giovedì 02 Maggio 2024
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Mario Cerutti, sull’assemblea del Comitato italiano del caffè: “Deforestazione e capsule, plastica e monouso: temi capitali da affrontare nella sede europea soltanto tutti insieme”

Il presidente: "Noi cerchiamo il più possibile di lavorare sulle idee delle persone, indipendentemente della grandezza dell'azienda e del fatto che stia a nord o a sud: interessa l0opinione delle persone. Partecipare significa poter condividere la propria visione. Ed è un peccato non farlo."

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BELFORTE DEL CHIENTI (Macerata) – Il settore caffè dell’Unione Italiana Food – Comitato italiano per il caffè hanno tenuto la loro assemblea nell’auditorium del Simonelli Group alla vigilia del convegno sul futuro del caffè in Italia. Sull’andamento e i risultati dell’assemblea abbiamo parlato con Mario Cerutti, il Presidente del Comitato italiano del caffè, e poi con la neo segretaria esecutiva Francesca De Feo. Assemblea finalmente di nuovo in presenza anche se qualche socio era collegato a distanza. Oltre tre ore di discussione serrata con un confronto che è continuato anche in serata durante la cena.

Cerutti, quali i temi principali sin qui trattati?

“Si è trattato di una riunione serrata con molti argomenti di grande importanza per l’intero settore. Un primo tema è stato quello di presentare a tutti i nostri associati la nuova situazione organizzativa che funziona ormai da inizio anno. Abbiamo introdotto la nostra nuova segretaria esecutiva e abbiamo un po’ affrontato i temi principali che si stanno sviluppando in Europa: le normative dalla deforestazione al PPVC sul single serve, sulla plastica e il monouso, e tutto ciò che si lega a questi grossi filoni di sviluppo che si portano dietro delle problematiche molto serie per la nostra industria.
C’è stata una buona adesione ed è interessante: pensiamo che solo dalla partecipazione attiva del maggior numero possibile di associati e direi di amici – molti di noi si conoscono da tanto tempo – è fondamentale. Il clima è stato molto amichevole, rilassato e sono convinto che è stata una buona assemblea anche da questo punto di vista.”

Da questi incontri escono delle idee per svilupparle in sede europea visto che sono problemi che si discutono a questo livello?

Cerutti: “Attraverso la nostra segreteria e la partecipazione personale di alcune aziende e colleghi siamo in stretto contatto con l’ECF, European coffee Federation. Per esempio sul dossier monouso, capsule e cialde, la nostra posizione nazionale è in linea con quella europea che si chiama Freedom of material choice, cioè la libertà di poter scegliere i materiali utilizzati per la produzione di capsule e monouso in generale, evitando delle posizioni assolutistiche come quella sull’uso di soltanto materiali compostabili.
Questo per noi e per l’Europa è di fatto una violazione di quelli che sono le libertà di base di poter scegliere il materiale con cui produrre: limitare questa scelta significa vincolare anche la ricerca, non c’è uno scopo a studiare nuove soluzioni se si può usarne soltanto un tipo. E’ difficile pensare ad altri prodotti che abbiamo subito un limite di questo genere.
E’ una scelta molto discutibile dal punto di vista filosofico e scientifico, oltre che nel pensare agli eventuali impatti: quando ci riferiamo al materiale compostabile ricordiamoci sempre che parliamo di compostabilità industriale che poi non è quella che tutti si immaginano nel buttare la capsula in un vaso in terra, che poi però resta lì anche dopo dieci anni. Occorrono delle condizioni speciali.
In Italia siamo avanti, ma in molti paesi europei non hanno idea di cosa si parli o nel caso della Francia si ha una posizione politicamente ancora diversa: si desidera soltanto il materiale di compostabilità domestica. Ma immaginare una capsula, un oggetto che lavora a 92-94 gradi a 10 atmosfere e che, dopo aver preparato il caffè, si dematerializza in un prato, è piuttosto challenging dal punto di vista di ricerca e sviluppo.
Noi vogliamo con l’Europa rappresentare la libertà dei materiali che significa trovare qualunque soluzione che ci permetta il riciclo, il riutilizzo di questi materiali e di tutto ciò che può esser fatto affinché si riducano gli effetti dell’uso di prodotti monouso che per definizione hanno dei vantaggi ma che sono più impattanti. Ma è come andare in aereo rispetto al trasporto sugli asini”.

Sulle scadenze dell’Europa Cerutti, lei che ci dice?

“La prima più urgente resta la normativa sulla deforestazione. Speriamo molto, noi italiani insieme all’Unione Europea, in un intervento molto efficace dell’Agenzia spaziale europea, che ha avuto l’incarico dalla Commissione di occuparsi del tema della tracciabilità e del confronto tra le immagini satellitari per valutare se in quel determinato pezzo di terreno è stata o meno effettuata la deforestazione.
Questo è molto importante farlo. Siamo tutti assolutamente d’accordo sull’obiettivo, ci sono diversi punti di vista su come raggiungerlo. Noi personalmente avevamo svolto uno studio che ha dimostrato che per esempio, utilizzando la produttività media che esiste nel mondo del caffè, prendendo in considerazione i Paesi con una produttività minore, immaginando che vadano solo alla media e quindi un’ipotesi conservativa, per la crisi dei consumi di 10-12 anni, non ci sarebbe bisogno di tagliare un albero per piantare neppure una pianta di caffè.
Possiamo solo usare l’aumento della produttività ed è sufficiente  per 10-12 anni di crescita dei consumo. Quindi non solo non è una cosa buona e giusta tagliare gli alberi per coltivare il caffè, ma non è neppure necessario. Il vero problema è come raggiungere l’obiettivo.
Oggi temiamo molto che questa modalità vada a creare delle difficoltà enormi nei Paesi di origine. Ci sono grandi rischi derivati da questa normativa che, per esempio, ipotizza il 4% del fatturato dell’azienda in caso di multa. Bisogna considerare questo aspetto.
Se io rischio il 4% del fatturato, il tipo di scelte che andrò a fare nel decidere se comprare il caffè nel paese A o in quello B, dipenderà da un maggiore o minore esposizione al rischio.
E’ dunque importante che l’insieme di tutta la normativa venga meglio valutato: se l’industria è d’accordo, e lo è, è necessario però trovare dei pattern di sviluppo di attività insieme ai Paesi di origine, che sono i primi che devono partecipare ed esser d’accordo ad accoglierci da loro e lavorare insieme.”

L’importanza dell’assemblea: il senso di una comunità di addetti ai lavori, tra torrefattori, crudisti, supply chain, che significato ha?

“E’ quello di dire che insieme innanzitutto ci divertiamo di più e che più siamo più rappresentiamo la cifra del nostro settore: la mia prima impressione resta uguale dopo 36 anni di esperienza in questo campo. E’ un gruppo di aziende che compete, ma che è composto da persone valide, amichevoli, preparate. La partecipazione quindi è importante innanzitutto per questo. Poi, più siamo possiamo discutere e agire con maggiore forza.”

A chi non è ancora iscritto al Comitato italiano del caffè, Cerutti, cosa dire?

Cerutti: “E’ un errore non partecipare, perché alla fine così non si incide e dall’altra, si risparmia di poco: tutti devono capire che per far funzionare un’organizzazione c’è bisogno delle risorse. L’errore più grande è quello di pensare di esser piccoli, o diversi: è un sillogismo sbagliato. Invito tutti ad esserci. Stiamo cercando di spingere diversi eventi in tutta Italia in modo tale che chiunque possa trovare un luogo più vicino alla propria attività. Si tratta di gruppi di business: ci si incontra tra pari, concorrenti sul campo ma anche colleghi al di fuori del momento di competizione.
Noi cerchiamo il più possibile di lavorare sulle idee delle persone, indipendentemente della grandezza dell’azienda e del fatto che stia a nord o a sud: interessa l’opinione delle persone. Partecipare significa poter condividere la propria visione. Ed è un peccato non farlo.”

Per il settore caffè dell’Unione italiana foood una nuova organizzazione, nuova struttura, nuova sede a Milano: come si articola il Comitato italiano del caffè?

Francesca De Feo: “Da circa 4 anni guardo il dottor Mario Cerutti che è la nostra memoria storica. In questo periodo siamo diventati molto più grandi e rappresentativi: ora il Comitato italiano del caffè fa parte di una struttura che si chiama Unione italiana food, che è praticamente una delle associazioni europee più grandi a rappresentanza del settore food, con oltre 550 aziende, più di 45 miliardi di fatturato, 900 marche, 20 settori merceologici che ci dà una forza importante e ci permette di avere migliori interazioni a livello nazionale politico e mediatico.
Il cappello che ci racchiude è diventato più grande e inclusivo. Inclusività, una parola che mi piace utilizzare. Dal punto di vista organizzativo, da qualche mese sono stata onorata di esser stata preposta alla segreteria generale del settore caffè, uno tra i più importanti per l’Unione italiana food nonché tra i più rappresentativi del made in Italy e del saper fare italiano. La materia prima non è italiana, ma il know-how tricolore ha la capacità di trasformare qualcosa che arriva da fuori in un prodotto unico ed eccellente.
Sono stata messa alla segreteria generale, ma in realtà l’Unione italiana food possiede dei settori generali di competenza e può supportare le aziende, dalle più grandi alle più piccole in tantissime attività: il settore regolatorio, quello di lobbing, quella di etichettatura per poter redigere le etichette nella maniera più corretta possibile, seguiamo gli associati nel loro percorso di sostenibilità inclusiva (dalla deforestazione, due diligence) in tutte quelle direttive o regolamenti che vanno verso questa direzione a 360 gradi, in modo inclusivo.
Infine, un supporto legale dal punto di vista nazionale ed europeo, perché abbiamo un settore che si occupa anche di questo. Quindi un’associazione di categoria che cerca di aiutare le aziende nell’inclusione e rappresentatività, dando voce a ciascun settore non come un brand ma come un settore senza interessi diretti ma partecipati.”

Tantissimi strumenti a disposizione e opportunità per gli addetti ai lavori che ancora non ne fanno parte

“Decisamente molte occasioni anche di far sentire la propria voce. Noi organizziamo per questo diversi tavoli di lavoro, anche tecnici: abbiamo all’interno del Comitato una commissione tecnica che si occupa per esempio dei contaminanti. Abbiamo dei tecnici che si confrontano al di fuori del loro lavoro quotidiano, hanno la possibilità di dialogare con altri professionisti di diverse aziende per trovare insieme delle soluzioni migliori sui contaminanti, sul packaging, sulla rappresentativa e i position paper regolatori che scriviamo.
Tante le opportunità di dialogo all’interno dei meeting per sentire qual è l’andamento del mercato, con un approccio strategico ad esso. La nostra porta è sempre aperta e più siamo più abbiamo una forza propulsiva rispetto ai decisori pubblici. E’ un bell’invito.”
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