venerdì 03 Maggio 2024
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Lavazza tra le nuvole paradisiache: un excursus dei volti della pubblicità

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MILANO – Lavazza che ritorna in Paradiso per far pubblicità al suo espresso non è esattamente una novità per i piccoli schermi italiani. I volti noti che hanno popolato le nuvole animate dalle miscele iconiche torinesi sono stati tanti e hanno caratterizzato varie epoche della televisione. La possibilità di andarsene da questi luoghi idilliaci, seppur di finzione, è stata commentata dal giornalista Fulvio Abbate.

Garrone, talento da paradiso di Fulvio Abbate*

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Lavazza abbandona il suo Paradiso?

L’altro giorno su questo nostro prezioso giornale c’era una notiziola. Stringata. Diceva che la saga del caffè Lavazza con i suoi spot ultraventennali era lì per volgere al termine. Addio, insomma, paradiso, l’unico al momento possibile, accessibile, a prezzo scontato, un paradiso che nel dominio nazional-popolare della pubblicità sembra talvolta insidiare perfino quell’altro, sì, il letterario, il poetico dantesco, il Paradiso stesso. Il paradiso supplementare cui ci ha ormai abituati la televisione è innanzitutto un capolavoro di costosissima cura scenografica a favore di una tazzina fumante.

Bambagia di nuvole e azzurri, e guarniture d’oro qua e là a ingentilire la biacca. Non meno bianchi immacolati gli abiti di scena dei protagonisti di tanta apoteosi celeste, ancora una variante dell’azzurro. Rinunciando a ripercorrere per intero la genealogia del nostro spot, potremmo dire che in ordine di tempo gli ultimi a presidiare quell’ettaro di settimo cielo commerciale rispondono ai nomi di Paolo Bonolis e del suo scudiero Luca Laurenti. Già un’eco lontana nella memoria invece il Tullio Solenghi di anni addietro e forse perfino la guest-star di Hollywood, Julia Roberts cui di recente è stato affidato il ruolo della bocca botticelliana, davvero passata inosservata quest’ultima.

Come avrete notato, abbiamo volutamente fin qui evitato di citare il vero dominus-principale dell’intero paradiso Lavazza, ossia San Pietro-Riccardo Garrone

Grandissimo volto della commedia cinematografica all’italiana (da La dolce vita a I complessi, dove interpreta, sempre a suo modo, una maschera di meraviglioso mascalzone latino, anzi, romano). In verità, la vera notizia che ci rassicura risiede nel fatto che San Pietro-Garrone rappresenta l’unico segno di continuità dell’intera epifania commerciale. E forse non si pecca d’eccesso notando che, così facendo, egli è ormai entrato di diritto nella galleria dei santi, nella loro iconografia se non proprio ufficiale, canonica, certamente “apocrifa”.

E tutti noi sappiamo che non sempre un Vangelo ha bisogno del sigillo della Chiesa per apparire toccante, credibile

Le poche notizie in nostro possesso circa gli avvicendamenti in paradiso garantiscono l’arrivo di un nuovo inquilino, Enrico Brignano, bravissimo, ragazzo d’oro, eppure il neofita non ce ne vorrà se questa breve nota ha scelto di trasformarsi in un peana assoluto per il più antico residente della storia, straordinario Riccardo Garrone.

Mettendo adesso da parte ogni prevedibile plauso sulla sua storia di attore-icona (dal frate don Fulzenzio in Venezia, la luna e tu di Risi a La ragazza con la valigia di Valerio Zurlini), ci piace altrettanto aggiungere che perfino nei panni d’altissimo concierge a guardia di una tazzina e del suo marchio, Garrone riesce a salvare la memoria di una grande stagione che lo ha visto presenza fissa, quella del cinema d’oro, se c’è un cruccio riguarda semmai la responsabilità di chi non ha mai voluto farne un protagonista perfino drammatico della nostra cinematografia, il fatto che abbia infine ottenuto le chiavi del paradiso è soltanto un minuscolo risarcimento rispetto a ciò che Riccardo avrebbe meritato e ancora meriterebbe. Grazie di tutto, maestro.

*Dal blog di Fulvio Abbate firma del il Fatto quotidiano.

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