Una classica tazzina di espresso (immagine: Pixabay)
L’associazione culturale Verona Riparte, fondata nel 2022 dall’avvocato Alberto Lorusso, propone il dono di un caffè sospeso alle Forze dell’ordine per ringraziarli del loro impegno quotidiano verso la comunità. Al momento hanno aderito già numerosi bar. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo di Fabiana Marcolini per il portale d’informazione L’Arena.
Il caffè sospeso a Verona per le Forze dell’ordine
VERONA – Il caffè sospeso è più di una tazzina di caffè, riunisce un concetto semplice ma con una carica di altruismo e condivisione in grado di rappresentare l’umanità nella sua completezza. In pratica incarna l’intenzione di condividere un piacere comune e di estendere la gentilezza senza aspettarsi nulla in cambio.
Nato a Napoli nella seconda metà dell’Ottocento al Gran Caffè Gambrinus da decenni ha oltrepassato i confini campani per diventare sinonimo di vicinanza, di sostegno. È quello che l’associazione culturale Verona Riparte, fondata nel 2022 dall’avvocato Alberto Lorusso, propone a Verona. Un caffè sospeso per gli appartenenti alle Forze dell’ordine.
Un piccolo gesto
Agli uomini in divisa che, come ricorda Lorusso, “sono una presenza indispensabile perché garantiscono sicurezza e decoro. Per questo ci siamo inventati un piccolo gesto di riconoscenza”. Un pensiero preso a prestito che ha una tradizione secolare e che ha già trovato una decina di adesioni, locali disseminati in città dove è possibile lasciare un caffè pagato agli uomini in divisa, agenti della polizia di Stato, carabinieri, agenti della polizia locale e Guardia di Finanza.
Un modo per “ringraziare chi sta fuori, per strada, e ogni giorno garantisce la sicurezza di tutti”, aggiunge il presidente. “Abbiamo chiesto ad alcuni bar di sostenere questa iniziativa, speriamo che aumentino in modo da coprire buona parte dei quartieri”.
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Alessio Baschieri e Antonella Favilla (foto concessa)
Fresco dell’esperienza a SIGEP, parla Alessio Baschieri, tecnico di filiera, con il ruolo di agire in piantagione per portare avanti progetti di Cooperazione finanziati anche da Governi. Un lavoro che svolge da ormai 27 anni.
Baschieri specifica: “Ovviamente in questo arco di tempo c’è stata un’evoluzione: attualmente opero in Kenya in tre progetti. A SIGEP abbiamo portato alcuni beneficiari del progetto ARABIKA: lavoriamo con 21 cooperative ed abbiamo creato 7 laboratori, formando gli assaggiatori, insegnando ad ottenere la qualità già dove si trasformano le ciliegie, in impianti progettati e realizzati dal fu impero britannico, vecchi ma ancora performanti.
Mi occupo di eliminare i difetti dal prodotto in modo che abbia la possibilità di essere commercializzato in filiera diretta, saltando gli intermediari locali che pagano poco, ma subito e non richiedono qualità. Il caffè deve essere il più pulito possibile, in modo da ridurre il rischio di imbattersi in chi tenta di ottenere sconti eccessivi. In Kenya questa materia prima finisce storicamente all’asta e viene pagata poco.
Per fare uno scatto in avanti, bisogna proporre un prodotto senza difetti, portare questi campioni nel mondo e nelle Fiere, far incontrare i coltivatori ai crudisti e torrefattori. A questo poi dovrebbe seguire tutta la parte commerciale, sulla quale continuo ad offrire la mia assistenza.”
Baschieri: “Ci sono due problemi in Kenya, che negli altri Paesi d’origine esistono meno”
“Tutto il caffè viene venduto all’asta, all’interno di un sistema creato ai tempi in cui era colonia inglese; l’età media di chi lavora nella filiera è molto vecchia. Parliamo di persone nate quando ancora c’era uno stretto legame con il Regno Unito.
In Kenya il caffè è inteso davvero come un prodotto crash crop, e quindi non destinato al consumo locale ma che segue una semplice logica: se il caffè rende, allora bene; altrimenti viene tagliato. Non c’è un’identità nel coltivatore, la società non è strutturata attorno alla coltivazione del caffè, gli agricoltori non hanno una identità di cafficoltori e la compravendita rispetta ancora i vecchi dettami dell’impero britannico: chi se ne occupa è anziano e spesso non incline a usare canali social, il web e a cambiare idee o prospettive.
Tre dei cupper formati all’interno del progetto ARABIKA Kenya (foto concessa)
Per queste condizioni particolari, anche se siamo in grado di fare un prodotto di alta qualità, avremmo bisogno che avvenga un cambio generazionale da una parte e un’apertura sanificante che arrivi dall’esterno. Questo è quello che stiamo facendo tramite i progetti di cooperazione.
“A SIGEP quest’anno, abbiamo presentato questo nostro tentativo di mettere in mostra il caffè, dando un piccolo esempio che eventualmente i vicini possono seguire”
“Già da 16 anni seguo anche la partecipazione alle fiere dei vari progetti. Questa edizione siamo arrivati con cinque Paesi a SIGEP grazie all’ICE (Istituto per il Commercio Estero) e la cosa bella è l’essere riusciti a sfruttare questo momento di incontro: nel padiglione c’erano 13 paesi produttori di caffè e cacao, otto coordinati da IILA (Istituto Italo Latino Americano), tra Centro America (Guatemala, Salvador, Honduras, Costa Rica, Haiti) e Sud America (Venezuela Colombia ed Ecuador) e i nostri cinque dall’Africa (Costa d’Avorio, Uganda, Tanzania, Kenya e Etiopia).
Nell’area del caffè, grazie alla collaborazione con alcune aziende particolarmente sensibili come La Marzocco, XLVI e Markibar, ogni paese era dotato di macchina espresso per servire ciascuno il proprio caffè. Ma abbiamo proposto anche percolati e moke. Questa vicinanza ha fatto sì che chi era interessato, incuriosito, potesse trovare nei due stand un’intera proposta africana oppure del centro-sud America.
Qui abbiamo organizzato dei tavoli di cupping e fatto collaborare queste due aree di produttori, che hanno potuto e voluto scambiarsi a vicenda competenze ed esperienze di assaggio, creando una fratellanza per me davvero splendida da vedere. Per questo posso affermare che questa esperienza in Fiera ha rappresentato un grandissimo risultato, in quanto è riuscita ad unire coltivatori di diverse parti del mondo, in un dialogo comune.
Assieme a Biocuba, sempre nel Sustainability Village, siamo stati gli unici presenti con dei farmer in queste manifestazioni: i coltivatori non sono quasi mai presenti in questi momenti, almeno non coloro che lavorano nei campi. Questa partecipazione invece è fondamentale, perché al loro ritorno il racconto dell’esperienza nella propria comunità è importantissimo per comprendere il Paese di destinazione del loro prodotto, in un’ottica più di collaborazione che di mera tentata vendita.”
I torrefattori si sono dimostrati interessati?
Baschieri mentre fa l’analisi dei difetti di caffè pergamino in fase di essicazione, in Kenya (foto concessa)
“All’interno del mio lavoro vi è anche la creazione di rapporti tra l’industria e le cooperative, spesso fungendo da facilitatore per lunghi periodi. In oltre vent’anni di esperienza ho anche tentato di organizzare gruppi di acquisto diretti con quei torrefattori che si erano mostrati particolarmente sensibili ai temi etici.
Ebbene, con i torrefattori italiani non ho avuto molta fortuna: in genere, non sono inclini ad assumersi il rischio dell’acquisto diretto in piantagione, di affrontare eventuali difficoltà nella gestione della logistica, nel dover superare la barriera del dialogo con gli acquirenti in una lingua e una forma mentis differenti.
L’idea di investire un po’ al buio – il caffè va pagato con largo anticipo -, con il rischio che poi una volta arrivato in Italia il verde non corrisponda alla qualità acquistata, non è da molti condivisa. Il torrefattore italiano vuole acquistare un prodotto già sdoganato e così avere una persona identificata alla gestione del rischio esterna alla propria realtà. Esattamente l’opposto di ciò che fanno i roasters anglosassoni ed asiatici, che invece desiderano andare ad acquistare direttamente nei campi.
Perché? A parte per una questione culturale, è in primis il loro consumatore finale ad attribuire un forte valore alla filiera diretta. Il consumatore italiano al contrario, anche solo se si alza di qualche centesimo la tazzina, scende in piazza.
Magari esce dal bar e non si ricorda neppure la marca di quello che ha bevuto. Il torrefattore ha contribuito a costruire una modalità di vendita che si fonda sul brand conosciuto, senza che si senta più neppure il bisogno di chiedersi cosa ci sia effettivamente dentro, affidandosi alle onde di comunicazione generalizzate e omogeneizzate. Ora ad esempio vanno di moda la parola sostenibilità e la certificazione B Corp.”
Quindi SIGEP, segna un bilancio positivo?
“Sì, anche se abbiamo commesso un errore in Fiera: ci siamo affidati totalmente al format che avevamo ideato insieme agli organizzatori di SIGEP, del Sustainability Village, che ha messo insieme i produttori di caffè e cacao vicini per dar loro un’identità precisa e creare un movimento unico e importante. Così mi sono concentrato nell’organizzare la programmazione, trascurando però la parte dedicata al coinvolgimento di un pubblico di clienti maggiore.
Le torrefazioni che vengono in Fiera lo fanno spesso in maniera statica, restando ciascuno nel proprio stand per incontrare clienti e agenti: non avevano per questo le funzioni aziendali potenzialmente interessate a partecipare ai nostri incontri, come i responsabili acquisti e il controllo qualità.
Per cui quando siamo stati pronti con il nostro programma, ci siamo ritrovati con una partecipazione limitata: è stato comunque un grande successo e abbiamo testato questo format che ha grandissime potenzialità. Chi è tornato a casa lo ha fatto sicuramente motivatissimo e quando ci ritroveremo in Kenya nelle cooperative, potrò contare su dei potenziali leader, delle guide che daranno l’esempio agli altri, in particolar modo rappresentati dalle donne.
Come mi piace spesso ripetere, il caffè è donna, da quando lo si coltiva, lo si raccoglie, lo si seleziona.
L’uomo solitamente si occupa di intascare i soldi. Ed ecco perché è importante supportare le donne alle origini: abbiamo per questo formato tantissime ragazze in Kenya. In Guatemala in particolare abbiamo lavorato con 3 cooperative ottenendo risultati eccezionali, a tal punto che abbiamo ricevuto diversi riconoscimenti ufficiali.”
Ci sono altri progetti che Baschieri svolge alle origini
“Sono specializzato nel lavoro con gruppi indigeni in foreste primarie e questo significa, nella pratica, che mi assicuro che i farmers restino nelle foreste e possano continuare a vivere secondo le loro consuetudini e radici culturali. Solo in questo modo possiamo contrastare la deforestazione.
La parola foreste fa venire alla mente certamente l’EUDR, e ci sono delle importanti analogie: per avere un prodotto certificato come idoneo per l’EUDR, ci vuole una carta di identità e tutto questo può solo partire dal fatto che quel lotto di caffè ha un nome e un cognome, innanzitutto. Nelle tribù indigene la proprietà della terra viene tramandata oralmente, e la presenza di un catasto va contro gli interessi di chi se ne può appropriare riuscendo ad interrompere questa catena familiare. Una foresta non vissuta è terra da disboscare in mano al più forte o prepotente.
Per questo sto insistendo nel rafforzare l’identità di popolo nelle nuove generazioni, affinché studino all’estero per poi tornare in casa con nuove competenze per dare continuità alle loro origini tribali. In Amazzonia ad esempio ci sono diversi progetti che hanno avuto grande successo.
Sono tecnico anche di tostatura, mi reco nelle torrefazioni a risolvere diversi problemi sui profili: il problema di saltare da una materia prima all’altra, soprattutto oggi che il prezzo è alle stelle, è quello di mantenere il più possibile costante il risultato finale gustativo in tazza. Si può fare tanto, modulando le curve di tostatura.
Credo molto anche nello sviluppo del mercato locale e sempre alle origini cerco di fare evolvere la torrefazione e la vendita del caffè localmente, soprattutto grazie al coinvolgimento delle donne. In Guatemala un gruppo di donne si è organizzato così bene da riuscire a vendere sul mercato locale tutto il caffè destinato all’esportazione. Sono per me grandi soddisfazioni, oltre ad un grande divertimento.“
E prossimi appuntamenti?
“SIGEP è stato un primo test. Una fiera che è ben disposta da sempre ad ospitare questo format, da quando accolse nel 2014 il World of Coffee, insieme ad una grossa parte di produttori. All’interno di un’economia generale e considerando la partecipazione alle Fiere come progetto di cooperazione, sto strutturando meglio la presenza di un certo numero di Paesi produttori. Per il momento non me la sento di sviluppare altre idee.
Sicuramente si dovrà lavorare meglio sul coinvolgimento di nuovi clienti e dovremo riuscire a implementare gli scambi interni, uscendo dalla pura logica dell’empatia. Ho trovato il Sustainability village vincente: le persone arrivavano, scoprendolo direttamente in Fiera. Si è dimostrato molto attrattivo. Speriamo nei prossimi mesi di avere la possibilità a come ottimizzarlo: tutto dipende dall’approvazione dei nuovi budget.
Ad esempio, il progetto ARABIKA in Kenya termina a marzo e non sappiamo se continuerà. ICE ha bisogno di una programmazione annuale e anche IILA ha diversi vincoli, nonostante la collaborazione sia già rodata e prosegua da anni.”
Ma in questa sua lunga esperienza sul campo, Baschieri, c’è stata un’evoluzione?
Baschieri: “Ho visto che siamo tutti molto maturati come persone: nonostante le varie crisi che ci hanno colpito, siamo migliorati, diventando più collaborativi e lasciando da parte gli individualismi. Siamo consapevoli oggi che se perde il mio vicino, perdiamo anche noi.
Il sogno di un tecnico di piantagione è di poter aver dei progetti decennali: il caffè è un crop soggetto ad una stagionalità di raccolta annuale, per cui dovrei avere a disposizione diversi anni per vedere i primi risultati, più un altro periodo di tempo per migliorare sui difetti ed educare le persone.
Il primo anno arrivo per controllare la situazione iniziale e da qui formulare una proposta nata dalla mia valutazione.
Le proposte devono essere accolte dai beneficiari, non possono essere imposte con la forza dall’alto, altrimenti sono destinate al fallimento. In seguito si cerca di coinvolgere tutti i soggetti per realizzare insieme gli obiettivi finali. Bisogna porsi sempre con umiltà, nel rispetto delle usanze locali: cerco sempre di imparare i dialetti del posto, per aumentare il livello di empatia, ma ho bisogno di tempistiche prolungate per cambiare le condizioni di povertà verso contesti di valore.
Attraverso il caffè sto modificando dei modi di vivere fossilizzati in consuetudini, quasi sempre collegate a dinamiche di forza sociali. È necessario realizzare il cambiamento con dolcezza, altrimenti si creano strappi che possono creare problemi maggiori di quelli che eravamo stati chiamati a risolvere.
Pensiamo invece che attualmente i progetti prevedono una durata di tre anni – prima era tutto più leggero – : bisogna sperare che le ONG che gestiscono i finanziamenti statali, abbiamo una lungimiranza per poter programmare progetti spezzati, fatti a step così da realisticamente portare a termine i lavori. Non si riesce quasi mai, perché ci sono dei buchi geografici e temporali che rendono un po’ vani gli sforzi.”
Parliamo de L’Albero del Caffè, la torrefazione sua e di sua moglie Antonella Favilla
“È un laboratorio artigianale e nasce per mettere insieme i progetti che ho portato a termine come tecnico in piantagione e la sensibilità di mia moglie nella gestione di progetti sociali: per questo abbiamo coniato il Pay off “Il gusto dell’etica”. Lavoriamo solo caffè biologici nella salvaguardia della biodiversità comprandoli tramite gruppi in una filiera corta.
Una componente importante è la certificazione biologica, che utilizziamo in tre modi: in primis con la certificazione si attua una più ampia valorizzazione della tradizione tribale. L’agricoltura biologica può recuperare delle pratiche ancestrali delle antiche tribù, conoscenze spesso collegate a componenti spirituali; la certificazione dà loro valore agli occhi delle nuove generazioni che spesso le rifiutano o non le riconoscono.
Secondo elemento è il dare ordine al caos che spesso si crea nella gestione da parte della cooperativa, che spesso è disorganizzata e provoca diversi problemi sulla documentazione: la certificazione obbliga invece a tenere in ordine le carte e questo a sua volta porta a delle dinamiche sociali più strutturate, che vi ruotano attorno. Il primo risultato visibile è che non vengono più gettate cartacce e rifiuti per terra: quando questo avviene, allora la strada verso il cambiamento è iniziata.
Terzo punto: davanti a un esame con un valutatore rigido che viene dall’esterno, si crea un appuntamento annuale in cui la comunità fa squadra per superare insieme l’esame.
La vittoria di essere valutati positivamente alimenta lo spirito e l’autostima dell’intera comunità. In quest’ottica il biologico diventa uno strumento utile alla società: i difetti del caffè nascono da problemi sociali di chi lo coltiva o lo lavora e un processo di salutogenesi delle dinamiche sociali porta ad un caffè privo di difetti e di conseguenza con maggiore valore.
Grazie ai progetti di cooperazione, spesso ospitiamo i coltivatori dei progetti e coinvolgiamo anche i nostri clienti in incontri dove si possono raccontare, oltre a crowd funding per finanziare scuole, biblioteche, progetti di alimentazione e tanto altro. Siamo piccoli ma pieni di idee ed entusiasmo.
L’Albero del Caffè racconta le storie delle persone che hanno coltivato il caffè: i nostri clienti ci sono affezionati proprio perché vogliono portarsi a casa quelle vite e farne parte. “
Il logo di Coffee Culture disegnato con una striscia
GENOVA – Coffee Culture, il nuovo centro di formazione di NKG Bero Italia specializzato nella cultura del caffè, inaugurato giovedì 6 febbraio è subito operativo con una vasta offerta educativa (ne abbiamo parlato qui). Per quanto riguarda i corsi professionali SCA sono previsti i seguenti moduli da febbraio a maggio 2025.
26/02/2025 Corso Green Coffee Foundation
Dalle ore 9:00 alle ore 17:00
Costo del corso: 300 euro
Costo della certificazione SCA: 100 euro
Il corso Green Coffee Foundation introduce i concetti fondamentali legati al caffè verde. È pensato per fornire una conoscenza di base sulle origini del caffè, le principali specie botaniche (Arabica e Canephora), il ciclo di produzione dalla coltivazione alla raccolta, le pratiche di lavorazione post-raccolta e le modalità di classificazione del caffè verde.
Durante il corso vengono affrontati temi come la valutazione della qualità del caffè crudo, la conservazione e il trasporto. Ideale per chi vuole avvicinarsi al mondo del caffè specializzato, il corso combina teoria e pratica per sviluppare competenze di base nel settore.
25-26/03/2025 (Due giornate) Corso green coffee intermediate
Dalle ore 9:00 alle ore 17:00
Costo del corso: 500 euro
Costo della certificazione SCA: 100 euro
Il modulo Green Coffee Intermediate approfondisce le conoscenze teoriche e pratiche sul caffè verde, rivolgendosi a chi ha già una base nel settore. Il corso esplora in modo più dettagliato la filiera del caffè, con particolare attenzione alla valutazione sensoriale del caffè crudo, alle tecniche di classificazione e ai difetti comuni.
Vengono analizzati i processi di lavorazione e le variabili che influenzano la qualità del caffè, oltre alle pratiche ottimali di stoccaggio e trasporto. Ideale per professionisti che desiderano consolidare e ampliare le proprie competenze, il corso include esercitazioni pratiche per sviluppare capacità di analisi e selezione del caffè verde.
09/04/2025 Corso sensory foundation
Dalle ore 9:00 alle ore 17:00
Costo del corso: 300 euro
Costo della certificazione SCA: 100 euro
Introduce i concetti fondamentali dell’analisi sensoriale del caffè. Il corso offre una panoramica sulle basi della percezione sensoriale, esplorando i cinque sensi e il loro ruolo nella degustazione del caffè.
I partecipanti apprendono le tecniche di base per valutare il profilo sensoriale del caffè utilizzando il cupping come metodo standardizzato. Questo modulo fornisce le competenze necessarie per riconoscere gli aromi, i sapori principali e le differenze di qualità tra i caffè.
14-15/05/2025 (Due giornate) Corso sensory intermediate
Dalle ore 9:00 alle ore 17:00
Costo del corso: 500 euro
Costo della certificazione SCA: 100 euro
Pensato per chi ha già familiarità con l’analisi sensoriale del caffè e vuole sviluppare competenze più avanzate. Il corso approfondisce la fisiologia dei sensi, le tecniche di valutazione sensoriale e il cupping professionale. I partecipanti lavorano sull’identificazione dei principali attributi sensoriali, sull’analisi delle differenze di qualità e sull’uso delle scale di valutazione. Ampio spazio è dedicato all’allenamento pratico e al miglioramento della sensibilità gustativa, con focus su triangolazioni, descrittori sensoriali e analisi dei difetti del caffè.
Per quanto riguarda i corsi workshop dedicato ai nostri clienti sono previsti i seguenti incontri:
13/03/2025 Imparare il cupping
Dalle ore 10:00 alle ore 17:00
Costo 300 euro
Il corso “Imparare il Cupping” è un’introduzione pratica e teorica al metodo standard di degustazione del caffè, utilizzato in tutto il mondo per valutare la qualità e il profilo sensoriale del caffè.
Durante il corso, i partecipanti imparano a condurre una sessione di cupping in modo strutturato e professionale. Si parte dall’allestimento della sessione, seguendo le regole e gli standard internazionali, fino ad approfondire le tecniche di assaggio e la corretta compilazione delle schede di valutazione. Ampio spazio viene dedicato al riconoscimento degli aromi e dei sapori caratteristici del caffè, nonché all’identificazione dei difetti sensoriali più comuni che possono influire sulla qualità del prodotto finale.
Oltre alla pratica di degustazione, il corso fornisce nozioni di base sulla percezione sensoriale, introducendo i partecipanti al vocabolario tecnico del caffè e al concetto di ruota degli aromi, strumento essenziale per descrivere il profilo aromatico del caffè in modo preciso e condiviso a livello internazionale.
02/04/2025 Lavorare in basket
Dalle ore 10:00 alle ore 17:00
Costo 300 euro
Percorso avanzato dedicato alla scelta e alla selezione strategica delle diverse qualità di caffè verde, tenendo conto della loro disponibilità, del profilo organolettico e delle caratteristiche che influenzano la loro resa finale in tazza. Il corso fornisce strumenti pratici e teorici per costruire e gestire un portfolio di caffè bilanciato ed efficace.
Durante il corso, i partecipanti apprendono come valutare il caffè verde e riconoscerne le qualità distintive, con particolare attenzione all’abbinamento strategico delle origini in base agli obiettivi sensoriali desiderati. Attraverso sessioni pratiche di cupping e simulazioni di blend creation, i partecipanti acquisiscono le competenze necessarie per costruire un’offerta di caffè competitiva e personalizzata, mantenendo sempre alta la qualità del prodotto finale.
07/05/2025 I difetti del caffè crudo
Dalle ore 10:00 alle ore 17:00
Costo 300 euro
Percorso formativo dedicato all’identificazione e alla comprensione dei principali difetti che possono compromettere la qualità del caffè verde. Durante il corso, i partecipanti apprendono a riconoscere i difetti fisici e sensoriali del caffè crudo, analizzandone l’origine, le cause e l’impatto sulla qualità in tazza.
Attraverso un approccio pratico e teorico, il corso esplora i difetti fisici e i difetti sensoriali più comuni, come sentori di muffa, terra o fermentazione indesiderata.
I partecipanti imparano a eseguire un’accurata valutazione visiva del caffè verde e a comprendere le diverse scale di classificazione dei difetti adottate dai principali paesi produttori. Ogni scala presenta specifici criteri di valutazione basati sul numero e sul tipo di difetti accettabili, offrendo uno strumento essenziale per interpretare e valutare correttamente la qualità del caffè crudo in funzione delle diverse origini.
MILANO – Mercati del caffè a prezzi sempre più vertiginosi: fondamentali e speculazione hanno spinto la scorsa settimana le quotazioni delle borse a livelli senza precedenti. A New York, il contratto per scadenza maggio è volato, giovedì 13 febbraio, a un nuovo massimo in chiusura di 425,10 centesimi. Le pesanti prese di beneficio operate nella giornata di venerdì 14 febbraio hanno fatto poi arretrare il contratto del 4,3%.
La settimana si è così conclusa a 407,40 centesimi, il 2,7% in più rispetto al venerdì precedente.
A Londra, il contratto per scadenza maggio ha chiuso mercoledì al rialzo del 2,8%, a un nuovo picco storico di 5.821 dollari.
Sono seguite due sedute al ribasso, con perdite però perdite nettamente più contenute. L’ottava si è conclusa così a 5.726 dollari, $162 sopra il venerdì precedente.
L’autorevole analista brasiliano Safras & Mercado sostiene che il mercato è entrato in una fase toro che si autoalimenta, di massimo in massimo, disconnessa ormai dai pur solidi fondamentali di domanda e offerta.
Entrambi i mercati appaiono tecnicamente ipercomprati e quindi vulnerabili a forti correzioni al ribasso, come quella subita venerdì da New York.
Pochi appaiono però disposti al momento a non scommettere su ulteriori rialzi, sostiene S&M. I fondi continuano ad accrescere le loro posizioni lunghe e le dinamiche dei mercati sono sempre dominate dai compratori, fatto questo che rafforza ancora di più l’escalation dei prezzi.
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A sinistra Gianni Remo, ceo di Ultramar Caffè, e (destra) Cory Bush, ceo della belga Beyers Koffie e delle sue controllate (Immagine concessa)
MILANO – Presso gli uffici della Gatti Pavesi Bianchi Ludovici di Milano, La Natura Lifestyle International Gmbh, assistita dallo Studio Caruso di Bologna, ha finalizzato la compravendita dell’intero pacchetto di quote della Beyers Caffè Italia srl che ha la sede a Castel Maggiore in provincia di Bologna.
L’acquisizione di Beyers Caffè Italia
Si è conclusa così con una stretta di mano tra il ceo Gianni Remo ed il collega Cory Bush, ceo della belga Beyers Koffie e delle sue controllate, il passaggio di quote per il trasferimento di proprietà della Beyers Caffè Italia SRL che, nella sede di Bologna, ha dato lavoro sino a 30 persone nella produzione di capsule di caffè di tutti i formati.
Fondata nel 2016, la holding La Natura Lifestyle International Gmbh che è di proprietà del magnate austriaco Mr. Ewald Struggl (gia detentore dei Marchi Martello Caffè, San Siro Caffè, Medicap, Tepresso, e molti altri) prosegue la sua corsa di M&A aggregando aziende del settore. L’obiettivo dichiarato è quello di conquistare la posizione di leader di mercato nel segmento privat label, a servizio dei grandi marchi per i canali Retail e Grande Distribuzione organizzata.
La gestione di tutti gli stabilimenti italiani e svizzeri adesso è affidata a Gianni Remo noto nel settore per la sua trentennale esperienza che, dal 2013, gestisce le aziende detenute dalla Holding di Mr. Struggl che ha la sua sede in Lichtenstein.
Ricordiamo che Gianni Remo dal mese di maggio del 2023 ricopre il ruolo di ceo/amministratore delegato anche nella azienda fanese Ultramar Caffè.
Ultramar Caffè
E la stessa Ultramar caffè proprio in coincidenza con questa operazione molto importante, ha comunicato un fatturato in crescita del 31 per cento rispetto all’anno precedente. Indicando una tendenza molto positiva in atto per l’azienda di Fano.
Sì perché sono molti i progetti sul tavolo di Gianni Remo, e tante opportunità di sviluppo di mercati non battuti dai canali attuali.
Una delle linee di produzione dello stabilimento Ultramar di Fano
ALBA (Cuneo) – Il Gruppo Ferrero, attraverso la sua holding Ferrero International S.A., ha approvato il bilancio consolidato dell’esercizio 2023/2024, conclusosi il 31 agosto 2024. Il Gruppo ha chiuso con un fatturato consolidato di 18,4 miliardi di euro, in aumento dell’8,9% rispetto all’anno precedente, proseguendo così la strategia di crescita guidata dal presidente esecutivo Giovanni Ferrero ed eseguita dall’amministratore delegato Lapo Civiletti.
L’esercizio 2023/2024 è stato nuovamente caratterizzato da un contesto economico difficile, con prezzi delle materie prime volatili e continue pressioni inflazionistiche. Nonostante ciò, il Gruppo Ferrero ha proseguito la sua forte crescita grazie alla resilienza delle sue persone, dei suoi marchi e del suo modello di business.
Ferrero mantiene la sua presenza globale, con 37 stabilimenti di produzione, e ha chiuso l’anno finanziario con una forza lavoro globale di 47.517 unità al 31 agosto 2024
Daniel Martinez Carretero, direttore finanziario del Gruppo Ferrero, ha dichiarato: “Siamo lieti di registrare un altro anno di forte crescita per il Gruppo, nonostante i continui venti contrari che il settore sta affrontando. Sebbene il contesto economico rimanga complesso, i nostri marchi e i nostri prodotti continuano a registrare buone performance.
Questo testimonia il modo in cui continuiamo a innovare i nostri prodotti per soddisfare le mutevoli esigenze dei consumatori. Per stimolare questa innovazione e aumentare le nostre capacità produttive, quest’anno finanziario ci ha visto aumentare gli investimenti totali del 18% rispetto al periodo precedente”.
La continua innovazione dei prodotti del Gruppo ha consentito un’ulteriore espansione in tutte le categorie, compresi i gelati e i biscotti. I punti salienti dell’esercizio finanziario 2023/2024 includono:
Il lancio del gelato alla Nutella, il primo gelato confezionato del marchio, che ha favorito la continua crescita della categoria dei gelati; l’ulteriore espansione nella categoria dei biscotti con il lancio di Kinderini in mercati chiave; il successo del lancio dei marchi Eat Natural e FULFIL in altri mercati europei, a dimostrazione di come il Gruppo sia in grado di rispondere alle mutevoli tendenze dei consumatori e alla crescita della categoria “meglio per te”.
Per sostenere il portafoglio e l’espansione geografica, il Gruppo sta lavorando sodo per aumentare la propria capacità produttiva.
Tra i punti salienti ricordiamo:
l’apertura del primo impianto di lavorazione del cioccolato del Gruppo negli Stati Uniti. Il nuovo impianto di 70.000 metri quadrati a Bloomington, Illinois, produce cioccolato per i principali marchi Ferrero in Nord America, tra cui Kinder, Ferrero Rocher, Butterfinger e CRUNCH, e ospita ora un nuovo impianto di produzione di Kinder Bueno; modernizzazione dello stabilimento di Stadtallendorf; lo sviluppo della capacità di approvvigionamento e lavorazione delle nocciole in Cile.
La strategia di crescita a lungo termine del Gruppo continua a essere guidata dall’impegno per la sostenibilità e per avere un impatto positivo su tutta la catena del valore.
Le società del Gruppo Ferrero in Italia, hanno approvato i bilanci civilistici al 31 agosto
Ferrero S.p.A. e le quattro società controllate in Italia hanno garantito difesa e stabilità del livello occupazionale, in virtù della priorità data alle risorse umane e ai valori di sostenibilità e responsabilità sociale d’impresa che, da sempre, caratterizzano ed ispirano la cultura del Gruppo.
Sul fronte del lavoro, in particolare, l’organico medio dell’esercizio 2023-2024, aggregando il dato della Ferrero S.p.A. e quello delle quattro Società controllate, risulta pari a 7.004 unità, in incremento rispetto all’esercizio precedente di 77 unità. L’organico puntuale al 31 agosto 2024 risulta pari a 7.776 unità.
Nonostante le incertezze correlate al contesto economico, Ferrero, che da sempre ha voluto assumere impegni concreti di cura e attenzione verso le persone e il pianeta, riconoscendone una valenza non secondaria rispetto agli obiettivi di performance economica, ha operato anche sul territorio nazionale per ridurre il proprio impatto ambientale, per sostenere le comunità locali ed i territori in cui opera, anche tramite le attività della Fondazione Ferrero di Alba, promuovendo molteplici iniziative nel campo sociale, culturale ed umanitario.
Tra queste, è stato ulteriormente sostenuto “Kinder Joy of Moving”, progetto dedicato alla diffusione di un’attitudine positiva nei confronti del movimento e dello sport tra i più giovani. Nell’ambito del progetto, è stata ulteriormente estesa un’iniziativa dal profondo valore sociale e culturale, sviluppata con un partner di eccezione: Save The Children.
Kinder Joy of Moving si conferma quindi elemento educativo complementare alle attività svolte all’interno dei Punti Luce Save The Children in Italia, contribuendo quindi alla missione più ampia di contrasto alla povertà educativa in centri ad alta densità, in cui bambini, bambine e ragazzi possono sviluppare le proprie potenzialità e in cui le famiglie più fragili possono trovare un supporto concreto.
Si riportano di seguito alcuni dati sull’andamento della Ferrero S.p.A. e delle società controllate.
Ferrero Commerciale Italia S.r.l.
Ferrero Commerciale Italia S.r.l., attiva nell’ambito della distribuzione e della vendita di prodotti dolciari ed affini sul mercato italiano, nonché della gestione delle attività di marketing, ricerche di mercato ed assistenza clienti, ha registrato una crescita delle vendite sul mercato nazionale del 3,5% a valore, con un fatturato al 31 agosto ’24 di 1.817,3 milioni di euro (vs. 1.756,6 milioni di euro al 31 agosto 2023) e un utile di esercizio di 57,0 milioni di euro (vs. 53,2 al 31 agosto 2023).
La performance delle vendite (sell-out) sul mercato nazionale (distribuzione moderna, negozi tradizionali e discount) dell’insieme dei prodotti Ferrero è stata caratterizzata da crescita a valore.
Per il conseguimento di questo risultato sono stati decisivi i contributi delle innovazioni grazie ai lanci dei biscotti Kinder Kinderini, di Nutella Gelato e di Nutella Croissant. È stato rilevante anche il contributo del lancio di Fulfil e delle vendite realizzate nell’ambito delle Occasioni per il segmento Chocolate, in continuità con quanto consuntivato negli esercizi precedenti.
Ferrero Industriale Italia
Ferrero Industriale Italia S.r.l., attiva nella lavorazione e trasformazione di materie prime in prodotti finiti nonché nella gestione dei rapporti con i terzisti e dei controlli inerenti la qualità attraverso i quattro stabilimenti di Alba, Pozzuolo Martesana, Balvano e Sant’Angelo dei Lombardi ha realizzato un fatturato al 31 agosto 2024 pari a 860,7 milioni di euro (+6,8% vs. 805,7 milioni di euro al 31 agosto 2023) ed un utile di 59,6 milioni di euro (in aumento rispetto ai 56,5 milioni di euro al 31 agosto 2023).
In materia di investimenti produttivi, l’Azienda ha confermato il proprio impegno nel contesto italiano investendo nell’esercizio tramite Ferrero Industriale Italia S.r.l. 98 milioni di euro in beni materiali.
Negli ultimi 10 anni di attività e nel solo perimetro nazionale gli investimenti industriali realizzati dal Gruppo Ferrero sul territorio hanno raggiunto 1,4 miliardi di euro.
Ferrero Management Services Italia
Ferrero Management Services Italia S.r.l., attiva nell’ambito dei servizi di natura amministrativa, di finanza e controllo, legali e di gestione del personale al 31 agosto 2024 ha realizzato un fatturato pari a 74,4 milioni di euro (+6% vs 31 agosto ’23) ed un utile dell’esercizio di 1,4 milioni di euro (in linea con il 31 agosto 2023).
Ferrero technical services
Ferrero Technical Services S.r.l., attiva nell’ambito dello svolgimento di attività di natura tecnica ed informatica, nella fornitura di servizi di ingegneria, di sviluppo grafico del packaging, di organizzazione e coordinamento dei processi documentali e di sviluppo dei sistemi di produzione al 31 agosto 2024 ha realizzato un fatturato pari a 206,8 milioni di euro ed un utile dell’esercizio di 16,7 milioni di euro, in incremento del 18% rispetto allo scorso esercizio (14,1 milioni di euro al 31 agosto 2023).
Ferrero
Holding delle attività italiane, ha generato un utile d’esercizio di 168,7 milioni di euro (139,6 milioni di euro ad agosto 2023). Tale risultato è determinato da un sensibile incremento sia dei ricavi netti, pari a 235,6 milioni di euro, in aumento di 13,4 milioni di euro rispetto all’esercizio precedente (222,2 milioni di euro al 31 agosto 2023), che del risultato della gestione finanziaria.
Ferrero S.p.A. ha infine nominato il consiglio di amministrazione. Bartolomeo Salomone viene confermato Presidente di Ferrero S.p.A. e il CdA, oltre allo stesso, risulta così composto: Fabrizio Gavelli, Massimo Micieli, Gian Mauro Perrone, Gian Luca Bassi e Matteo Ravera.
Francesco Sanapo, la felicità di fronte al bancone di Ditta Artigianale a Milano
In occasione della nuova apertura milanese, il portale d’informazione Linkiesta ha incontrato Francesco Sanapo, il fondatore di Ditta Artigianale assieme a Patrick Hoffer, della ha parlato con lui dello stato dell’arte della caffetteria nel nostro Paese. Leggiamo di seguito un estratto dell’intervista.
Lo specialty coffee raccontato da Francesco Sanapo
MILANO – Francesco Sanapo: “Dopo sei locali a Firenze in dieci anni, abbiamo sentito la voglia di continuare a crescere, uscendo dalla nostra zona di comfort. Milano è una piazza dove c’è di tutto, una bella città, competitiva, ma se si parla di specialty coffee c’è ancora tanto spazio. Qui ho trovato molta più curiosità rispetto a quando abbiamo aperto il primo store a Firenze nel 2014. L’obiettivo è quello di divulgare la conoscenza del caffè in Italia. E vorremmo farlo attraverso i nostri punti vendita, perché sono l’unico modo che abbiamo per arrivare al consumatore”.
La nuova caffetteria richiama lo stile Liberty del palazzo che la ospita, con infissi in ferro battuto e decorazioni floreali, una boiserie in legno di noce e un banco in graniglia veneziana.
Qui durante tutta la giornata vengono servite dalle miscele per espresso ai caffè monorigine provenienti da diverse parti del mondo, accompagnate da proposte artigianali dolci e salate che si possono gustare dalla colazione fino all’aperitivo.
Sanapo su Linkiesta: “La nostra idea è quella di riportare il bar alla sua dimensione umana e conviviale, ispirandosi ai caffè degli anni Cinquanta, quando questi luoghi erano punti di ritrovo per socializzare. Abbiamo creato uno spazio accogliente dove lavorare, leggere, incontrare amici o semplicemente rilassarsi”.
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Il cantante Sal Da Vinci è stato accusato di plagio poiché, a detta di alcuni pareri, il suo brano Rossetto e caffè ricorda Pensiero stupendo di Patty Pravo. L’artista ha subito smentito le accuse. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo di Jacopo D’Antuono per il quotidiano Il Sussidiario.
L’accusa di plagio
MILANO – Da qualche tempo a questa parte, Sal Da Vinci sta spopolando con Rossetto e caffè. Il duetto con i The Kolors a Sanremo 2025, se possibile, ha aggiunto ulteriore brio ad un brano che ha raggiunto oltre centocinquanta milioni di visualizzazioni in streaming.
E le recenti accuse di plagio ricevute dal cantautore napoletano non sembrano scalfirlo più di tanto, né rovinare la gioia del momento. “Pensiero stupendo di Patty Pravo? Ci sono due note che possono ricordare quella canzone, ma nient’altro”, ha tuonato il cantante a proposito dell’insinuazione circolata dopo il boom della sua canzone.
“Mi viene da ridere perché se si fosse trattato di plagio mi avrebbero massacrato”, ha precisato seccato Sal Da Vinci in una intervista riportata dal Corriere. Insomma, le critiche vengono spazzate vie dall’entusiasmo del cantante napoletano e, soprattutto, del pubblico che ha ha promosso a pieni voti Rossetto e Caffè.
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Gianluigi Goi ci ha segnalato che L’Accademia dei Georgofili, istituzione accademica fondata nel 1753 a Firenze, ha analizzato il consumo domestico di caffè nel Bel Paese. Nella ricerca gli scienziati dell’Accademia hanno appurato che il caffè preparato con la moka ad induzione è nettamente più eco-sostenibile di quello ottenuto con le macchine ad autospegnimento del caffè in cialde o capsule.
Per saperne di più leggiamo l’articolo di Matteo Cibelli, Alessio Cimini, Mauro Moresi sul sito ufficiale georgofili.info.
L’impatto ambientale del caffè in Italia
Nel 2019 il consumo italiano di caffè tostato e macinato è stato di circa 304.000 tonnellate. Di questi, l’84% è stato utilizzato per preparare la bevanda sia a casa che negli uffici o nel settore alberghiero, ristorante, catering e dei distributori automatici. Il caffè tostato e macinato copre circa il 90% dei consumi, seguito dal caffè torrefatto in grani (6,7%) e dalle polveri di caffè istantaneo (3,3%), ed è confezionato principalmente in buste flessibili in poliaccoppiato (84,5%), seguite da lattine in acciaio (7,5%) e capsule o cialde monodose (5%).
Nel settore del caffè monodose, la richiesta di capsule in alluminio è in crescita del +11% dal 2016, mentre è in calo quella di capsule in plastica e cialde in carta.
In un lavoro dell’Accademia si è determinata l’energia consumata per preparare una tazza di caffè (40 mL) utilizzando le principali caffettiere usate in Italia (ossia la Moka e le macchine per cialde o capsule), e si è effettuato uno studio di Life Cycle Assessment (LCA) per identificare le emissioni di gas ad effetto serra associate alle sole fasi di utilizzo e post-consumo in conformità al metodo standard Publicly Available Specification (PAS) 2050.
Il caffè preparato con la moka ad induzione è risultato nettamente più eco-sostenibile di quello ottenuto con le macchine ad autospegnimento del caffè in cialde o capsule per un triplice motivo:
1) Il consumo di energia elettrica per una tazza di caffè da 40 mL preparata con la moka è pari a 6.8 Wh contro i 12 Wh consumati dalla macchina per caffè in cialde o gli 8.5 Wh consumati da quella per il caffè in capsule.
2) La quantità di imballaggi (carta, plastica ed alluminio) da smaltire per singola tazza di caffè ammonta ad appena 0,5 g nel caso del caffè macinato per Moka in buste di poliaccoppiato da 250 g contro i 6,4 g nel caso del caffè in cialde od i 3,0 g nel caso della capsula tipo Nespresso.
3) L’impronta del carbonio di una tazza di caffè è pari a 48 g CO2e nel caso della moka contro i 76 g CO2e nel caso del caffè in cialde ed i 61 g CO2e nel caso della capsula tipo Nespresso.
Nonostante il caffè in cialde od in capsule rappresenti un esempio di innovazione diretta alla cosiddetta consumer care (in quanto fornisce al consumatore il prodotto ed il sistema per prepararlo con buone caratteristiche qualitative e con un alto livello di replicabilità), le cialde o le capsule di caffè eludono l’altro aspetto dell’innovazione che punta alla sostenibilità ambientale, in quanto moltiplicano, rispettivamente, per un fattore 10 o 5 le quantità di rifiuti di imballaggi post-consumo.
Purtroppo, il consumo di caffè in cialde e soprattutto in capsule sta aumentando per la maggio-re praticità di uso e di gusto, ma non certo per la maggiore sostenibilità ambientale come sostenuto nei media.
Ad esempio, nella città di Amburgo è stato vietato l’uso delle capsule di caffè negli edifici statali per ridurre la formazione di rifiuti . È stata anche evidenziata un’enorme generazione di rifiuti , spesso inquinati da alluminio e ftalati.
Alla luce dei risultati ottenuti, la caffettiera Moka non andrebbe affatto messa in cantina. Infatti, anche quando viene riscaldata con un fornello a gas l’impronta del carbonio non supera i 51 g CO2e, e rappresenta pertanto un’alternativa di gran lunga più sostenibile rispetto alle macchine del caffè in capsule o cialde.
Nonostante la qualità di una tazzina di caffè Moka dipenda fortemente dall’abilità del preparatore e dalla manutenzione della caffettiera ed i tempi di preparazione siano abbastanza più lunghi (272±5 s) di quelli di un espresso da cialde o capsule (30±5 s), il consumatore eco-responsabile dovrebbe essere consapevole che il riscaldamento globale si combatte anche con una tazzina di caffè moka, il cui uso al posto delle macchine per cialde o capsule eviterebbe l’emissione di 10,3 o 1,8 g di CO2e per singola tazzina.
Dal momento che il consumo italiano ammonta a circa 70 milioni di tazze di caffè al giorno, i gas serra evitati ammonterebbero a quelli emessi per circumnavigare l’equatore terrestre, rispettivamente, 180 o 32 volte al giorno con una city car diesel Euro5 che emette 100 g CO2e/km.
L'evento culturale presso Casa Artusi (immagine concessa)
FORLIMPOPOLI (Forlì e Cesena) – Una domenica pomeriggio all’insegna della cultura, tra esposizioni di macchine e pezzi unici ricchi di storia con degustazioni che rischiarando la mente fanno apprezzare il vero gusto del caffè di qualità. Enrico Maltoni, collezionista di macchine e caffettiere d’epoca, con Gino Bisso storico esperto di caffè ripercorrono 500 anni di storia del caffè, guidandoci alla scoperta della bevanda “amica dei letterati” come scrive l’Artusi.
L’appuntamento di Enrico Maltoni e Gino Bisso è per il 23 febbraio 2025 dalle 17:00 alle 19:00 a Casa Artusi, situata a Forlimpopoli (Forlì e Cesena).
Dai primi utensili alle caffettiere in rame e ottone, semplici o decorate, dalle cuccume agli eleganti samovar fino alle caffettiere moderne, un viaggio in secoli di invenzioni, tra evoluzione tecnica e storia del design, riscoprendo il gusto del caffè di un tempo attraverso le preziose caffettiere storiche fino ad arrivare al successo italiano del caffè espresso da bar.
Con l’occasione saranno esposte macchine da bar storiche, caffettiere di pregio e piante di caffè. Seguirà degustazione di caffè rari e pregiati in abbinamento a due dolci preparati dai Maestri di Casa Artusi.
È possibile prenotare online a 15 euro (posti limitati). Per maggiori informazioni basta cliccare qui.
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