venerdì 12 Aprile 2024
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I ristoranti e i vini migliori d’Italia nelle guide de L’Espresso

Si rinnova l’appuntamento con la mappatura delle tavole e dei calici di qualità in Italia. 2 i ristoranti toscani con “tre cappelli”, e ma soprattutto la grande novità dei 20/20 di Massimo Bottura e della sua Osteria. Trentottesima edizione delle guide che puntano alla diffusione e alla valorizzazione della cultura del buon mangiare e del buon bere italiano

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FIRENZE – Tredicesima edizione “fiorentina” delle Guide dell’Espresso, che coincide con i cinquanta anni dall’uscita del primo numero del settimanale, che data al 2 ottobre 1955. Una testa giornalistica che le Guide contribuiscono ad arricchire, dedicando un ampio e competente spazio a un settore, quello enogastronomico, che negli ultimi anni sta registrando una forte espansione, con un deciso aumento delle esportazioni sui mercati dell’Estremo Oriente.

Anche per il 2016, le Guide fotografano lo stato di salute del settore della ristorazione e dell’enologia, ma con la novità di un formato più snello, lontano dalla tradizionale impostazione enciclopedica, resa inutile dalla grande quantità di etichette di vini e di ristoranti, che richiederebbero formati troppo voluminosi, e un troppo lungo lavoro di ricerca e catalogazione.

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Indispensabile quindi una selezione, ovviamente mantenendo la discriminante dell’alta qualità. Il quadro è particolarmente positivo: nei ristoranti si trova una cucina matura, legata al territorio e alla tradizione italiana, ma con in più la voglia di osare verso contaminazioni con altre realtà.

Dopo la rivoluzione della nouvelle cuisine portata in Italia da Gualtiero Marchesi a metà anni Ottanta, e gli anni Novanta caratterizzati dai “grandi solisti” come Pierangelini, Santini e Vissani, gli ultimi dieci anni hanno visto la nascita e il consolidamento della “nuova cucina italiana”, appunto fortemente legata al territorio, ma aperta anche a confronti con altre realtà gastronomiche.

Anche per il 2016 avremo attendibili indicazioni sullo stato di salute del comparto dell’alta ristorazione e dell’enologia di qualità, fiori all’occhiello dell’economia nazionale se è vero che l’intero comparto agroalimentare ha generato nel 2015 circa 130 miliardi di Euro di fatturato, 24 miliardi di valore aggiunto e altrettanti di export, numeri che indicano tutto il potenziale del settore.

Un settore che tuttavia non sembra essere troppo tutelato dal Governo, dal quale invece si attendono provvedimenti economici che permettano l’aumento degli investimenti in materia, e soprattutto una maggiore tutela dalla contraffazione.

La ristorazione di qualità, infatti, inizia dalla scelta delle materie prime. E il governo italiano, ribadiamolo, non riesce a far sentire la propria voce a livello internazionale, per invocare leggi che garantiscano il made in Italy, e con esso il lavoro dei tanti addetti del settore, così importante per l’economia nazionale; giova forse ricordare, che il mercato parallelo della contraffazione, che “brucia” guadagni per circa 62 miliardi di Euro.

A questo, si aggiunge la piaga dell’assorbimento di aziende alimentari e vinicole da parte di compratori esteri, fenomeno che danneggia l’economia nazionale da un lato, e dall’altro comporta un impoverimento del patrimonio delle tradizioni enogastronomiche.

Entrando nel merito delle Guide, da una prima analisi “empirica” dei tanti nomi elencati, si nota che il comparto resiste a una crisi che sta assumendo una dimensione endemica; a garantire la tenuta, non è però la domanda interna, in drastico, drammatico calo, quanto la clientela straniera, che vede in Italia un buona flusso turistico nei ristoranti, e all’estero un aumento delle esportazioni di vino, segno evidente dell’apprezzamento di cui gode l’Italia in terra straniera.

Nello specifico, la fotografia del settore della ristorazione può essere così sintetizzata: regge gli urti della crisi il settore dell’alta ristorazione, gode di una certa vivacità quello delle nuove aperture, mentre risente decisamente della delicata congiuntura economica il settore medio, quello degli esercizi frequentati principalmente da chi va al ristorante per piacere, almeno una volta alla settimana, ovvero quegli esercizi frequentati dalle famiglie; essendo queste le prime a tagliare le spese, è ovvio che la ripercussione sui consumi sia immediata, ristoranti compresi.

Importante novità dell’anno, per la prima volta nella storia delle Guide, un ristorante ha raggiunto la votazione di 20/20, ovvero l’Osteria Francescana di Massimo Bottura, seguita dai 19,75/20 del Piazza Duomo di Enrico Crippa. Con 19,5/20 si confermano La Pergola di Beck, Le Calandre di Alajmo, davvero tante, a cominciare dai 27 ristoranti che possono fregiarsi dei “tre cappelli”, fra cui l’Osteria Francescana di Bottura, La Pergola di Beck, Le Calandre di Alajmo, e Villa Crespi di Cannavacciuolo.

Tante le conferme fra gli esercizi recensiti, a cominciare dal ristorante Del Cambio, di Torino, guidato dallo chef Matteo Baronetto, insignito del Premio Puiatti per il pranzo dell’anno. Lo storico ristorante, già frequentato da Cavour e D’Azeglio, ha riaperto due anni fa negli splendidi locali di Piazza Carignano, dopo un attento restauro, riportando specchi, marmi e stucchi, all’antico splendore.

Ai piatti della cucina nobile piemontese, si affiancano interessanti rivisitazioni contemporanee. Fra gli altri premi conferiti a Firenze, il Kettmeir per la cantina dell’anno, andato al ristorante Lorenzo di Forte dei Marmi, e il Ferrari, per il sommelier dell’anno, andato a Il luogo di Aimo e Nadia, di Milano.

Non meno accurata la recensione dei vini: sono oltre 20.000 quelli assaggiati, un lavoro caratterizzato da competenza e coerenza, e che rende le Guide dell’Espresso un testo di riferimento per tutti coloro che amano la qualità di vini e cibi, qualità che è un elemento imprescindibile del buon vivere.

526 i produttori cui sono state assegnate le stelle, (sei in più dello scorso anno), e 18 cui ne sono state assegnate tre, ovvero il numero massimo. Numero dovuto non tanto a una maggior benevolenza dei recensori, quanto invece a una miglior qualità nella produzione enologica.

Tre le ragioni fondamentali: una miglior preparazione tecnica degli enologi; il susseguirsi di più annate ottimali, dal punto di vista meteorologico; la definitiva entrata in produzione dei vitigni piantati a cavallo fra il vecchio e il nuovo secolo. Fra le tante eccellenze riconosciute dalla Guida, segnaliamo quella che si è distinta con il massimo dei voti: 20/20 per il Barolo 2008 di Bartolo Mascarello.

A livello regionale, il Piemonte conferma la propria leadership con 50 vini segnalati, seguito dalla Toscana con 48. È importante segnalare che vino eccellente non significa necessariamente vino costoso, poiché oltre il 25% di questi è acquistabile in enoteca a un prezzo inferiore ai 15 Euro. Si può quindi bere, responsabilmente, senza eccessivi ricarichi sul portafogli.

Crisi a parte, dall’esame dell’offerta nazionale si evince che in Italia non si è mia mangiato così bene come in questi ultimi anni, grazie alla riscoperta delle tradizioni gastronomiche e all’utilizzo dei prodotti del territorio, sapientemente abbinati, però, a influenze straniere, ovverosia al km zero si preferisce il km buono, nel senso che prima ancora della distanza di provenienza, di un prodotto si privilegia la qualità. Con un occhio di riguardo, beninteso alle produzioni italiane.

Vini e ristoranti per tutti i gusti e tutte le tasche, accomunati però dalla qualità delle materie prime, e dalla passione che produttori ed esercenti mettono ogni giorni nel proprio lavoro, un modo per sostenere l’economia del Paese, ma anche per tramandare nel tempo una sapienza e una cultura che affondano nei secoli le loro radici.

Niccolò Lucarelli

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