giovedì 11 Aprile 2024
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Cioccolato e ricerca: tutto rigorosamente made in Italy sotto il nome Lindt

Il cioccolato svizzero è ben sostenuto dalla ricerca italiana. Uno dei centri più efficienti della Lindt si trova proprio in Italia

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MILANO – Gli italiani non sono solo dei grandi divoratori di Lindor, le sfere di cioccolato dal cuore morbido della Lindt. Ma ne sono anche i maggiori produttori del mondo. Nello stabilimento di Induno Olona (Varese), ad esempio, se ne producono oltre 2 miliardi l’anno. Un vero e proprio record.

Lindt: i primati della fabbrica italiana

Innanzitutto è la più efficiente. E’ anche quella che garantisce il miglior rapporto tra qualità e prezzo. Infine, è una fucina di ricette innovative. Ecco perché gli svizzeri di Lindt & Sprungli hanno scelto di continuare a investire in Italia.

Portando così la forza lavoro dai 400 dipendenti del 2012 agli attuali 700.

Le origini

Era l’immediato secondo dopoguerra quando la famiglia Bulgheroni di Varese, che produceva caramelle, va a Zurigo. Per far visita agli industriali della Lindt & Sprungli chiedendo la licenza e la ricetta per produrre e commercializzare nel mercato italiano le tavolette a marchio Lindt. Affare fatto.

I Fratelli Bulgheroni tornano in Italia e avviano una produzione massiccia di tavolette Lindt. Mantenendo la totale indipendenza dagli svizzeri; finché nel 1993 il colosso di Zurigo si compra l’impianto varesino, così come ha fatto negli altri paesi. – in Francia, Germania e nella stessa Svizzera. –

Un gruppo consolidato del cioccolato

Oggi ha 13 mila dipendenti nel mondo e un giro d’affari che si aggira attorno ai 4 miliardi di franchi svizzeri. (circa 3,4 miliardi di euro). Di questi circa 250 milioni (in euro sono un po’ più di 214 milioni di euro) vengono dal polo produttivo italiano.

«Il fatturato netto del gruppo Lindt in Italia vale il 7% del business globale. La fabbrica italiana esporta oltre il 70% della produzione. Conta inoltre, circa 500 addetti alla produzione e 200 impiegati». Così snocciola dati Fabrizio Parini, amministratore delegato di Lindt Italia.

Lui ha da poco ricevuto il Tpm Excellence Award. Un premio assegnato alle aziende del mondo dall’Istituto giapponese Japan Institute for Plant Maintenance.

Esso certifica la perfetta applicazione della metodologia lean manufactoring. In questo, la sede italiana è la prima del gruppo Lindt&Sprungli a conquistare il premio. Grazie a una logica «zero incidenti, zero difetti, zero guasti».

Gli impianti di Varese

«In questi anni siamo riusciti a garantire un prodotto di altissima qualità. Mantenendo competitivi i costi di produzione grazie ad una elevata efficienza.

Proprio per questo motivo, la casa madre svizzera continua a investire su di noi. A nostra volta, cresciamo a volumi e risultati costanti». Spiega il manager.

Uno sguardo sugli Stati Uniti

Qui, nel 2013 ha acquisito la fabbrica di cioccolatini Russell Stover.  Proprio quelli scartati da Tom Hanks in Forrest Gump. Il reparto su cui gli svizzeri hanno puntato maggiormente è quello ricerca e sviluppo.

Così racconta Francesca De Marco, direttore marketing della società italiana: «Nella nostra sede di Induno Olona, all’interno del reparto Ricerca e Sviluppo, lavorano 13 ricercatori. Di questi, 3 Maîtres Choco-latiers e dieci tecnologi alimentari. Questi, ogni anno realizzano nuove ricette di praline, cioccolatini e tavolette.

Le novità Lindt arrivano a scaffale dopo accurati test con panel di consumatori. Solo i prodotti che superano questa attenta selezione possono essere lanciati sul mercato».

Ogni anno il reparto R&S crea 500 nuove ricette

Di queste poi, solo 10 vengono effettivamente prodotte. Un lavoro dunque complesso che ha portato, in passato, alla creazione del Lindor. (già, è un’invenzione italiana la pallina con il cuore morbido).

Recentemente ha portato sul mercato l’introduzione del Fondente 78%. Una chicca da intenditori. Anche se De Marco ci tiene a precisare che «nel 2016 è avvenuto il sorpasso. In Italia il numero delle famiglie che sceglie le tavolette di cioccolato fondente ha superato quello delle famiglie che comprano quelle al latte».

Cambio di rotta: il fondente è gradito dai più

Immutevole, invece, l’attenzione della società al processo produttivo, che segue dall’inizio. – cioè dalla raccolta delle fave di cacao – Sino alla fine, vale a dire al confezionamento.

«Il cacao di consumo Forastero proviene esclusivamente dal Ghana. Mentre il cacao aromatico più pregiato proviene da Madagascar, Caraibi ed Ecuador. Dove qualità ed elevati standard lavorativi sono garantiti da un processo sostenibile lungo tutta la filiera produttiva e distributiva.

Siamo infatti tra i pochi ad operare lungo l’intera filiera; dalla selezione delle fave di cacao fino al prodotto finito ». Spiega De Marco.

Racconta anche, come Lindt abbia recentemente avviato un progetto da 8 milioni di franchi per la formazione di 40 piccole famiglie di agricoltori. Insegnando loro metodi di coltivazione più redditizi; dotando i loro terreni e le loro case di acqua e di tutti i mezzi di coltivazione più all’avanguardia.

Le fave vengono poi spedite a Olten

Quartier generale svizzero, per essere tostate. «La tostatura è il momento cruciale. In quanto è lì che si sprigiona l’aroma giusto, per esaltarne la persistenza». Rivela il direttore marketing.

Poi il cacao viene spedito nelle varie sedi, fra cui l’Italia. Dove vengono fatti mille diversi prodotti a marchio Lindt; nonostante la maggior parte dell’attività si concentri sul Lindor. Realizzato su linee industriali ad altissima tecnologia. Sempre nel nome del 4.0 che a Induno Olona ha fatto la sua comparsa già da parecchio tempo; riducendo gli sprechi e facendo dell’impianto italiano il primo della classe Lindt.

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