martedì 26 Agosto 2025
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Filiera porta lo specialty coffee in monorigine nel cuore del Salento, Francesca Surano: “Lecce pronta”

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Chiara e Gabriel di Filiera (foto concessa)
Chiara e Gabriel di Filiera (foto concessa)

LECCE – Si scende nel Salento, dove la tradizione del caffè espresso è fatta di miscela con tanta Robusta e tostature molto avanzate: proprio nel cuore di questa regione, a Lecce, inizia una narrazione differente della tazzina con il locale Filiera, la coraggiosa proposta di due compagni Chiara Betocchi e Gabriel Girard che sono tornati in Puglia con un’idea precisa: coltivare la propria idea di ristorazione e caffetteria.

Filiera: caffetterie di giorno e vineria di sera

Appena 20 metri quadrati all’interno e un dehors che accoglie tutti gli avventori che desiderano sperimentare un caffè differente. La coppia dietro Filiera si incontra e si forma a Londra, lei bolognese e lui francese, si mantengono lavorando nella ristorazione.

Lo spazio esterno di Filiera (foto concessa)

Chiara: “Crediamo che sia sostenibile un’attività anche focalizzandosi solo sullo specialty, una volta però che avvenga una rivoluzione culturale attorno al caffè in Italia. Le caffetterie come la nostra ora sono il business da cavalcare. E in futuro, così come ce lo immaginiamo, ci piacerebbe concentrarci ulteriormente sullo specialty.”

E’ nel 2024 che avviene la svolta, guidata dal desiderio di rientrare in Italia e precisamente in Salento, dove Chiara Betocchi ha trascorso 5 anni della sua vita: è proprio in questa terra che hanno voluto piantare le radici della loro nuova attività, focalizzandosi su qualità e artigianalità locale.

Filiera è partita: ma com’è essere la prima caffetteria specialty di Lecce?

Chiara: “Siamo contenti, dal momento che la parte che ci piace di più di questo mestiere è proprio quella di comunicare ed educare i consumatori sui prodotti che offriamo. Il caffè specialty diventa quindi una spinta per noi. Abbiamo iniziato già a fine maggio a fare qualche evento sul caffè insieme a Francesca Surano e poi domenica 6 abbiamo inaugurato la caffetteria.

Devo dire che il pubblico sta già rispondendo in maniera sorprendente: la curiosità c’è, e Francesca è molto brava ad avvicinare i consumatori allo specialty.”

Gabriel: “Ci troviamo in una zona di Lecce un po’ nascosta e quindi si arriva proprio appositamente da noi. La nostra missione è quella di accogliere le persone incuriosite, che magari non torneranno, ma erano comunque disposte a provare qualcosa di differente. Vogliamo degli ospiti più che clienti, ai quali comunicare la nostra vicinanza per i farmer.

Da sommelier mi sono ritrovato a proporre la tazzina come avrei fatto con il vino, raccontando il processo, il concetto di terroir: le persone dimenticavano il prezzo e l’idea del caffè come si intende qui a Lecce.”

Pane dal forno Tempera o Settecroste, una grande ricerca su vini naturali, come Loco Vini in Puglia, e altre etichette francesi ed europee, ed infine, naturalmente, il caffè: un prodotto curato nel dettaglio sotto la guida dell’esperta Francesca Surano che si è occupata di far germogliare questo progetto sotto i migliori auspici.

Ed è proprio lei che si unisce al racconto: “Dietro Filiera ci sono innanzitutto dei ragazzi straordinari

Francesca Surano che si versa un filtro (foto concessa)
Francesca Surano che si versa un filtro (foto concessa)

“Con una maturità e un’intraprendenza che si traduce in capacità di fare impresa nella creazione di un concept. Hanno le idee chiare e quando non le hanno, con grande umiltà chiedono per fare al meglio e approfondire la loro curiosità verso il food&beverage e una filiera tracciabile. Coerentemente con questa loro filosofia hanno voluto formarsi sul caffè e io li ho sostenuti con grande gioia in questo che sono certa diventerà un circolo virtuoso che avrà effetti positivi su tutto il settore.

Oggi Filiera rappresenta un faro non solo per il Salento, ma anche a livello nazionale: conosco poche realtà così. E ciò che dico si può toccare con mano da chiunque venga a visitare questo locale.”

Tanta formazione e conoscenza quindi attorno ad una materia prima e ad una bevanda, che in Italia e poi a Lecce, si conosce poco. Un compito difficile che è stato affidato al barista Eric Navarrete, direttamente atterrato da Bruxelles ed equadoregno per saper valorizzare gli specialty tostati da Santa Domenica.

Una risorsa essenziale per Filiera, che aveva bisogno di un professionista all’altezza della situazione: un mestiere che non è percepito ancora come di valore. La missione di portare lo specialty a Lecce lo ha convinto, così come la libertà creativa di realizzare le proprie ricette.

Da Filiera per ora sono in quattro, ma nel futuro l’idea è quella di assumere.

“I profili che abbiano selezionato rimandano ad un palato più allenato. Nell’espresso non abbiamo cercato delle note cioccolatose, ma abbiamo selezionato un micro lotto dell’Honduras della piantagione di Francesca, dolce, equilibrato, ma con una buona acidità.”

Educare senza spaventare il consumatore, senza però assecondarlo: “Volevamo far percepire la reale differenza nel gusto a cui sono abituati mediamente.”

In V60 uno specialty con doppia fermentazione, con note molto floreali, tanto lontano dal caffè leccese.

Macchine in azione: Un macinatore per il filtro (nuovo modello Time more Culture) e uno per l’espresso (Malkhoenig E65S2, e in prospettiva diventeranno due) e per l’espresso una macchina professionale Dalla Corte evo 2.

Diversi caffè: tutti mono origine, Honduras, Costa Rica, Colombia, Kenya. Nessuna miscela.

Ma non si vive di solo specialty (un espresso da Filiera comunque costa 2.50 e il double 3.50).

E Filiera cambia veste nelle ore serali dove dà più spazio all’altra sua natura di wine bar, con bottiglie e vino alla mescita. Non solo, in carta compaiono ricette più di tendenza e internazionali, come flat white, batch brew, mokka master, ma anche kombucha, tè e tisane, e il loro signature drink dell’estate ‘”l’iced filiera”.

I pacchetti di specialty (foto concessa)

Il cold brew e il servizio del V60 al tavolo, permette una comunicazione diretta con il consumatore, che sta ordinando queste estrazioni anche a discapito dell’espresso.

Ovviamente, c’è la possibilità di acquistare accessori, attrezzature e caffè, per berlo a casa.

“Ci piacerebbe nel futuro proporre solo in double e attualmente lo spingiamo sempre alla carta. Il prezzo non è un problema, anche perché voglia proprio segnalare la differenza dal bar tradizionale. C’è un problema al contrario, questo vorremo comunicare al cliente: se il costo è troppo basso, qualcuno non è remunerato correttamente lungo la filiera.”

Filiera aspetta tutti da mercoledì a domenica (dove la mattina si allunga sino alle 15, complice il brunch), con gli orari che vanno dalle 8:30 alle 14, per poi riprendere con l’apertura dalle 18:30 alle 23.

Ultimo caffè della giornata? Intorno alle 19.30-20. E per chi lo volesse, c’è anche il decaffeinato per filtro, da servire la sera in V60. Ancora in fase di sperimentazione le bevande a base caffè, come la cascara e qualche cocktail serale con le erbe selvatiche.

The Seed: a Milano la caffetteria del benessere tra digital detox, coworking e matcha

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the seed
L'entrata di The Seed (immagine: ©LorenzoSironi)

MILANO – Caffetteria, matcha, coworking, digital detox e cultura: a Milano nasce The Seed, il locale in via Monte Nero 78 che combina tutti gli elementi proponendosi come un concetto innovativo. L’idea è nata come una naturale evoluzione di The Garden, il centro yoga creato da Flavia Abbadessa quasi due anni fa, per implementare la parte della nutrizione e del benessere in forma di caffetteria.

Flavia Abbadessa, la fondatrice del progetto, afferma: “The Seed è composta da una caffetteria al piano terra con una zona coworking per chi vuole venire a lavorare da remoto. Al piano di sotto abbiamo una zona dedicata agli eventi per collaborazioni con aziende con servizi come team building, workshop, showroom e via dicendo. Inoltre abbiamo anche uno spazio per il digital detox, ideato come momento di disconnessione dal mondo online, ideale per chi vuole leggere o impegnarsi in altre attività senza computer. Il concetto è particolarmente diffuso in Olanda, Belgio e Nord Europa. Tutti abbiamo bisogno a volte di dedicarci del tempo per noi stessi senza cellulare”.

Lo spazio coworking (immagine: ©LorenzoSironi)

The Seed: tra digital detox, coworking e matcha

C’è di più: The Seed si prefigge come obiettivo quello di unire il mondo artistico con workshop ed eventi mirati a promuovere la creatività fungendo da luogo di esposizione per gli artisti emergenti, senza contare i laboratori dedicati alla ceramica, pittura e talk centrati sulla psicologia e la terapia.

La zona detox (immagine: ©LorenzoSironi)

Abbadessa: “L’idea è quella di concepire The Seed come uno spazio multifunzionale che può avere tante risorse differenti. Anche la parte artistica ci sta particolarmente a cuore. Il bancone del nostro locale è stato fatto completamente a mano con tronchi tagliati da alberi della regione Lombardia per un progetto di ecosostenibilità. Anche il servizio ceramica che offriamo, piattini e tazzine, sono tutte fatte a mano da noi e la nostra community a The Garden”.

Il bancone del locale (immagine: ©LorenzoSironi)

Passiamo ora alla parte dedicata al caffè. The Seed ha scelto la torrefazione Diemme e offre un caffè 80% arabica e 20% robusta con un gusto armonioso ma deciso. Un espresso costa 1,30 euro e un cappuccino 2,20.

“Serviamo inoltre il matcha proveniente direttamente dal Giappone caratterizzato da un retogusto armonioso e completo. Il matcha con acqua viene tre euro. La versione con latte invece costa 4 euro. E l’iced matcha latte viene 5,50”.

Il locale (immagine: ©LorenzoSironi)

Inoltre, The Seed propone il Golden Latte, simile al cappuccino con la curcuma al posto del caffè, un ottimo antiossidante che viene scelto dalle persone che desiderano ridurre la quantità di caffeina.

Abbadessa scende nel dettaglio per la proposta food: “Abbiamo una parte di produzione di cui ci occupiamo personalmente come frullati, pudding, power balls: un’offerta internazionale che rimanda agli Stati Uniti. Per i dolci, offriamo banana bread, brownies e  carrot cake, ci riforniamo dal laboratorio artigianale Bibi Lab. Proponiamo inoltre insalate e toast con avocado, salmone e il pan con tomate, specialità spagnola simile a una bruschetta”.

In inverno, The Seed offre anche una vasta varietà di zuppe, che a fronte delle stagioni più calde, hanno lasciato spazio a insalate, frutta fresca e yogurt con una grande attenzione alla sostenibilità.

Abbadessa conclude: “Tutto è nato da The Garden, il nostro centro yoga e massaggi dedicato al benessere e alla cura interiore. Il logo di The Garden è un albero con la figura di un essere umano che simbolizza il nostro contatto con la natura. The Seed ha invece lo stesso logo ma ribaltato a testa in giù, con le radici verso in basso, volte a ritrovare l’equilibrio e il vigore fisico grazie alla nutrizione: due facce della stessa medaglia che offrono una soluzione alla frenesia della vita moderna”.

Giuseppe Lavazza su Bloomberg: “I dazi Usa al Brasile avranno ripercussioni sull’intera filiera del caffè”

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Giuseppe Lavazza è il presidente del Gruppo Lavazza e del Comitato italiano del caffè in Union Food (immagine concessa)

MILANO – Giuseppe Lavazza ancora protagonista sui media internazionali. Il presidente del Gruppo Lavazza e del Comitato italiano del caffè è stato ospite ieri, giovedì 11 luglio, della trasmissione di Bloomberg “The Pulse, condotta da Francine Lacqua. Alla stessa trasmissione aveva partecipato, la settimana scorsa, anche il presidente di Illycaffè, Andrea Illy. Riportiamo di seguito alcuni dei passaggi più significativi dell’intervista
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D’obbligo, per iniziare, una domanda relativa ai dazi, dopo la decisione dell’amministrazione Trump di imporre tariffe del 50% al Brasile. Cosa comporterà tutto ciò i prezzi del caffè, in particolare degli arabica?

Il Brasile è il primo produttore mondiale: chiunque lavori nel campo del caffè ha necessariamente a che fare con questo paese.

Il caffè brasiliano fa parte delle miscele e dei prodotti che i consumatori di tutto il mondo assaporano ogni giorno. I dazi dunque incideranno notevolmente sul prezzo della tazzina negli Usa.

Ciò potrebbe produrre molta inflazione nell’industria, che è già sotto stress da 4 anni a questa parte.

Come funziona la supply chain di Lavazza: l’azienda è vincolata da accordi di fornitura esistenti da anni?

Normalmente, non ci sono accordi a lungo termine nel nostro settore. Si può decidere di comprare il caffè da paesi diversi. Nel caso in cui i dazi colpiscano una determinata origine, i torrefattori cercheranno di optare per un’altra meno costosa.

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HostMilano anticipa i trend globali dell’ospitalità tra ritualità e innovazione

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HostMilano tra ritualità e innovazione (immagine concessa)

MILANO – Per alcuni è un piacere da condividere, per altri una necessità quotidiana, altrove ancora un’esperienza da esibire. In vista dell’edizione 2025, HostMilano – la manifestazione organizzata da Fiera Milano, leader mondiale per l’ospitalità professionale – ha promosso con CSA Research una vasta indagine sulle abitudini legate al consumo fuoricasa.

Grazie a oltre 8.000 interviste in sette mercati chiave (Italia, Spagna, Francia, Germania, Regno Unito, Stati Uniti e Arabia Saudita-EAU), l’analisi restituisce uno spaccato puntuale e aggiornato di come, dove e perché si sceglie di mangiare fuori oggi.

Italia ed Europa si confermano conviviali

In Italia, la cena si conferma il momento preferito (50,3%) e la motivazione dominante resta lo svago (37,4%), soprattutto per un pubblico urbano, benestante e laureato. I consumatori italiani premiano sempre più la qualità degli ingredienti, la chiarezza sull’origine e le opzioni salutari: segnali di un rapporto col ristoratore fondato sulla fiducia, oltre che sul gusto.

Ampliando lo sguardo all’Europa, mangiare fuori è ancora soprattutto un rito sociale: la convivialità è centrale in tutti i Paesi, pur con sfumature diverse. Il pranzo prevale in Francia e Spagna, la cena in Italia e Germania, ma ovunque cresce il peso dell’esperienza complessiva. Menù curato, atmosfera e servizio fanno la differenza, mentre la qualità assume significati differenti a seconda del contesto culturale.

Praticità anglosassone, status e famiglia nel Golfo

Nei Paesi anglosassoni domina invece l’approccio funzionale: si mangia per praticità, e lo si fa spesso. Negli Stati Uniti si arriva a una media di 13,2 uscite settimanali, soprattutto tra i giovani. Fast food e quick service sono i formati prediletti, scelti per rapidità, accessibilità e rapporto qualità-prezzo.

Completamente diverso l’approccio nei Paesi del Golfo, dove mangiare fuori è spesso legato a dinamiche di status, celebrazione familiare e lifestyle. L’esperienza è sì importante, ma è percepita come segno distintivo: contano l’atmosfera, la reputazione del locale, la sua presenza sui social. E anche qui i fast food – scelti dall’83,5% degli intervistati – assumono un valore simbolico di sicurezza e riconoscibilità.

Uno scenario sfaccettato, che Host Milano metterà al centro della 44.ma edizione, in programma a Fiera Milano dal 17 al 21 ottobre prossimi, con approfondimenti, incontri e visioni strategiche per tutta la filiera. La ricerca sarà anche oggetto di un secondo aggiornamento in vista di Host 2027, confermando il ruolo della manifestazione come piattaforma di osservazione privilegiata sui cambiamenti globali dell’ospitalità.

Per cogliere tutte le anticipazioni che verranno presentate a Host 2025, acquista subito il tuo accesso a un prezzo speciale grazie all’opzione Early Bird. Ma affrettati: le tariffe scontate sono disponibili solo fino al 17 settembre prossimo.

Parts Town Unlimited, holding di REPA: Steve Snower è executive chairman, Bill Geary passa CEO e Glenn Chamberlin è il nuovo CFO

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Steve Snower, executive chairman (immagine concessa)

CESENA – Parts Town Unlimited, leader globale nella distribuzione high-tech di ricambi per cucine professionali, apparecchiature HVAC, elettrodomestici e servizi correlati, nonché holding company di REPA e Parts Town UK – ha annunciato l’ingresso di Bill Geary nel ruolo di chief executive officer, a seguito della decisione di Steve Snower di assumere la carica di executive chairman del consiglio di amministrazione, dopo 21 anni alla guida dell’azienda come ceo.

Cambio ai vertici di Parts Town Unlimited

Snower ha motivato la sua scelta con la necessità di dedicarsi maggiormente alla famiglia, in particolare per supportare la moglie nel percorso di recupero dopo le cure contro la leucemia e il trapianto di cellule staminali.

Bill Geary proviene dal suo più recente incarico alla guida di una divisione multimilionaria di Wesco, leader nella distribuzione globale ad alto contenuto tecnologico con oltre 20.000 collaboratori nel mondo.

“Bill è la persona giusta per questo ruolo. È un leader umile e ambizioso allo stesso tempo, con un’esperienza straordinaria e altamente competente. Ho avuto modo di conoscerlo a fondo, sia dal punto di vista professionale che personale, e sono entusiasta di iniziare questa nuova fase insieme a lui. La sua expertise sarà fondamentale per supportare la continua espansione di Parts Town Unlimited in America, Europa e Regno Unito”, dichiara Steve Snower, “Sesto Uomo” ed executive chairman.

“Sono entusiasta di unirmi a questo straordinario percorso di crescita e di collaborare con Steve, con il ceo di REPA Alex Wiegand e con il leadership team di Parts Town Unlimited,” afferma Bill Geary. “L’azienda presenta un potenziale di crescita eccezionale e la vocazione all’innovazione continua. Metterò a disposizione la mia esperienza nella gestione di realtà internazionali in forte espansione per contribuire al successo futuro del Gruppo. È un onore entrare a far parte di un team così fortemente orientato ai valori e alla cultura aziendale.”

Snower aggiunge: “Resterò pienamente coinvolto nella vita dell’azienda, ispirandone la visione e i valori, contribuendo allo sviluppo della cultura aziendale, alla crescita dei nuovi leader, lavorando su innovazione e attività di M&A, e supportando il team in ogni modo possibile. Questo passaggio di testimone mi consente al tempo stesso di rispondere alle esigenze della mia famiglia. Con l’arrivo di Bill, l’azienda potrà contare su una leadership solida, competente e determinata nel perseguire la nostra visione.”

Contestualmente, Glenn Chamberlin entrerà in azienda con il ruolo di chief financial officer. Lori Sherwood, attuale CFO dal 2014 e figura chiave nel guidare il business attraverso 37 acquisizioni e una crescita incredibile, ha annunciato il proprio pensionamento, ampiamente meritato e da tempo pianificato, previsto per la primavera del 2026. Appassionata viaggiatrice e fotografa, Lori si dedicherà a esplorare il mondo dopo la pensione.

“Desideriamo ringraziare Lori per il suo eccezionale contributo a Parts Town Unlimited. Con instancabile dedizione, ha supportato la nostra crescita e il nostro team. Icona e punto di riferimento culturale per la nostra azienda, ho profondamente apprezzato la sua trasparenza nell’aver comunicato per tempo la sua decisione, garantendo così una transizione graduale e collaborativa con Glenn,” dichiara Snower.

Chamberlin proviene dal ruolo di executive vice president of Finance presso BradyPLUS, dove ha guidato con successo la trasformazione delle funzioni finanziarie e contabili, supportando numerose acquisizioni e contribuendo alla crescita dell’Ebitda.

Con l’ingresso di Bill Geary e Glenn Chamberlin, insieme a Steve Snower e al team di leadership esistente, Parts Town Unlimited ha gettato le basi per una crescita e un’innovazione durature.

La scheda sintetica di Parts Town Unlimited

 Parts Town Unlimited è la capogruppo di oltre 49 brand a livello globale e leader mondiale nella distribuzione high- tech di ricambi originali (OEM) per attrezzature per la ristorazione, elettrodomestici, apparecchiature HVAC ed

elettronica di consumo, nonché di prodotti e servizi correlati. La società è costantemente impegnata nello sviluppo di strumenti avanzati per l’identificazione rapida dei ricambi, nel potenziamento delle capacità logistiche e nella promozione di soluzioni innovative.

Guidata dai valori fondamentali di Sicurezza, Integrità, Comunità, Passione, Coraggio e Innovazione, Parts Town Unlimited promuove partnership durature, crescita illimitata e innovazione costante. La società è stata recentemente riconosciuta per il 16º anno consecutivo come una delle realtà in più rapida crescita negli Stati Uniti.

La scheda sintetica di REPA

 REPA è il principale distributore europeo di ricambi per apparecchiature per la ristorazione e la refrigerazione, macchine per il caffè e distributori automatici e partner di fiducia dei costruttori di apparecchiature (OEM), in grado di fornire il pezzo giusto al momento giusto.

Con il più grande stock di ricambi originali e universali al mondo, materiali di consumo e accessori, distribuiti da un network di centri logistici altamente automatizzati in tutta Europa e oltre, REPA garantisce i tempi di consegna più rapidi del settore.

Funzionalità potenziate dall’AI, immagini a 360°, disegni esplosi, manuali tecnici e altre funzioni di ricerca disponibili sulla piattaforma e-commerce e sulla app rendono semplice l’identificazione e l’ordine di ogni articolo. Un team di esperti del settore aiuta i clienti, in oltre 20 lingue, a trovare la soluzione perfetta per ogni riparazione.

Con REPA, la manutenzione quotidiana delle apparecchiature per la ristorazione non è mai stata così semplice. REPA è la divisione europea di Parts Town Unlimited.

Ferrero acquisisce WK Kellogg, l’azienda produttrice di cereali, per 2,6 miliardi

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Ferrero salmonella Wells kinder bueno
Il logo della Ferrero

La multinazionale Ferrero ha completato l’acquisizione di WK Kellogg, storica azienda americana produttrice di cereali per la colazione. L’operazione ha un valore totale di 3,1 miliardi di dollari (circa 2,6 miliardi di euro). Recentemente l’azienda con sede ad Alba, ha avviato inoltre le trattative per l’acquisizione di Carambar & Co, noto marchio francese di caramelle al caramello (ne abbiamo parlato qui). Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo pubblicato sul Corriere della Sera.

L’acquisizione di Ferrero

ALBA (Cuneo) – La Ferrero acquista per 3,1 miliardi di dollari WK Kellogg KLG, la società dei Corn Flakes, i prodotti iconici della colazione di milioni di americani. L’accordo è stato raggiunto sulla base di 23 dollari per azione in contanti.

“L’acquisizione fa parte del piano di crescita strategica di Ferrero – si legge in una nota del gruppo italiano famoso in tutto il mondo per la Nutella – e la transazione “è un altro capitolo della comprovata strategia di Ferrero di acquisire, investire e far crescere marchi iconici, continuano a migliorare la presenza complessiva e l’offerta di prodotti in Nord America”.

“Sono lieto di dare il benvenuto a WK Kellogg nel gruppo Ferrero. Questa – ha sottolineato il presidente esecutivo del gruppo Giovanni Ferrero come riportato dal Corriere della Sera – è più di una semplice acquisizione: rappresenta l’unione di due aziende con un’importante tradizione a generazioni di consumatori fedeli”.

“Più risorse per Kellog”

“Riteniamo che questa transazione proposta massimizzi il valore per i nostri azionisti e consenta a WK Kellogg Co di scrivere il prossimo capitolo della storica eredità della nostra azienda”, ha sottolineato, dal suo canto, Gary Pilnick, presidente e amministratore delegato di WK Kellogg Co, sempre sul Corriere della Sera.

“L’ingresso nel gruppo Ferrero fornirà a WK Kellogg Co maggiori risorse e maggiore flessibilità per far crescere i nostri marchi iconici in questo mercato competitivo e dinamico. In qualità di azienda privata a conduzione familiare con valori in linea con il nostro fondatore W.K. Kellogg, Ferrero offre un’ottima casa per i nostri dipendenti e ha una comprovata esperienza nel sostenere le comunità in cui opera. Non vediamo l’ora di collaborare con il loro team per mantenere la grande promessa dei cereali, esplorare opportunità oltre i cereali e aiutarci a dare il meglio di noi stessi ai consumatori ogni giorno”.

WK Kellogg è l’azienda dei marchi Froot Loops, Frosted Flakes, Rice Krispies e una varietà di altri cereali. Oggi ha un valore di mercato di circa 1,5 miliardi di dollari e un debito di oltre 500 milioni di dollari. L’accordo unisce due storici produttori di alimenti sulle due sponde dell’Atlantico.
Ferrero ha puntato sugli Stati Uniti per acquisizioni volte a crescere geograficamente e ad espandersi per categoria. Ha acquisito Wells Enterprises, il produttore di Blue Bunny e di altri marchi di gelato, e in precedenza ha concluso un accordo da 2,8 miliardi di dollari per l’acquisizione del business statunitense del cioccolato di Nestlé. WK Kellogg è il risultato dello scorporo, circa due anni fa, della divisione nordamericana dei cereali di Kellogg in una società quotata in Borsa.
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Roberto Caraceni, autore de La degustazione di cioccolato: teoria e pratica in un solo volume

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La copertina del libro di Caraceni, La degustazione del cioccolato
La copertina del libro di Caraceni, La degustazione del cioccolato

MILANO – Roberto Caraceni, vice presidente della Compagnia del cioccolato, nonché resposabbile della didattica e chocolate taster, eccezionalmente diventa autore per Hoepli, del volume “La degustazione del cioccolato“. Un titolo che già fa intuire il contenuto di questo libro che vuole porsi come guida all’assaggio consapevole di un prodotto che a molti piace, senza sapere bene cosa sia la qualità.

Caraceni parte proprio dalle fondamenta

Spiegando naturalmente cosa siano i cacao (e non il cacao, come volutamente ci tiene a specificare subito l’autore) in quanto prodotti agricoli. Un dato interessante viene subito condiviso con il lettore: “almeno il 98% delle tavolette viene creato mescolando diverse qualità di cacao”.

La monovarietà è qualcosa di raro e che arriva sul mercato piuttosto tardi – i primi tentativi risalgono agli anni ’80 -: occhio comunque alle etichette, perché nonostante sia indicata la provenienza della materia prima, se si legge solo per esempio “dal Messico” è già un’informazione importante, ma non dettagliata che suggerisce l’uso di un blend nazionale. in questo caso il termine più corretto è monorigine, non monovarietà.

Questa stessa precisione terminologica si trova distribuito in tutti i sotto paragrafi, facendo i dovuti distinguo tra la degustazione, la valutazione, l’analisi organolettica e infine, l’allenamento: tutte operazioni che un chocolate taster deve saper padroneggiare e continuamente aggiornare per poter selezionare prodotti di qualità e soprattutto saperla poi descrivere nelle sue caratteristiche principali.

Attenzione all’etichetta

Dove generalmente per un fondente, si trovano la pasta di cacao, lo zucchero, il burro di cacao, la lecitina, la vaniglia (solo i primi due ingredienti sono obbligatori per legge). Una curiosità che pare quasi un paradosso, viene svelato da Caraceni: una tavoletta realizzata al 100% di cacao, non può essere definito cioccolato per norma, dato che non contiene zucchero.

Una breve parentesi dedicata anche ad altri ingredienti che potrebbero trovarsi nella classica tavoletta di cioccolato al supermercato, come il cacao in polvere, il latte, i vari dolcificanti (naturali e artificiali), naturalmente la nocciola e i grassi vegetali (uno dei più comuni è l’olio di palma).

Altre informazioni utili al consumatore più consapevole, il dato del peso e il suo rapporto al prezzo finale, la percentuale di cacao contenuto.

Il passaggio alla coltivazione del cacao

Si torna alle origini dove viene coltivato il Theobroma cacao (il nome scientifico della pianta): emergono elementi come temperatura, piogge, terreno, luce che influiscono sulla buona riuscita di un raccolto. Un piccolo specchietto è dedicato anche ai “cugini prossimi del cacao”, ovvero le specie di altro genere, come il Thebroma bicolor, grandiflorum e speciosum. Ma anche delle tre grandi famiglie che molti hanno già sentito nominare: Criollo, Forastero e Trinitario.

Tutta la pianta, dal fiore ai semi, vengono raccontati da Caraceni, che poi indulge sul processo essenziale della fermentazione, seguita dall’essicazione e dalla classificazione, calibratura e fumigazione: fasi altrettanto importanti per identificare l’effettiva qualità delle fave di cacao.

Caraceni si rivolge più ai trasformatori nel capitolo 4

Dedicato fondamentalmente alle fasi di lavorazione del cacao per arrivare al cioccolato.

Dallo stoccaggio e la pulizia, alla tostatura e decorticazione, i passaggi sono parecchi per arrivare alla tavoletta. Si parte da un chiarimento importante: non tutti i cioccolatieri partono dalle fave di cacao, anzi, la maggioranza inizia da semilavorati preparati d altri, come può essere la pasta di cacao.

Questa seconda categoria di professionisti sono coloro che ricadono più propriamente nella cosiddetta categoria del bean to bar e Caracena ne indica in Italia circa una trentina su qualche migliaia di produttori di cioccolato.

Tutto il capitolo 5 invece è esplorativo dell’analisi sensoriale

Che appunto coinvolge tutti i sensi necessari alla valutazione di ogni cioccolato fondente. Ovviamente, e questo emerge sin da subito, l’esperienza è il fattore imprescindibile: più si assaggia, più si è allenati all’analisi accurata.

Non c’è soltanto il palato come si potrebbe pensare, a giocare un ruolo in questa fase: ci sono olfatto, tatto, vista, persino l’udito (un buon fondente viene descritto da Caraceni e il mondo dei cioccolatieri, con un suono: snap) le condizioni esterne e fisiche ideali per predisporre una degustazione efficiente, l’uso di una scheda di valutazione ben impostata (ce ne sono due inserite all’interno che è curioso consultare).

Da considerare, l’astringenza, la scioglievolezza, un concetto più complesso come la rotondità (spiegata da Caraceni come mancanza di spigolosità o percezione sferica degli aromi). Ci si addentra nel distinguo tra aromi primari e secondari (gradevoli e sgradevoli).

Dopo aver messo in campo questi e altri accorgimenti, alla teoria segue la pratica.

Caraceni invita alla valutazione condivisa con i lettori

Che prende quasi per mano dentro ai supermercati, alla ricerca dei prodotti più diffusi, come il Lindt Excellence 70%, un Domori Criollo 70% Ocumare 77 e altre referenze: con queste traccia delle schede di valutazione accurate che rispecchiano tutti i parametri prima elencati.

Questo esercizio è estremamente interessante per toccare con mano la qualità delle tavolette che più vengono acquistate dal consumatore medio tra gli scaffali. I valori attribuiti da Caraceni parlano chiaro. Al lettore poi sta infine fare le considerazioni di conseguenza.

Nel volume “Degustazione del cioccolato”, c’è tutta la filiera chiusa in oltre 200 pagine, al costo di 27,90 euro. Disponibile a questo link.

Cacao: l’aumento dei consumi porta i produttori a disboscare nuove terre

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fave cacao ghana africa america Emily Urías cioccolato virus modica svizzera
Le fave di cacao (Pixabay licensed)

L’industria del cacao è in rapida espansione, ma l’incremento sempre maggiore dei consumi ha un costo: di fronte all’estrema povertà, i produttori sono costretti a disboscare nuove terre fertili. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo di Lauriane Kraskowski, credit and Esg analyst di Crédit Mutuel Asset Management, per il quotidiano La Repubblica.

Cacao: la domanda cresce, le foreste si riducono

MILANO – Che si tratti di tavolette, ganache o dolcetti, il cioccolato si gusta, si assapora e si condivide. Ma sotto la dolcezza si nasconde un’amara realtà: un prodotto che ha un alto prezzo ecologico e sociale.

Con un consumo medio annuo di 3,1 chilogrammi di cioccolato per persona in Italia e una domanda globale in aumento del 2-5% ogni anno, l’industria del cacao è in rapida espansione. Questa crescita ha portato a un’intensificazione delle coltivazioni, in particolare in Costa d’Avorio e in Ghana, che insieme producono quasi il 60% del cacao mondiale.

Tuttavia, questa impennata dei consumi ha un costo: di fronte all’estrema povertà, i produttori sono costretti a disboscare nuove terre fertili.

In Costa d’Avorio, ad esempio, le foreste che un tempo ricoprivano gran parte del Paese rappresentano oggi meno del 10% del territorio nazionale.

Anche il clima porta a un prezzo elevato

Questa incessante ricerca della produttività ha un significativo costo ambientale. A livello mondiale, la deforestazione è responsabile di circa il 20% delle emissioni di gas serra, percentuale che sale a quasi il 25% in Africa occidentale. Inoltre, le piantagioni di cacao – tipicamente disposte in file monocolturali – mancano di diversità vegetale, rendendole particolarmente suscettibili alle malattie e agli stress legati al clima, che possono avere un forte impatto sulla resa dei semi.

Nel 2023 e nel 2024, i raccolti sono stati drammaticamente colpiti da una serie di eventi climatici estremi, tra cui piogge abbondanti, siccità improvvisa e la diffusione di malattie come il marciume bruno, che hanno portato a un forte calo della produzione di cacao in Costa d’Avorio.

Per leggere la notizia completa basta cliccare qui

Caffè: ecco perché il consumo di tre tazzine al giorno è associato ad un invecchiamento più sano per le donne

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Una classica tazzina di espresso (immagine: Pixabay)
Consumare tre tazzine di caffè al giorno è associato ad un invecchiamento più sano, soprattutto per le donne. Un effetto che, secondo gli autori, potrebbe essere attribuito all’azione antinfiammatoria e antiossidante della caffeina e di altri composti bioattivi contenuti nell’espresso. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo di Isabella Faggiano per il portale Sanità Informazione.

I benefici del caffè per le donne over 50

MILANO – Che sia per gusto o per abitudine, bere regolarmente caffè con caffeina potrebbe essere un vero e proprio elisir per invecchiare in salute, soprattutto per le donne over 50. Parola dei ricercatori della Harvard T.H. Chan School of Public Health che hanno condotto uno studio sull’argomento, presentato alla conferenza internazionale dell’American Society for Nutrition.

La ricerca ha analizzato i dati di oltre 47mila donne tra i 45 e i 60 anni, seguite per un periodo di circa 30 anni nell’ambito del celebre Nurses’ Health Study. L’obiettivo? Verificare se esista un’associazione tra consumo di caffeina nella mezza età e qualità dell’invecchiamento dopo i 70 anni.

Secondo quanto riferito durante la conferenza, le donne che consumavano in media circa 315 milligrammi di caffeina al giorno, corrispondenti a circa tre tazzine di caffè, mostravano una maggiore probabilità di invecchiare in modo sano, ovvero senza gravi malattie croniche e con buone capacità cognitive, motorie e fisiche.

Un effetto che, secondo gli autori, potrebbe essere attribuito all’azione antinfiammatoria e antiossidante della caffeina e di altri composti bioattivi contenuti nel caffè.

“Abbiamo osservato che il consumo moderato di caffè con caffeina durante la mezza età era associato a una probabilità più alta di invecchiamento sano”, spiega la ricercatrice Sara Mandavi, evidenziando come l’effetto benefico non sia stato rilevato tra le donne che bevevano caffè decaffeinato o tè.

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Storia della pastiera napoletana: tra leggenda e simbologia cristiana

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pastiera napoletana
La pastiera napoletana (immagine concessa)

MILANO – La pastiera napoletana non è solo un dolce, ma un simbolo della tradizione partenopea, capace di racchiudere in sé storia, cultura e fede. Dalla sua città d’origine, Napoli, questa delizia è riuscita a conquistare le tavole di tutta Italia e del mondo, diventando un classico intramontabile non solo a Pasqua, ma in molte altre occasioni.

La sua inconfondibile combinazione di sapori, fatta di grano cotto, ricotta, uova e aromi floreali, è un connubio di ingredienti semplici che celebrano l’equilibrio tra la terra e il mare, tra la tradizione cristiana e quella pagana.

Come accade per molti dei dolci della cucina italiana, le origini della pastiera sono incerte, dibattute tra leggende che affondano le radici nei culti pagani e storie legate alla religione cristiana.

In entrambe le versioni, tuttavia, c’è una costante che permane immutata: la presenza del grano cotto, simbolo di fertilità, abbondanza e rinascita. Un grano di qualità, come quello prodotto da Chirico, rende la pastiera non solo un dolce irresistibile, ma un rito che si tramanda di generazione in generazione.

Storia della pastiera napoletana: sirena o suora?

A Napoli, l’origine della pastiera è avvolta nel mistero e nelle leggende, e spesso viene associata a due versioni che si muovono tra mitologia e religione. Da un lato, troviamo la leggenda della sirena Partenope, la divinità marina che, secondo il mito, fondò la città di Napoli. Ogni primavera, Partenope emergeva dalle acque del Golfo e incantava i napoletani con il suo canto melodioso.

Un giorno, gli abitanti della città, per ringraziarla della sua dolce voce, decisero di offrirle i doni della loro terra: la farina, simbolo di forza e ricchezza, il grano cotto, segno di prosperità, la ricotta, rappresentante dell’abbondanza, le uova, che incarnano la vita, l’acqua di fiori d’arancio, simbolo dei profumi della primavera, lo zucchero, che simboleggia la dolcezza della sirena stessa, e infine le spezie.

Partenope, si commosse tanto per questi doni e li mescolò insieme, creando un dolce che unì in sé i sapori della terra e del mare, la pastiera napoletana.

Dall’altro lato, c’è una versione più sobria e religiosa che attribuisce la nascita della pastiera a una suora del convento di San Gregorio Armeno, situato nel cuore del centro storico di Napoli.

La suora, desiderosa di creare un dolce che celebrasse la Resurrezione di Cristo e il passaggio dalla morte alla vita, mescolò ingredienti ricchi di simbolismi cristiani. Il grano cotto rappresentava la rinascita, le uova la vita e la ricotta la purezza. Questo dolce divenne ben presto una tradizione nelle celebrazioni pasquali del convento, e da lì si diffuse in tutta la città, diventando un emblema della Pasqua napoletana.

Diverse versioni, una sola costante: grano Chirico

Indipendentemente da quale sia la vera origine della pastiera, una cosa è certa: questo dolce è ormai un caposaldo della tradizione culinaria napoletana e non conosce più stagioni. È infatti apprezzato non solo a Pasqua e spesso a Natale, ma in ogni occasione speciale. Non c’è festa in cui una pastiera non faccia capolino sulla tavola e rinunciarvi è ormai impensabile. Ciò che la rende così speciale è la qualità degli ingredienti, in particolare il grano cotto, elemento essenziale che conferisce al dolce la sua tipica consistenza cremosa.

Da oltre un secolo, l’azienda Chirico rappresenta una garanzia nella produzione del grano cotto per la pastiera napoletana. Fondata nel 1895, l’azienda ha innovato il modo di conservare il grano cotto, rendendolo disponibile tutto l’anno e permettendo a chiunque di realizzare il dolce in qualsiasi momento.

Annamaria Chirico, attuale proprietaria dell’azienda e discendente della famiglia fondatrice, ricorda con orgoglio come l’idea di conservare il grano cotto in latta sia nata proprio da una necessità: “Era il 1973, e con l’avvicinarsi della Pasqua ci rendemmo conto che a causa dell’epidemia di colera che aveva colpito Napoli, c’era il rischio di non poter vendere il grano sfuso per soddisfare la voglia di preparare il dolce. Fu allora che pensai di utilizzare la stessa latta di pomodori per conservare il grano, attraverso un processo di pastorizzazione. Fu un’idea vincente, e da quel momento siamo riusciti a garantire la disponibilità del grano cotto tutto l’anno, senza mai rinunciare alla qualità.”

L’intuizione di Annamaria Chirico ha aperto la strada a numerose innovazioni che hanno permesso all’azienda di crescere e diventare leader nel settore, pur mantenendo intatto il rispetto per la tradizione. “La pastiera è un dolce antico e, anche se non sappiamo con certezza chi l’abbia inventata, sappiamo di sicuro che ci vogliono esattamente sette strisce per completare la griglia sulla superficie. Non di più, non di meno. È tradizione!” afferma Annamaria con un sorriso.

Oggi, grazie a Chirico, è possibile preparare la pastiera in ogni momento dell’anno, portando in tavola un pezzo di Napoli e di tradizione. Che si creda alla sirena Partenope o alla suora di San Gregorio Armeno, la pastiera resta uno dei dolci più amati della tradizione partenopea, simbolo di festa, rinascita e gioia condivisa.

In un mondo sempre più moderno e veloce, è confortante sapere che ci sono ancora dei punti fermi, come il grano Chirico e la pastiera napoletana, che ci ricordano l’importanza delle radici e delle tradizioni che ci accompagnano da secoli.