mercoledì 10 Aprile 2024
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Lino Alberini torna con Olinda Bucato&Caffè: “Il progetto per offrire un concetto innovativo”

L'imprenditore: “Ormai, come ho detto, è tanto tempo che lavoro nel mondo della somministrazione e dei servizi. Sono sempre stato abituato a scrutare gli occhi dei frequentatori, per capire cosa cercano e cosa si aspettano da un locale. Ho compreso che i servizi sono quel quid in più che le persone cercano, ancora che il prodotto. Quindi se si offre un ottimo servizio, abbinato poi al prodotto giusto, si possono ottenere ottimi risultati."

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MILANO – Lino Alberini, lo conosciamo per le sue numerose avventure imprenditoriali nel mondo della caffetteria. Ricordiamo ancora la catena Misterlino, ma la sua storia nel settore è lunga, fatta di numerosi successi, ultimo della serie, la nuova avventura Olinda Bucato&Caffè nel centro commerciale di Udine. Questo percorso l’ha voluto raccontare lui stesso, cercando di riassumere anni dedicati all’innovazione dell’ospitalità italiana, un compito che ancora oggi porta avanti con la forza di un ragazzino.

Alberini, classe 1962, nato a Frassinara, sulle rive del Fiume Enza

Come lui stesso si definisce: torrefattore per scelta, sognatore per vocazione, amante delle sfide specialmente se impossibili. Il suo presente nasce dal suo passato: cresciuto nel bar di famiglia “dove i clienti si conoscevano da generazioni, si costruivano governi, dove le carte da gioco cantavano ma la televisione metteva tutti in silenzio – racconta Alberini – Ogni decennio ho rivisitato l’utilizzo del bar portandolo alla specializzazione e alla replicabilità ma tenendo il caffè torrefatto come fulcro di tutte le evoluzioni, dal bar della scienza (il nome con cui veniva identificato in paese il bar di suo padre; n.d.C.) al nuovissimo Olinda, passando cronologicamente dal Charlie bar, Tuttarabica, Lino’s coffee shop, Kukkuma, Misterlino, Officina lana e caffè.

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Insomma, il suo curriculum è senza dubbio nutrito ed è garanzia di successo, anche se, come ci ha detto Lino Alberini: “Sono sempre stato un lettore di situazioni per il futuro. Non penso di non aver inventato niente: ho solo interpretato i contesti.” Dove quel “solo” racchiude la visione di un uomo che ha saputo inventarsi nuovi modi di servizio del caffè torrefatto.

Continua Alberini: “Ho scelto il caffè perché era un modo per distinguermi, perché mi dava l’opportunità di offrire qualcosa di innovativo. Ho sempre cercato di fare cultura: nei primi anni 2000, dopo Vinko Sandalj, sono stato tra i precursori dell’allora Scae, Specialty coffee of Europe, oggi Sca. Ho collaborato alle prime competizioni di baristi tramite anche l’intervento voluto da Roberto Pregel. Eravamo dei visionari e volevamo nuove strade da percorrere.

In quegli anni c’erano due strade: da una parte i puri e integralisti con Gianni Frasi e dall’altra chi invece come me voleva accontentare la nuova generazione e il pubblico femminile. Io arrivavo dai locali in cui si bevevano liquori e si fumavano sigarette e con i Lino’s Coffee uscivo con delle linee nuove. Oggi, nel post Covid, c’è di nuovo questa possibilità di offrire nuove idee.

Ora bisogna distinguersi dalla massa, comprenderne le esigenze e cambiare il modo di offrire: non si tornerà come prima se non forse tra qualche generazione. Io non ho mai visto tornare indietro alle vecchie abitudini. Così come quando è arrivato il divieto di fumare dentro i locali e all’epoca sembrava un crollo pazzesco, e invece no ora nessun locale tornerebbe indietro e il cliente lo ha trovato necessario.

Oggi la gente cerca pulizia, trasparenza e sicurezza perché da quasi per scontato di trovare la qualità e non mette più in primis il prezzo. È il momento questo, in cui ci si può sedere e guardare in modo differente ogni cosa, senza fare passi indietro.  Certo, alcune volte arrivare troppo presto comporta il rischio di non essere capiti, ma bisogna sempre essere comprensibili per il pubblico. “

E Olinda, come è nata nella sua mente?

“Ormai, come ho detto, è tanto tempo che lavoro nel mondo della somministrazione e dei servizi. Sono sempre stato abituato a scrutare gli occhi dei frequentatori, per capire cosa cercano e cosa si aspettano da un locale. Ho compreso che i servizi sono quel quid in più che le persone cercano, ancora che il prodotto. Quindi se si offre un ottimo servizio, abbinato poi al prodotto giusto, si possono ottenere ottimi risultati.

Così ho fatto con Misterlino: ho voluto fare in modo che la gente potesse di nuovo stare insieme. A maggior ragione questa è un’esigenza di adesso, dopo che il Covid ha eliminato questa opportunità, e allo stesso tempo ha potenziato il bisogno dei servizi per incontrarsi in sicurezza.

Ma questo è un principio che da sempre ho portato avanti nelle mie attività. Per esempio, avevo visto anni fa, ciò che veniva fatto nei locali di quartiere nel Regno Unito, che si rivolgevano però solamente alle famiglie. Nei primi anni 2000 si pensava di fare qualcosa di simile con il progetto di coffee banking, con Banca Intesa: la caffetteria avrebbe servito la clientela dentro la banca, prendendo spunto dal concept già valido in Inghilterra (AB Bank) e allargandolo a un’utenza più ampia di quella esclusivamente familiare. In Italia alla fine però non si è potuto fare, pur avendo già individuato le filiali di Milano adatte al progetto. (Qualcosa del genere è riuscito, sempre con Banca Intesa, anni dopo, a Iginio Massari, proprio a Milano in Piazza Armando Diaz; n.d.C.)

Stesso discorso è stato fatto con i laundraumat cafè: certo, sono operazioni che poi vanno adattate alla concezione italiana dell’utilizzo dei servizi: le famiglie sono piccole, non sono numerose. Le persone dedicano i fine settimane per fare ciò che non ha avuto il tempo di fare durante i sette giorni precedenti, concentrando tre o quattro lavaggi, asciugatura, sanificazione. Sono operazioni che tolgono la possibilità di fare altro.

Al banco di Olinda

Il caso ha voluto che una società di bar che fa investimenti su star-up innovative, fosse alla ricerca di un’idea nuova su cui investire e così ha sposato questo mio progetto. Mi ha chiesto quali potessero esser le peculiarità della proposta: sono abituati a lavorare su grande scala, e così è stato individuato città speciale come la prima location su cui costruire poi la base di tutti gli altri locali che si è intenzionati di andare ad aprire.”

Quindi Alberini, questi sono locali pensati solo per centro commerciali

Continua Alberini: “La situazione attuale di questi centri è abbastanza satura: tutti hanno investito sul food. Noi invece abbiamo inserito un servizio diverso. Quando si va a un centro commerciale finalmente si può trovare la lavanderia custodita: i panni sporchi si lavano in Olinda. Si sa cosa va dentro i macchinari, e intanto ci si può godere un caffè. Il concetto di Olinda potrà in futuro comprendere anche un’offerta food, nei luoghi in cui riscontreremo questa esigenza. In questo primo caso ci siamo invece concentrati sulla Roastelier di Nescafé. Progetto nuovo, che non è semplice da attuare per tutti. La forte organizzazione a monte di Olinda, ci ha permesso di portare sul mercato cose che abitualmente non si troverebbero.

Noi abbiamo utilizzato 100metri quadri per ospitare il format Roastelier. Avremmo potuto inserire anche più macchine, se avessimo avuto a disposizione una metratura più ampia. Tutto dipende chiaramente dalla location: con uno spazio ampio meno di 100 metri quadri, non avrebbe funzionato. Il nostro intento è fornire almeno 4 lavatrici, 4 asciugatrici, 1 lavatrice e una asciugatrice per il pet oltre ad un sanificatore per offrire un servizio più attraente.

È come un puzzle a cui abbiamo la possibilità di aggiungere pezzi e così ampliare questi servizi iniziali. Questa è la prima parte del quadro che andrà a completarsi con spazi più vasti. Olinda nasce anche con il presupposto che qui non si possa fare solo food: nel centro la gente viene e poi ha la possibilità di girare. E così noi dobbiamo garantire un servizio che riguarda la lavanderia self e nello stesso tempo, far assaggiare il caffè in modo diverso.”

Alberini, il prezzo più alto di un euro non spaventa?

I macchinari della self laundry

“Il caffè vale il prezzo che tu gli puoi dare. Non esiste che la tazzina valga una cifra immobile: dipende da come lo servi, da cosa servi, da dove lo servi. Tutto questo determina il prezzo finale. In un ambiente dove tutti fanno caffè da 7 grammi, io ho portato qualcosa di diverso oltre alla tostatura in loco: un caffè iper-fresco, tostato sul posto, certo, a poche stagioni di maturazione, ma erogato con 16 grammi di prodotto, una doppia concentrazione di caffè.

Senz’altro sarà diverso dall’offerta degli altri 30/40 bar, perché ti do un’esperienza differente. Certo non potrà andare bene per tutti, qualcuno che non accetterà il prodotto e il prezzo, ma almeno si sa che da noi si beve questo tipo di prodotto preparato in un certo modo. 16 grammi significa che ti do comunque 25ml di espresso, ovvero il meglio che ti posso far assaggiare.

Noi serviamo tre monorigini, che si possono acquistare anche da portare a casa, ma la peculiarità maggiore per l’appassionato è scegliere 250 grammi di prodotto crudo (anche se già leggermente tostato all’origine) e poi decidere anche a che punto portarlo alla giusta tostatura per il tuo utilizzo. Un Etiopia leggero per espresso, ad esempio, non va bene, perché nessuno di noi vuole bere limone. Se vuoi un prodotto tostato per un infuso, allora lo prepariamo in diretta, con la curva giusta, poi macinato, infine consegnato. Questi sono dettagli che ho visto solo in Giappone nel 2008 – continua Alberini –. Con Olinda portiamo esperienze diverse. Non abbiamo inventato l’acqua calda: vogliamo far assaggiare cose che difficilmente si è abituati ad assaggiare, e un domani il cliente sa dove potrà ritrovarla. Il nostro caffè vale due euro. Giusto o sbagliato? Per il modo in cui lo presentiamo, è più che equo.”

Perché il centro commerciale?

“Perché ha dei servizi che possono ancora mancare. A mio giudizio, la self laundry manca. E anche strategicamente, quello che portiamo con Olinda è un modo nuovo di intenderla, perché la self di solito è fuori i centri, non è custodita, non è spesso pulita. Noi diamo invece un occhio di riguardo alla manutenzione di quell’aerea self, verificando che tutto funzioni a dovere. E poi parliamo anche di numero: nel centro commerciale ci sono 250 negozi, quasi 2000 persone che ci lavorano e che possono usufruire dei nostri servizi. Non siamo i più bravi, ma abbiamo portato un servizio diverso che possiamo presidiare in cui identificarsi. Il contatto con le persone è ciò che vogliamo salvaguardare.”

E ora?

“Abbiamo tre mesi di tempo per raccogliere le informazioni necessarie a sviluppare nel prossimo locale le migliorie che abbiamo già pensato: come poter interagire con le prenotazioni, i pagamenti, o proporre sinergie con altri servizi aggiuntivi. Chi non mi dice che un domani non verrà sviluppato anche un servizio delivery dedicato a questo settore?

Ci sono un insieme di situazioni che stiamo studiando per un ulteriore passaggio in avanti, che io chiamo definitivo.

Se noi abbiamo la pazienza e lasciamo la possibilità di spiegare cosa stiamo proponendo, la gente ascolta, riflette, e pensa a ciò che sta bevendo. All’interno di Olinda poi, difficile che dicano “non lo voglio”, anche se noi lo abbiamo messo in conto. Un’altra cosa che vogliamo è quella di stupire perché non si trova ciò che si aspetta e quindi emozionare. Nel centro abbiamo una visibilità maggiore e un tempo di reazione più rapido rispetto a una città. Quando avremo tanti locali, la nostra riconoscibilità potrà raggiungere il punto di valutare se uscire dal centro commerciale. Quando Olinda significherà già che si fa il bucato e si beve caffè.”

La macchina posizionata al banco, qual è e perché è stata scelta proprio quella?

“Nel nostro rapporto con Nestlé, nello studiare il progetto, abbiamo sposato in toto il loro modello, cercando di avere il meglio per tutti. Nestlé ha un ottimo rapporto con La Marzocco, che come ogni azienda ha un range. Nel nostro caso abbiamo considerato una macchina da due gruppi. Poi abbiamo scelto Malkoenig per il servizio della macinatura per casa.

Ovviamente queste sono attrezzature che necessitano operatori in grado di utilizzarle. Abbiamo investito sul personale, formando i collaboratori con l’aiuto delle stesse aziende che hanno partecipato al progetto, facendo fare esperienza nel settore. Li abbiamo affiancati e saranno la base anche per i futuri inserimento: a loro volta loro diventeranno formatrici nei futuri locali, con una prospettiva professionale di crescita. Oggi siamo solo all’inizio. Sposare questo progetto significa crescere con lui vita natural durante.

Ora abbiamo già tre centri commerciali in stand by nel nord Italia che attendono solo che siamo pronti a procedere. Olinda è partita ad Udine come doppia sfida, perché siamo lontani da casa, Parma: è un termometro più corretto per il fatto che sarà premiata o meno esclusivamente per il lavoro, non per le conoscenze dietro al nome Alberini, già noto a Parma. Questa è un’attività che deve esser staccata da chi l’ha progettata e pensata. Dev’esser figlia di chi ne usufruisce. C’è un bisogno, noi lo soddisfiamo.”

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