mercoledì 10 Aprile 2024
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Andrej Godina: “Per valorizzare il caffè è imperativa un’offerta formativa come nella filiera del vino”

L'esperto del chicco: "Oggi il consumatore di caffè non è assolutamente formato sul prodotto, né tanto meno ha una conoscenza della filiera di produzione. È necessario un processo di evoluzione simile a quello che ha fatto il mondo del vino con la creazione di una rete capillarmente distribuita sul territorio di scuole in grado di offrire corsi di formazione al consumatore. Un esempio virtuoso è ciò che hanno fatto l’Associazione Nazionale Sommelier, l’organizzazione Nazionale Assaggiatori Vino e tante altre sulla divulgazione della cultura di prodotto e di filiera rivolta non solamente ai professionisti ma anche tanti appassionati consumatori. L’Italia è un paese totalmente sguarnito di corsi sul caffè e che necessita di un’azione coesa di filiera per offrire percorsi di avvicinamento sensoriale a un prezzo sostenibile. Per esempio, sotto l’ombrello di qualche associazione nazionale di categoria, l’industria potrebbe finanziare un ente no profit con lo scopo di educare il consumatore. Le sedi dei corsi possono essere facilmente trovate nelle sale di formazione delle torrefazioni o nelle sale delle sedi Fipe. Il consumatore non richiede una didattica complicata ed estremamente approfondita, infatti le docenze possono essere tranquillamente gestite da baristi esperti che abbiano l’attitudine alla docenza o dai tanti formatori interni alle torrefazioni"

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Andrej Godina ritorna su queste pagine con il secondo articolo dedicato alla spinosa questione di come creare maggiore consapevolezza del caffè in Italia. Secondo l’esperto, il passo successivo per valorizzare la filiera nel Bel Paese è creare un’offerta formativa rivolta al consumatore, al barista e al tostatore in sinergia con le associazioni del vino.

Le enoteche, ricorda l’esperto, sono luoghi frequentati da clienti attenti, curiosi e già formati sul flavore del vino. Si tratta di luoghi privilegiati dove il prodotto caffè può venire offerto, spiegato e venduto. Si dovrebbe perciò auspicare un processo di evoluzione simile a quello che ha fatto il mondo del vino con la creazione di una rete capillarmente distribuita sul territorio di scuole in grado di offrire corsi di formazione al consumatore.

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C’è di più: secondo Godina l’Italia potrebbe beneficiare altresì di una rinnovata organizzazione della rete dei formatori Sca assieme alla creazione di percorsi di aggiornamento professionale per i tostatori. Leggiamo di seguito le sue considerazione nel secondo articolo dedicato all’espansione della consapevolezza del mondo del caffè nel nostro Paese.

Come creare maggiore consapevolezza del caffè in Italia

di Andrej Godina

MILANO – “Come creare maggiore consapevolezza del caffè in Italia? Il secondo passo è organizzare una capillare offerta formativa rivolta al consumatore, al barista e al tostatore. L’evoluzione di una filiera merceologica passa obbligatoriamente attraverso un approfondito e completo processo di formazione di tutti gli attori chiave. Per il mondo del caffè è richiesto un intervento trasversale ricolto al consumatore, al barista e al tostatore.

Consapevolezza nel consumatore

Oggi il consumatore di caffè non è assolutamente formato sul prodotto, né tanto meno ha una conoscenza della filiera di produzione. È necessario un processo di evoluzione simile a quello che ha fatto il mondo del vino con la creazione di una rete capillarmente distribuita sul territorio di scuole in grado di offrire corsi di formazione al consumatore.

Un esempio virtuoso è ciò che hanno fatto l’Associazione Nazionale Sommelier, l’organizzazione Nazionale Assaggiatori Vino e tante altre sulla divulgazione della cultura di prodotto e di filiera rivolta non solamente ai professionisti ma anche tanti appassionati consumatori.

L’Italia è un paese totalmente sguarnito di corsi sul caffè e che necessita di un’azione coesa di filiera per offrire percorsi di avvicinamento sensoriale a un prezzo sostenibile. Per esempio, sotto l’ombrello di qualche associazione nazionale di categoria, l’industria potrebbe finanziare un ente no profit con lo scopo di educare il consumatore.

Le sedi dei corsi possono essere facilmente trovate nelle sale di formazione delle torrefazioni o nelle sale delle sedi Fipe. Il consumatore non richiede una didattica complicata ed estremamente approfondita, infatti le docenze possono essere tranquillamente gestite da baristi esperti che abbiano l’attitudine alla docenza o dai tanti formatori interni alle torrefazioni.

A livello nazionale sarebbe sufficiente creare la didattica suddivisa in differenti livelli di approfondimento e di tempo, partendo da mini incontri di due ore fino ad arrivare ad appuntamenti periodici per un totale di 10 o 12 incontri. La pubblicazione dei manuali e libri di testo assieme ai kit di degustazione da utilizzare durante i corsi renderebbe l’organizzazione dei corsi ancora più semplice.

Allo stesso modo, sempre a livello nazionale e istituzionale tra associazioni e comitati, sarebbe auspicabile un incrocio di tematiche formative, per esempio con un accordo quadro con l’AIS e/o l’Onav affinché le stesse associazioni del vino possano erogare ai proprio soci corsi sul caffè e sull’abbinamento caffè/cibo.

Barista – Sommelier

L’offerta formativa adatta ai professionisti deve essere differente a quella offerta al consumatore e deve essere erogata da personale docente formato in grado di fornire i corretti e puntuali contenuti teorici e un’adeguata formazione pratica.

Per fortuna esistono molte scuole di formazione professionale su tutto il territorio nazionale fatte di Accademy interne alle torrefazioni e di scuole indipendenti spesso fondate e gestire da trainer autorizzati della Specialty Coffee Association.

Sfortunatamente questa capillare presenza di scuole non raggiunge il risultato sperato per una molteplicità di ragioni. Provo ad elencare quelle che a mio parare hanno un impatto più importante.

Per quanto riguarda le scuole indipendenti, affiliate spesso alla Sca, molte volte sono gestite da professionisti poco preparati che hanno improvvisato la loro attività sul semplice superamento di qualche certificazione del Coffee Skills Program e sul pagamento di un costo di autorizzazione di Sca, senza alcuna preparazione manageriale, a volte addirittura con evidenti carenze di organizzazione dei corsi, di gestione delle classi e di lacune sulle materie che insegnano.

A livello nazionale non esiste alcun coordinamento sistematico centrale da parte di Sca Italy per quanto riguarda i programmi e i calendari formativi, non esiste alcun tipo di controllo sistematico sulla qualità dei corsi erogati e non esiste alcun tipo di programma continuativo di aggiornamento professionale dei docenti, così come non c’è alcun tipo di materiale didattico uniformato.

Insomma, una moltitudine di trainer che operano indipendenti e in solitaria con l’unica linea guida fornita da parte dell’associazione degli esami teorici svolti su piattaforma online e un’indicazione di quelle che devono essere le attività pratiche.

Sull’altro fronte, ovvero quello della formazione erogata dalle Academy delle torrefazioni, la qualità professionale dei formatori ha le medesime criticità di quelle delle scuole Sca aggiungendo il fatto che gli argomenti trattati sono spesso incompleti rispetto a quello che è la cultura di filiera e di prodotto, spesso limitati a quelli che riguardano la singola offerta commerciale dell’azienda.

Per uscire da questo oblio formativo è necessario rimodulare la gestione delle scuole di formazione di Sca con un più efficace e sistematico aggiornamento professionale dei docenti e una condivisa volontà di filiera nel formare in modo più completo e approfondito i clienti della torrefazione uscendo dallo schema del corso base di caffetteria che spesso pretende di formare il barista in sole 4 ore corso!

Bisogna cambiare paradigma e voltare pagina verso attività più virtuose con un’offerta formativa più ampia che comprenda quella di prodotto, quella sui metodi di estrazione, quella sul cappuccino, quella sulla gestione dell’attività di somministrazione, quella sul servizio, sul visual marketing e sulla comunicazione social per le caffetterie.

Come già detto nel caso del consumatore, anche per la formazione del barista e del sommelier è auspicabile una collaborazione nazionale tra le associazioni di formazione professionale al fine di creare sinergie virtuose di collaborazione.

Ricordiamoci che le enoteche, luoghi frequentati da clienti attenti, curiosi e già formati sul flavore del vino, sono luoghi privilegiati dove il prodotto caffè può venire offerto, spiegato e venduto.

Tostatore

Spesso il tostatore delle torrefazioni ha imparato il mestiere con un sapere tramandato oralmente dal suo predecessore, il quale ha imparato a sua volta il mestiere dal suo predecessore.

Il risultato è che il tostatore di oggi svolge il suo lavoro senza aver fatto una formazione formale, opera come un semplice “macchinista” che spesso perpetua errori di tostatura che gli sono stati tramandati dai suoi predecessori.

L’odierna tecnologia di tostatura, l’introduzione di firmware di gestione avanzata dei parametri di tostatura, il cambiamento delle tipologie di caffè verde rispetto al passato, richiedono in torrefazione un attento e profondo aggiornamento di questa professione.

Sfortunatamente i consulenti esperti di queste materie, in grado di erogare un percorso formativo adeguato, sono davvero pochi.

Le associazioni di categoria dovrebbero costruire con loro dei percorsi di aggiornamento professionale da offrire ai tostatori per riuscire a colmare gli enormi passi in avanti fatti da una sempre più folta schiera di micro torrefattori Specialty.

In conclusione di questo secondo articolo le parole chiave che riassumono le azioni da mettere urgentemente in campo sono una coesione delle torrefazioni a livello nazionale per mettere in campo un’offerta formativa al consumatore, al barista e al sommelier in sinergia con le associazioni del vino, una rinnovata organizzazione della rete dei formatori Sca assieme alla creazione di percorsi di aggiornamento professionale per i tostatori”.

Andrej Godina

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