mercoledì 19 Novembre 2025
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Gelaterie artigianali: imprese in cerca di personale qualificato

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Le gelaterie artigianali alla ricerca di personale (immagine concessa)

ROMA – Il gelato artigianale si conferma un’eccellenza del made in italy e un pilastro dei consumi alimentari fuori casa. Secondo i dati elaborati dal Centro Studi Fipe-Confcommercio, il settore genera un volume d’affari di quasi 5 miliardi di euro, coinvolgendo oltre 39.000 esercizi tra gelaterie, bar-gelaterie e gelaterie-pasticcerie, con più di 90.000 addetti.

La ricerca di personale qualificato nelle gelaterie artigianali

Nel corso del 2024 le imprese hanno incontrato serie difficoltà nel reclutamento di personale (circa 27 mila persone) e anche in questo avvio di anno la situazione non sembra diversa.

Tra dicembre 2024 e febbraio 2025 le gelaterie intendono assumere 6.900 addetti, ma il 50% delle imprese segnala difficoltà nel reperire candidati qualificati, principalmente per l’inadeguatezza delle competenze. Questa richiesta di personale nei primi mesi dell’anno conferma la tendenza alla destagionalizzazione che oramai caratterizza anche il gelato con il 40% delle gelaterie che apre tutto l’anno, mentre oltre il 90% ha una stagionalità assai lunga che dura almeno otto mesi. I cambiamenti climatici e la crescita della domanda anche nei mesi freddi stanno favorendo la dilatazione delle stagioni in cui si consuma gelato.

In linea con il cambiamento degli stili alimentari sempre più attenti alla salute, un altro tratto distintivo del mercato attuale riguarda l’innovazione di prodotto. Ecco allora affermarsi gusti vegani, senza zuccheri aggiunti, senza lattosio, a base di materie prime biologiche e prodotti di eccellenza del territorio che stanno trasformando il gelato sempre di più in un alimento e in consumo esperienziale.

“Il gelato artigianale oltre ad essere un prodotto molto apprezzato dai consumatori di qualsiasi età è il risultato dell’impegno di un’articolata filiera del made in Italy,” sottolinea Luciano Sbraga, direttore del Centro Studi Fipe. “Le gelaterie artigianali continuano ad evolvere per intercettare gusti e preferenze dei consumatori, diversificando prodotti e format che vanno dai locali tradizionali alle attività “trendy”, passando per gli esercizi a catena e i flagship store dei grandi marchi ”.

Un altro dato significativo è il ruolo del gelato artigianale come elemento distintivo dell’offerta turistica: circa il 60% dei turisti stranieri che visitano l’Italia considera il gelato un’esperienza irrinunciabile durante il soggiorno contribuendo a rafforzare il valore del Made in Italy e con esso la propensione all’export delle imprese del settore.

Le prospettive per il futuro sono incoraggianti, ma anche qui non mancano le sfide che vengono dalla doppia transizione digitale e ambientale. Centrale è il tema della sostenibilità che vede crescere la domanda di gelati prodotti con ingredienti genuini e l’attenzione a packaging più rispettoso dell’ambiente.

“Le sfide che attendono il settore si possono affrontare se cresce la capacità manageriale e le competenze del personale. In tale ambito SIGEP non è solo una vetrina per il B2B ma anche un’occasione per seguire le tendenze del settore, l’innovazione di processo e di prodotto che avanza anno dopo anno e per questo un’opportunità di crescita professionale ed imprenditoriale. ”

Alla luce di tutto ciò, FIPE-Confcommercio sarà protagonista al SIGEP 2025 martedì 21 gennaio con la tavola rotonda “Scuole della Ristorazione FIPE: Innovazione e Formazione per il Futuro del Settore”. Al centro del dibattito l’importanza della formazione nel settore della ristorazione e in generale nei pubblici esercizi quale bussola per lo sviluppo e la crescita delle aziende del settore.

Lo zucchero nel caffè influenza il ritmo sonno-veglia: lo studio

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Cucchiaino di zucchero
Cucchiaino di zucchero

Una ricerca dell’Università di Hiroshima evidenzia come la combinazione di caffeina e dolcificanti possa influenzare i meccanismi biologici del nostro corpo con conseguenze inaspettate sul ritmo sonno-veglia. Leggiamo di seguito un estratto dell’articolo pubblicato sul portale d’informazione Gazzetta Active.

L’effetto dello zucchero nel caffè

MILANO – È un rituale, quasi sacro, per milioni di persone in tutto il mondo. Che sia per svegliarsi o per rimanere in piedi fino a tardi, ci affidiamo spesso e volentieri a una tazzina di caffè. Ma attenzione: il modo in cui dolcifichiamo l’espresso (o il caffè lungo) potrebbe avere conseguenze inaspettate sul nostro ritmo sonno-veglia.

Durante uno studio sugli effetti della caffeina, alcuni ricercatori dell’Università di Hiroshima (Giappone) hanno osservato come l’aggiunta di dolcificanti modificava il ritmo biologico dei topi. “Stavamo esaminando le caratteristiche comportamentali di alcuni topi maschi durante il consumo di acqua zuccherata con caffeina, e abbiamo riscontrato cambiamenti comportamentali che non ci aspettavamo”, riporta Yu Tahara, docente presso la Graduate School of Biomedical Sciences and Health.

Per l’esperimento, pubblicato su Science of Food, è stata usata una soluzione contenente lo 0,1% di caffeina – metà della concentrazione di un espresso – e l’1% di saccarosio, un decimo della concentrazione tipica delle bevande energetiche. Alcune cavie murine hanno ricevuto invece saccarina allo 0,1%. “La dolcezza aggiunta non ha modificato la quantità di acqua contenente caffeina che i topi hanno bevuto, quindi gli effetti non dipendono dal semplice consumo di più caffeina”, spiega Tahara. “Più facile che fosse la combinazione di caffeina e dolcificante”.

I test hanno mostrato che i topi sotto l’effetto della miscela zucchero e caffè hanno alterato il loro ciclo sonno-veglia, che si è esteso fino a 26-30 ore. In alcuni casi, i roditori hanno invertito completamente il loro ritmo passando da notturni a diurni. E i cambiamenti sono continuati anche quando i topi erano mantenuti in condizioni di buio costante, suggerendo un effetto diretto sul loro orologio biologico.

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Il latte riduce il rischio di cancro all’intestino: il nuovo studio

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Un bicchiere di latte (immagine: Pixabay)

Il consumo di un grande bicchiere di latte al giorno aiuterebbe a ridurre il rischio di sviluppare il cancro all’intestino: questa è la conclusione di un nuovo studio finanziato dal Cancer Research UK. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo pubblicato sul portale The Portugal News.

I benefici del latte

MILANO – Bere un grande bicchiere di latte al giorno potrebbe ridurre il rischio di cancro all’intestino di quasi un quinto, secondo un nuovo studio finanziato dal Cancer Research UK. Lo studio, pubblicato sulla rivista Nature Communications, è il più grande del suo genere e ha esaminato gli effetti di 97 fattori dietetici sul rischio di cancro all’intestino in più di 542.000 donne nell’arco di 16 anni.

I ricercatori dell’Università di Oxford hanno scoperto che, in media, aumentando l’apporto giornaliero di calcio di 300 mg – equivalente all’incirca a un bicchiere grande da 240 ml di latte vaccino o a un paio di vasetti di yogurt – si ottiene una riduzione del 17% del rischio di cancro all’intestino.

“Gli studi precedenti dimostrano che i prodotti lattiero-caseari riducono il rischio di cancro all’intestino, ma non era ancora chiaro se ciò fosse dovuto al calcio”, afferma Megan Winter, responsabile delle informazioni sulla salute presso Cancer Research UK.

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Ferrero presenta il Kinder bueno singolo: non sarà più venduto in coppia

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Ferrero salmonella Wells kinder bueno
Il logo della Ferrero

Il Kinder bueno, uno dei prodotti simbolo della multinazionale Ferrero, sarà venduto singolarmente e non più nella classica confezione in coppia. Al momento l’azienda non ha rilasciato spiegazioni o dichiarazioni, nemmeno informali. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo pubblicato sul portale d’informazione Trend Online.

Il Kinder bueno singolo di Ferrero

ALBA (Cuneo) – La Ferrero ha deciso di stupire i suoi clienti, adulti e piccini, con una novità che sta scatenando l’ilarità del web; uno dei dolci più amati – il Kinder bueno – ha subito una novità inaspettata, un restyling potremmo dire, che non è piaciuto a tutti.

Il Kinder bueno è diventato singolo. Venduto da sempre in coppia, questo goloso snack adesso si trova separato per sempre dal suo compagno di merenda. Ma la domanda degli utenti è una sola: come mai la Ferrero ha deciso di lanciare il Kinder buono singolo? Si tratta di una trovata commerciale o c’è qualcosa di più? Abbiamo raccolto quale notizia dal web.

Wafer al cioccolato e deliziosa crema alla nocciola all’interno, il Kinder bueno si conferma tra gli snack più amati dagli italiani, insieme al Duplo e al Kinder cereali. La caratteristica del Kinder bueno – fino ad ora – sta nel fatto che si vende in coppia. E invece la novità del 2025, non apprezzata da tutti, è il Kinder bueno singolo.

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Marco Rusconi, il direttore dell’Agenzia italiana per la cooperazione sviluppo: “Caffè nell’ultimo biennio ha assunto una dimensione importante”

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Marco Rusconi, direttore dell’Agenzia italiana per la cooperazione e sviluppo (immagine concessa)

RIMINI – L’Agenzia italiana per la cooperazione e sviluppo, in sigla Aics, è l’organo tecnico del governo che sotto le direttive del Ministero degli Esteri idea, finanzia, monitora ed esegue progetti di cooperazione e sviluppo. Così viene presentato questo ente dal suo stesso direttore, Marco Rusconi.

Perché la presenza di Aics al SIGEP 2025?

Spiega il direttore Rusconi: “Il caffè nell’ultimo biennio ha assunto una dimensione importante per la Cooperazione Italiana, da sempre impegnata su questo terreno, con una serie di azioni e step intrapresi dal Governo italiano, dal Ministero degli Esteri, con il supporto tecnico dell’Agenzia.

L’agenzia agisce in diversi Paesi africani ed il Kenya è un esempio che abbiamo portato a SIGEP, insieme a numerosi rappresentanti di cooperative locali.

Marco Rusconi con il logo dell’Aics sullo sfondo (immagine concessa)

Lavoriamo in una serie di contee del Kenya, ma anche in Etiopia, dove abbiamo realizzato un coffee training center, una grossa struttura incardinata nell’agenzia etiope per il tè e il caffè: qui abbiamo ideato un centro tecnologico per fornire consulenza, assistenza, consigli e orientamento ai produttori. C’è un grosso impegno, che ora punta a fare un salto di qualità.

Questo perché il mondo del caffè è innanzitutto un settore che produce ricchezza: qualifichiamo il caffè come cash crop, una risorsa  che serve a generare reddito per chi la produce e la trasforma. La natura ha voluto che la pianta potesse crescere proprio a quelle latitudini dove si concentrano molti Paesi   partner della Cooperazione Italiana. Li chiamiamo partner in ossequio all’approccio disegnato dalla  nostra legge sulla Cooperazione, dall’Agenda 2030 e consacrato dal Piano Mattei con l’Africa.

Stabiliamo  partenariati con questi Paesi che ci chiedono di essere accompagnati nei loro percorsi di sviluppo per perseguire gli obiettivi che loro stessi si sono prefissati: non imponiamo strategie, né modelli, mettiamo a disposizione quello che l’Italia ha di meglio da offrire. E nel settore del caffè, abbiamo molto.

In vari Paesi prioritari della Cooperazione Italiana  si trovano produttori di caffè , fattore quindi essenziale per il sostentamento per le famiglie, le piccole imprese, le persone: parliamo di milioni di realtà.

Si stimano 12,5 milioni aziende agricole in 50 Paesi nel mondo che coltivano il chicco e il 95% è costituito da piccoli o piccolissimi produttori”.

Il piano Mattei valorizzerà la Cooperazione?

“Il Piano Mattei si fonda proprio sui concetti di partenariato paritario, di percorsi di sviluppo sostenibile, di approccio win-win, in cui sia i Paesi con i quali noi lavoriamo sia l’Italia, guadagnano.

Il direttore Marco Rusconi (immagine concessa)

Nei documenti del Piano viene significativamente menzionato anche il caffè, ambito in cui stiamo lavorando per mettere a terra progettualità concrete, che abbraccino intere aree geografiche, penso all’Africa Orientale”.

I torrefattori italiani sono coinvolti?

“Lo scopo della Cooperazione è quello di accompagnare il Paese partner lungo il loro cammini di sviluppo. Siamo presenti in diversi Paesi, tra cui il Kenya, l’Uganda, la Tanzania, l’Etiopia, il Malawi che ci hanno chiesto know how, expertise e competenze nell’ambito del caffè. Ce lo hanno chiesto esplicitamente le Autorità e le comunità locali in due delle  tre grandi missioni “di sistema” effettuate in Africa. Il  feedback è stato appunto: “Vogliamo lavorare con l’Italia nel settore caffè”.

Questo perché il cambiamento climatico sta mettendo in crisi le coltivazioni e, se non facciamo niente, la produzione  diminuirà. A questa  sfida cruciale aggiungiamo un’altra forte esigenza che abbiamo riscontrato, quella di potenziare le catene di valore locale.

Nel pieno spirito del piano Mattei, questo significa impiantare anche nei Paesi produttori gli anelli di quelle  catene che consistono nella  lavorazione e processazione del caffè, in loco, di modo che essi possano esportare un prodotto finito il più possibile ad alto valore aggiunto”.

Favorite l’esportazione verso l’Italia?

“Abbiamo intrapreso queste missioni coinvolgendo grandi aziende italiane del caffè, che hanno già nelle loro corde la sostenibilità. Sanno bene che il consumatore oggi cerca e consuma un caffè certificato e prodotto in condizioni dignitose per i produttori, quindi con la giusta remunerazione e senza un impatto negativo sull’ambiente.

Allo stesso tempo le aziende possono contare anche su di una spiccata capacità tecnologica ed expertise. Certo, interessa principalmente che la produzione non diminuisca, ma l’obiettivo non è solo sul terreno della quantità, bensì anche su quello della qualità.

È chiaro che se potessimo accompagnare verso standard più elevati e produzioni certificate, gli acquirenti pagheranno un prezzo maggiore per il prodotto, che sia esso grezzo, semilavorato o finito. Con benefici per i produttori, per i trasformatori italiani, per i consumatori”.

Poi accompagnare sulla qualità vuol dire anche lavorare con macchinari italiani.

“In effetti il risultato finale di qualità si raggiunge anche prevedendo tecnici  formati secondo standard elevati, che noi Italiani conosciamo bene e per soddisfare i quali abbiamo anche un comparto industriale d’eccellenza di macchinari del settore ”.

Qui c’è stato interesse sulla vostra presenza da parte dei torrefattori e del pubblico?

Sì. Vedo che filosofa e obiettivi delle iniziative di cooperazione nell’ambito del caffè sono molto apprezzate. C’è consapevolezza del ruolo che l’ Italia può avere e che in effetti ha già iniziato a giocare lanciando, sotto la presidenza italiana del G7, un grande fondo per la resilienza delle colture del caffè, aperto a partecipazioni e contribuzioni pubbliche e private. Solo l’impegno di entrambi può portare a risultati di impatto”.

Rusconi, siete soddisfatti di come sta andando la vicenda del vostro sostegno dello sviluppo in ambito caffè?

“Siamo ora nella fase del “salto di qualità e di dimensione”. La leadership italiana deve coinvolgere anche l’Unione Europea e per questo abbiamo promosso una Team Europe Initiative, vale a dire un formato di collaborazione tra Commissione, Stati Membri e loro soggetti pubblici e privati.

Pensiamo in grande ma senza scordare che la base sono piccoli produttori. E forse noi italiani, immersi in un tessuto produttivo  caratterizzato da milioni di PMI, siamo forse quelli meglio posizionati per interpretare e operare in contesti – come quello africano –  che sono molto simili al nostro.

E con la nostra flessibilità, adattabilità e capacità di ascolto, ci relazioniamo ai nostri partner, come ricorda spesso anche il Vice Presidente e Ministro degli Esteri Tajani, con un approccio dialogante, rassicurante e, in definitiva, vincente per tutti”.

Matteo Borea: “L’inflazione potrebbe essere la vostra più grande opportunità”

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Donald J. Trump (foto The White House)

Matteo Borea, consulente strategico e innovatore nel settore del caffè,
co proprietario della storica torrefazione La Genovese di Albenga (Savona) e autore del blog matteoborea.it, punto di riferimento per imprenditori evoluti del caffè, spiega come la politica estera, soprattutto l’insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca, porterà ad una serie di effetti a catena che si ripercuoterà anche sui mercati globali. Leggiamo di seguito la sua opinione.

Trasformare le sfide in opportunità

di Matteo Borea

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Matteo Borea (immagine concessa)

“Ultimamente i riflettori sono tutti puntati su Donald Trump e il suo insediamento come 47° Presidente degli Stati Uniti. A prescindere dalle opinioni politiche, è impossibile ignorare i significativi effetti a catena che questo evento sta avendo sui mercati globali.

Le sue politiche economiche protezionistiche, come i pesanti dazi sulle importazioni da Europa e Cina, pongono delle sfide importanti agli esportatori. Tuttavia, le sue promesse di promuovere l’innovazione nell’intelligenza artificiale e nelle criptovalute stanno creando un palpabile fermento nei mercati.

Personalmente, credo che questa amministrazione porterà un generale slancio rialzista quest’anno, in particolare per le materie prime. Anche se potremo assistere a fluttuazioni, prevedo che il 2025 si concluderà ancora una volta con il segno “+” per le borse del caffè. Detto questo, l’aumento dei costi è destinato a rimanere.

Non è il momento di abbassare la guardia, ma di adattarsi e innovare. Ed ecco il punto critico: “Che siate o meno d’accordo con le politiche o la personalità di Trump, il salto tecnologico che sta sostenendo è innegabile. Come imprenditori, non possiamo più permetterci di rimanere spettatori”.

Padroneggiare e sfruttare questi progressi non è facoltativo: è essenziale per salvaguardare la vostra azienda e garantire una crescita a lungo termine. Essere all’avanguardia significa assumere il controllo e utilizzare questi strumenti a proprio vantaggio.

[Se ti interessa questo argomento, troverai utile il mio articolo sul blog: “Trump, Change, and the power of business innovation“]

L’inflazione rimane una preoccupazione pressante. L’aumento dei costi operativi sta restringendo i margini e l’industria del caffè non fa eccezione. L’aumento dei prezzi del caffè verde e dell’energia ha reso difficile per molti imprenditori rimanere a galla.

Quando i costi aumentano, spesso l’istinto è quello di scendere a compromessi sulla qualità o di ingaggiare una guerra dei prezzi. Ma a quale costo?

Perdere clienti e margini è un pericolo molto concreto. Reagire senza una chiara strategia orientata al valore può portare a una spirale negativa: tagliare la qualità dei prodotti per risparmiare sui costi potrebbe danneggiare la vostra reputazione, mentre

aumentare i prezzi senza comunicare efficacemente valore rischia di allontanare i clienti.

Non è il momento di fare manovre difensive. È un’opportunità per abbracciare l’innovazione e posizionarsi come imprenditore del caffè evoluto.
Ecco un esempio concreto.

L’anno scorso abbiamo affrontato sfide significative anche a La Genovese. L’aumento dei costi del caffè verde nel 2024 ha messo a dura prova i nostri margini. Invece di soccombere a decisioni reattive, abbiamo adottato un approccio coraggioso e innovativo:

Comunicazione coerente con i clienti: Abbiamo lanciato una newsletter settimanale per tenere aggiornati i nostri clienti sulle dinamiche del mercato, offrendo loro strategie pratiche e spunti per affrontare le sfide. Gli argomenti trattati spaziano da come gestire l’aumento dei costi a consigli su come sfruttare il customer experience marketing.

Assistenza esclusiva per i clienti stranieri: Abbiamo creato un gruppo WhatsApp dedicato ai nostri clienti internazionali, fornendo aggiornamenti in tempo reale,
approfondimenti sul mercato e anteprime delle strategie che stavamo implementando. Questo livello di coinvolgimento ha favorito un senso di collaborazione e fiducia.

Trasparenza e formazione: Abbiamo comunicato apertamente le ragioni degli
adeguamenti dei prezzi, aiutando i nostri clienti a comprendere il valore dei nostri prodotti. Questo ha permesso loro di trasmettere il messaggio ai propri clienti, garantendo la continuità della catena del valore.

I risultati parlano da soli: anche nel 2024, nonostante l’aumento dei costi, La Genovese ha ottenuto un aumento del 17% dei ricavi da esportazione e una crescita del 15% dei volumi di vendita. Ma l’impatto non si è fermato qui.

“La maggior parte dei nostri clienti ha registrato anche un aumento delle vendite, a conferma del fatto che un approccio proattivo e collaborativo va a vantaggio non solo del fornitore, ma anche dell’intera catena del valore.”

Inoltre, queste azioni ci hanno aiutato a proteggere i nostri margini e a rafforzare le nostre relazioni con i clienti. Coinvolgendoli attivamente nella conversazione, abbiamo trasformato l’inflazione in un’opportunità per dimostrare valore e fidelizzare i clienti.

Ad esempio, quando il prezzo del caffè Robusta è salito alle stelle l’anno scorso, ho scritto questo articolo per i miei clienti, “Strategie vincenti per superare la crisi del caffè Robusta” , che approfondisce questi approcci e fornisce spunti pratici per affrontare le sfide del mercato del caffè di oggi. Anche questo è disponibile nel mio blog”.

Borea conclude: “Per concludere, posso dire che condividendo conoscenze e strategie nel modo giusto, possiamo rafforzare il nostro settore e promuovere l’innovazione. Insieme, è davvero possibile trasformare le sfide in opportunità”.

                                                                                                             Matteo Borea

Conab stima il raccolto brasiliano ai minimi degli ultimi tre anni e New York vola ancora più in alto

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Conab produzione Brasile
Il logo di Conab

MILANO – La prima stima ufficiale Conab per il raccolto 2025/26 è in linea con le aspettative degli addetti ai lavori, con un netto calo degli arabica e i robusta a livelli record, sia in termini di produzione che di produttività. L’agenzia per l’approvvigionamento agricolo del governo brasiliano ha diffuso ieri – martedì 28 gennaio – il suo primo report sul raccolto di quest’anno, che inizierà a aprile, per concludersi a settembre.

L’indagine sul campo si è svolta a dicembre. Essa è stata integrata – come sempre – dai dati forniti dai produttori, dalle associazioni e dalle istituzioni locali, nonché dai rilievi satellitari.

L’elaborazione della ricca mole di informazioni da parte degli specialisti dell’Agenzia ha portato così a questa prima stima. È importante sottolineare che siamo in presenza di una stima preliminare formulata a mesi dall’inizio delle operazioni di raccolta.

Conab prevede una produzione 2025/26 di 51,81 milioni di sacchi, in calo del 4,4% rispetto al 2024/25. Per trovare un dato più basso dobbiamo tornare al 2022/23, quando la produzione fu di 50,9 milioni.

In un anno segnato dal ciclo negativo degli arabica, gli effetti della siccità e delle alte temperature hanno ulteriormente impattato la produttività complessiva, che scenderà a 28 sacchi/ha: il 3% in meno rispetto al 2024.

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Veronica Rossi, Lavazza, sulla direttiva CSRD: “Crediamo da sempre nella sostenibilità: preparati con largo anticipo”

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lavazza global rossi
Veronica Rossi di Lavazza Group (immagine concessa)

Veronica Rossi, sustainability senior manager del Gruppo Lavazza e vincitrice del premio SDG Pioneer Italy 2024 nella categoria Large national and multinational organizations, rivela l’impegno dell’azienda nei confronti della sostenibilità nell’intervista di Roberto Giovannini per il portale Materia Rinnovabile.

In particolare, Rossi rivela l’organizzazione per la direttiva CSRD, emanata dall’Unione Europea a dicembre 2022 e recepita dall’Italia a settembre 2024, che ha esteso l’obbligo di divulgare il proprio impatto sociale e ambientale. Leggiamo di seguito un estratto dell’intervista.

Partiamo da una domanda generale: come si inserisce la sostenibilità nella strategia del Gruppo Lavazza? Come vi siete organizzati per la CSRD?

“Ho la fortuna di lavorare in un’azienda che alla sostenibilità crede da tempo, e questo ha permesso di prepararci con largo anticipo. Il mio dipartimento di sostenibilità, che fa parte della direzione Finance, è già un passo avanti per l’integrazione tra bilancio finanziario e non finanziario.

Il dipartimento è costituito da quattro unità: supply chain, sostenibilità sociale, sostenibilità ambientale e strategia/reporting, dove lavora un team di tre persone che da mesi si dedica alla CSRD. La direttiva non si applica subito al Gruppo Lavazza, che si trova insieme alle aziende con più di 250 dipendenti non quotate, che partiranno nel 2026, ma il lavoro è iniziato ugualmente già quest’estate, con un anno e mezzo di anticipo.

Il primo passo è stato fare una gap analysis, un punto di partenza obbligato. Lavazza ha già dieci anni di esperienza nei bilanci di sostenibilità usando gli standard GRI, ha già una solida struttura per la raccolta dati e coinvolge le società estere del gruppo da sei anni. Abbiamo sviluppato un tool di raccolta dati da tutto il mondo, con un sistema di approvazione strutturato: chi inserisce i dati li fa validare dal responsabile locale (per esempio, il responsabile salute e sicurezza in Francia), e poi questi vengono consolidati e approvati a livello di gruppo.

Questo sistema non è ancora un vero e proprio controllo interno in stile CSRD, perché non coinvolge l’audit interno, ma è già un passo avanti: ruoli chiari, approvazioni definite e un processo rodato che, con qualche aggiustamento, potrebbe diventare conforme ai requisiti futuri.

Per le gap analysis sugli SRS, ci stiamo facendo aiutare da una grande società di consulenza. Il motivo? Non solo la mole impressionante di data point che vengono richiesti, ma anche alcune complessità interpretative. Su certi punti c’è bisogno di una guida esterna per navigare tra definizioni che, a volte, risultano davvero intricate”.

E poi, immagino, la doppia materialità. Ci state lavorando?

Rossi: “Anche sulla doppia materialità ci siamo mossi in anticipo: abbiamo già fatto l’esercizio quest’anno, lavorando in autonomia con il supporto del team di Accounting e Reporting. Essere integrati nella direzione Finance ci ha aiutato parecchio, soprattutto per far percepire anche ai colleghi che si occupano di bilancio tradizionale l’impatto di queste nuove richieste”.

Per leggere l’intervista completa basta cliccare qui

Nescafé: 148mila coltivatori in 16 Paesi formati nell’agricoltura rigenerativa nel 2023

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Logo Nescafé
Il logo Nescafé

Nescafé ha pubblicato il secondo rapporto del Piano 2030 di Nescafé evidenziando gli obiettivi perseguiti nel campo della sostenibilità. Secondo quanto dichiarato, sono stati distribuiti 21 milioni di piantine di caffè per assistere nel rinnovamento e nel ringiovanimento delle proprietà, raggiungendo un totale cumulativo di oltre 290 milioni dal 2010. Leggiamo di seguito parte della notizia pubblicata sul portale Driving Eco.

Gli obiettivi di Nescafé per la sostenibilità

MILANO – Nescafé, il più grande marchio di caffè di Nestlé, ha superato la sua obiettivi di approvvigionamento sostenibile del caffè e ha donato 21 milioni di piante, ampliando il proprio impatto globale sulla responsabilità ambientale e sociale, secondo il suo ultimo rapporto sui progressi.

Sostenibilità in agricoltura

Nescafé, il marchio di caffè di punta di Nestlé, è riuscito a procurarsi oltre il 20% del suo caffè da coltivatori che utilizzano pratiche agricole rigenerative, due anni prima del previsto, secondo il suo ultimo rapporto sui progressi. Questo secondo rapporto del Piano 2030 di Nescafé evidenzia come questa iniziativa stia migliorando i rendimenti agricoli e la riduzione delle emissioni di gas serra.

Philipp Navratil, capo della Coffee Strategic Business Unit di Nestlé, ha dichiarato, come riportato da Driving Eco: “Il Piano Nescafé incarna il nostro costante impegno per garantire il futuro del caffè. Questo secondo rapporto sui progressi è una testimonianza del lavoro che svolgiamo quotidianamente sul campo con i nostri partner, fornitori e coltivatori nelle regioni da cui acquistiamo il nostro caffè, e ci motiva ulteriormente a continuare i nostri sforzi”.

Punti salienti della sostenibilità

Il rapporto evidenzia una serie di iniziative in tutto il mondo e si concentra sul loro impatto:

Nel 2023, 148,000 coltivatori di caffè in 16 Paesi sono stati formati nell’agricoltura rigenerativa.

Più di 800 agronomi e personale specializzato hanno lavorato con i coltivatori di caffè nei programmi sul campo del Piano Nescafé.

Sono stati distribuiti 21 milioni di piantine di caffè per assistere nel rinnovamento e nel ringiovanimento delle proprietà, raggiungendo un totale cumulativo di oltre 290 milioni dal 2010.

Valutazione indipendente dell’adozione di pratiche sanitarie agricoltura rigenerativa in 37 unità agricole in 11 origini nel 2023.

Il Programma Globale di Riforestazione di Nestlé ha piantato più di tre milioni di alberi catene del valore del caffè catturare il carbonio e sostenere la biodiversità.

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Marina di Massa: bar e ristoranti in mano ai cinesi, Fipe: “In atto un’omologazione commerciale che cancella la tradizione”

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Marina di Massa (immagine: Wikimedia Commons)

Il panorama di bar, locali e ristoranti di Marina di Massa sembra appartenere per la maggior parte da imprenditori cinesi. Fipe Confcommercio, la Federazione italiana pubblici esercizi, chiede a gran voce un intervento delle istituzioni per proteggere e valorizzare il commercio locale. Leggiamo di seguito parte dell’articolo di Luca Cecconi per il quotidiano La Nazione.

L’espansione cinese a Marina di Massa

MARINA DI MASSA (Massa-Carrara) – Qualche anno fa Forte dei Marmi si trasformò in un feudo russo e ucraino (allora, prima della guerra, facevamo di ogni erba un fascio), con l’acquisizione di diverse ville e attività commerciali. Lo scrittore e giornalista Fabio Genovesi raccontò bene quanto stava avvenendo nel libro Morte dei Marmi.

Ora un fenomeno simile sta accadendo a Marina di Massa, ma russi e ucraini non c’entrano, così come non centrano le ville. Parliamo invece di bar, locali e ristoranti che sono passati (o stanno per passare) in mano ai cinesi. Un fenomeno che, a dir la verità, non riguarda solo Marina. L’”invasione” è in atto in tutta la provincia.

Ma restiamo nella località principale, in termini turistici, di Massa Carrara. Sono pochi i locali storici rimasti agli apuani. Il made in Cina ha inglobato il Bar Tirreno, il bar La Perla, il Vr Bistrot sul viale Roma e il bar Aloha dell’ex Lago della Fiora, vale a dire la storia di Marina di Massa.

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