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Ecco come il caffè avrebbe potuto salvare lo Yemen che adesso è in guerra

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MILANO – Nello Yemen è in atto ormai dal 2015 una tragica e sanguinosa guerra civile, che coinvolge potenze straniere e organizzazioni terroristiche islamiche. La situazione è drammatica. L’80% della popolazione è allo stremo delle forze. Un’emergenza umanitaria che non conosce rivali, definita dalle Nazioni Unite come la più grave al mondo.

Sino a qualche anno fa, quando il conflitto non era ancora scoppiato, c’era ancora la speranza in un futuro migliore e in una ripresa dell’economia favorita anche dallo sviluppo della tradizionale coltura del caffè. Come testimonia questo articolo di Federica Ricci scritto, a suo tempo, per Tribuna Italia.

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Aggiungiamo che, nonostante la guerra, l’Onu ha da poco varato un programma di rilancio dell’agricoltura yemenita, compreso il caffè, che coinvolgerà oltre 700 mila persone. E verrà sviluppato da Fao, Ilo, Undp e Wfp, con importanti finanziamenti anche dall’Ue.

di Federica Ricci*

Ecco perché il caffè può salvare lo Yemen. Dietro una semplice tazzina esiste un mondo a molti sconosciuto, ricco di fascino e dedizione.

Originario dell’Etiopia il caffè arrivò presto in Yemen, grazie al transito dei mercanti Danesi diretti in Indonesia, i quali preferirono passare lungo le coste dell’Africa, trovando sulla loro strada il porto yemenita di Mokha.

Accadeva nel sesto secolo, molti anni prima del 1690, quando dallo stesso porto le piante di caffè partiranno per il Ceylon, la Bolivia e l’America.

Fin dal 16° secolo i pellegrini in viaggio a Mecca iniziarono a diffondere il caffè nel mondo, attraverso il Cairo, la Siria, la Persia e la Turchia. Fino a raggiungere Venezia nel secolo successivo.

L’invito dello sceicco ai Portoghesi

Furono i Portoghesi i primi europei ad assaggiare il caffè dello Yemen, invitati dallo Sceicco di Mokha a bere una calda bevanda che rinsavisce il corpo e alleggerisce la mente.

Da subito il caffè yemenita ebbe un enorme successo, per via delle sue uniche qualità che lo distinguono da qualsiasi altro caffè al mondo.

Nel 1708 i Danesi, nella competizione commerciale con Inglesi e Francesi, decisero di puntare sul caffè. Iniziando un prospero periodo di esportazioni che vide fiorire i porti di Mokha, da cui la varietà prende il nome, insieme anche ad Hodeida e Luhayyah.

Con il tempo purtroppo molti fattori hanno portato ad una drastica riduzione delle esportazioni.

Nel 1992 dal porto di Mokha e di Aden partivano circa 8 tonnellate di caffè puro, dirette verso l’Arabia Saudita, il Giappone, la Germania, l’Inghilterra e l’Italia.

Le regioni di Saada, Dharrar, Ibb, Dhala o Wad Maaraban erano sinoimo dei 16 milioni di piante di caffè presenti nel territorio, coltivate da piccole cooperative.

A quel tempo l’unificazione tra la parte Nord e quella Sud era ancora recente. Tanto che la popolazione meridionale sperava che le problematiche sarebbero state risolte grazie all’aiuto degli abitanti del nord, considerati più esperti nella coltivazione di caffè.

I problemi

Tra le cause che hanno provocato il degrado di questo settore in Yemen al primo posto troviamo la mancanza d’acqua, insieme ai continui conflitti interni, specialmente contro Al Qaeda (AQAP), che hanno portato fame e povertà.

Le vicende che hanno portato allavanzata dei ribelli sciiti Houti costituiscono un’ulteriore ragione della rovina: i campi sono distrutti e la rete di trasporti paralizzata.

Al-Ezzi, un’azienda di Sanaa che si occupa della coltivazione e dell’esportazione di caffè, da qualche anno esorta il governo a fare qualcosa per aiutare lo Yemen a tornare all’antico splendore. Proprio grazie a questi preziosi chicchi.

E’ unanime tra gli esperti l’opinione che lo Yemen sia stato deprivato di una risorsa significativa di guadagno. Potenzialmente importantissima per un paese che produce il miglior caffè del mondo: l’Arabica.

Ahmad Ali Hamdani, manager della compagnia Al-Hamdani Yemen Mokha Coffee, esporta il suo prodotto in Europa e nei Paesi del Golfo Ed è consapevole dell’alta qualità e del gusto unico.

Insieme all’Associazione Caffè dello Yemen, dal 2007 cerca di promuovere e sostenere i coltivatori, per proteggere la qualità e la reputazione di questo caffè, il cui nome Mokha viene troppo spesso rubato da produttori non yemeniti.

Gli esperti sottolineano la necessità di sviluppare delle strategie di mercato per lo Yemen, adottando delle pratiche che sono state utilizzate in vari altri paesi produttori.

Coltivare nel rispetto della tradizione

Un ulteriore punto di forza è il processo di coltivazione, portato avanti in Yemen rispettando la tradizione. I chicchi di caffè sono raccolti solo quando sono abbastanza maturi da assicurare la qualità.

I contadini dividono il raccolto con precisione e cura, per poi lasciarlo seccare al sole per circa due settimane.

Secondo il rapporto pubblicato nel 2005 dall’USAID (US Agency for International Development), il caffè dello Yemen possiede caratteristiche distintive ed emerge come potente elemento di unicità.

I motivi della scarsa produttività

La scarsa produttività è dovuta principalmente alla mancanza d’acqua, insieme ad infrastrutture non adatte per i vari processi, elementi che rendono la coltivazione in Yemen estremamente difficile.

Sempre secondo l’agenzia statunitense, lo Yemen dovrebbe presentare il caffè come “ambasciatore” per la reputazione del paese nel mondo. L’inefficienza dei mezzi a disposizione ha portato il prezzo in alto, rendendo difficile il commercio. E portando molti a mischiare la qualità con prodotti di livello inferiore pur di vendere.

I produttori locali sono deboli e senza misure di protezione probabilmente decideranno di interrompere la coltivazione. Risulta essenziale per lo Yemen proteggere la credibilità storica del suo caffè: oggi moltissimi caffè vengono chiamati Mokha o vengono spacciati per yemeniti. Pur non avendo nulla a che fare con il gusto particolare del vero prodotto.

Un marchio Dop

Un marchio di Denominazione di Origine potrebbe aiutare i piccoli produttori e a livello più ampio la struttura stessa del mercato, al momento non ben regolata e non trasparente.

Le problematiche interne dello Yemen, come i continui conflitti, allontanano gli acquirenti stranieri ed i potenziali investitori. Il paese ha bisogno di piani concreti per preservare le caratteristiche di questa pianta che cresce in condizioni del tutto particolari e diverse rispetto alle piante di grandi esportatori. Come il Brasile o la Colombia.

Lo Yemen ha un clima per lo più tropicale. Ed escludendo la stagione delle piogge sono frequenti i periodi di siccità, incompatibili con la coltivazione del caffè che richiede molta acqua.

Nonostante questo la qualità dei chicchi provenienti dalla terra dello Yemen è indiscussa per il gusto inconfondibile e raro, che rischia di perdersi per mancanza di attenzione al settore.

Un gusto forte e morbido

Il gusto morbido del caffè yemenita si unisce alla forza, caratteristica molto apprezzata dagli intenditori.

La personalità del caffè Mokha è diversa dagli altri, paragonabile forse soltanto alla qualità Harrar dell’Etiopia. La morbidezza di questo caffè si rivela in un gusto dolce che ricorda la cioccolata, tanto da essere spesso definito “cioccolatoso”.

La preziosità di questo prodotto rende lo Yemen un paese potenzialmente ricco e competitivo a livello mondiale; senza nulla invidiare al Brasile, il Guatemala o la Costa Rica.

Nel 2012 una delegazione di imprenditori yemeniti a New York esprimeva il desiderio di attirare investimenti statunitensi su questa grande fortuna, che adesso necessita più che mai di una spinta. Per salvare il paese dalla povertà dilagante.

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