisti del retail gourmet e avviare nuove collaborazioni. Oggi siamo in grado di combinare la nostra esperienza artigianale con la visione industriale e possiamo dar vita con Hippocratica Roastery a piccole produzioni artigianali di nicchia, anche su commissione, per realizzare prodotti e linee esclusive con cui rendere unica e speciale l’esperienza dei propri clienti”, conclude Francesco Giordano, direttore generale di Caffè Trucillo.

 Con questa Heritage Collection chiunque, aprendo ogni barattolo e sorseggiando ogni tazzina, può risvegliarsi in Costa d’Amalfi.

Istanbul IGA Airport​ tra i più cari al mondo per i beni di prima necessità: un espresso costa 5,5 euro

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Aeroporto (immagine: Pixabay)

L‘Istanbul IGA Airport​ ospita 80 milioni di passeggeri all’anno, al giorno circa 220 mila, ed è uno dei più cari al mondo per quanto riguarda i beni di prima necessità. Per un caffè espresso, ad esempio, si paga fino a 5,5 euro. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo pubblicato sul portale d’informazione Leggo.

Il prezzo del caffè all’Istanbul IGA Airport

ISTANBUL – I prezzi dei beni di prima necessità in aeroporto hanno cifre da capogiro. Ma al mondo uno in particolare ha il primato di essere quello più caro, quello di Istanbul, in Turchia. Un viaggiatore, in caso di necessità non bada a spese, perché non ha altra scelta. Ma cosa si cela dietro il “caro vita” centro del traffico aereo mondiale?

Prezzi da capogiro all’aeroporto di Istanbul

All’anno l’Istanbul IGA Airport​, ospita 90 milioni di passeggeri, al giorno circa 220 mila. Nella mega costruzione moderna di Istanbul, i prezzi sono allucinanti. A confermarlo è Leonard Berberi, inviato del Corriere della Sera nella capitale turca. Per una porzione di lasagne alla bolognese, del peso di 90 grammi, il prezzo stabilito è di 24,5 euro. A giudicare dall’aspetto, il piatto “appare più un pezzo di mattone con una spolverata di quello che sembra formaggio grattugiato e una foglia di pseudo-basilico”.

Ma non finisce qui, l’analisi si sposta ai croissant salati. A seconda della farcia, il prezzo varia: quello al pollo costa 14,5 euro, 16 per quello con il tonno e infine 17,5 per quello con il salmone. Non sono da meno le insalate, il cui listino per quella più “semplice” parte dai 13 euro.

E se si ha sete? Tragedia. Preparatevi a sborsare 9 euro per una bottiglietta d’acqua da un quarto di litro. E qualora voleste dissetarvi con una birra, magari quella tipica locale la Efes, il costo è di 17,5. In piazza Taksim, racconta il giornalista, mezzo litro della stessa birra “nel cuore dell’ex Costantinopoli l’abbiamo pagata circa 1,5 euro”. Per la caffetteria il discorso è identico: per un caffè espresso 5,5 euro.

Per leggere la notizia completa basta cliccare qui.