giovedì 11 Aprile 2024
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Davide Cobelli: “L’espresso è come un piatto di pasta e per questo va mescolato”

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MILANO – Di recente è stato pubblicato l’intervento di Fabio Verona, riportato dal suo blog personale, riguardante l’espresso. In risposta al caffèchef, dà la sua opinione un altro esperto, Davide Cobelli. Di seguito, il suo punto di vista sull’eterna questione del mescolamento della tazzina.

di Davide Cobelli

Nella mia esperienza come formatore per Sca e come micro-torrefattore ho potuto sviluppare un mio pensiero sulla faccenda discussa da Fabio Verona. Un punto di visto che peraltro ho già condiviso in uno dei miei video in tempi non sospetti: credo che, non mescolare l’espresso, sia un grave errore che il consumatore commette.

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Non mi trovo assolutamente d’accordo con l’amico Fabio, sul fatto che il consumatore debba scegliere. Questo è piuttosto compito di un barista che deve guidare in quanto professionista.

Ha un ruolo che include anche la capacità di consigliare il meglio, senza però obbligare il cliente, ma attraverso suggerimenti: questo fa parte dei suoi compiti. Tra questi, c’è anche quello di instradare il consumatore al corretto assaggio e alla degustazione del caffè, esattamente come fanno gli chef.

I quali danno delle indicazioni sui piatti del menu e spiegano la loro filosofia. Guidando i propri clienti alla giusta interpretazione del piatto stesso. Ecco perché nelle cucine, di default, si servono i primi piatti saltati (pasta al sugo, ad esempio) e solo nelle mense si serve la pasta in bianco con sopra il sugo e una forchettata di parmigiano.

Per chi lavora con chef stellati, gioco d’anticipo

Alcuni piatti sono serviti disgregati, appositamente studiati affinché l’esperienza sensoriale sia volutamente divisa e non un assaggio casuale. Dove magari il cliente è lasciato a decidere quale sia il percorso sensoriale da fare.

E’ vero, l’espresso nasce stratificato. Così ha dimostrato Hoffman e così ho fatto io 3 anni fa durante un seminario in Iran presso una fiera di settore. Trovando un tds del 2% sullo strato superficiale (sotto la crema); un 16% nella parte del fondo della tazzina e un 6,5% a metà. (questi dati sono stati poi verificati una seconda volta in una provetta da 60 cmc in un laboratorio per la conferma analitica. Dato che la forma cilindrica si presta molto bene alla maggiore evidenza della stratificazione*).

Continua Davide Cobelli

Non credo invece che sia corretta un’affermazione che sostenga che i grassi e la Co2 si mescolino alla bevanda. Anzi, mi trovo di tutt’altra idea invece: la Co2 evapora velocemente grazie alla turbolenza creata dal cucchiaino; mentre i grassi dopo pochi decimi di secondo ritornano in superficie, di fatto non prendendo parte alla degustazione; ovvero ne prendono parte nella corretta misura ad ogni sorso senza che nessuno possa farci nulla.

Ma cosa cambia davvero a livello sensoriale?

Non mescolare e, quindi, lasciare stratificare la bevanda non influisce solo sul tds (che ci interessa, ma solo in parte). In realtà cambia il bilanciamento del gusto che nella parte sottostante è più concentrato ed acido (prima parte dell’estrazione). Mentre nella superficie è più acquoso e amaro (terza o ultima parte dell’estrazione).

Passando tra la seconda fase e tutte le sfumature tra e varie parti. Ergo, il cliente che non mescola si trova a bere un primo sorso più amaro e più acquoso. E poi un ultimo sorso più acido e più denso.

Davide Cobelli:  “Non credo sia davvero questa l’esperienza sensoriale che il barista vorrebbe far percepire ai propri clienti”

Invece sono assolutamente convinto che l’esperienza non debba per nulla essere diversa nell’assaggio dell’espresso sorso dopo sorso. Per questo apprezziamo altre tipologie di bevande come il filtro, in cui l’evoluzione sensoriale di basa sulla temperatura.

Gli avventori di un bar bevono distrattamente in 3 sorsi (a volte due, a volte uno, solo se il primo era di cattiva qualità perché non mescolato) il prodotto espresso.

Lo zucchero

Da torrefattore non escludo affatto il suo utilizzo, e trovo sbagliato ancora una volta non mescolare bene per farlo sciogliere nel liquido in modo omogeneo. A meno che non serva per camuffare l’ultimo sorso di una bevanda servita di bassa qualità. Per la quale sarebbe meglio che il ricordo fosse quello stucchevole dello zucchero, piuttosto che di sentori negativi che taluni caffè sanno meravigliosamente donare.

(*per questo vorrei aprire un appendice perché non vi è alcun aumento o diminuzione di tds con il mescolare. Sarebbe fisicamente impossibile. Perché, uniformando il tds mescolando, contrappongo a questo diverse misurazioni non mescolandola).

Davide Cobelli

Davide Cobelli
Davide Cobelli, titolare dell’Accademia e Trainer Sca è stato anche responsabile educational Sca Italy
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